Vol. 1° -  V.4.4.

Gallus varius
Gallo Verde della giungla

Fig. V. 8 - Gallus varius
Sotto questo aspetto lo conosceva Jardine nel 1836, e lo chiamava furcatus.

Detto anche furcatus o forcutus, è il Gallo Verde di Giava.

È il selvatico Ayam alas di Sumatra e Giava, specifico pollo della Sonda, descritto da Shaw e Nodder nel 1798. È detto Gangegar dai Malesi. Vive nella parte più meridionale di Giava e nelle isole vicine: Alor, Bali, Bawean, Flores, Kangean, Lombok, Madura e Sumbawa.

Fig. V. 9 - Alcune isole della Sonda
Queste sono le principali isole sulle quali il Gallus varius ha scelto di abitare.
Forse è più corretto affermare che è stato costretto in questo habitat
a causa dell’innalzamento del livello del mare 3-4 milioni d'anni fa.

4.4.a. Maschio del Gallus varius

Le guance sono nude. Il capo è fornito di cresta semplice senza dentelli, verdazzurra all’attaccatura per sfumare in porpora-malva e quindi diventare rossa ai bordi. Ha un bargiglio unico e mediano, rosso alla base, giallo nella porzione più vicina al collo, mentre la periferia è azzurra. Il colore della cresta e del bargiglio sono mutevoli, come accade in alcuni fagiani e nel tacchino, in quanto il colore è di tipo strutturale e non pigmentario. Le piume della mantellina sono corte e tronche, quasi arrotondate alla periferia, ricordando così le foglie di Ginkgo biloba [1] .

Testa, collo, e parte superiore della schiena, presentano, appunto, piume corte e arrotondate, dotate di riflessi blu profondo e verde metallico, con un orlo nero intenso. A voler sottilizzare, possiamo aggiungere che, come si verifica in tutte le galline, in questo maschio le barbe di questi distretti sono dotate di barbule per tutta la loro estensione, mentre di norma, nei maschi, queste barbe sono munite di barbule solo in prossimità del rachide. Da un punto di vista cromatico, la parte periferica di queste piume flabellate può essere distinta in una banda periferica blu nero intenso, cui fa seguito un’altra banda più interna dotata di riflessi metallici verdi.

Quando affronteremo le mutazioni geniche a carico del piumaggio, avremo modo di soffermarci a lungo sul gene responsabile di un particolare disegno, quello dell’Ancona. Possiamo anticipare che in questa razza l’apice della piuma è bianco, seguito da una banda nera a forma di lettera V che si continua con apparente uniformità nel nero della restante piuma. Spesso la striscia a V possiede riflessi porpora, mentre la rimanente porzione nera della piuma è dotata di riflessi verdi. Ciò starebbe a dimostrare che il gene mo (mottled) ha agito sul nero solo a livello della banda foggiata a lettera V.

Fig. V. 10 - Gallus varius

Oltre al flabello dei Faraoni, le piume arrotondate della mantellina ricordano anche quelle del pavone spicifero [2] e del fagiano dorato: questo dato metterebbe in evidenza una volta di più la stretta relazione con la famiglia dei Fasianidi. Inoltre, Finsterbusch è incline a credere che le fattezze da fagiano presenti in certe razze, come il Sumatra, siano dovute a un’influenza esercitata dal varius.

Le piume della parte bassa della schiena e le copritrici della coda sono nero intenso e anch’esse orlate, ma da una striscia giallo pallido. Le copritrici alari sono più slanciate di quelle del collo, col bordo non giallo pallido bensì arancio rosso, quasi tendente al ruggine. Petto e addome sono neri.

La coda possiede 16 piume vere, mentre tutti gli altri galli, sia selvatici che domestici, ne hanno 14. La coda è portata molto orizzontale, quasi allineata al tronco. Tra le copritrici della coda solo due sono particolarmente sviluppate. Esse, insieme alle due timoniere centrali, hanno andamento divergente, conferendo così alla coda l’aspetto di una forca che rende il gallo facilmente identificabile anche da lontano. Il colore della coda è verde metallico intenso con sfumature blu acciaio a causa della diffusione di Tyndall. Becco giallo, tarsi rosa, iride gialla. È monogamo in quanto i soggetti vivono in coppia, anche se talora un gallo si accompagna a 3 o 4 femmine. Non va incontro a muta d’eclissi.

