Ulisse Aldrovandi
Ornithologiae tomus alter - 1600
Liber
Decimusquartus
qui
est
de Pulveratricibus Domesticis
Libro
XIV
che tratta
delle domestiche amanti della polvere
trascrizione di Fernando Civardi - traduzione di Elio Corti - revisione di Roberto Ricciardi
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Verum
illud parum Gallo honoris conciliare videri possit, quod angui sit
pavori, qui a leone ferarum generosissimo timebatur, nisi etiam
basiliscus ipsum horreret, insigni sane immunitatis privilegio: cuius
siquidem locum nulla alioquin ales impune transvolet, infectum nempe
semper spiritu pestilenti: quin etiam cuius sibilum caeteri serpentes
omnes perhorrescant, tantum abest, ut praesentiam eius tolerare queant.
Hunc aiunt, mirabile dictu, cum Gallum videre forte contingit, animo
tremere, et cum cucu<r>rientem audit, tanto terrore concuti, ut
emoriatur. Quam rem non ignorantes qui per immensas Cyrenensium
solitudines, quae pestem illam, et singulare in terris malum gignunt,
iter faciunt, Gallum itineris comitem sibi adiungunt, qui cantu suo
truculentissimam illam bestiam longe abigat: author est huius historiae
Aelianus[1]. |
In
verità potrebbe sembrare che ciò che abbiamo detto procuri al gallo
poco onore, in quanto rappresenta una paura per il serpente, lui che
veniva temuto dal leone il più coraggioso degli animali feroci, se
anche il basilisco non ne provasse terrore, senza dubbio a causa di un
singolare privilegio di immunità: dal momento che peraltro nessun
uccello può sorvolare impunemente il luogo in cui si trova, che appunto
è sempre impregnato dal suo alito pestilenziale: tant’è che tutti
gli altri serpenti aborriscono talmente il suo sibilo da non riuscire a
tollerare la sua presenza. Cosa strana a dirsi, riferiscono che quando
per caso gli accade di vedere il gallo trema nell’animo, e quando lo
sente cantare viene scosso da un terrore tanto grande che muore. Non
ignorando questa cosa, coloro che viaggiano attraverso le immense
solitudini della Cirenaica, che nei loro territori generano quella
pestilenza e quel mostro unico, aggiungono come loro compagno di viaggio
un gallo, affinché con il suo canto possa tenere lontano
quell’animale assai minaccioso: l’autore di questa narrazione è
Eliano. |
Iam vero et Gallus suis hostibus cum apertis, tum occultis minime caret. Inter aves in primis non rapacium duntaxat hostilitatem, rapinamque metuit, sed cum Attagene, teste Aeliano[2], graviter etiam dissidet. At maior ab uncunguibus tamquam generis sui praedonibus expavescentia: ideoque cum acutissima acie praeditus est, oculo uno cibum inquirit, altero sursum ad aethera erecto insidiatores observat: quibus a longe conspectis, alta voce exclamitat, Gallinas suas convocans, ut si per temporis angustiam liceat, simul cum eo sese in tutum recipiant: sin illi improvisius adsint, tunc quantum potest, sese illis opponit, ac pro liberandis uxoribus, liberisque ad necem saepe usque cum eisdem dimicat, unde dicebat Politianus[3]. Non
illum squamea tuto {Aggreditur}
<Aggredit> serpens non raptor ab aethere Milvus. Hunc
etenim etsi in rapacium genere ignavissimum in primis observat, tanquam
non ignoret, quod prae caeteris aliis incautiorem aliquam e suis e media
corte per insidias soleat eripere: unde dicebat Aelianus[4].
