L’Economia del cittadino in villa del Marchese bolognese Vincenzo Tanara uscì per la prima volta a Bologna nel 1644 ed ebbe in poco più d’un secolo sedici edizioni. Come abbiamo visto, egli riferisce che “... c'è chi narra che i primi Galli d'India che si vedessero in Bologna, furono mandati a Genova a donare a' Signori Boncompagni, mentre fioriva la santa memoria di Gregorio XIII.”
Vediamo chi era questo Papa e quando visse.
Gregorio XIII - Ugo Boncompagni - nacque a Bologna nel 1502. Fu canonista di fama ed entrò nella curia papale come cancelliere. Eletto Papa nel 1572, si consacrò subito all'attuazione dei decreti del Concilio di Trento, favorì l'insegnamento dei Gesuiti, potenziò il Collegio Germanico nonché quello Romano, che da lui prese il nome di Università Gregoriana. Si spense a Roma nel 1585.
Chi erano i Boncompagni di Genova? Potevano essere cugini di Gregorio XIII - magari anche parenti di Aldrovandi - in quanto il vero fondatore della casata, forse originaria dell’Umbria, fu lo stesso Pontefice: il primo membro della famiglia fu un certo Pirrino (iscritto al Consiglio Generale di Bologna nel 1347 e quindi al Magistrato degli Anziani nel 1351); Gregorio XIII, quando era ancora Ugo Boncompagni, fu professore all'Università di Bologna e, dieci anni prima degli ordini sacri, ebbe un figlio naturale, Giacomo, nato nel 1548, nominato comandante delle truppe pontificie e che contrasse un ricchissimo matrimonio con la contessa Costanza Sforza di Santa Fiora, acquisendo in seguito il marchesato di Vignola, la contea di Arpino e il ducato di Sora.
Quindi, secondo Tanara, i tacchini fecero una prima fuggevole comparsa nella sua città - che era anche quella di Aldrovandi e di Gregorio XIII - fra il 1572 e il 1585, proseguendo quindi per Genova. Ma ciò è poco, in quanto Camporesi dà per certo che in Italia già “...verso la metà del Cinquecento il tacchino era entrato nell'uso di cucina.”
Fig. VIII.
59 - Natura morta con volatili di Vincenzo Campi
Questo pittore nacque a Cremona intorno al 1535, dove morì nel 1591.
Il volatile adagiato sulle ginocchia della donna è senza dubbio un tacchino.
Altro dato molto interessante: già nel 1644 Tanara, a differenza di Richter (1789), era perfettamente a conoscenza che il tacchino, non ancora battezzato dagli scienziati col nome attuale, non andava assolutamente confuso con la faraona. Questo è molto importante, in quanto sta ad indicare che Tanara aveva fatto tesoro non solo degli insegnamenti di Belon, ma senz’altro anche di quelli del suo concittadino Ulisse, pur con le debite restrizioni che vedremo appresso.
Alberto Vivarelli nella sua monografia sul Pavone riporta quanto scriveva il Marchi:
“Nel 1557 un
editto proibiva in Venezia l’uccisione dei tacchini,
onde assicurarne la
propagazione della specie.”
Venezia e Bologna non erano distanti, né al reciproco scambio di notizie doveva essere d’impedimento il fatto che Venezia fosse repubblicana e Bologna papale. Oltretutto, nel 1557, ad Ulisse restavano ancora parecchi lustri da vivere e numerose cose da apprendere.
Aldrovandi morì nel 1605 e il tacchino gli passò sotto il naso proprio nel pieno della sua attività scientifica. Sappiamo, infatti, che dal 1563 al 1581 si dedicò all’insegnamento della medicina, della botanica e della storia naturale. Nonostante ciò, non ebbe la ventura di conoscere il tuchén. Misteri della storia!
