Ulisse Aldrovandi

Ornithologiae tomus alter - 1600

Liber Decimusquartus
qui est 
de Pulveratricibus Domesticis

Libro XIV
che tratta delle domestiche amanti della polvere

trascrizione di Fernando Civardi - traduzione di Elio Corti - revisione di Roberto Ricciardi

214

 


Si raccomanda l'opzione visualizza ->  carattere ->  medio del navigatore

Albertus, atque ipsemet Aristoteles sane nostram opinionem non parum tueri videntur, cum vitellum ab albumine tunica propria separari tradant, et versus partes naturales pulli situm, et a spiritualibus eius remotum. Spiritualia autem ex maris semine sunt. Si ergo a spiritualibus vitellus separatus est, semine expertem esse necesse est. Sunt autem ovi tunicae tres[1], eisdem authoribus, una vitellum continens, secunda albumen, quae est tanquam pia mater: tertia testae adhaerens, tanquam dura meninx. Prima tunica intra testam ovi substantiam a testa defendit: secunda, quae mollior est, et albumen continet in pulli generatione secundarum loco est, et pullum complectitur: tertia vitellum ambit. Inter primam et secundam humor quidam crudus nascitur, qui excernitur, dum formatur pullus{:}<.> Alibi etiam Albertus apertissimis verbis, seminis situm pertingere scribit, per totum albumen, usque ad vitellum, huicque versus partem acutiorem ovi infigi idque ego in sectione ovi unum diem incubati observavi. Denique ipsemet iterum Aristoteles[2] incoepta ova, si adhuc parvis coitus desierit, non accrescere testatur, sed si continuetur, {caetera}[3] incremento augeri, iustamque magnitudinem implere. Ova autem dum adhuc parva sunt, lutea esse ex eodem diximus, et in sectione etiam videmus.

In verità sembra che Alberto e lo stesso Aristotele difendano non poco la nostra opinione, dal momento che riferiscono che il tuorlo è separato dall’albume da una tunica propria - membrana vitellina, ed è situato verso le parti vitali del pulcino e si trova distante dalle sue parti respiratorie. D’altronde le componenti respiratorie provengono dal seme del maschio. Se pertanto il tuorlo è separato dalle parti respiratorie, è obbligatorio che sia privo di seme. Per quegli stessi autori esistono poi tre tuniche dell’uovo, una che contiene il tuorlo, una seconda che contiene l’albume che è come la pia madre: una terza aderente al guscio che è come la dura meninge - dura madre. La prima tunica che si trova all’interno del guscio difende la sostanza dell’uovo dal guscio: la seconda, che è più molle e che contiene l’albume, nella generazione del pulcino svolge il ruolo della placenta, e avvolge il pulcino: la terza circonda il tuorlo. Tra la prima e la seconda si forma un certo fluido non digerito che viene secreto mentre il pulcino va formandosi. Anche Alberto in un punto scrive con parole molto chiare che la dislocazione del seme si estende attraverso tutto l’albume fino al tuorlo e che gli si va a fissare verso la parte più acuta dell’uovo, e io l’ho osservato nella dissezione di un uovo incubato per un giorno. E infine ancora lo stesso Aristotele riferisce che le uova già iniziate, se quando sono ancora piccole viene loro a mancare il coito, non si accrescono, ma se continua le altre esse aumentano di volume e raggiungono la giusta grandezza. Orbene le uova quando sono ancora piccole, stando alle sue affermazioni, abbiamo detto che sono gialle, e lo possiamo vedere anche con la dissezione.