Fig. V. 11 - Testa di Brahma con bargiglio singolo. La raffigurazione è dovuta a Lewis Wright, secondo il quale potrebbe trattarsi di una tendenza alla reversione a un bargiglio singolo come nel Gallus varius. Ma non è tutto: sempre secondo Wright, anche la coda del Brahma richiama quella del furcatus.

Da notare che la tendenza a un solo bargiglio è stata riscontrata in alcuni ceppi di Brahma e, sempre in questa razza, la coda a forca è talora una caratteristica pronunciata come in alcuni ceppi di Combattenti, specie di tipo moderno.

Abbiamo già visto che i maschi ibridi, detti Bekisar in giavanese, posseggono la caratteristica del lungo canto. Ne riparleremo in quanto si tratta verosimilmente di un tratto ereditario. Anche la voce del varius è del tutto peculiare: il gallo emette un canto acuto, che suona chaw_aw-awk, ha un cicaleccio tranquillo che fa wok-wok-wok, mentre il grido d’allarme risuona come chop-chop-chop.

4.4.b. Femmina del Gallus varius

Il suo richiamo è un rapido kok-kok-kok-kok, ma essa è anche in grado di emettere un sonoro kowak-kowak. L’assenza di piume intorno agli occhi dà l’impressione di un cerchio periorbitale. La testa e la parte posteriore del collo sono marroni. La schiena e le copritrici alari sono verde cupo dai contorni oro. Le piume della schiena e del posteriore sono disegnate come nella Cornish fagianata, le piume della parte superiore del petto sono orlate di scuro, quelle della parte inferiore sono marrone pallido, il resto del piumaggio mostra una barratura irregolare. Tarsi rosa come nel maschio. Iride gialla. Depone uova color isabella, cioè fulvo biancastro.

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[1] La Ginkgo biloba, di origine cinese, è un fossile vivente. Il genere comprende la sola specie biloba, mentre nel mesozoico ne esistevano 17 generi. È stata coltivata in Cina dai monaci presso i monasteri e i luoghi sacri, dove ancor oggi ne esistono esemplari millenari. Si tratta di una specie dioica, come l’alloro, cioè con individui maschili e femminili. Le foglie a forma di ventaglio son dette flabellate in quanto ricordano i flabelli dei Faraoni egizi. Le storpiature non riguardano solo la terminologia riservata ai polli: nel 1712 un certo Kaempfer di ritorno dall’Estremo Oriente era entusiasta della bellezza di quest’albero sacro e lo chiamò Ginkgo, rifacimento del nome cinese Yin-kuo-tsu, albero dalle foglie a piede di daino. Linneo rese ufficiale tale errore. Ma non è finita qui. Oggi in alcuni trattati si trova Ginkyo, con preferenza per questa grafia poiché si è dimostrato che la precedente è un’erronea trascrizione degli ideogrammi.

[2] Pavone spicifero o Pavo muticus. L’aggettivo spicifero deriva dal fatto che il pennacchio del pavone comune somiglia quasi a un mazzolino di piccoli fiori, mentre le piume che formano la corona dello spicifero sono più lunghe e regolari, ossia hanno l’intero fusto munito di barbe. Questa caratteristica conferisce al pennacchio del muticus l’aspetto di un mazzo di spighe portate per lo più obliquamente in avanti; l’etimologia di spicifero diventa allora oltremodo semplice, in quanto in latino la spiga è detta spica.

Non pensiate che muticus significhi privo di voce o che si tratti di un uccello che continua ad andare in muta. L’aggettivo latino muticus, equivalente al più usato mutilus, significa mutilato, mozzo, tronco, ed è usato per le bestie cornute alle quali mancano una o tutte e due le corna. Ma questo è un trabocchetto, perché lo spicifero ha invece il suo bel pennacchio di cui va fiero.

Mutico è null’altro che una varietà di grano le cui spighe sono senza reste, così come lo sono le spighe sulla testa dello spicifero. Ambedue le spighe, sia del grano che dello spicifero, sono quindi mutilate, sono prive di reste: nel caso del pavone sono le barbe, che nel pennacchio dello spicifero sono brevi.