Anche i misteri hanno una soluzione, talora parziale ma ce l’hanno. In Galline di Faraone e Tacchini (1936) Alessandro Ghigi, non meno preciso di Aldrovandi, alle pagine 386 e seguenti ci fa sapere quanto segue:
«I tacchini erano
allevati allo stato domestico dagli Aztechi e da altre popolazioni messicane e
furono importati in Europa dopo non molti anni dalla scoperta dell’America,
già domestici. Sulla domesticazione del tacchino nel periodo precolombiano
non mi è peraltro riuscito ottenere notizie a Messico, neppure da
cultori di archeologia locale; né
ho visto al museo di quella città figure antiche rappresentanti questo
uccello
[1]
.
«I tacchini
selvatici orientali
[2]
non si addomesticano;
permangono erratici e piuttosto paurosi, almeno al tempo degli amori; al
massimo acquistano la familiarità dei pavoni e delle galline di Faraone, ma
non la proverbiale docilità dei tacchini domestici. Non è da escludere che
qualche ceppo domestico di America di colore bronzato non abbia avuto origine
da incroci tra maschio selvatico e femmine domestiche.
«L'importazione
del tacchino in Europa ha avuto luogo nel primo quarto del secolo decimosesto.
Il primo a parlare di questo uccello è stato Fernandez d’Oviedo nel 1526,
nella Historia general y natural de las
Indias, nel modo seguente: «Altri Pavoni maggiori e migliori da mangiare
e più belli si sono trovati nella Provincia detta la Nuova Spagna; delli
quali molti sono stati portati nelle Isole e nella provincia di Castiglia
dell'Oro, e s'allevano domestici in casa delli Christiani. Di questi le
femmine sono brutte, e li maschi belli e molto spesso fanno la ruota benchè
non habbino così gran coda, né tanto bella come quelli di Spagna, ma in
tutto il resto della piuma sono bellissimi.» Dopo averne data la descrizione,
soggiunge: "La carne di questi Pavoni è molto buona e senza comparazione
migliore e più tenera che quella delli Pavoni di Spagna."
«Una tradizione
popolare, scrive Buffon, vuole che il tacchino sia stato importato anche in
Francia nel sedicesimo secolo, sotto il regno di Francesco I, a cura dell’ammiraglio
Filippo di Chabot; gli autori della Zoologia britannica espongono come fatto notorio che esso è stato
importato in Inghilterra sotto Enrico VIII, contemporaneo
[3]
di Francesco I. Tale tradizione
è confermata dalla testimonianza precisa di J. Sperling (Zoolgia
physica, pag.366),
il quale scrisse prima del 1660, assicurando che i tacchini erano stati
trasportati in Europa dalle Nuove Indie più di un secolo prima.
«Il nome
scientifico generico del tacchino, Meleagris,
deve la sua origine ad un grossolano
errore di Ulisse Aldrovandi,
il quale credette di potere identificare nel tacchino la meleagride dei Romani
e dei Greci, che abbiamo dimostrato non essere che la gallina di Faraone dell’Africa
occidentale, progenitrice delle Faraone domestiche. Il nome specifico di gallopavo
è usato pure dall’Aldrovandi nell’Ornitologia stampata nel 1600 e dal
Gesner nella sua storia degli animali, stampata a Francoforte nel 1617.
Codesto nome indica la somiglianza che il tacchino ha col gallo per le sue
caruncole rosse sul capo e col pavone per il modo di fare la ruota.
«Secondo il primo
autore la patria del tacchino era dunque l’Africa; per il secondo l’India,
la qual cosa non può recar meraviglia quando si consideri che Colombo ed
altri, fra i primi navigatori che scoprirono l’America, credettero di aver
raggiunto l’India per la via d’Occidente e designarono le nuove terre col
nome di Indie Occidentali.
«Gli Spagnuoli
infatti chiamarono il tacchino Pavon de
las Indias e, più tardi, semplicemente Pavo,
mentre il vero pavone è detto Pavo real;
i Catalani Indiot e Gall
d’Indi; gli Italiani Pollo d’India
e Dindio; i Francesi Dindon;
i Tedeschi Indianischer Huhn. Il
nome inglese Turkey o pollo di
Turchia è usato dal Ray, il quale ebbe, sulla patria del tacchino, un’opinione
indeterminata e forse intermedia fra quella dell’Aldrovandi e del Gesner;
opinione che si concreta geograficamente nella Turchia, la quale a quell’epoca
occupava quasi tutta l’Africa settentrionale e l’Asia occidentale in
direzione dell’India. Il Ray però ammette, secondo Hans Sloane, che i
tacchini vivono molto bene nei paesi caldi dell’America e che vi si
moltiplicano prodigiosamente.»