Sed quaeret forsan aliquis, quomodo cum caetera animalia per umbilicum cibum capiant, ova nutriantur; non enim vermium modo per se incrementum recipere verisimile est. Id aperte docet Aristoteles[4] fieri per membranam mollem, quae postea testa efficitur; perfecto enim ovo, durum ac rigidum evadit ita modice, ut exeat adhuc molle[5], siquidem dolorem moveret, si ita exiret. Egressum statim refrigeratum duratur, evaporato humore quam primum, qui exiguus est, relictaque portione terrena. Huius itaque membranae particula quadam umbilicaris, parte acuta principium continetur, tenditque parvis adhuc velut fistula: quod in {eiectitiis} <eiecticiis> inchoatis ovis patet. Nam si avis madefacta, aut alia causa inalgescens eiecit, cruentus adhuc cernitur conceptus, habensque sibi annexam appendiculam umbilicarem, quae ovo amplius increscente obtenditur latius, atque minuitur, perfectoque mucro exitum complet; membrana interior sub hoc umbilico est, quae vitellum, albumenque ab eo disterminet. Ubi iam ad consummationem ventum est, ovum absolvitur totum, et umbilicus ratione non insuper apparet: extremum enim ultimum eius est. Partus ovorum contra atque animal evenit. Animal enim versum in caput, suumque principium nascitur: at ovum quasi in pedes conversum exit. Cuius rei causa, ut diximus, est, quod ovum ea parte, qua principium continetur, adhaeret.

Ma forse qualcuno si chiederà in che modo le uova si nutrano dal momento che gli altri animali assumono il cibo attraverso il cordone ombelicale; infatti non è verosimile che si accrescano da sole alla maniera dei vermi. Aristotele insegna chiaramente che ciò avviene attraverso quella membrana molle che successivamente diventa guscio; infatti, quando l’uovo è ultimato, diventa duro e rigido in modo così modesto da fuoriuscire ancora molle, dal momento che susciterebbe dolore se uscisse nel modo suddetto. Dopo essere uscito, venendo subito raffreddato, si indurisce in quanto subito evapora l’umore che è esiguo e rimane la parte terrosa. Pertanto nella parte acuta una certa particella ombelicale di questa membrana è contenuta come principio, e in quelle ancora piccole si estende come un tubicino: e ciò è evidente nelle uova abbozzate abortive. Infatti se l’ha espulso un uccello inzuppato d’acqua o infreddolito per un altro motivo, si vede che il frutto del concepimento è ancora macchiato di sangue e che porta attaccata una piccola appendice ombelicale - latebra? - che si tende maggiormente con il progressivo ingrandirsi dell’uovo, e si accorcia, e una volta che lo sviluppo dell’uovo si è concluso la parte appuntita finisce il suo scopo; sotto a questo cordone ombelicale si trova la membrana più interna, che separa da esso l’albume e il tuorlo. Quando ormai il processo è giunto a termine, l’uovo viene completamente liberato e il cordone ombelicale non è più visibile per un motivo: infatti la sua estremità corrisponde alla sua ultima porzione. Il parto delle uova si verifica anche in modo opposto a quello di un essere vivente. Infatti un essere vivente nasce rivolto dalla parte della testa e della sua parte iniziale: invece l’uovo fuoriesce come se fosse rivolto verso i piedi. Come abbiamo detto, la causa di ciò sta nel fatto che l’uovo aderisce a quella parte in cui è contenuto il principio.

Ex quibus habemus, quomodo ovum incrementum sumit, ac perfectum excluditur: at quot diebus perficiatur, nondum diximus: hoc alibi[6] etiam Philosophus docet, et Plinius confirmat[7], decima nempe a coitu die magna ex parte. Sed quaerendum est quanto tempore subventaneum ovum maturescat. Hoc enim, quod sciam, veterum nemo tradidit. Videtur autem tardius debere perfici propter caloris penuriam, qui in spermate est. Sperma autem perficit ovum usque ad exitum, quod inde patet, si frangatur ovum perfectum: invenitur id triplici differentia distinctum. Colore enim albius est, utpote purioris substantiae, et substantia densius quam reliquum albumen, ut firmius retineat calorem formantem, ne facile exhalet. Caeterum, ut verisimile est ovum subventaneum tardius quam ex coitu factum perfici, ita me nescire fateor temporis quantitatem, ac differentiam, quam alius quispiam observare poterit, mihi id quaesivisse tantum sufficiat.

