Vol. 1° -  VIII. - Lettura 2

L’incubatrice rinascimentale di Giambattista Della Porta
descritta nell’Ornitologia di Ulisse Aldrovandi

assicurata una schiusa pari al 94-97%

Giambattista Della Porta nacque a Vico Equense o forse a Napoli nel 1535, dove morì nel 1615. Inventò e descrisse strumenti ottici fra i quali, pare, anche il cannocchiale; sperimentò la camera oscura, la lanterna magica e un primo rudimentale termometro; studiò inoltre l'alchimia e l'astrologia.

A soli 25 anni pubblicò il suo primo lavoro dal titolo Magiae naturalis libri IIII (1558) in cui viene sviluppata la concezione magico-spiritualistica del mondo simile a quella di Paracelso, un’opera che venne successivamente espansa in 22 libri e compendiata in un solo volume nel 1584 quando l’autore aveva 49 anni; in questa forma il trattato ebbe grande popolarità e venne tradotto dal latino nelle principali lingue europee, quindi ripubblicato in latino per circa un secolo in diversi Paesi.

Fondò a Napoli nel 1560 l'Accademia dei Segreti della Natura. Si dedicò anche alla fisiognomia, termine usato dalla scuola aristotelica per designare la scienza che deduce la psicologia delle persone dalle caratteristiche corporee, soprattutto del volto.

Nel mondo antico la fisiognomia ebbe largo impiego sia nella mantica sia nella medicina e nel periodo rinascimentale lo ebbe grazie alle ricerche di Della Porta e di Gerolamo Cardano. Il primo che la propose, meglio adattandola alla nostra psicologia, fu J. K. Lavater nell'opera Physiognomische Fragmente (1775-78), cui fecero seguito le ricerche di L. Schulze (Psychische Anthropologie, 1816).

Della Porta è noto soprattutto per la sua opera letteraria: scrisse alcune tragedie delle quali ne è pervenuta una sola (Giorgio, 1611) e varie commedie erudite di derivazione plautina, ricche di elementi popolareschi con echi della commedia dell'arte.

Il brano di Aldrovandi, tratto dal Libro XIV del II volume di Ornithologia (pag. 227), è dovuto al Della Porta, che nel IV libro, capitolo XXVI, del Magiae naturalis (1584) descrive un’incubatrice da lui stesso costruita. La traduzione è mia.

Legenda
a
- recipiente in legno
b - ripiano in legno o vimini
c - ripiano ad arco in bronzo
d - base in legno solido
e - apertura con sportello
f - tubo in rame con bocca slargata
g - segatura di legno
h - lanterna
i - uova
l - pelli di pecora

Fig. VIII. 7 - L’incubatrice di Giambattista Della Porta in scala 1:20, ricostruita dall’Architetto Claudio Deangelis - Valenza, 1996 - in base ai dati contenuti nel testo, peraltro non sempre di facile comprensione. In mancanza di indicazioni come unità di misura è stato scelto il piede inglese, pari a 30,48 cm. Al braccio è stata attribuita una lunghezza di 55 cm.

Ut parvo labore, et sine Gallinis quivis ova clibano calido excludere possit, vas fieri vult ligneum, valde simile dolio, rotundum, cuius diameter tantae sit longitudinis, quantum capiat brachium intromittendum, ut ova componere, et convertere possit: altitudo quatuor pedum.

Affinché, con poca fatica e senza galline, chiunque possa far schiudere delle uova servendosi di un forno portatile riscaldato, deve costruirsi un recipiente in legno, molto simile a una botte, rotondo, il cui diametro deve avere una lunghezza tale da accogliere un braccio, che dovrà esservi introdotto allo scopo di poter disporre le uova e rigirarle: l’altezza dev’essere di quattro piedi [1] .

Hoc tribus tabulatis intus, in quatuor partes dividemus. Sit primum sexquipedale, secundum paulo maius pede, tertium pedale, quartum om­nium minimum. Habeat unaquaeque cellula tabulatis divisa suum ostiolum latitudine quantum brachium immitti possit, suaque opercula, ut apte claudi, et reserari possint.

Lo divideremo in quattro parti ponendovi all’interno tre ripiani. Il primo spazio sia alto un piede e mezzo, il secondo poco più di un piede, il terzo un piede, il quarto sarà il più basso di tutti. Ciascun scomparto, così diviso dai ripiani, deve avere una sua piccola apertura, larga quanto basta per poterci inserire il braccio, e deve essere munita di un suo sportello in modo da poterlo adeguatamente chiudere e aprire.

