La diffusione può essere definita uno sparpagliamento, una dispersione di raggi luminosi che urtano contro ostacoli.
I colori così generati non cambiano con l’angolo visuale, per cui non sono iridescenti. Essi nascono dalla diffusione delle lunghezze d’onda minori della luce bianca per intervento di particelle minutissime. Tra le diverse radiazioni che penetrano in una penna, quelle rosse, di lunghezza d’onda maggiore, raggiungono gli strati profondi resi scuri dal pigmento e vengono assorbite.
Gran parte delle radiazioni con lunghezza d’onda minore,
come quelle azzurre, urtano contro bollicine d’aria contenute negli strati
cornei e vengono respinte all’esterno. Anche l’azzurro del cielo riconosce
quest’origine . Quando le
bollicine d’aria imprigionate dalla cheratina sono piuttosto grandi,
riescono a respingere anche le onde lunghe e la penna risulta bianca.
Un raggio di luce non è visibile finché non colpisce il nostro occhio; se non è diretto verso di noi, ci accorgiamo della sua presenza solo se interagisce in qualche modo con la materia, per esempio se cade su una superficie o se attraversa un vapore: pensiamo alla luce dei fari di un’auto in presenza di nebbia o alla luce di una torcia elettrica che attraversa il fumo di sigaretta. La diffusione fa sì che parte della luce venga deviata a lato del percorso di un raggio di luce e si diriga verso i nostri occhi.
Quando la luce viene diffusa da particelle che abbiano
dimensioni più piccole della sua lunghezza d’onda, l’intensità della
luce diffusa è proporzionale alla quarta potenza della frequenza della luce
stessa, come dimostrò Lord Rayleight alla fine del XIX secolo. Così, se
inviamo della luce bianca su particelle abbastanza piccole, la componente blu
che ha la frequenza più alta viene diffusa maggiormente rispetto alla
componente rossa che ha la frequenza più bassa; poiché è circa 1,8 il
rapporto fra le due frequenze, la componente blu diffusa è circa 10 volte
più intensa della componente rossa (corrispondente a 1,84).
Se
le particelle disperdenti hanno un diametro minore della lunghezza d’onda
del rosso e del giallo, minore quindi di 0,57µ, diffondono parecchie
lunghezze minori presenti nella luce bianca. Come abbiamo detto, la somma
della diffusione delle differenti bande dello spettro è inversamente
proporzionale alla quarta potenza della lunghezza d’onda incidente. Tradotto
in linguaggio comprensibile, significa che l’azzurro
e il blu vengono molto più dispersi rispetto al rosso.
Il fumo di sigaretta, composto da particelle minutissime, risulta bluastro
quando ha uno sfondo nero, che evita la riflessione dei colori capaci di
mascherare il blu.
Nel caso del cielo azzurro, le molecole presenti negli strati alti dell’atmosfera e le particelle di pulviscolo contenute nelle parti basse, diffondono e ci rimandano un’alta percentuale delle onde più corte dello spettro solare: il blu e l’azzurro . L’azzurro del cielo è dovuto a luce diffusa, mentre il rosso del tramonto è quella parte della luce solare che viene trasmessa e non diffusa - . Se non ci fosse l’atmosfera, il cielo di giorno apparirebbe nero, come è quando viene visto dalla superficie lunare.
La diffusione può essere provocata anche da particelle
solide di dimensioni maggiori della l
della luce; questo tipo di diffusione è stato studiato da Gustav Mie nel
1908. Anche in questo caso il processo di diffusione sottrae la componente
azzurra dal raggio di luce, lasciando una preponderanza di rosso; questo è il
motivo per cui sole e luna appaiono più rossi quando sono vicini all’orizzonte,
situazione in cui i loro raggi luminosi attraversano un grande spessore di
atmosfera e soprattutto gli strati vicini al suolo, più densi e con un
maggior numero di particelle in sospensione: l’arrossamento pronunciato del
sole e alcuni spettacolari tramonti visti dalla città rivelano il grado d’inquinamento
dell’aria. John Tyndall nel 1869 fu uno dei primi a spiegare l’azzurro del cielo,
ricevendo così il nome di diffusione di Tyndall,
per non confonderla con la diffusione
della luce bianca da riflessione, di cui parleremo a proposito della neve.
Nell’uomo e in molti gatti gli occhi azzurri riconoscono lo stesso meccanismo che causa l’azzurro
del cielo. Nel 1866 Hermann Helmholz disse che l’azzurro degli occhi è
dovuto alla torbidità delle strutture interposte allo sfondo nero che
tappezza posteriormente l’iride. In seguito nell’iride sono state scoperte
minutissime particelle proteiche con indice di rifrazione più elevato
rispetto allo stroma circostante, capaci di diffondere la componente azzurra
della luce bianca. Il graduale ingrandirsi delle particelle, inevitabile col
trascorrere del tempo, spiega perché l’azzurro si riduce con l’invecchiamento.
La melanina posta dietro l’iride impedisce la percezione del rosso dovuto al
sangue capillare; questo non accade negli occhi degli albini, privi dello
strato melanico. Gli occhi marroni hanno granuli di melanina disposti nello
stroma dell’iride che sono dotati dello stesso colore.
L’azzurro brillante della faccia del Mandrillo, il collo azzurro del Tacchino
e della Faraona, l'orecchione azzurro della
Silky
sono dovuti alla diffusione di
Tyndall. La melanina, posta dietro alle particelle proteiche responsabili
della diffusione, determina un incremento del blu.
