Lessico


Accipiter palumbarius

L’accipiter palumbarius citato da Aldrovandi e da Gessner è di non facile identificazione: potrebbe corrispondere al Falco pellegrino o Falco peregrinus, ma potrebbe anche trattarsi dell’Astore, o Accipiter gentilis. Per la disquisizione relativa all'identificazione dei diversi Accipiter si veda il capito dedicato da Gessner a questo volatile.

Tuttavia sia il Falco pellegrino che l'Astore hanno dimensioni praticamente equivalenti a quelle del Circus cyaneus, l'Albanella reale, Hen harrier in inglese. Infatti il Circus cyaneus ha una lunghezza totale di 43-51 cm e un’apertura alare di 102-109 cm. Il Falco peregrinus misura in media 40-51x81-112 cm e l’Accipiter gentilis 48-61x99-119 cm.

Falco peregrinus
Falco pellegrino

acquarello di Ulisse Aldrovandi

Falco deriva dal latino tardo falco, falconis, da avvicinare a falx, falcis ‘falce’, per la forma del becco o degli artigli. Hunc nostri falconem vocant, quod incurvis digitis sit. (Isidoro di Siviglia Etymologiae XII,7,57)

Il falco pellegrino (Falco peregrinus, Tunstall  1771) è un genere di Falconidi diffuso quasi in tutto il mondo (Europa, Asia, Africa, Nordamerica e Sudamerica, Australia, Tasmania  e Oceania). Il Falco pellegrino è considerato un superpredatore. Come tale le sue popolazioni sono soggette a notevoli variazioni, dovute alle fluttuazioni delle popolazioni delle prede (quasi esclusivamente uccelli), alle persecuzioni messe in atto dall'uomo (per esempio la sistematica distruzione di esemplari nelle Higlands scozzesi, dove i falchi predano prevalentemente le pernici bianche (Lagopus lagopus), o durante la seconda guerra mondiale, quando il Governo inglese tentò, senza riuscirvi, di distruggere la specie per proteggere il traffico dei piccioni viaggiatori, usati per tenere i contatti con la Resistenza francese).

Nonostante questo, intorno al 1950, vi erano nel mondo numerosi falchi pellegrini: da 9.320 a 12.470 coppie in Europa, escludendo la Russia (D. Ratcliffe 1993); da 10.600 a 12.000 coppie in Nord America (Cade e Burnham 2003); da 3.000 a 5.000 coppie in Australia (Cade 1982); senza beninteso poter calcolare la consistenza delle popolazioni, mai studiate in quell'epoca, del resto del mondo. In Europa occidentale e in America settentrionale, poco dopo il 1950, ebbe inizio un autentico tracollo che portò alcune popolazioni al completo collasso. Per esempio, quella statunitense a est delle Montagne Rocciose scomparve completamente, mentre rimasero circa trenta coppie negli Stati occidentali (Cade e Burnham 2003).

In Europa centrale e settentrionale si ebbe parimenti una quasi totale scomparsa e in Inghilterra si passò dalle circa 700 coppie del 1955 (S. Cramp, 1980) alle 68 del 1962 (D. Ratcliffe 1980). Resistettero invece quasi tutte le popolazioni del Mediterraneo (S. Cramp 1980). In seguito al bando del DDT, alla rigorosa protezione dei siti di nidificazione dal prelievo di uova e nidiacei per la rinascita della falconeria e agli importanti interventi di reintroduzione, le popolazioni, a partire dagli anni settanta ebbero una progressiva e quasi totale ripresa. La specie, fra l'altro, si adatta volentieri alla presenza dell'uomo, tanto da nidificare spesso nei palazzi cittadini.

Il falco pellegrino è facilmente distinguibile dalla poiana comune (Buteo buteo) per il suo corpo compatto e la sua siluette più agile, le ali sono strette e a punta e non larghe e frangiate all'estremità, come quelle della Poiana. Notevoli sono anche i suoi colpi d'ala veloci e vigorosi, mentre i battiti della poiana tendono ad essere più lenti. Più difficile è distinguerlo dal gheppio, più piccolo e meno massiccio e con la coda più lunga, ma per il resto simile. Il pellegrino, a differenza del gheppio, non fa mai lo "spirito santo", un atteggiamento di caccia, utile per la cattura di insetti e roditori, che consiste nel librarsi fermo nell'aria, grazie a piccoli movimenti delle ali.