Soffermiamoci un attimo sull’affermazione di Ghigi relativa al museo di Città del Messico: “...né ho visto al museo di quella città figure antiche rappresentanti questo uccello”.
Accettando per veritiera l’assenza di raffigurazioni precolombiane del tacchino da parte degli Aztechi, i quali ne avevano senza dubbio in abbondanza, vediamo cosa dice circa le raffigurazioni del pollo Cristina Dunin-Borkowski , accanita sostenitrice della sua introduzione nelle Americhe da parte degli Europei:
“¿Como se podría explicar que siendo ésta ave que brinda tantos beneficios al hombre, nunca se la haya encontrado representada en la arte de la época prehispánica?”
In effetti, l’argomentazione addotta da Cristina Dunin-Borkowski è talmente semplice ed accattivante che sembra un teorema di geometria, al quale dobbiamo credere se non vogliamo cozzare contro il buon senso. Si impone, allora, una verifica dell’affermazione di Ghigi, non certo per metterne in dubbio l’autorevolezza, ma per rafforzarne l’immagine di investigatore.
Una mia lettera al Direttore del Museo Nacional de Antropologia (Polanco - Mexico) è caduta nel vuoto e la stessa sorte è toccata ad una e-mail indirizzata al museo di Città del Messico.
Per fortuna esistono i buoni corrispondenti - non molti, in verità - e fra questi debbo annoverare Tim Laughton (Department of Art History, University of Essex, Colchester, U.K.), il quale dà piena ragione a Ghigi:
«Dear Dr. Corti,
«I do not know of any representations of Turkeys in Aztec art; the bird most commonly depicted is the eagle. However in the art of the Maya there are depictions of turkeys, amongst many other birds. These are most common on painted ceramics, and there are some in the four remaining Maya books. I know of no examples of chickens in the art of any of the Precolumbian civilizations.»
Quindi gli Aztechi fecero frequente ricorso all’aquila e non al tacchino, mentre i Maya nelle loro ceramiche dipinte collocarono il tacchino in compagnia di parecchi altri uccelli. Non si può escludere che il criterio che ha guidato gli Aztechi sia stato applicato al pollo dagli Incas e dalle culture Mochica e Chimú.
Perché gli Aztechi non si dedicarono a rappresentazioni artistiche del tacchino?
La risposta è di carattere antropologico e la rimettiamo a chi compete. Sono certo che la risposta sarebbe soprattutto in grado di risolvere il quesito sibillino di Cristina Dunin-Borkowski, mettendolo k.o..
Non sapendo a chi rivolgermi per abbozzare una risposta logica al quesito antropologico, attraverso Internet rendo partecipe del mio dilemma il gruppo di discussione Majordomo, che si occupa di genetica del pollo, chiedendo scusa per l’argomento che è chiaramente fuori tema. Tuttavia vale la pena tentare.
Infatti ricevo una risposta da San Pietroburgo e precisamente da Alexander Rodionov - Biological Institute, St.Petersburg State University - il quale mi fa notare che G. Vaillant in Aztecs of Mexico (New York, 1941) “mentioned turkey and a quail species among the symbols of the Aztecs Calendar (Table XV, XVII).”