Le
piume di molti uccelli, come Cinciallegra, Parrocchetto, Pappagallino
Australiano, sono colorate per diffusione di Tyndall, quindi in modo
totalmente differente rispetto al blu iridescente del Pavone e del Colibrì.
Un blu che non sia iridescente può essere facilmente identificato se si
osserva una piuma blu a luce bianca trasmessa
[1]
:
il blu svanisce e viene sostituito da un marrone cupo; in condizioni identiche
le piume rosse o gialle colorate da un pigmento rimangono invece inalterate.
Le barbe delle piume che provocano la diffusione di
Tyndall possiedono cellule cheratinizzate con pareti molto spesse e porose,
con il centro molte volte vacuolizzato e pieno d’aria; nelle barbe è
presente anche la melanina che appare blu a luce riflessa, rossa a luce
trasmessa, come accade per il cielo sereno a mezzogiorno e al tramonto. Il
colore azzurro di queste piume può annullarsi spiazzando con xilene l’aria
che occupa i vacuoli. Evaporato lo xilene, ritorna il colore originario. È
quanto osservo tutte le volte che Pinga,
la mia Ararauna , si concede un
bagno, ovviamente non di xilene: le piume diventano variegate di nero e
perdono buona parte dell’azzurro, che fa ritorno a piumaggio asciutto. Il
blu è tanto più intenso e profondo quanto più spesse sono le pareti
cellulari.
Anche
il verde può essere causato dalla diffusione di Tyndall,
quel bel verde che colora molte piume, nonché rane e lucertole. Nell’Ararauna
si può individuare benissimo dove l’azzurro trapassa gradualmente in verde
giallognolo. Sia il verde che il blu non pigmentari svaniscono a luce
trasmessa. Lo strato più esterno di cheratina che ricopre le barbe di una
piuma verde per diffusione contiene un pigmento
giallo, capace di filtrare le radiazioni più brevi della luce
bianca incidente; i minuti spazi cellulari riusciranno a diffondere ciò che
resta delle lunghezze minori, specie quelle che provocano la sensazione del
verde. Sebbene venga diffusa una minor quantità di queste onde più lunghe
rispetto a quanto accade per una piuma blu (la quantità diffusa è
inversamente proporzionale alla quarta potenza della lunghezza d’onda), il
nostro occhio è relativamente più sensibile al verde, che perciò acquista
un colore brillante. Da notare tuttavia che anche le piume blu diffondono il
verde che, combinato col violetto contemporaneamente diffuso, riesce a
incrementare il blu.
Il
verde strutturale può essere riprodotto impiegando una piuma blu e
un filtro giallo chiaro: se la luce bianca incidente passa attraverso il
filtro giallo posato sulla piuma blu, la luce riflessa è verde cupo; se la
luce riflessa è fatta passare attraverso un altro filtro giallo posto sul
percorso dei raggi luminosi di rimando, il verde diventa più pronunciato.
Pertanto il verde delle piume dipende dallo schermo giallo che ricopre le
barbe, la cui presenza può essere dimostrata ricorrendo a solventi quali
acido acetico e carbonio disulfato, che trasformano una piuma verde in una
blu. Per i Pappagallini Australiani, Melopsittacus
undulatus, si tratta di caratteristiche su base genetica: allo stato
selvatico sono verdi; quelli azzurri hanno un gene recessivo che impedisce l’accumulo
di pigmento giallo nelle piume; altri geni bloccano la sintesi dello sfondo
scuro melanico e il verde da diffusione non può essere percepito, per cui gli
uccelli risultano gialli; quelli bianchi sono doppiamente recessivi, senza
melanina e senza pigmento giallo.
Abitualmente le piume azzurre e verdi inzuppate d’acqua
diventano rispettivamente verdi e gialle: le cavità ripiene d’aria si
rigonfiano per cui solo le radiazioni di lunghezza d’onda maggiore vengono
diffuse; asciugate, le piume riacquistano il colore primitivo.
In rane,
in lucertole, in serpenti, il verde si produce come per
le piume. In una rana arboricola australiana, Hyla caerulea, il filtro giallo è contenuto in cellule dette xantofori,
prossime alla superficie del derma; si tratta di un pigmento giallo, un
carotenoide, oppure xantopterina cristallizzata in granuli. L’alcol è in
grado di dissolvere il pigmento per cui la Hyla
conservata in etanolo da verde diventa blu, e per questo ha ricevuto un
aggettivo improprio, che significa azzurra.
Lo stesso fenomeno accade in un serpente africano, il Chlorophis irregularis.
Il
porpora
non è un colore dello spettro, bensì una sensazione prodotta dalla percezione congiunta dei
due estremi dello spettro visibile, rosso e blu-violetto.
Spesso il combinarsi della diffusione con un pigmento rosso genera il porpora,
come accade per la testa del Parrocchetto Indiano Testa Fiorita, Palaeornis
cyanocephalus, dove si trovano piume porporine: le barbe producono il blu
per diffusione, mentre le barbule sono pigmentate in rosso.
[1] La polarizzazione cromatica è un fenomeno che si verifica in opportune condizioni; quando la luce incidente è policroma, il ritardo introdotto da una lamina birifrangente sul raggio ordinario e straordinario cambia a seconda della frequenza della radiazione; inoltre la luce trasmessa risulta di colore diverso rispetto a quella incidente e dipende dallo spessore della lamina birifrangente.