Vol. 2° -  XXV.1.

I colori della luce solare

Nel 1666, all’età di 23 anni, Isaac Newton rimase affascinato dal comportamento dei raggi del sole quando passavano attraverso un prisma di vetro. I suoi studi gli fecero concludere che il colore deriva dall’interazione della luce con la materia, per cui ogni raggio di luce viene rifratto dal prisma, cioè emerge propagandosi in direzione diversa da quando vi penetra. Il prisma non solo devia la luce, ma la diffonde secondo un fascio divergente che presenta gli stessi colori dell’arcobaleno e disposti nello stesso ordine.

Arcobaleno autunnale - 28 novembre 2003

A volte un arcobaleno secondario, più scuro e più largo, è visibile all'esterno dell'arco primario. L'arcobaleno secondario è provocato da una doppia riflessione della luce solare dentro le gocce di pioggia. Come risultato della seconda riflessione i colori dell'arcobaleno secondario sono invertiti rispetto a quelli del primario, con il blu all'esterno e il rosso all'interno. L'area di cielo posta tra l'arcobaleno primario e quello secondario è detta banda di Alessandro - Alessandro di Afrodisia - che la descrisse per primo.

Sebbene il nostro occhio riesca a discernere nello spettro sette colori principali (rosso, arancio, giallo, verde, blu, indaco e violetto), essi si fondono progressivamente uno con l’altro.

Newton concluse che la luce bianca solare era costituita da un miscuglio di radiazioni diverse, ciascuna costituita da un colore puro, e che il prisma deviava i colori in modo differente: di meno per il rosso e di più per il violetto, di un valore intermedio per gli altri colori.

Trovò inoltre che quando sommava i colori di uno spettro, ad esempio convergendone la luce con una lente, otteneva luce bianca, mentre, eliminando certi colori prima di sommare i rimanenti, otteneva una miscela di luce colorata e questo colore era differente da qualsiasi altro presentato dallo spettro.

Newton aveva scoperto che in natura il colore di qualsiasi oggetto dipende dal tipo di luce inviata all’occhio, dipendendo sia dalla natura della luce che cade sull’oggetto, sia dai colori specifici di quella particolare luce che la superficie del corpo riflette, assorbe o trasmette.

Se la luce che colpisce una superficie perde alcuni colori, la luce che ne viene riflessa perderà le medesime radiazioni. Il vero colore di una superficie riflettente, cioè il colore che appare osservandola in luce bianca standard, può essere esattamente determinato specificando la proporzione dei vari colori spettrali che esso riflette sotto forma di tabella numerica oppure sotto forma di grafico.

i 7 colori dello spettro
con le rispettive
lunghezze d’onda

Rosso

0,75 ÷ 0,64 µm

Arancio

0,64 ÷ 0,58 µm

Giallo

0,58 ÷ 0,57 µm

Verde

0,57 ÷ 0,49 µm

Blu

0,49 ÷ 0,45 µm

Indaco

0,45 ÷ 0,42 µm

Violetto

0,42 ÷ 0,40 µm

Se la proporzione dei colori riflessi è simile a quella che si trova nella luce del sole (con una prevalenza di blu-verde e con una diminuzione progressiva delle radiazioni che si incontrano procedendo verso le estremità dello spettro) la superficie apparirà bianca.

Se invece vi è una maggior proporzione rispetto alla luce solare dei colori che si trovano all’estremità rossa dello spettro, la superficie assumerà una colorazione rossastra; se invece nella luce riflessa i colori bluastri tendono ad avere il sopravvento, la superficie apparirà blu.

Certe sostanze non solo assorbono parte dell’energia luminosa incidente, ma la riemettono sotto forma di radiazione di colore diverso: tali sostanze sono chiamate luminescenti. Tra le pietre preziose, per esempio, il rubino e lo spinello assorbono le radiazioni blu ed emettono il rosso.

Le radiazioni ultraviolette, che rappresentano una componente invisibile della luce, al di là dell’estremo viola dello spettro, stimolano molte sostanze a emettere luce visibile. Se questa emissione cessa immediatamente al cessare dello stimolo luminoso, l’effetto viene chiamato fluorescenza; se questa luminosità permane si parla di fosforescenza.

Il particolare candore provocato da certi detersivi in polvere è ottenuto impiegando un composto fluorescente che viene trattenuto dai tessuti e stimolato dalle radiazioni ultraviolette presenti nella luce solare. La luce in più che viene emessa è sufficiente a rendere i tessuti notevolmente più bianchi. Analogamente, le tinte dei manifesti pubblicitari fluorescenti vengono stimolate dal contenuto in raggi ultravioletti della luce solare.

La luce assorbita viene trasformata in energia termica. Nel 1800 l’astronomo William Herschel scoprì una componente invisibile della luce del sole a causa del riscaldamento da essa provocato sul bulbo di un termometro. Poiché questa componente si trova oltre l’estremità rossa dello spettro, la chiamò luce infrarossa.

Infine, vi sono colori che noi vediamo perché trasmessi da sostanze trasparenti. Potrebbe apparire sorprendente, ad esempio, che una zona di una diapositiva a colori appaia della medesima tonalità osservata indifferentemente in luce riflessa o trasmessa. Non potrebbe riflettere e assorbire certi gruppi di radiazioni e trasmettere i rimanenti? La risposta è che la luce con la quale osserviamo una diapositiva, indipendentemente dall’angolazione, viene contemporaneamente trasmessa e riflessa. La luce che attraversa i coloranti della pellicola viene riflessa dalle innumerevoli particelle di pigmento sospese nel mezzo trasparente. La luce può emergere con qualsiasi direzione dalla pellicola e quest’ultima apparirà pertanto del medesimo colore sotto qualsiasi angolo d’osservazione.

Il caso è diverso quando si tratta di certe pellicole estremamente sottili, come gli strati antiriflettenti applicati sulle lenti. Lo strato è in grado di ridurre al minimo la riflessione solo per una fascia ristretta di radiazioni dello spettro, determinata dallo spessore dello strato. La lunghezza d’onda del colore prescelto si trova nelle regioni centrali dello spettro. Ne deriva che la luce riflessa dallo strato non conterrà il giallo e il verde e pertanto il colore del rivestimento sarà quello che si ottiene sottraendo il giallo e il verde, cioè il porpora.  

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