Vol. 1° -  VIII.13.

L’Osso di Bullock, l’Osso della Discordia

Tutto ebbe inizio nel 1934, quando il Dr Bullock della Scuola Agricola El Vergel di Angol, in Cile, trovò un tarsometatarso di un qualche gallinaceo in una tomba sull’isola La Mocha.

Bullock non era in grado di sapere a che periodo appartenesse il cimitero, ma probabilmente poteva risalire ad almeno 250 anni prima. Infatti gli ultimi abitanti dell’isola erano stati allontanati nel 1687.

La Isla de La Mocha è situata intorno al 38° parallelo sud, appena più a nord di Temuco, capoluogo della regione de La Araucanía, e Angol - 46.000 abitanti - è posta nella stessa regione un grado più a nord del capoluogo. Quest’isola rappresenta un importante punto di riferimento per i naviganti, è montuosa, lunga una dozzina di chilometri e larga quattro. Nonostante col bel tempo possa essere scorta anche da un’ottantina di chilometri, non offre un facile approdo. In base alla South Pacific Directory (1871), dopo la deportazione degli ultimi Indiani da parte degli Spagnoli avvenuta nel 1687, gli unici abitanti rimasti sono rappresentati da pochi animali randagi, che tuttavia hanno di che nutrirsi in abbondanza.

L'Isla de La Mocha durante un'incursione del 1616 di pirati olandesi
in un libro che narra le avventure del pirata olandese Joris van Spilberger

Fig. VIII. 43 - L’osso di Dillman Bullock
Quest’osso della discordia fu trovato nel 1934 dal Dr Bullock sull’isola cilena La Mocha. Giaceva nella tomba di un indio e apparteneva, secondo Plant, a un Malesioide. Non è ancora stato datato col radiocarbonio.

Il Dr Bullock, non avendo la possibilità di sapere se il reperto osseo fosse antico oppure no, lo inviò al Dr Alexander Wetmore - Smithsonian Institution, United States National Museum, Department of Biology, Division of Birds, Washington.

Nella lettera accompagnatoria Bullock esponeva i suoi quesiti. Si trattava di un osso fossilizzato? Se sì, a chi apparteneva e perché era stato sepolto con l’Indiano? E se non era fossilizzato, perché l’Indiano lo possedeva? Poteva forse trattarsi della zampa di un famoso gallo combattente che gli era appartenuto?

Se si trattava di un reperto fossile, secondo Bullock poteva significare che da tempi remoti in questa regione erano presenti polli di una qualche razza, in quanto era opinione corrente che gli Araucani possedessero il pollo prima dell’arrivo degli Spagnoli, opinione non da tutti condivisa.

Alla lettera di Bullock, datata 22 giugno 1934, il Dr Wetmore rispondeva solo il 19 dicembre, scusandosi del ritardo dovuto alla sua assenza da Washington. Wetmore si disse contento dell’invio, per il quale era molto interessato, soggiungendo che riceveva parecchi reperti di tal fatta da esaminare, per cui Bullock avrebbe dovuto pazientare un po’ prima di poter ricevere un’esauriente risposta. Wetmore diede tuttavia la sua classificazione: si trattava dell’osso della gamba di un maschio di pollo domestico discendente dal Gallus gallus e doveva essere appartenuto a un combattente forte e robusto, caratteristiche desumibili dalle dimensioni dello sperone. L’aspetto scuro dell’osso poteva essere dovuto alle infiltrazioni nella tomba dove fu rinvenuto, mentre l’aspetto lustro proveniva probabilmente dal passaggio di mano in mano. Anche secondo Wetmore sarebbe stato interessante sapere perché era finito nella tomba insieme all’Indiano.

Nel 1980 Bill Plant, a caccia di notizie sui fossili come un cane da tartufi, scrive a Olsen, zooarcheologo dell’Università di Tucson, Texas, e costui gli fa sapere che anch’egli aveva consultato due esperti, tra cui Wetmore, che nel frattempo era mancato. I due specialisti si erano chiaramente espressi nel senso che non si può affermare l’esistenza del pollo in tempi preistorici in una determinata località se non si dispone di reperti datati.

