Vol. 2° -  XXV.2.3.

Colori per diffusione

La diffusione può essere definita uno sparpagliamento, una dispersione di raggi luminosi che urtano contro ostacoli.

I colori così generati non cambiano con l’angolo visuale, per cui non sono iridescenti. Essi nascono dalla diffusione delle lunghezze d’onda minori della luce bianca per intervento di particelle minutissime. Tra le diverse radiazioni che penetrano in una penna, quelle rosse, di lunghezza d’onda maggiore, raggiungono gli strati profondi resi scuri dal pigmento e vengono assorbite.

Gran parte delle radiazioni con lunghezza d’onda minore, come quelle azzurre, urtano contro bollicine d’aria contenute negli strati cornei e vengono respinte all’esterno. Anche l’azzurro del cielo riconosce quest’origine . Quando le bollicine d’aria imprigionate dalla cheratina sono piuttosto grandi, riescono a respingere anche le onde lunghe e la penna risulta bianca.

Un raggio di luce non è visibile finché non colpisce il nostro occhio; se non è diretto verso di noi, ci accorgiamo della sua presenza solo se interagisce in qualche modo con la materia, per esempio se cade su una superficie o se attraversa un vapore: pensiamo alla luce dei fari di un’auto in presenza di nebbia o alla luce di una torcia elettrica che attraversa il fumo di sigaretta. La diffusione fa sì che parte della luce venga deviata a lato del percorso di un raggio di luce e si diriga verso i nostri occhi.

Quando la luce viene diffusa da particelle che abbiano dimensioni più piccole della sua lunghezza d’onda, l’intensità della luce diffusa è proporzionale alla quarta potenza della frequenza della luce stessa, come dimostrò Lord Rayleight alla fine del XIX secolo. Così, se inviamo della luce bianca su particelle abbastanza piccole, la componente blu che ha la frequenza più alta viene diffusa maggiormente rispetto alla componente rossa che ha la frequenza più bassa; poiché è circa 1,8 il rapporto fra le due frequenze, la componente blu diffusa è circa 10 volte più intensa della componente rossa (corrispondente a 1,84).

Se le particelle disperdenti hanno un diametro minore della lunghezza d’onda del rosso e del giallo, minore quindi di 0,57µ, diffondono parecchie lunghezze minori presenti nella luce bianca. Come abbiamo detto, la somma della diffusione delle differenti bande dello spettro è inversamente proporzionale alla quarta potenza della lunghezza d’onda incidente. Tradotto in linguaggio comprensibile, significa che l’azzurro e il blu vengono molto più dispersi rispetto al rosso. Il fumo di sigaretta, composto da particelle minutissime, risulta bluastro quando ha uno sfondo nero, che evita la riflessione dei colori capaci di mascherare il blu.

Nel caso del cielo azzurro, le molecole presenti negli strati alti dell’atmosfera e le particelle di pulviscolo contenute nelle parti basse, diffondono e ci rimandano un’alta percentuale delle onde più corte dello spettro solare: il blu e l’azzurro . L’azzurro del cielo è dovuto a luce diffusa, mentre il rosso del tramonto è quella parte della luce solare che viene trasmessa e non diffusa - . Se non ci fosse l’atmosfera, il cielo di giorno apparirebbe nero, come è quando viene visto dalla superficie lunare.

La diffusione può essere provocata anche da particelle solide di dimensioni maggiori della l della luce; questo tipo di diffusione è stato studiato da Gustav Mie nel 1908. Anche in questo caso il processo di diffusione sottrae la componente azzurra dal raggio di luce, lasciando una preponderanza di rosso; questo è il motivo per cui sole e luna appaiono più rossi quando sono vicini all’orizzonte, situazione in cui i loro raggi luminosi attraversano un grande spessore di atmosfera e soprattutto gli strati vicini al suolo, più densi e con un maggior numero di particelle in sospensione: l’arrossamento pronunciato del sole e alcuni spettacolari tramonti visti dalla città rivelano il grado d’inquinamento dell’aria. John Tyndall nel 1869 fu uno dei primi a spiegare l’azzurro del cielo, ricevendo così il nome di diffusione di Tyndall, per non confonderla con la diffusione della luce bianca da riflessione, di cui parleremo a proposito della neve.

Nell’uomo e in molti gatti gli occhi azzurri riconoscono lo stesso meccanismo che causa l’azzurro del cielo. Nel 1866 Hermann Helmholz disse che l’azzurro degli occhi è dovuto alla torbidità delle strutture interposte allo sfondo nero che tappezza posteriormente l’iride. In seguito nell’iride sono state scoperte minutissime particelle proteiche con indice di rifrazione più elevato rispetto allo stroma circostante, capaci di diffondere la componente azzurra della luce bianca. Il graduale ingrandirsi delle particelle, inevitabile col trascorrere del tempo, spiega perché l’azzurro si riduce con l’invecchiamento. La melanina posta dietro l’iride impedisce la percezione del rosso dovuto al sangue capillare; questo non accade negli occhi degli albini, privi dello strato melanico. Gli occhi marroni hanno granuli di melanina disposti nello stroma dell’iride che sono dotati dello stesso colore.

L’azzurro brillante della faccia del Mandrillo, il collo azzurro del Tacchino e della Faraona, l'orecchione azzurro della Silky sono dovuti alla diffusione di Tyndall. La melanina, posta dietro alle particelle proteiche responsabili della diffusione, determina un incremento del blu.