Da queste considerazioni possiamo dedurre in che modo l’uovo si ingrandisce e viene emesso quando è ultimato: ma non abbiamo ancora detto in quanti giorni viene portato a termine: in un punto ce lo dice anche il Filosofo, e ce lo conferma Plinio, e precisamente per lo più al decimo giorno dopo il coito. Ma bisogna chiedersi in quanto tempo un uovo pieno di vento giunga a maturazione. Infatti, per quanto ne so, nessuno degli antichi ce lo ha riferito. A dire il vero sembra che debba giungere a compimento più tardivamente a causa della scarsità di calore, il quale si trova nello sperma. Infatti lo sperma conduce a compimento l’uovo fino al momento della fuoriuscita, in quanto a partire da tale momento, se viene rotto, si mostra essere un uovo perfetto: lo si trova contrassegnato da tre caratteristiche differenti. Infatti è più bianco di colore, siccome è costituito di sostanza più pura, e più denso come sostanza rispetto al restante albume, allo scopo di trattenere più saldamente il calore formatore, affinché non si disperda con facilità. D’altronde, così come è verosimile che un uovo sterile giunga a compimento più tardivamente di uno prodotto attraverso il coito, altrettanto riconosco di non essere a conoscenza della quantità e della differenza di tempo che qualsiasi altra persona sarà in grado di osservare, e sia solo sufficiente il fatto di essermelo chiesto.

Iam vero circa pulli generationis principium Aristoteles a priscorum Graecorum opinione prorsus recedit. Existimabant autem illi, ut Al<c>maeonis Crotoniatis, quem citat ipse Aristoteles[8], et Hippocratis medicorum principis exemplo probari potest, pullum ex vitello constare, nutriri vero ex albumine. In ovo, inquit Hippocrates[9], pelliculae ex umbilico tentae sunt, et reliqua, quae de puero dicta sunt, sic se habere in ovo volucris reperies ab initio ad finem. Et rursus: Volucris {in ovis} <ex ovi> luteo nascitur, hoc modo. Incubante matre ovum calescit, et quod in ovo inest, a matre movetur: Calescens autem id quod in ovo est, spiritum habet, et alterum frigidum ab aëre per ovum attrahit. Ovum enim adeo rarum est: ut spiritum, qui attrahitur sufficientem ei quod intus est, transmittat, et augescit volucris in ovo, et coarticulatur modo eodem, ac consimili, velut puer. Nascitur autem ex luteo ovi volucris: alimentum vero et augmentum habet ex albo, quod in ovo est. Ubi autem deficit alimentum pullo ex ovo, non habens id sufficiens unde vivat, fortiter movetur in ovo, uberius alimentum quaerens, et pelliculae circum dirumpuntur, et ubi mater sentit pullum vehementer motum, putamen excalpens ipsum excludit, atque <haec> fieri sole<n>t in viginti diebus <, et manifestum est quod ita se habent>[10]. Ubi enim excussa est volucris, nullus humor in ovi testis inest, qui sane memorabilis existat. {Expressus} <Expensus> est enim in pullum.

Ma d’altra parte Aristotele per quanto riguarda il principio generatore del pulcino si discosta completamente dal punto di vista degli antichi Greci. D’altra parte, come si può dimostrare con l’esempio di Alcmeone di Crotone, che lo stesso Aristotele cita, e di Ippocrate principe dei medici, essi ritenevano che il pulcino si forma dal tuorlo, ma che si nutre attraverso l’albume. Nell’uovo, dice Ippocrate, delle piccole membrane si dipartono dal cordone ombelicale, e le restanti cose, che sono state dette a proposito del bambino, nell’uovo di uccello le troverai essere identiche dall’inizio alla fine. E ancora: Un uccello nasce dal giallo dell'uovo in questo modo. Quando la madre sta covando l’uovo si riscalda, e ciò che si trova dentro all’uovo viene mosso dalla madre; mentre ciò che si trova nell’uovo si riscalda, esso ha una respirazione, e attraverso l’uovo attrae l’altra aria fredda dall’atmosfera. Infatti l’uovo è talmente poroso da trasmettere l’aria che viene attratta in quantità sufficiente a ciò che si trova all’interno, e l’uccello si accresce dentro all’uovo, e muove le articolazioni in modo uguale e del tutto simile a come fa un bambino. Inoltre l’uccello nasce dal giallo dell’uovo: ma riceve l’alimento e l’accrescimento dal bianco che si trova nell’uovo. Quando però al pulcino viene a mancare l’alimento che proviene dall’uovo, non avendolo in quantità sufficiente per vivere, forse si muove dentro all’uovo cercando alimento più abbondante, e le membrane che si trovano all’intorno si rompono, e quando la madre percepisce che il pulcino si muove con veemenza, lo fa uscire dando delle beccate al guscio, e abitualmente tutto ciò accade nel giro di venti giorni, ed è risaputo che le cose stanno così. Quando infatti l’uccello è uscito, all’interno dei gusci d’uovo non si trova liquido degno di nota. Infatti è stato impiegato per il pulcino.