Lo spunto era venuto a Plant leggendo il lavoro di Carter apparso nel volume Man across the sea (1971) dove, in una nota a fondo pagina, si parlava del rinvenimento di Dillman Bullock sull’Isola di La Mocha. Lo stesso Bullock, in una comunicazione personale (1956), aveva detto a Carter che esistevano documenti sulla presenza del pollo sull’isola a partire dal 1600.

Carter non ha la lingua biforcuta, per cui fa anche sapere che del discendente del Gallus gallus inviato da Bullock alla Smithsonian Institution non era stato fornito dagli esperti alcunché che potesse provarne l'appartenenza al periodo precolombiano.

Plant partì alla riscossa nei confronti dell’Istituzione statunitense, e riceveva questa laconica risposta, spedita il 7 novembre 1980 da Watson, successore di Wetmore:

«Ho esaminato l’osso di pollo inviato da Bullock e proveniente dall’isola La Mocha. Si tratta di un tarsometatarso scuro e levigato di lunghezza straordinaria e molto robusto, con uno sperone molto ben sviluppato. Le dimensioni sono: lunghezza 103,9 mm - diametro maggiore 9,7 mm - lunghezza dello sperone 28 mm. Attualmente non è possibile determinarne l’età in modo accurato, salvo distruggere una parte dell’osso per datarlo, senza però che ne valga la pena [l’originale suona così: short of destroying a portion of the bone to make dating it worthwhile]. Se avrò tra le mani altri dati che suggeriscano la presenza di polli nell’America precolombiana, potremmo riprendere in considerazione l’attuale decisione.»

Se abbiamo letto attentamente la sequenza degli avvenimenti, possiamo notare che il grande interesse di Wetmore per i reperti fossili riguarda solo quelli non compromettenti, e che Bullock deve avere un po’ di pazienza, pazienza che si sarà portata nella tomba, poiché neppure Watson, successore di Wetmore, ha dato seguito alle ricerche. Bisogna attendere altri reperti e allora magari varrà la pena di sacrificare una porzione dell’osso per fornire la risposta a un quesito che tutti stiamo attendendo con ansia, visto come si è tinta di giallo tutta questa vicenda.

Ma, di porzione non si tratta, in quanto ne basta una punta di spillo, come nel maggio 1996 ha precisato il Dr Giuseppe Damiani all’incredulo Bill, attento e desideroso d’aggiornamento durante tutto il nostro tour europeo. Bill è un gentiluomo e non ha mai adottato un principio comprovato da un’esperienza millenaria: homo homini lupus. Bill è di un candore da imitare e ha creduto senza remore a Watson. Ipse dixit, per cui aveva chiuso per sempre l’argomento della datazione, argomento invece improvvisamente risvegliato da un letargo che stava ormai incamminandosi verso il quarto lustro e la sveglia venne ovviamente da un maligno, il sottoscritto.

Bill ne ebbe piacere.

Insomma, l’importante è temporeggiare e chissà che i curiosi si stufino e lascino cadere l’osso nell’oblio, là nel suo ripostiglio, a Washington. A me sembra che sia stato inumato a Washington come lo fu sull’isola cilena. Questo non è atteggiamento scientifico, è solo demagogia.

L’argomento non l’ho digerito né io, né Plant, né Carter, né tutti gli uomini che abbiano solo un po’ d’amore per la verità e un po’ di rispetto per il prossimo.

Da notare che Plant si è dato la pena di confrontare le misure relative al tarsometatarso, nonché di analizzare la direzione dello sperone. È giunto alla conclusione che non si tratta di un discendente del Gallo Rosso della giungla, Gallus gallus, bensì di un Aseel o di un Malese. Io credo a Plant, non a gente che si dichiara competente ma che è priva di qualsiasi professionalità.

Quest’osso di Bill, scusate, di Bullock, è solo uno di quelli della discordia.

Vediamo cos’è accaduto a Carter.

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