Giulia Grazi

Già da tempo avevo ripetutamente e in fasi successive incontrato e attinto al preziosissimo, multiforme ed eclettico sito del Dr Corti ricercando personaggi o eventi storici, letterari ecc attraverso le voci del Lessico segnalate nei motori di ricerca, e per un po' non ho saputo dove mi trovassi, cioè ignoravo quale fosse la tematica principale, il clou del sito.

Quel termine gallicana mi richiamava una specie di antica omonima ondata quasi eretica appena sentita rammentare, e l'argomento mi interessava non più di tanto, non quanto era necessario per indagare ulteriormente. Solo in seguito mi sono accorta che si parlava di polli, o meglio anche di polli, animali che frequento e osservo, poco scientificamente però, ormai da diecine di anni con molta simpatia e, per certi versi, empatia.

Senso di fratellanza che, a cominciare dalle mie amatissime capre, provo peraltro per tutti gli animali. Non potrei concepire, e la riterrei squallida e sguarnita, una vita senza di loro, anche se da sempre mi hanno procurato dispiaceri, complicazioni e fatiche, assorbendomi tempo e denaro. Non sono una misantropa, ma riconosco che, più della quasi totalità degli uomini, sono anime semplici, 'persone perbene', e soprattutto sono innocenti, come sosteneva il mio caro Fratel Renato, l'osteggiatissimo cappuccino fondatore del Quart'Ordine Francescano.

E anche dal punto di vista estetico secondo me ci danno dei punti: gli animali, ovviamente nudi come natura volle, sono sempre molto belli e armoniosi, dalla nascita alla vecchiaia, contrariamente al genere umano che limita questa, peraltro rara, bellezza a un breve, fugace periodo giovanile della propria esistenza.

E i polli non sono da meno in venustà, pur se la loro diffusione li ha fatti divenire banali, specie da morti e spennati sui banconi dei supermercati.

Penso che l'amore per la natura e la zoofilia in particolare (sono già troppo vecchia per assuefarmi al termine animalismo) in buona parte si trasmettano per ereditarietà e nell'ambito familiare. Io ho avuto la fortuna di crescere in una famiglia già così predisposta, ante litteram, da generazioni, ma mi auguro con ottimismo che d'ora innanzi pure la scuola e i media facciano la loro parte in tal senso, ad esempio riproponendo il grande messaggio di Gandhi e del sempre attuale Dr Schweitzer.

Come è forse intuibile, per coerenza faccio parte dei vegetariani - senza farne una questione di principio - da una quarantina d'anni, ma non fra quelli rigorosissimi. Infatti ho una grande passione per le uova, in particolare per quelle 'domestiche' che riesco a carpire alla voracia dei ricci e all'astuzia delle galline brade che vanno a scodellarle nei luoghi più impensati e ingegnosamente nascosti.

Sono molto orgogliosa e gratificata di aver dato dei seppur minimi apporti alla ciclopica ed erudita opera del Dr Corti, che peraltro misteriosamente riesce a essere davvero gradevole, brillante e accattivante anche per i non addetti ai lavori, in argomenti che suonano veramente ostici ai nostri orecchi profani.

I miei contributi in realtà consistono solo in sguarnite segnalazioni attinenti il vasto mondo iconografico, letterario ecc. legato ai polli. Penso che per ogni essere sia importante e attuabile la catena conoscere - capire - apprezzare - amare. Se questo processo sia sempre applicabile anche all'uomo non sono certa, ma è probabilmente adattabile anche a un albero o a un paesaggio.

Realizzata questa successione, grazie in primis nella fattispecie a Summagallicana, si potranno forse risparmiare ai polli certi tipi di allevamento intensivo.

Ponte a Elsa di Empoli - FI

domenica 17 maggio 2009

Ponte a Elsa è un centro abitato con una popolazione di circa 7.000 abitanti situato nella piana dell'Arno nel punto di convergenza tra la Statale 67 Tosco Romagnola e la Statale 429 di Val d'Elsa. Il paese sorge lungo le rive del fiume Elsa, in prossimità della sua confluenza con l'Arno. Il suo nome deriva appunto dal ponte sul fiume Elsa di cui si ha notizia sin dal XIII secolo. Questo suddivide il paese fra i comuni di Empoli, in provincia di Firenze, e di San Miniato, in provincia di Pisa. La parte nel comune di San Miniato è quella di maggiori dimensioni. Non sono mancate negli anni rivalità tra le due sezioni dovute alla sua singolare divisione. Per cercare di stemperarle si tiene ogni anno una cena nella parte centrale del paese, ponte compreso. Secondo una ricerca locale, Ponte a Elsa e i suoi dintorni potrebbero essere le zone di ispirazione per l'ambientazione del Pinocchio di Collodi. In particolare nei pressi della stazione di Ponte a Elsa si troverebbe la casa di Gepppetto.