Primum, et secundum tabulatum ex tenuibus tabellulis, vel viminibus contexta sint; tertium sit aeneum, fornicatum, postremum ligneum, solidumque.

Il primo e il secondo ripiano devono essere fatti con tavolette sottili oppure intessuti in vimini; il terzo deve essere di bronzo, fatto ad arco, l’ultimo dev’essere di legno, e solido.

Primum et secundum tabulatum in centro foramen habeat, latitudinis trium digitorum, per quod aeneus canalis, vel ferreus, stanno sublitus. Is supra secundum tabulatum ad me­dium pedem semper emineat, sic et in inferiori, sed in imo patentioris fiat oris ad modum pyramidis, vel infundibuli, ut concinne calorem, et flammam suppositae lucernae excipere possit.

Il primo e il secondo ripiano devono avere al centro un foro largo tre dita, attraverso il quale passa un tubo in bronzo o in ferro stagnato. Il tubo deve sempre sporgere di circa mezzo piede al di sopra del secondo ripiano, e così anche in corrispondenza del ripiano più sotto, ma alla sua estremità deve avere una bocca slargata a forma di piramide, o di imbuto, sì da poter raccogliere in modo adeguato il calore e la fiamma di una lucerna posta in basso.

In secundo tabulato canalis circa supremum locum perforatus sit, ut inde exhalans calor, locum tepide foveat, et ova ex superiori parte ca­lescant, ut Gallinae faciunt.

Il tubo posto in corrispondenza del secondo ripiano deve essere perforato alla sua sommità, affinché il calore che da esso fuoriesce possa intiepidire questa zona, e le uova possano riscaldarsi dall’alto, come fanno le galline.

Super haec tria tabulata spargatur scobs lignea, quae tibi aptissimo operi videbitur. Scobs circa dolii la­tera erectior, in medio minus: in imo, ubi canalis, depressior, ut ova su­pra eam incubantia calorem undique a canali provenientem excipiant.

Sopra questi tre ripiani si cosparga segatura di legno, che ti tornerà di estrema utilità. La segatura deve essere più alta alla periferia della botte, nella parte media ce ne vuole di meno: nella parte centrale, dove si trova il tubo, deve essere ancor più bassa, in modo che le uova, che su di essa sono in incubazione, possano ricevere ovunque il calore proveniente dal tubo.

In tertio tabulato, ubi canalis terminatur, sit circa latera depressa, in medio circa canalem altior: supra scobem linteus extendatur subtilis, si deturpatur, ut denuo lavari possit, et exclusi pulli supra illum ambulare possint.

In corrispondenza del terzo ripiano, dove il tubo finisce, alla periferia deve essere bassa, al centro, intorno al tubo, più alta [2] : si stenda un sottile panno di lino al di sopra della segatura, di modo che, se si sporca, possa essere rilavato, e i pulcini appena nati possano camminarci sopra.

Singulis tabulis centena ova acco­modentur, plus, minus. Retusa ovi pars infra, acuta sursum vergat. Parietes dolii supra scobem extantes intra cellulas, et superna pars tabulati, ovillis pellibus contegan­tur, ut suo tepore calorem retineant.

Su ciascun ripiano si dispongano più o meno cento uova. L’estremità ottusa dell’uovo deve essere rivolta in giù, quella acuta in su. All’interno degli scomparti le pareti della botte che sporgono dalla segatura, nonché la parte suprema del ripiano, vengano ricoperti con pelli di pecora, affinché trattengano il calore con il loro potere coibente.

Inferiori cellula sub infundibulo lu­cerna accomodetur accensa, in initio binis ellichniis [ellychniis], in fine tribus aestatis tempore, sed hyeme initio tribus, postremo quatuor, aut quinque. Feriat lumen in medio infundibuli, ut per canalem ascendens calor, aeque cellulas concalfaciat.

Nello scomparto inferiore si ponga una lanterna accesa al di sotto dell’imbuto, e d’estate, all’inizio, con due stoppini, verso la fine tre, ma d’inverno all’inizio con tre stoppini, alla fine quattro o cinque. La fiamma deve colpire il centro dell’imbuto, affinché il calore che sale attraverso il tubo riscaldi uniformemente gli scomparti.

Locus in quo hoc vas steterit, sit tepidus, et solitarius. In inferiori parte, ubi accensa lucerna non oportet ova accomodare, quia calorem non habet ad ova excludenda aptum. Sed ubi pulli madidi, quam primum ovis excluduntur, hic claudantur, ut tepido flammae calore madorem ex<s>iccent: bis, terve singulis diebus animadvertendo, si calor re­missus, tepens, aut intensus sit.