Quae leones exterret ales et
basiliscos metu exanimat, milvos expavescit. |
In
realtà anche il gallo non è assolutamente carente di nemici suoi, sia
palesi che occulti. In seno agli uccelli innanzitutto non teme solamente
l’ostilità e il rapimento da parte dei rapaci, ma, testimone Eliano,
non va assolutamente d’accordo con il francolino. Ma maggiore è il
terrore che proviene dagli uccelli con le unghie adunche come se fossero
i predatori del genere cui appartiene: pertanto siccome è dotato di una
vista molto acuta, con un occhio cerca il cibo, con l’altro rivolto in
su verso il cielo tiene d’occhio gli insidiatori: una volta che li ha
scorti da lontano, si mette a gridare ad alta voce radunando le sue
galline, affinché se il breve spazio di tempo lo permette esse si
possano rifugiare con lui al sicuro: se invece essi arrivano un po’
all’improvviso, allora per quanto gli è possibile si piazza davanti a
loro, e per rendere liberi le compagne e i figli combatte con loro
spesso fino alla morte, per cui Poliziano diceva: Il serpente
ricoperto di squame non lo avvicina impunemente e neppure il nibbio che
scende a rapire dal cielo. In realtà, anche se è il più pigro in
seno al genere dei rapaci, tiene d’occhio soprattutto lui, come se
fosse ben conscio che è solito rapire a tradimento dal bel mezzo del
cortile qualcuna delle sue compagne più imprudente rispetto a tutte le
altre: per cui Eliano diceva: Quell’uccello che atterrisce i leoni
e fa morire di paura i basilischi, ha timore dei nibbi. |
Verum
ut hoc mirum videtur, quod Gallus tam timidam volucrem horreat, cum
alias si cum eo congrediendum foret, facile superaret; nam Milvus
rapturus vel pullum, vel Gallinam e corte visus ante rapinam suam non
impune saepe fert. Quinim<m>o ipsa Gallina ubi vel audierit
tantum, aut a longe viderit hunc pullorum praedonem, eos {ocyus} <ocius>
sub umbra alarum suarum recipiens, et ipsa sese hosti audacter opponit
rostro, alis et se, et pullos defendens, tantum abest, ut id Gallus
praestare non possit, vel quadruplo Gallina robustior, sed occulta
quaedam, de qua agimus antipathia est. Nam tanto odio Milvum hoc avium
genus prosequitur, ut si illius caput collo Gallinaceo alligaveris,
omnes celerrime arrepta fuga salutem quaerant, im<m>o quod amplius
est, et mirum dictu, Gallum non amplius cantaturum aiunt, si cristam
sanguine Milvini capitis inunxeris. |
A
dire il vero sembra strano che i gallo abbia terrore di un uccello tanto
pauroso, dal momento che in altre occasioni, se si rendesse necessario
combattere con lui, lo debellerebbe facilmente; infatti quando un nibbio
è stato prima avvistato che sta per rapire un pulcino o una gallina dal
cortile, spesso non porta a termine impunemente la sua rapina. Che anzi,
la gallina stessa, quando ha solamente udito o a visto da lontano questo
predatore di pulcini, accogliendoli prontamente sotto la protezione
delle sue ali essa stessa si contrappone con audacia al nemico con il
becco e con le ali difendendo se stessa e i pulcini, che anzi il gallo
non riuscirebbe a farlo anche se quattro volte più forte della gallina,
ma si tratta di un’avversione occulta della quale stiamo disquisendo.
Infatti questo genere di volatili tratta con tanto odio il nibbio che
se leghi la sua testa al collo di un gallinaceo vanno tutti quanti alla
ricerca della salvezza dandosi a una fuga precipitosa, anzi, cosa che è
più importante e insolita a dirsi, dicono che il gallo non canterà più
se gli spalmerai la cresta con il sangue della testa di un nibbio. |
Non mirum itaque, si Accipitrem etiam timeant: qui tanto Gallinis praecipue terrori esse dicitur, ut audita tantummodo, dum incubant, eius voce, ova vitiari credantur[5], sed et huic etiam propter nimium pullorum amorem resistere non verentur, quod hisce versibus Oppianus[6] ostendit. Quanto
Gallina domesticus ales Nutrit
amore suos foetus lasciva tenellos. Quae
si labentem videat pernicibus alis Accipitrem
a tecto, sublata voce gracillans Arrectis
sursum pennis, cervice recurva Expandit
tumidas pullis glocitantibus alas. Tum
pavidus miles pipiens se moenibus altis Abdit,
conglomeratque parens trepida agmina pennis. Sic
profligat aves audaces sedula mater, Et
caros pullos ex alitis ore rapacis Liberat,
implumesque {fonet} <fovet> simulatque relinquunt Festos
et thalamos nitido candore glabrantes. |
Pertanto
non desta meraviglia se hanno timore anche dello sparviero: il quale è
detto essere un così grande terrore, soprattutto per le galline, che
mentre stanno covando pur avendone udita solamente la voce si crede che
le uova si guastano, ma esse non temono di tener testa anche a lui a
causa di uno straordinario amore per i pulcini, e ciò lo dimostra
Oppiano di Apamea con questi versi: Con
quanto amore la gallina, uccello domestico, alleva
allegra i suoi giovani pulcini. E
se vede scendere dal tetto con le rapide ali lo
sparviero, gridando a voce alta drizzate
in alto le penne e con il collo ricurvo all’indietro dispiega
le ali rigonfie sui pulcini che stanno pigolando. Allora
il timoroso soldato si rifugia pigolando nel profondo della cinta, e
la madre tutta impaurita avvolge con le penne la schiera dei pulcini. Così
una madre premurosa sconfigge gli uccelli audaci, e
