Vol. 2° -  XXV.1.3.

Psicologia del colore

Gli effetti emotivi o psicologici suscitati dal colore non sono così facili da misurare come nel caso degli aspetti fisiologici legati alla percezione del colore; inoltre, la maggior parte di noi ha certe preferenze per i colori e sente che questi influenzano lo stato d’animo. Molte persone trovano difficile vivere o lavorare in ambienti con combinazioni di colore che giudicano stridenti. I colori vengono pensati come violenti o delicati, riposanti o stimolanti, pesanti o leggeri.

Sebbene simili reazioni psicologiche siano piuttosto soggettive, alcune ricerche sembrano mostrare che ve ne sono altre molto più generali. Ma le nostre credenze sui colori sono facilmente infrante da altre esperienze sensoriali e la distinzione che noi operiamo, nell’assegnare una certa qualità a un colore o a un altro, sono sottili e ambigue, tendendo a produrre un evidente conflitto quando vengono effettuati tests scientifici.

Esperimenti condotti in laboratorio sin dal 1907 mostrano che le persone sono in accordo per quanto riguarda il peso apparente dei colori: il rosso pare il più pesante, seguito dall’arancione, dal blu, dal verde (tutti di peso analogo), quindi dal giallo e infine dal bianco. Due zone colorate di forma identica paiono instabili quando il colore più pesante si trova in alto. Inoltre, quest’impressione visiva non è abbastanza forte da influenzare la valutazione delle persone sul peso di oggetti differentemente colorati ma tenuti in mano.

Il colore modifica la dimensione apparente degli oggetti: i colori detti pesanti appaiono anche piccoli. In presenza di quadrati di uguali dimensioni, quelli rossi sembrano i più piccoli, i blu più grandi e quelli bianchi più grandi di tutti. La bandiera tricolore francese è normalmente costituita da strisce verticali blu, bianche e rosse di uguale larghezza. Ma la versione impiegata in Marina è costituita da bande nelle proporzioni di 33:30:37 in modo che, osservate da lontano, le bande sembrino uguali.

La ben nota classificazione in colori caldi e freddi non sembra avere molta correlazione col nostro giudizio effettivo sulla temperatura. In un esperimento, una barra blu o verde riscaldata a 42°C venne giudicata più calda, da coloro che la reggevano, di una barra arancione o rossa portata alla medesima temperatura. Un test per valutare se il colore utilizzato per illuminare una stanza influenzasse il giudizio sulla sua temperatura e sul suo comfort, ha suggerito che illuminare una stanza con luce calda non ne sostituisce il riscaldamento.

Gli psicologi sono interessati agli effetti del colore sull’efficienza dei lavoratori: si è constatato che le scimmie sicuramente impiegano meno tempo in luce rossa che con una luce di diverso colore se devono effettuare una scelta. Si suppone che questo dipenda non tanto dalla preferenza per altri colori quanto dall’accelerazione degli orologi biologici in luce rossa; le scimmie avrebbero cioè la sensazione di avere impiegato più tempo in un ambiente rosso. Se gli orologi degli esseri umani sono influenzati in modo analogo, ciò non sembra influenzare le valutazioni dirette che essi fanno sulla durata del tempo durante il quale sono rimasti in ambienti colorati in modo diverso.

Se in un esperimento si chiede a un gruppo di persone di disegnare lentamente un semicerchio, essi eseguono questo compito meglio in luce verde che in luce rossa, la quale aumenta il tremolio della mano, ulteriormente evidenziato dalla maggior difficoltà nel mantenere un ago in mezzo a un piccolo foro senza toccarne i bordi.

Sembra che la luce rossa, come si crede comunemente, abbia un effetto stimolante, perché aumenta la conduttanza elettrica della pelle, che è una misura del grado di traspirazione. Inoltre, la luce rossa non ha apprezzabili effetti sul ritmo delle pulsazioni o del respiro. In questo campo, come nella maggior parte delle aree riguardanti la psicologia del colore, l’evidenza è in contrasto. Vi è un’ampia gamma di lavori manuali, come pure la maggior parte delle funzioni mentali, dove sembra non esservi influenza da parte del colore della luce. Infatti è prassi illuminare con luce rossa i locali dove crescono i pulcini i quanto pare ne riduca l’aggressività.

Non altrettanto si può pensare per l’uomo, come dimostrato dai film a luci rosse.