Le piume di molti uccelli, come Cinciallegra, Parrocchetto, Pappagallino Australiano, sono colorate per diffusione di Tyndall, quindi in modo totalmente differente rispetto al blu iridescente del Pavone e del Colibrì. Un blu che non sia iridescente può essere facilmente identificato se si osserva una piuma blu a luce bianca trasmessa [1] : il blu svanisce e viene sostituito da un marrone cupo; in condizioni identiche le piume rosse o gialle colorate da un pigmento rimangono invece inalterate.

Le barbe delle piume che provocano la diffusione di Tyndall possiedono cellule cheratinizzate con pareti molto spesse e porose, con il centro molte volte vacuolizzato e pieno d’aria; nelle barbe è presente anche la melanina che appare blu a luce riflessa, rossa a luce trasmessa, come accade per il cielo sereno a mezzogiorno e al tramonto. Il colore azzurro di queste piume può annullarsi spiazzando con xilene l’aria che occupa i vacuoli. Evaporato lo xilene, ritorna il colore originario. È quanto osservo tutte le volte che Pinga, la mia Ararauna , si concede un bagno, ovviamente non di xilene: le piume diventano variegate di nero e perdono buona parte dell’azzurro, che fa ritorno a piumaggio asciutto. Il blu è tanto più intenso e profondo quanto più spesse sono le pareti cellulari.

Anche il verde può essere causato dalla diffusione di Tyndall, quel bel verde che colora molte piume, nonché rane e lucertole. Nell’Ararauna si può individuare benissimo dove l’azzurro trapassa gradualmente in verde giallognolo. Sia il verde che il blu non pigmentari svaniscono a luce trasmessa. Lo strato più esterno di cheratina che ricopre le barbe di una piuma verde per diffusione contiene un pigmento giallo, capace di filtrare le radiazioni più brevi della luce bianca incidente; i minuti spazi cellulari riusciranno a diffondere ciò che resta delle lunghezze minori, specie quelle che provocano la sensazione del verde. Sebbene venga diffusa una minor quantità di queste onde più lunghe rispetto a quanto accade per una piuma blu (la quantità diffusa è inversamente proporzionale alla quarta potenza della lunghezza d’onda), il nostro occhio è relativamente più sensibile al verde, che perciò acquista un colore brillante. Da notare tuttavia che anche le piume blu diffondono il verde che, combinato col violetto contemporaneamente diffuso, riesce a incrementare il blu.

Il verde strutturale può essere riprodotto impiegando una piuma blu e un filtro giallo chiaro: se la luce bianca incidente passa attraverso il filtro giallo posato sulla piuma blu, la luce riflessa è verde cupo; se la luce riflessa è fatta passare attraverso un altro filtro giallo posto sul percorso dei raggi luminosi di rimando, il verde diventa più pronunciato. Pertanto il verde delle piume dipende dallo schermo giallo che ricopre le barbe, la cui presenza può essere dimostrata ricorrendo a solventi quali acido acetico e carbonio disulfato, che trasformano una piuma verde in una blu. Per i Pappagallini Australiani, Melopsittacus undulatus, si tratta di caratteristiche su base genetica: allo stato selvatico sono verdi; quelli azzurri hanno un gene recessivo che impedisce l’accumulo di pigmento giallo nelle piume; altri geni bloccano la sintesi dello sfondo scuro melanico e il verde da diffusione non può essere percepito, per cui gli uccelli risultano gialli; quelli bianchi sono doppiamente recessivi, senza melanina e senza pigmento giallo.

Abitualmente le piume azzurre e verdi inzuppate d’acqua diventano rispettivamente verdi e gialle: le cavità ripiene d’aria si rigonfiano per cui solo le radiazioni di lunghezza d’onda maggiore vengono diffuse; asciugate, le piume riacquistano il colore primitivo.

In rane, in lucertole, in serpenti, il verde si produce come per le piume. In una rana arboricola australiana, Hyla caerulea, il filtro giallo è contenuto in cellule dette xantofori, prossime alla superficie del derma; si tratta di un pigmento giallo, un carotenoide, oppure xantopterina cristallizzata in granuli. L’alcol è in grado di dissolvere il pigmento per cui la Hyla conservata in etanolo da verde diventa blu, e per questo ha ricevuto un aggettivo improprio, che significa azzurra. Lo stesso fenomeno accade in un serpente africano, il Chlorophis irregularis.

Il porpora non è un colore dello spettro, bensì una sensazione prodotta dalla percezione congiunta dei due estremi dello spettro visibile, rosso e blu-violetto. Spesso il combinarsi della diffusione con un pigmento rosso genera il porpora, come accade per la testa del Parrocchetto Indiano Testa Fiorita, Palaeornis cyanocephalus, dove si trovano piume porporine: le barbe producono il blu per diffusione, mentre le barbule sono pigmentate in rosso.

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[1] La polarizzazione cromatica è un fenomeno che si verifica in opportune condizioni; quando la luce incidente è policroma, il ritardo introdotto da una lamina birifrangente sul raggio ordinario e straordinario cambia a seconda della frequenza della radiazione; inoltre la luce trasmessa risulta di colore diverso rispetto a quella incidente e dipende dallo spessore della lamina birifrangente.