libera gli amati pulcini dalla bocca dell’uccello rapace e
riscalda gli implumi non appena abbandonano anche
i lieti nidi lisci di uno splendente candore. |
Ornithologus[7]
Helvetiis Accipitris genus aut Milvum a Gallinarum praeda ait appellari
den hu<e>nerdieb, id est, Gallinarum furem: et Milvum scripsi
Belgis a rapiendis {pullos} <pullis> Kuijckendief dici, unde eidem
avi, Milvo nempe ea nomina competere suspicarer, nisi teste Turnero
Rubetarium Accipitrem, Anglis hen harroer, idest Gallinarum occisorem,
appellari cernerem. Palumbarium Accipitrem magnitudine superat, et
coloris est [242] cinerei. |
L’Ornitologo
dice che dagli Svizzeri il genere degli uccelli rapaci o il
nibbio vengono detti den huenerdieb dal furto delle
galline, cioè, ladro di galline: e ho scritto che dai Belgi il nibbio
viene detto Kuijckendief dal fatto che ruba i pulcini, per cui io
supporrei che tali nomi spettino a uno stesso uccello, cioè al nibbio,
se non vedessi che in base a quanto afferma William Turner viene
chiamato sparviero dei roveti, detto dagli Inglesi hen harroer,
cioè uccisore di galline. Supera in dimensioni l’accipiter
palumbarius - sparviero dei colombi selvatici - ed è di color
cenere. |
[1] La natura degli animali III,31: Il leone ha paura del gallo e dicono che anche il basilisco lo teme e che quando lo vede comincia a tremare; se poi lo sente cantare, viene preso da convulsioni e muore. È per questo motivo che coloro che viaggiano per la Libia, terra nutrice di tali mostri, per paura del basilisco si portano appresso come compagno di viaggio un gallo, perché li protegga contro un così grande malanno. (traduzione di Francesco Maspero) - Eliano parla di Libia, mentre Plinio parla di Cirenaica (che è comunque una regione della Libia), per cui verosimilmente Aldrovandi si rifà in parte all’equivalente testo della Naturalis historia VIII, 78-79: Eadem et basilisci serpentis est vis. Cyrenaica hunc generat provincia, duodecim non amplius digitorum magnitudine, candida in capite macula ut quodam diademate insignem. Sibilo omnes fugat serpentes nec flexu multiplici, ut reliquae, corpus inpellit, sed celsus et erectus in medio incedens. Necat frutices, non contactos modo, verum et adflatos, exurit herbas, rumpit saxa: talis vis malo est. Creditum quondam ex equo occisum hasta et per eam subeunte vi non equitem modo, sed equum quoque absumptum. Atque huic tali monstro - saepe enim enectum concupivere reges videre - mustellarum virus exitio est: adeo naturae nihil placuit esse sine pare. Inferciunt has cavernis facile cognitis soli tabe. Necant illae simul odore moriunturque, et naturae pugna conficitur. - Infatti Conrad Gessner, facendo preciso riferimento a Eliano, parla di Libia e non di Cirenaica: Basiliscus et ad visum galli contremiscit, et ad vocem convulsus moritur. Quare qui per Libyam iter faciunt, adversus hoc malum comitem itineris gallum sibi assumunt, Idem. [Aelianus] (Historia Animalium III - 1555 -, pag. 385)
[2] La natura degli animali VI,45: I francolini odiano i galli e i galli, a loro volta, odiano i francolini. (traduzione di Francesco Maspero)
[3] Rusticus 416-417: Non illum squamea tuto|aggredit serpens non raptor ab aethere milvus. (Florentiae: XI Nonas novembres Mcccclxxxiii) – È verosimile che si tratti di un download da Conrad Gessner, Historia Animalium III (1555), pag. 407: Non illum squamea tuto|Aggreditur serpens, non raptor ab aethere milvus, Politianus de gallo.
[4] La natura degli animali V,50: I galli col loro canto impauriscono il leone e annientano il basilisco, però non sopportano la vista di un gatto o di un nibbio. (traduzione di Francesco Maspero)
[5] Plinio, Naturalis historia X,152: Si incubitu tonuit, ova pereunt, et accipitris audita voce vitiantur.
[6] Cynegetica o De venatione, liber 3. (Aldrovandi) - Gessner deduce gli stessi concetti da Pierre Gilles: Conrad Gessner, Historia Animalium III (1555), pag. 423: Gallina ardet studio et amore pullorum: primum enim ut circum avem rapacem supra tectum gyros agere cognoscit, statim vehementer vociferatur, et cervicem iactans, atque in gyrum contorquens, caput in altum tollit, ac omnibus plumis inhorrescit, tum explicantis alis timidos pullos, et sub alato tegmine pipientes protegit, avemque procacem retrocedere cogit: Deinde eos ex latibulo plumeo prodeuntes studiose pascit, Gillius. - Il brano di Pierre Gilles è tratto da liber XIV caput XXXIII - De Gallina - di Ex Aeliani historia per Petrum Gyllium latini facti: itemque ex Porphyrio, Heliodoro, Oppiano, tum eodem Gyllio luculentis accessionibus aucti libri XVI, de vi et natura animalium (Lugduni, apud Seb. Gryphium, 1533).
[7] Conrad Gessner, Historia Animalium III (1555), pag. 424: Nostri milvum aut accipitris genus a gallinarum praeda vocant den huenerdieb, id est gallinarum furem. Rubetarium esse credo accipitrem illum (inquit Turnerus) quem Angli hen harroer nominant. Porro ille apud nostros a dilaniandis gallinis nomen habet. Palumbarium magnitudine superat, et coloris est cinerei. Humi sedentes aves in agris, et gallinas in oppidis et pagis repente adoritur. Praeda frustratus, tacitus discedit, nec unquam secundum facit insultum. Hic per humum omnium (accipitrum) volat maxime.