Andrea Corsali
un avventuroso esploratore
e astronomo empolese

Lapide scolpita da Giulia Grazi

Nemo propheta in patria, e Andrea Corsali, erudito navigatore nelle Indie, a Empoli è piuttosto misconosciuto, pur dopo la scoperta della sua provenienza locale e l'individuazione della casa dove la sua famiglia abitava da secoli e continuerà a risiedere ancora fino all'estinzione. Ne hanno trattato profusamente anche storici nostri contemporanei come Renato Lefèvre, Spallanzani, Luzzana Caraci e pochi anni fa si tenne un convegno a Castelfiorentino incentrato in buona pane su di lui, con relativa pubblicazione della conferenza sulla Miscellanea Storica della Valdelsa.

Noi viceversa ci si contenta di onorare la memoria di Giovanni da Empoli che con la nostra città, a quel che pare, aveva poco a che vedere salvo una remota provenienza, e che per primo non lesinò le lodi al "nostro Andrea Corsali, uomo certamente d'ogni fede degno, per essere litterato, e che ha cognizione assai... e dell'astrologia e della cosmografia; el quale assai tempo ha consumato utilmente in ricercare questi mari e terre et insule di qua, e datone di tutto perfettamente buon conto: talmente che io tengo per cosa certa, che altro meglio di lui non possa scrivere, per le molte buone qualità che sono in lui". E il Carrer lo annovera "fra i più illustri viaggiatori italiani, inferiore al Vespucci nell'importanza delle scoperte, ma non minore di lui e dell'Empoli nell'arte dello scrivere".

Navigatore singolare per i suoi tempi: non affronta le traversie dei mari per affari o missioni politiche, non fu uno dei tanti mercanti e avventurieri, ne' uomo d'armi, ma, fornito di un grosso armamentario di strumenti per rilevazioni astronomiche e geografiche, eruditissimo conoscitore di scienze naturali, acuto osservatore dei territori e dei costumi, riportò notizie originali, accurate indagini e scoperte non indifferenti. Dà per primo una descrizione astronomica della Croce del Sud e delle cosiddette nubi magellaniche, attribuite poi erroneamente al Pigafetta che le notò solo 4 anni più tardi, fa rilevare l'errore di Tolomeo sulla longitudine fra la costa africana e quella dell'India, per primo fece notare l'esistenza della Nuova Guinea, distinse Sumatra da Ceylon e dette un'esatta descrizione degli usi e costumi del popolo abissino. Il noto storico Lefèvre, che su di lui tanto ha scritto (e la cui madre curiosamente era una Bellini empolese), riferisce che ben tre fonti indipendenti, manoscritti coevi, testimoniano come fosse l'apportatore e il divulgatore dei caratteri di stampa in Africa.

Suoi non disinteressati mecenati furono i Medici (compreso Leone X che gli affidò una missiva per il favoloso re David d'Etiopia) e infatti a loro sono indirizzate le lunghissime relazioni che del Corsali ci rimangono, descrittive di due fra i suoi più notevoli viaggi; le due lettere furono spedite dall'India in patria e subito pubblicate nel 1516 e 1518 in edizioni divulgative, ristampate poi dal Ramusio nella monumentale raccolta "Navigationi et viaggi" nel 1550. La prima lettera è diretta a Giuliano de' Medici, figlio del Magnifico e fratello di Leone X, e vi si riferisce sul lungo viaggio compiuto da Lisbona al seguito di un'ambasciata portoghese, della circumnavigazione dell'Africa, della traversata dell'Oceano Indiano fino a porti e terre dell'India. La seconda relazione è indirizzata a Lorenzo de' Medici duca d'Urbino e vi si racconta anche dei territori sul mar Rosso e sul Golfo Persico in un viaggio perigliosissimo e drammatico.

Il suo nome e il suo stemma furono incisi in Santa Croce nel 1898, insieme a quello d'altri navigatori toscani, e Firenze gli ha con riconoscenza intitolato una strada. Come in verità anche l'Amministrazione empolese che gli ha intestato un "Largo", chissà perché a Pagnana e non in città o almeno a Brusciana-Ponte a Elsa.

Tornando al nostro ambito, la famiglia Corsali ha, per quello che ne sappiamo, i suoi albori e purtroppo il suo tramonto e conclusione, a Monteboro, allora nel Popolo di S. Bartolomeo a Brusciana, dimora che sarà sempre, per tre secoli, la base per tutta la famiglia. Il trecentesco capostipite Corsale, agiato brigliaio, dà inizio a una casata in ascesa sociale, tanto da ottenere dopo tre generazioni l'ambita "cittadinanza" fiorentina, pur al solito continuando a risiedere per lo più nella casa d'origine, dove infatti si registrano nascite, gestione di affari, testamenti e morti. La residenza fiorentina dei Corsali era in piazza S. Croce, in una casa denominata "il diluvio" per le frequenti inondazioni dell'Arno, a pochi metri di distanza dal palazzo dei Da Verrazzano. Giovanni da Verrazzano e Andrea Corsali essendo vicini di casa, quasi coetanei e con le stesse inclinazioni si sono sicuramente conosciuti.