John James Audubon (Las Cayes, Santo Domingo, 1785 - New York 1851)

Il falco pellegrino può contare 21 sottospecie che popolano l'intero globo con esclusione dei poli: ciò determina un adattamento dedicato alle più svariate condizioni ambientali, dalla tundra artica ai deserti australiani. In Italia caccia prevalentemente in spazi aperti ed è perciò osservabile in quasi tutti i biotopi - tuttavia prevalentemente negli spazi aperti e sui bacini lacustri con abbondanza di uccelli. In alcune città si è pure urbanizzato. Cova anche in strutture architettoniche prominenti in alti palazzi come campanili delle chiese, vecchie fabbriche dove caccia prevalentemente piccioni (p.e. a Gottinga). Altrimenti il falco pellegrino predilige ripide rupi come luogo di cova, molto più raramente nidi abbandonati di altri rapaci.

I metodi di caccia del falco pellegrino sono tutti condizionati dalle sue caratteristiche fisiche. Contrariamente a quanto si crede, esso non è in grado di volare in orizzontale a velocità importanti. R. Meinerzhaghen ha cronometrato numerosi esemplari in inseguimento di prede, potendo constatare che la velocità massima va collocata fra i 105 e i 110 chilometri orari: insufficiente, per esempio, per raggiungere il colombaccio (Columba palumbus) o il piccione (Columba livia) o ancora la maggior parte delle anatre selvatiche, cioè molte delle sue prede principali. Al contrario, nella picchiata, il falco pellegrino è imbattibile. Mebs ha cronometrato più volte un esemplare, lanciatosi dal campanile della cattedrale di Colonia, a velocità fra i 252 e i 324 chilometri all'ora. Ma il falco, normalmente, caccia da altezze ben maggiori, dalle quali dovrebbe raggiungere e forse superare la velocità critica di cui il suo corpo, ad ali chiuse, è capace (in breve, velocità critica è quella che un corpo, di determinati peso e forma, può raggiungere, accelerato dalla forza di gravità e rallentato dalla resistenza dell'aria).

Hangte, nel 1968, ha potuto calcolare che la velocità critica del falco pellegrino è da collocarsi fra i 368 e i 384 chilometri all'ora. Un'altra caratteristica importante del falco pellegrino è la rigidità delle penne remiganti, importante per la manovrabilità alla fine della picchiata. Ma penne rigide significa anche penne fragili. Quindi la cattura deve sempre avvenire in spazi aperti, evitando il rischio di colpi con rami e perfino fogliame. In conseguenza, la strategia di caccia del falco pellegrino consiste nel tentativo di portarsi in posizione dominante nei confronti della probabile preda. Questo può essere ottenuto in uno dei seguenti modi: trovare un posatoio in posizione elevata, per esempio su un monte; guadagnare quota, quasi sempre sfruttando una termica, e poi pattugliare dall'alto i terreni favorevoli; e infine, più di rado, aggredire una preda dal basso, spingerla a fuggire verso quote altissime e, se è capace di portarsi sopra di lei, infine inseguirla in picchiata.

La cattura vera e propria avviene con la cosiddetta "stoccata", un colpo sferrato con entrambi i talloni, che dovrebbe tramortire, o sbilanciare, o ferire la preda, che cade a terra, dove viene uccisa con il potente becco. Più raramente il falco ghermisce la preda (come invece fanno i falchi che cacciano all'inseguimento). Mai la colpisce con il becco o (come sostiene qualche antico testo) con il petto. Da quanto abbiamo detto, si può capire che, salvo su terreni innevati o molto nudi, il Falco pellegrino non caccia mai a terra e mai animali terrestri. Il fabbisogno quotidiano del falco pellegrino è pari a circa 140 grammi di carne. Con i bocconi inghiotte volentieri un poco di piume, che poi rigetta il mattino dopo, prima di riprendere le attività venatorie.