Haec omnia Hippocrates, quibus sane generationis modum egregie, ut tantum virum, quem omnes mirantur, decebat, depingit: verum, quod ex albumine nutriri, et ex vitello constare dicat, id {ossitanter} <oscitanter> fortassis fecerit: nam alioqui id contra omnium sententiam, ac quotidianam experientiam scripsit.

Tutte queste cose le ha scritte Ippocrate, con le quali descrive in modo egregio il modo in cui avviene la generazione, come si addiceva a un così grande uomo che tutti ammirano: tuttavia, siccome dice che viene nutrito dall’albume e si forma dal tuorlo, forse l'ha fatto con superficialità: infatti, in caso contrario, l'ha scritto in antitesi con l’opinione di tutti e con la quotidiana esperienza.


214


[1] Per la struttura dell’uovo vedi il lessico alla voce Uovo.

[2] Historia animalium VI,2, 560a 17-20: Se però la trasformazione nel bianco ha già avuto luogo, non avviene alcun mutamento: né le uova sterili diventano feconde, né quelle concepite per fecondazione assumono il genere del maschio che ha montato per ultimo. E se la copulazione è interrotta quando le uova sono piccole, quelle che già esistono non si accrescono più; ma se la copulazione riprende, le loro dimensioni aumentano rapidamente. (traduzione di Mario Vegetti)

[3] Questo caetera è in contraddizione con il testo di Aristotele, il quale non dice che le uova che si sono bloccate nella crescita per assenza di coito rimangono perennemente piccole. Aristotele dice che quando riprende il coito, queste uova rimaste piccole riprendono ad aumentare rapidamente di volume.

[4] De generatione animalium III,2, 752a 24-752b 15: Sull’accrescimento delle uova ci si può chiedere in che modo esso avviene dall’utero. Se infatti gli animali si procurano l’alimento per mezzo del cordone ombelicale, le uova per mezzo di che cosa se lo procurano, dal momento che esse non conseguono l’accrescimento da sé stesse, come le larve? Se vi è qualcosa che permette l’adesione, in che cosa si trasforma, una volta compiuto l’uovo? Non esce insieme con l’uovo, come il cordone ombelicale insieme con l’animale, perché quando l’uovo è compiuto si forma tutt’attorno il guscio. Orbene, quanto è stato detto è correttamente fatto oggetto di una ricerca. Tuttavia non ci si accorge che ciò che diventa guscio è in principio una membrana molle, e compitosi l’uovo diventa duro e secco in modo tanto tempestivo che esce ancora molle (procurerebbe altrimenti sofferenza a deporlo) e appena uscito, raffreddatosi si consolida, perché l’umido evapora velocemente data la sua scarsezza e rimane l’elemento terroso. Una parte di questa membrana dapprima assomiglia, nella parte appuntita, a un cordone ombelicale e sporge quando l’uovo è ancora piccolo a guisa di una canna di zampogna. Ciò risulta chiaramente nell’espulsione delle uova piccole: se l’uccello o per essersi bagnato o perché raffreddato per qualche altra ragione espelle il prodotto del concepimento, questo risulta ancora sanguinolento e attraversato da una piccola appendice simile a un cordone ombelicale. Questa, quando l’uovo si ingrandisce, si tende maggiormente e si rimpicciolisce, finché al termine, quando l’uovo è compiuto, costituisce la parte appuntita dell’uovo. Sotto di questo c’è la membrana interna che separa da questo il bianco e il giallo. Compiutosi però l’uovo si libera tutto intero e logicamente il cordone ombelicale non appare più, perché è la punta della stessa estremità dell’uovo. L’uscita delle uova avviene al contrario di quella degli animali partoriti vivi: per questi avviene per la testa e il principio, mentre l’uscita dell’uovo è come fosse per i piedi. Ma la causa di questo fatto è ciò che si è detto, che cioè esso aderisce per il principio. (traduzione di Diego Lanza)