Partiti come stamaioli e sellai, gli intraprendenti e intelligenti Corsali ottengono cariche di Priore, Podestà, Gonfaloniere, e Giovanni, padre del nostro navigatore, è intimo e benemerito in casa Medici, ai quali scrive con grande familiarità, beneficiato anche dall'esenzione delle decime. Tutte queste considerazioni, onorificenze e facilitazioni, ho buoni motivi archivistici per ritenere che discendano da una parentela non strettamente ufficiale fra i Corsali e i Medici: infatti la madre di Andrea, Caterina Del Cittadino, era congiunta dell'amante più probabile di Giuliano de' Medici. Da questa unione nacque postumo Giulio, allevato dallo zio Lorenzo il Magnifico, divenuto poi Papa come Clemente VII.

Contrariamente al Nostro avventuroso esploratore Andrea, il fratello Gonfaloniere Bastiano resta tranquillamente in sede, e così suo figlio Andrea, omonimo dello zio, che nasce e muore a Monteboro. Alla sua dipartita, avvenuta senza discendenti diretti nel 1605, nomina eredi i cugini Bardelli, ma "per fidecommisso", lasciando cioè intravedere la speranza che da qualche remota parte del continente potesse riapparire qualche più legittimo pretendente ai beni familiari. Cosa che poi non avvenne; e l'ultimo Andrea Corsali "portò l'arme alla fossa nel sepolcro dei suoi maggiori" nella SS. Annunziata, tomba di famiglia acquistata con gran pompa e ambizione nel 1496.

Così finisce questa "nostrale" famiglia, non senza il vanto di averci lasciato un viaggiatore illuminato, buon letterato, corografo, cosmografo, astronomo, un personaggio insigne ancora in parte da ricostruire e valorizzare.

La Signora delle Capre

di Massimo Ghirardi
www.araldicacivica.it

Lo stemma di famiglia ho accantonato.
Gira e rigira un altro ne ho trovato
che mi si adatta meglio, è “personale”
pur essendo in realtà …”municipale”.
I toponimi italici, a decine,
attingono a radici un po’ “caprine”:

Caprarola, Capranica, Capraia…
Chi più n’ha più ne metta, e stia sicuro
che nel blasone qualche capra appaia
a ricordare quel legame oscuro.

Ricordano un passato che accomuna.
Con le capre si stava in condominio.
Ormai non ne rimane che qualcuna;
dei greggi abbiamo fatto uno sterminio.

Da Capranica ho attinto la mia insegna
lasciando quella che mi diè i natali.
Del resto c’è una norma che già regna:
si inventano uno stemma, i Cardinali!

Se c’era spazio, ci avrei messo tutti
gli animali che ho amato, belli o brutti;
ma questo scudo, piccolo com’è,
non conterrebbe l’arca di Noè!

Così la capra è simbolo ed araldo,
dei fratelli minori caposaldo.
Da sette lunghi lustri ormai le capre
mi son compagne, ed ogni giorno s’apre
con un saluto ed una colazione
servita lor con cura ed attenzione.

Poi, il pomeriggio, a far la passeggiata
nella nostra amenissima vallata
(la sera un po’ sul tardi , in quelle ore
che volgono al desìo anche il pastore).

Le chiavi lassù in alto sul blasone
sono quelle che aprirono il mio cuore,
sancendo poi di fatto questa unione
che quasi quasi può chiamarsi amore.

“Signora delle capre” mi han chiamato
e questa fu sì grande investitura
che non la scambierei per un ducato,
tanto ci tengo a questa dicitura.

E mai conobbi epiteto più bello,
gratificante, dolce e lusinghiero.
Son presuntuosa ma mi sta a pennello.
Da incider sulla tomba al cimitero!

Aiutata un po’ da un certo Fraticello,
chissà se potrò andare in Paradiso…
Degli animali miei farò l’appello
e ci  ritroveremo all’improvviso!

Nessuno mancherà, ne sono certa;
nel cuore tutti quanti li ho racchiusi.
Ma siccome la porta è sempre aperta
magari accoglieremo anche gli intrusi.