I partner di una coppia di falchi pellegrini rimangono insieme perlopiù per tutta la vita e si riaccoppiano in caso di morte di uno dei partner. La durata della cova dura dai 32 ai 37 giorni a seconda della latitudine e della percentuale di umidità della zona prescelta per la cova. La covata può prevedere da 2 a 6 uova (casi eccezionali) con solitamente 3/4 uova come standard usuale. Il falco pellegrino raggiunge un'età mediamente massima di 17 anni allo stato libero e sono stati osservati casi in cui dei soggetti superavano l'età di 20 anni in cattività. Il falco pellegrino è stato uccello dell'anno nel 1971.

Accipiter gentilis
Astore

Accipiter gentilis
a sinistra in abito giovanile - a destra in abito adulto
Louis Agassiz Fuertes (1874-1927)

Astòre deriva dal latino acceptor = falco, sparviero, persona rapace, chi prende (verbo accipio), tramite il provenzale astor che significa predatore. Il cognome italiano Astòre ha un ceppo molisano, uno salernitano e uno salentino. Astori parrebbe specifico lombardo, Astorini è probabilmente un errore di trascrizione di Astorino che è tipicamente calabrese. Tutti questi cognomi dovrebbero derivare dal nome proprio medievale (prima soprannome) Astore o Astorre, a sua volta dall'omonimo uccello rapace, usato anticamente per la caccia, col significato evidente di "persona avida, rapace e scaltra". Può anche derivare dal mestiere di falconiere che usava appunto gli Astori per cacciare. Anche il cognome inglese Astor, derivato dal provenzale astor, significa predatore. Le sigarette Astor sono intitolate a Astor John Jacob (Heidelberg, Germania, 1763 - New York 1848) ritenuto il primo milionario degli USA. Emigrò dapprima a Londra e poi negli USA. (1784) e, dedicatosi al commercio delle pellicce, fondò l'American Fur Company, riuscendo a monopolizzare il commercio delle pelli negli Stati Uniti. Fu tra i maggiori finanziatori della seconda banca degli Stati Uniti.

L'astore (Accipiter gentilis, Linneo 1758) è un uccello rapace della famiglia degli Accipitridae. Gli astori sono uccelli rapaci di medie dimensioni, la loro lunghezza corporea è di circa 46-63 cm, la loro apertura alare va dagli 89 ai 122 cm. Il peso è tra i 0,52 kg nei maschi più piccoli e i 2,2 kg nelle femmine più grandi. L'apertura ampia è da ricondursi al notevole aumento di dimensioni e di peso da sud-ovest a nord-est e al notevole dimorfismo sessuale in rapporto alla dimensione del corpo.

La femmina è più o meno grande come una poiana, il maschio è evidentemente più piccolo. E così nell'est della Germania i maschi adulti pesano in media 724 gr, le femmine adulte 1133 gr, la lunghezza dell'ala dei maschi adulti è in media di 314 mm, delle femmine di 353 mm. Le ali sono relativamente corte, ampie e arrotondate nelle punte, la coda è relativamente lunga. Queste caratteristiche sono tipiche per i rappresentanti prevalentemente silvestri del genere Accipiter e non permettono loro una grande velocità in volo, ma una buona mobilità in uno spazio ristretto. Gli adulti degli astori sono marroni-grigiastri (o bruno-lavagna) nelle parti superiori, le guance sono scure, il sopracciglio è bianco, mentre le parti inferiori sono bianche con una bordatura laterale marrone scura.

