Lessico


Girolamo Savonarola

incisione di Theodor de Bry (1528-1598)
da Bibliotheca chalcographica di Jean-Jacques Boissard -
1669

Frate domenicano (Ferrara 1452 - Firenze 1498). Studiò filosofia, musica, medicina e disegno, ma, disgustato dalla corruzione e dalla decadenza dei costumi (a vent'anni, nel 1472, compose il De ruina mundi), lasciò Ferrara e si fece domenicano a Bologna (1474). Nel De ruina Ecclesiae, scritto in convento, Savonarola espresse quella esigenza di rigenerazione del clero che fu poi un tema costante nelle sue prediche.

Per qualche tempo maestro di novizi, tornò poi a Ferrara per seguire gli studi teologici. Nel 1482 Lorenzo il Magnifico lo fece chiamare a Firenze quale lettore nel convento di San Marco. Le prime prediche di Savonarola ebbero scarso successo. Dal 1485 al 1489 fu a Bologna, Ferrara, Brescia e Genova dove nei quaresimali predicò la necessità di una generale penitenza per la salvezza.

Richiamato a Firenze da Lorenzo per invito di Pico della Mirandola, Savonarola iniziò un ciclo di prediche sull'Apocalisse, conquistando i Fiorentini che, a partire dal 1491, vollero che predicasse in Santa Maria Novella. Divenuto priore di San Marco, ottenne da Alessandro VI il distacco del convento di San Marco dalla congregazione domenicana lombarda e continuò, con crescente entusiasmo, la sua predicazione contro la corruzione dei costumi, orientando il popolo fiorentino verso un modo di vita più austero (movimento dei Piagnoni).

La venuta di Carlo VII e la cacciata di Piero de' Medici aumentarono il prestigio di Savonarola in quanto parvero l'attuazione di alcune sue prediche quasi profetiche; il frate per ben due volte andò come ambasciatore dal re francese. Divenuto arbitro della vita fiorentina, Savonarola appoggiò Pier Antonio Soderini in una riforma della costituzione della repubblica, che sottopose la città a un regime demo-teocratico (1494). La vita fiorentina per qualche tempo cambiò: furono banditi il lusso (roghi delle vanità) e l'usura (creazione di un Monte di Pietà), furono sottoposti a giudizio quanti conducevano una vita disordinata; venne istituita un'imposta fondiaria.

Essendosi scontrato col papa, Alessandro VI, a cui rimproverava i corrotti costumi, gli venne prima proibito di predicare (8 settembre 1495) poi, non avendo obbedito, fu colpito da scomunica (13 maggio 1497). Appoggiato dai Piagnoni Savonarola resistette ma i suoi avversari, i Bigi o Palleschi (fautori dei Medici), gli Arrabbiati (la parte più intransigente dell'antica oligarchia) e i Compagnacci (gli insofferenti del suo rigorismo morale), seppero seminare il malcontento tra i Fiorentini, minacciati dal papa di interdetto.

Non essendosi Savonarola sottoposto alla sfida della prova del fuoco, accettata in suo nome da un suo seguace, Fra' Domenico Buonvicini da Pescia, il popolo diede l'assalto a San Marco (aprile 1498). Savonarola, catturato, torturato, sottoposto a tre processi, alla presenza di inviati papali, insieme con Fra' Domenico e un altro confratello, Silvestro Maruffi, fu condannato per eresia e impostura a essere appiccato a una croce e bruciato.

La sentenza, fra i tumulti di popolo, fu eseguita il 23 maggio 1498 nella piazza della Signoria; e le ceneri vennero poi sparse in Arno. La figura del “profeta disarmato”, come lo definì Machiavelli, divenne subito oggetto di discussione: ci fu chi vide in lui l'eretico, chi il santo, chi il precursore della Riforma. Fu anzitutto un ardente e coraggioso sostenitore della necessità di una riforma dei costumi, a cominciare dal clero; ma non discusse mai i dogmi della Chiesa. Politicamente, ebbe fiducia nel popolo, che gli appariva la parte più sana della società. Savonarola lasciò varie opere: sermoni, prediche, trattati e poesie religiose e, molto interessante, il trattato sul Reggimento di Firenze.