Le reazioni estetiche ai colori, sia presi singolarmente che in combinazione, hanno affascinato artisti e scienziati per centinaia d’anni. Sono stati portati a termine solo pochi studi scientificamente ben controllati, ma essi sembrano mostrare un sorprendente grado d’accordo nelle preferenze dei colori tra persone diverse. Mostrando campioni di colori singoli su uno sfondo grigio neutro, vengono generalmente preferite le tonalità bluastre, comprese dal blu-verde al blu-porpora. Il giallo verdastro è il meno gradito. Tutti i colori sono più graditi quanto sono chiari.

È stato anche chiesto a più persone di giudicare sulla piacevolezza delle varie coppie di colori: in genere vengono preferite notevoli differenze nelle tonalità, rispetto a quelle piccole, con una preferenza ancora più marcata per quelle coppie che mostrano grandi differenze in saturazione o brillanza.

L’impatto di disegni astratti a colori può essere previsto in una certa misura, tenendo conto di queste preferenze per i colori singoli e le coppie. Alcuni psicologi credono che queste semplici preferenze abbiano una base biologica e influenzino anche complessi giudizi estetici su dipinti o fotografie osservate soprattutto dal punto di vista della struttura cromatica.

Noi siamo più facilmente colpiti dalla varietà di risposte al colore nelle differenti culture, piuttosto che dalle somiglianze. Il bianco, tradizionalmente colore nuziale in molti paesi, è il colore del lutto in alcuni altri. Un occidentale non si sorprende se nei costumi e nel trucco dei teatri vietnamiti il rosso è il simbolo dell’ira, ma ben difficilmente immagina che il bianco simboleggia il tradimento e il nero l’audacia.

Precise ricerche hanno mostrato che ovunque vi è una notevole base comune per le reazioni umane al colore. Il rosso, il giallo, il verde e il blu sembrano colori focali per il genere umano. Prima di imparare a parlare, i bambini tendono a preferire questi colori e ad escludere i colori intermedi e i nomi dei colori focali sono i primi ad essere appresi.

Inoltre, classificando le lingue in ordine di complessità riguardo alla terminologia impiegata per i colori, si trova che i relativi nomi appaiono in un ordine ben preciso. Alcune lingue, tra cui parecchie della Nuova Guinea, hanno solo due termini fondamentali per i colori, che corrispondono al nero e al bianco o allo scuro e al chiaro. Altri termini che si riferiscono ai colori non sono fondamentali perché, ad esempio, sono limitati a oggetti specifici.

Gli antropologi Brent Berlin e Paul Kay affermano che anche nelle lingue più complesse non vi sono più di 11 termini fondamentali per definire i colori e propongono, dato che le società hanno progressivamente distinto meglio i colori, che questi termini fondamentali siano apparsi in questa sequenza storica: bianco e nero; rosso; giallo e verde; blu; marrone; porpora, rosa, arancione e grigio (gli ultimi quattro in qualsiasi ordine).

Naturalmente vi sono molti più nomi di colori in una lingua come l’italiano: il cremisi, ad esempio, non viene considerato fondamentale perché copre una parte della gamma del rosso, e termini come biondo non vengono considerati perché si applicano solo a certi tipi di oggetti o materiali, analogamente a ciò che avviene in molte società primitive dove i termini che si riferiscono ai colori sono derivati dagli oggetti.

Termini usati per un colore in lingue differenti possono non coprire la medesima gamma di colore. Ma i fuochi dei termini, cioè gli esempi più tipici dei colori indicati, concordano sempre. Molte persone associano strettamente i colori con altre esperienze sensoriali. Così, il poeta Rimbaud pensava che a ogni vocale corrispondesse un determinato colore: A = nero, E = bianco, I = rosso, 0 = blu e U = verde. Rimskij-Korsakov associava a differenti chiavi musicali un determinato colore: do maggiore = bianco, re maggiore = giallo, mi maggiore = blu, fa maggiore = verde.

Tralasciando queste reazioni personali, pare che alcune qualità vengano generalmente assegnate ai colori. In una certa misura esse sono influenzate da differenze di cultura o da situazioni ambientali. Su una base di valutazione buono-cattivo, il bianco viene considerato maggiormente in Asia che in Occidente; il giallo di più in Tailandia che in qualsiasi altro paese, probabilmente per ragioni religiose. In termini di potenza, il verde è considerato un colore forte nei paesi aridi.

È impressione generale, tuttavia, che vi siano più uniformità che differenze nel significato dei colori nelle varie culture. Il grigio, il giallo e il bianco sono considerati normalmente deboli, mentre il rosso viene quasi sempre visto come potente e attivo. Il blu viene giudicato quasi dappertutto come un buon colore.

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