[5] Né Aristotele né Aldrovandi hanno mai toccato un uovo appena emesso: infatti il guscio dell'uovo è duro, non molle. I dati concordano sul fatto che l’uovo è rigido già 13 ore prima di essere deposto. Per ulteriori elucubrazioni si veda il capitolo Fuoriuscita dell'uovo in Summa Gallicana III,9,7.

[6] Historia animalium VI,2, 560b: Lo sviluppo dell’uovo dopo la copulazione, e poi lo sviluppo del giovane uccello dall’uovo concotto [cioè sottoposto a incubazione, covato sì da farlo maturare], non hanno luogo in periodi di tempo uguali per tutti gli uccelli, bensì differiscono secondo le dimensioni dei genitori. L’uovo della gallina si forma e giunge a termine per lo più in dieci giorni dopo l’accoppiamento; l’uovo della colomba in un tempo leggermente minore. (traduzione e nota di Mario Vegetti)

[7] Naturalis historia X,147: A coitu X diebus ova maturescunt in utero, vexatis autem gallinae et columbae pinna evulsa aliave simili iniuria diutius.

[8] De generatione animalium III,2, 752b 15-28: La nascita dall’uovo si ha per gli uccelli perché la femmina cova l’uovo e contribuisce a operare la cozione. L’animale si forma da una parte dell’uovo e ricava i mezzi del proprio accrescimento e compimento dalla restante parte, perché la natura dispone insieme nell’uovo sia la materia dell’animale, sia l’alimento sufficiente alla sua crescita. Dal momento che l’uccello non può portare a compimento la prole dentro di sé, produce nell’uovo anche l’alimento. Mentre per gli animali partoriti vivi l’alimento si produce in un’altra parte (il latte nelle mammelle), per gli uccelli la natura lo produce nelle uova. È tuttavia l’opposto di ciò che ritengono gli uomini e afferma Alcmeone di Crotone: il latte non è costituito dal bianco, ma dal giallo, ed è questo l’alimento dei pulcini. Essi invece ritengono che sia il bianco per la rassomiglianza del colore. (traduzione di Diego Lanza)

[9] De natura pueri 29-30. - Sia Gessner che la traduzione di Ippocrate di Janus Cornarius del 1546 - da cui Gessner ha tratto il testo, a sua volta erroneamente citato da Aldrovandi – hanno ex ovi luteo e non un intraducibile in ovis luteo. Conrad Gessner Historia animalium III (1555) pag. 416: Volucris ex ovi luteo nascitur, hoc modo.

[10] Un’ennesima riprova che Aldrovandi non solo copiava, ma addirittura scopiazzava da Gessner! Il testo di Ippocrate è tratto parola per parola dalla traduzione dal greco di Janus Cornarius ed è contenuto nel suo Hippocratis Coi medicorum omnium longe principis, opera quae ad nos extant omnia (Froben, Basilea, 1546). Il testo di Cornarius viene riportato da Gessner, ma omette et manifestum est quod ita se habent, e l’omissione, ovviamente, viene perpetrata da Aldrovandi. - Conrad Gessner Historia Animalium III (1555), pag. 416: [...] putamen excalpens ipsum excludit, atque haec fieri solent in viginti diebus <, et manifestum est quod ita se habent.> - Sia Janus Cornarius che Conrad Gessner hanno haec fieri solent in viginti diebus e Expensus est enim in pullum, ma Aldrovandi, per mistificare il fatto che stava copiando, riporta atque fieri solet in viginti diebus nonché Expressus.