Il luogo dove verrà a trovarsi questo recipiente, deve essere tiepido e tranquillo. Nella parte inferiore, dove si trova la lucerna accesa, non bisogna porre uova, in quanto non ha un calore adatto a far schiudere le uova. Invece qui debbono essere rinchiusi i pulcini bagnati non appena escono dall’uovo, in modo che asciughino l’umidità al tiepido calore della fiamma: facendo quotidianamente attenzione, per due, tre volte al giorno, se il calore sia basso, tiepido oppure intenso.

Quod ita cognoscemus: ovum e cellula extrahemus, ut supra oculum ponendo optime experiemur. Nam si offendit, intensus est: si insensibilis, remissus. Intensus calor excoquit ova, remissus irrita facit. Ob id lucerna lumen addendo, et minuendo exaequatum reddes. Post quartum diem, a quo ova fieri coeperint, extrahito e cella, et nulla facta commotione vehementi, sensim contra splendorem Solis, vel candelae quispiam speculabitur, si prolificum sit ovum, necne.

E lo sapremo in questo modo: toglieremo un uovo dallo scomparto e, adagiandolo su un occhio, ce ne renderemo conto nel migliore dei modi. Infatti, se dà fastidio, il calore è intenso: se non dà alcuna sensazione, è basso. Il calore intenso fa cuocere le uova, se è basso le rende sterili. Per questo, lo renderai adeguato servendoti della lanterna, aumentando o diminuendone la fiamma. Dopo il quarto giorno da quando le uova hanno cominciato a svilupparsi, toglile dallo scomparto e, senza scuoterle in modo violento, qualcuno le osserverà pian piano contro la luce splendente del sole o di una candela, per vedere se l’uovo sia fecondo oppure no.

Nam si fibrarum aliquot, cruentumque discurrere videtur, prolificum est, si contra perspicuum erit, ceu infoecundum reiiciendum: irriti loco substituatur aliud.

Infatti, se si vedono alcune fibre color sangue essere dotate di movimento, è prolifico, se invece sarà limpido, ossia non fecondo, deve essere scartato: un altro vada a sostituirsi al posto di quello sterile.

Foecunda oportet quotidie ad calorem luminis vertere, atque circumcirca movere, ut Gallina solet. Nec verendum nobis ne corrumpantur ova, vel si ab aliquo sensim, et com­mode pertractentur. Post decimum nonum, vel vigesimum diem aestatis tempore, aut vigesimum quintum, aut vigesimum octavum hyemis, ova manu capies, ac Soli obversa inspice, ubi pulli rostrum steterit, ibi crustam rumpito, et per ovi foramen manibus rostellum capiendo pulli caput foras extrahe, ac suo loco repone.

Le uova feconde bisogna girarle quotidianamente verso il calore proveniente dal lume e cambiarle di posizione, come è solita fare la gallina. E non dobbiamo aver paura che le uova vengano rovinate, specialmente se vengono maneggiate da qualcuno con delicatezza e nelle dovute maniere. In estate dopo il 19° o il 20° giorno, oppure d’inverno dopo il 25° o il 28° giorno, prenderai le uova in mano e guardale rivolte verso il sole, e dove si troverà il becco del pulcino, qui rompi il guscio, e prendendo con le mani il beccuccio attraverso il foro praticato nell’uovo, tira fuori la testa del pulcino, e quindi rimettilo al suo posto.

Nam ex se ipso foras progreditur, et ovo egressum in inferiori cellula, ut diximus, pone, sed a pavimento lucerna aliquantulum absit, ne pulli lucis splendore allecti, lumen rostellis feriant, et comburantur.

Infatti il pulcino viene fuori da solo, e, dopo che è fuoriuscito dall'uovo, mettilo, come già abbiamo detto, nello scomparto inferiore, ma la lucerna deve essere un pochino sollevata dal pavimento, affinché i pulcini, attratti dal fulgore della luce, non colpiscano coi beccucci il lume e non si scottino.

At si quae diximus diligenter operatus fueris, ex trecentis ovis vix decem, aut viginti perdes.

Solo se avrai eseguito scrupolosamente quanto abbiamo detto, su trecento uova, ne perderai a mala pena dieci o venti.

 

 sommario 

 avanti 



[1] A seconda del campo d’impiego, il piede italiano oscillava da 30 a 50 cm.

[2] Si conservano i due punti anche se il resto della frase è riferito non solo al terzo ripiano, ma anche agli altri due.