Lessico


Giovanni Battista Fiera

Medico, filosofo, teologo e poeta (Mantova 1450-1540). È l'autore di uno dei primi libri a stampa in tema di dietetica, la Coena, stampata a Roma intorno al 1490, dove, oltre al pollo, parla dei tartufi di cui era entusiasta. E i migliori sarebbero quelli tondi nati durante le tempeste e gli acquazzoni, come suggeriva Plinio nell'antichità, dicendo che i tartufi crescono soprattutto in autunno dopo piogge abbondanti e tuoni.

Ecco qualche passo del testo del Fiera nella recente pregevole versione di Maria Grazia Fiorini Galassi: "Cuochi, portate i tartufi bianchi terrei grondanti succo acqueo, se avete fame siano vostri quelli neri. Siano presentati come ultimi piatti nella nostra cena, affinché Venere stessa si unisca nei nostri divertimenti. Se sono belli e tondi è bene, le tempeste di vento e le piogge li generano, io berrò vino di Chio e pepe. Così allo stomaco sarà facile digerire, né la vescica si gonfia né l'intestino fa male. Chi ha la testa pesante e chiusa, e gli arti deboli, s'allontani da questo cibo, soltanto a questi la cena sconsiglia i tartufi". Descrive anche le qualità delle mele e delle cotogne: "Le mele sono di moltissime varietà....fanno bene ai cuori agitati dalle fiamme, ma nocive al ventre gonfieranno e tenderanno a nuocere ai nervi."; "Le mele cotogne secche e di lieve freddo, cotte con miele giovano allo stomaco...".

Questo stralcio citato da Aldrovandi a pagina 294 del II volume della sua Ornithologia (1600) è tratto quasi per intero dal capitolo gallus: capus: gallina: pullus della Coena.

Prandia si dederit, Veneris documenta protervus
 Nesciat: hinc sicca est, et male grata caro.
 Sit puer, aut Cybeles poenas pro nomine falso
 Pendat, et execto sit tibi teste Capus.
 Sic praepinguis erit, sic iam dormire licebit,
 Et pariet raucae fercula larga gulae.
 Sic humens Gallina vices huic cedet honoras
 Vel nigra, vel partus sit licet indocilis.
 Sic cerebrum, Veneremque fovet: minus ignea pullo
 Vis est: sub sicco hic sit mihi coena cane.
 Maxima, testiculis positis tibi gloria, Galle,
 Somno, alvo, Veneri gratus es, et Cybelae.

Se darà dei pranzi, l’impetuoso non deve conoscere gli insegnamenti di Venere: dai galli si ottiene una carne secca e non gradita. Sia un giovincello, oppure sconti le pene di Cibele sotto falso nome, e prendi un cappone con il testicolo asportato. Così sarà molto grasso, così adesso gli sarà possibile dormire, e genererà delle abbondanti portate dalla gola roca. Così l’umida gallina si sostituirà a costui in modo maestoso, e deve essere o nera, o possibilmente incapace di deporre uova. Così riscalda il cervello e l’appetito sessuale: nel pollo vi è una minor forza focosa: costui sia per me una portata durante una secca estate. A te o gallo la gloria più grande per aver perso i testicoli, sei gradito al sonno, all’intestino, a Venere e a Cibele.

Il testo originale ottenuto attraverso http://gallica.bnf.fr, e che qui non viene trascritto, risale a una stampa forse al 1489 ed è un po’ diverso da quello riportato da Aldrovandi.