I piccoli sono marroncini sulla parte superiore fino alla muta, nella parte inferiore gialli chiari, gialli, beige, arancioni o color salmone con un motivo a righe o a gocce. Il piumaggio maggiore mostra in tutti i vestiti un'evidente bordatura su uno sfondo dal bianco al marrone beige, negli uccelli giovani invece su uno sfondo giallastro. Le gambe sono gialle, come anche la pelle del becco. L'iride degli occhi negli uccelli giovani è gialla chiara, diventa sempre più rossa con l'età e negli uccelli anziani va dall'arancione fino al rosso ciliegia. Il motivo del piumaggio è molto simile in entrambi i sessi, i maschi adulti sono leggermente più bluastri nella parte superiore e mostrano una coloritura del capo un po' più ricca di contrasto delle femmine.

Gli astori si scambiano gridi quasi esclusivamente nei pressi del loro nido. Il loro richiamo più frequente è un "gik, gik, gik" aspro, spesso regolare, che viene espresso comunemente in caso di eccitazione e di disturbo e si sente particolarmente spesso durante l'accoppiamento da gennaio a marzo. Questi richiami si possono sentire a centinaia di metri di distanza in condizioni atmosferiche buone. Il richiamo di contatto tra i due partner di covata è un "gjak" corto, non molto notevole, che si rimbecca per esempio in caso di consegna di una preda o di allontanamento dalla covata. Durante l'atto sessuale i due partner urlano entrambi un "wirr, wirr, wirr" relativamente alto e regolare. Molto notevoli sono anche i richiami di richiesta dei giovani uccelli dopo l'uscita dal nido, che suonano "hiiiiääh" o "klijäh" e vengono ugualmente ripetuti molto spesso.

Gli astori abitano in diverse sottospecie le foreste sempreverdi della taiga e delle montagne (le cosiddette zone boreali), le foreste delle zone temperate e la zona mediterranea del Paleartico. In Nordamerica la loro presenza è limitata alle foreste boreomontane. Nel paleartico occidentale il confine di diffusione settentrionale coincide con il confine settentrionale della taiga di aghiformi in Scandinavia, Finlandia e Russia, a sud la diffusione giunge fino al Nordafrica, a est fino alla Grecia, all'Asia minore e al nord dell'Iran. Occasionalmente frequenta anche le pianure alberate.

I prerequisiti per un habitat favorevole agli astori in Europa è la presenza di alberi di età superiore ai 60 anni per la costruzione del loro nido e la presenza di specie di uccelli di medie dimensioni e di mammiferi. Gli astori amano qualsiasi tipo di foresta, quale che sia il tipo e la dimensione, e si possono trovare anche in terreni coltivi purché vi sia qualche macchia sparsa. Per ragioni ancora poco chiare l'astore in Nordamerica è limitato alle foreste vicine al loro stato naturale. Si trova soltanto nelle foreste vergini e la sua presenza è paragonabile a quella dell'urogallo in Europa centrale. In Italia è stazionario e nidifica sulle Alpi e nell'alto Appennino.

Gli astori cacciano le loro prede prevalentemente con un volo ravvicinato a terra o attaccando da una posizione nascosta o rincorrendo a terra le loro prede o cercandole direttamente nel loro ambiente terrestre. La preda viene attaccata con i piedi e uccisa: gli artigli del primo e secondo dito sono molto forti e vengono infilzati nella preda finché questa non smette di muoversi. Sue prede sono scoiattoli, lepri, micromammiferi, uccelli vari. Spesso attende le sue prede sugli alberi dove trascorre anche la notte. Una volta catturate, le carcasse vengono divorate a terra o sopra i rami più bassi degli alberi, con esclusione del periodo di riproduzione, dove tutte le prede vengono consumate direttamente nel nido o nei rami e/o posatoi circostanti più usuali.

Ha volo agile e veloce, tra gli alberi o sui campi. Essendo l'Astore un rapace che caccia e si riproduce prevalentemente in zone arboricole, la sua struttura alare si è evoluta in tal senso, essendo le sue ali corte e larghe per un potente battito poco ingombrante e la sua lunga coda atta a timonare il volo nelle più intricate foreste. È specie protetta ai sensi della legge 157/92. È assai raro a causa sia del bracconaggio che della somministrazione di bocconi avvelenati. Altre cause sono la cattura dei nidiacei e la deforestazione.