Samanta
la prima capra fotografata intorno al 1975

In morte di sei galline
per mano
anzi per bocca del cane Frusta

Cosa sia un pollo voi tutti lo sapete poco
e io non posso certo erigermi a giudice,
che non ne ho saputi custodire sei.
Vennero da un mercato assolato, figli di un’incubatrice
e, messi insieme, costituirono un imperfetto istintivo sodalizio
di consuetudini, di tacita solidarietà,
di antichi richiami di gruppo prontamente adattati,
benevolmente assuefatti alle circostanze.
Amati perché conosciuti:
quante altre galline dei supermercati
hanno l’onore di lacrime nientepopodimeno che umane?
Le vostre ancestrali abitudini davano un ritmo al tempo:
la sera, implacabilmente allineate,
ala contro ala, sfidavate l’inverno.
Già dall’alba festose e arroganti mi avete aspettato
col cibo, scusa attendibile per una salda alleanza.
Disinteressata ma improvvida vi ho osservato e nutrito.
Quanta saggezza, e mitezza, ed equilibrio e fiducia
avverso la mia stolta gestione
che vi ha lasciato in balia
del primo scontato domestico pericolo!

La volpe

Un’abietta grottesca soldataglia,
minacciosa ed armata fino ai denti,
una gran truppa, ch’eran più di venti,
è apparsa qui nei pressi a dar battaglia.

Incuranti di case e di persone,
la marmaglia razziante, belve urlanti
esaltate selvagge e tracotanti
ebber vittoria. Facile l’agone:

l’esercito nemico era incarnato
in un bell’animale senza colpe,
una dorata femmina di volpe,
dieci chili di peso, disarmata.

E l’onta d’esser uomini mi prende.
A questa somiglianza mi ribello:
l’aver di tali ceffi per fratello
disgusta. è ripugnante, turba e offende.

La vecchiaia

Tolto gli acciacchi che ci dan pensiero,
la vecchiaia di per sé non è un gran male;
sceman le forze, sì, ma tale e quale
calan le voglie e l’entusiasmo è a zero.

Anche arrabbiarsi è diventato vano.
Fa male al cuore e non ne val la pena
e, se qualche speranza ti si arena,
è più importante mantenerti sano.

Progettar, programmare è cosa stolta.
I ricordi fan grande compagnia,
pur se ti prende un po’ di nostalgia
per quella rosa che non fu mai colta.

Le abitudini danno un senso ai giorni.
La ripetitività quieta e accettata
di eternità è parvenza, conquistata
purché nessuna velleità ritorni.

Premono poche cose e, fatalisti,
prendiamo tutto con accettazione,
distacco, levità, disillusione.

Per mio conto ho scansato gli oculisti
perché veder le cose un po’ confuse
cancella nei, brutture e imperfezioni
e ti mantiene intatte le illusioni
di bellezze e armonie vaghe e soffuse.

Se non fosse un discorso da babbei
che offende, oltre il buon senso, la ragione,
qualor si presentasse l’occasione,
io quasi gli anni me li aggiungerei.

Paradiso

Pur se di certo è un attimo fuggente,
non fa caldo né freddo, l'aria è tersa,
nel verde intorno l'anima s'è persa,
ho il cane accanto e non mi manca niente.

Fra qualche stoppia e qualche fiordaliso
senza formalità sono accucciata.
Se tutto si fermasse, sarei grata;
forse è questo un (modesto) paradiso.

La noia

Ho conosciuto angosce e dispiaceri
come un po' tutti cui la vita è data,
tuttavia non mi sono mai annoiata,
alla peggio rimugino sull'ieri.

I ricordi son pozzi senza fondo,
se ne può attinger sempre a piene mani,
scordando gli arzigogoli freudiani,
e con la fantasia si gira il mondo
fermi, e senza supporto audiovisivo.

Se poi mi trovo un poco più attrezzata
leggo qualunque cosa sia stampata,
se ho penna e carta, prendo appunti o scrivo.

In conclusione (e escludo apologia
dei solitari ed autosufficienti)
me la sento di dire ai quattro venti:
mi tengo una gran buona compagnia!

Microcosmo

Il mio mondo s'è come accartocciato,
ripiegato, richiuso e impiccolito,
ma per uscirne io non muovo un dito.

L'altrove c'è, non l'ho certo scordato,
con seduzioni, allettamenti  e inganni:
senonché mi interessa così poco
che non voglio mai più rientrare in gioco.

Il microcosmo mio, da tanti anni,
è complesso e variato a sufficienza
per non essere certo un reclusorio.

E come gli animali ho il territorio
che controllo con grande diligenza.
Il piacere di stare trasandata,
vestita con gli avanzi di famiglia
senza curare denti, pelle, ciglia…,
incurante degli anni e scarruffata,
non ha prezzo. È una gran liberazione.

La vita di per sé già ha i suoi malanni,
difficoltà, problemi, pene, affanni,
per complicarla ancor con l'ambizione.

Breve è il mio raggio, e niente vo cercando
salvo la libertà dell'Alighieri,
quella inver della mente e dei pensieri;
e per il resto a Dio mi raccomando.