È ovvio che debba chiedere lumi a Laughton, il quale così risponde:
Alexander Rodionov is quite correct that the turkey does appear in Mexican screenfold books as part of a ritual set of 13 birds called the Quecholli in the Aztec language. I am sorry I was thinking about three dimensional representations. If you are interested the full list of the birds-fliers is as follows:
1 |
White
or blue hummingbird |
Colibrì bianco o blu |
Pharomachrus mocino Quetzal Trogone splendido |
2 |
Green
hummingbird |
Colibrì
verde |
|
3 |
Hawk |
Falco |
|
4 |
Quail |
Quaglia |
|
5 |
Eagle |
Aquila |
|
6 |
Screech
owl |
Strige |
|
7 |
Butterfly |
Farfalla |
|
8 |
Striped eagle |
Aquila striata |
|
9 |
Turkey |
Tacchino |
|
10 |
Owl |
Gufo |
|
11 |
Macaw |
Ara |
|
12 |
Quetzal |
Trogone splendido |
|
13 |
Parrot |
Pappagallo |
As you can see there are no chickens amongst them.
Laughton è a conoscenza della presenza del tacchino nei libri rituali degli Aztechi, che contengono fra le altre cose tavole di divinazione: gli animali elencati appartengono al Quecholli, equivalente al nostro mese di Novembre, e ciascun soggetto ha la sua influenza sui giorni del calendario. Laughton era stato fuorviato dal modo in cui gli avevo posto la domanda, per cui la sua risposta si riferiva alla presenza del tacchino nei manufatti tridimensionali, nei quali il tacchino è costantemente assente.
L’unica autorevole risposta che sono riuscito a raccogliere circa le motivazioni antropologiche e psicologiche per cui un popolo non ricorre alla raffigurazione di un animale di cui dispone in abbondanza, è quella di Laughton:
I do think it would be difficult to argue from a lack of representation in art that an animal was, or was not present. There were many animals in the region that were not represented, amongst them those that were used for food and those that were not. It is true that certain animals did figure more prominently than others in art, such as the jaguar, eagle, toad, quetzal, serpent and so on. The reasons why these were chosen are complex ones involving religion, mythology, social, and economic factors. Anyway I wish you all the best in your research. |
Penso sarebbe difficile arguire da una mancanza di rappresentazione artistica se un animale fosse o non fosse presente. C'erano molti animali nella regione che non sono stati rappresentati, e, fra di essi, troviamo quelli che erano usati per cibo e quelli che non lo erano. È vero che certi animali figuravano in arte in modo ben più rilevante rispetto ad altri, come il giaguaro, l’aquila, il rospo, il quetzal, il serpente e così via. Le ragioni per cui questi sono stati scelti sono complesse, coinvolgendo religione, mitologia, fattori sociali ed economici. Ad ogni modo, le auguro tutto il meglio nella sua ricerca. |
Disquisendo via e-mail con Jean Robocker - che abita nel Montana - circa l’utilizzo delle piume da parte degli Amerindi nell’adornare i loro copricapi, ecco che forse ho trovato la risposta al perché gli Aztechi non abbiano preso in considerazione il tacchino dal punto di vista artistico.
Mrs Robocker è un’appassionata conoscitrice delle piume e del loro impiego; ama profondere le sue conoscenze ai bambini di Kalispell, dove abita, ai quali si unisce durante le scampagnate e i campi scuola. Uno dei capoccia dei campi scuola è padrino di uno dei bambini, ed appartiene alla tribù dei Piedi Neri. A metà maggio del 1997, durante l’ultimo meeting all’aria aperta fra laghi e foreste, il padrino portava una collana dalla quale pendevano un artiglio di falco, parecchi artigli di orso e denti di animali che lui stesso aveva cacciato. Infilata nella fascia color paglia del cappello svettava una piuma di Airone blu, ma egli non sapeva che appartenesse a quest’uccello, in quanto l’aveva trovata e se l’era messa in capo.
Dal momento che avevo affidato a Mrs Jean l’incarico di approfondire l’argomento sull’eventuale impiego delle piume di tacchino da parte degli Amerindi, è logico che approfittasse del padrino Piedi Neri.
[1] Desidero mettere in evidenza quest’affermazione di Ghigi in quanto una delle argomentazioni contro la presenza del pollo precolombiano nelle Americhe si basa sull’assenza di questo volatile nelle raffigurazioni artistiche antecedenti la scoperta del Nuovo Mondo.
[2] Ghigi sta alludendo al tacchino ocellato.
[3] Enrico VIII: 1491-1547 - Francesco I: 1494-1547.