Ulisse Aldrovandi
Ornithologiae tomus alter - 1600
Liber
Decimusquartus
qui
est
de Pulveratricibus Domesticis
Libro
XIV
che tratta
delle domestiche amanti della polvere
trascrizione di Fernando Civardi - traduzione di Elio Corti - revisione di Roberto Ricciardi
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Ego
etsi hoc etiam modo ova excludi posse ratio loqui videtur: video tamen
aliud sensisse Democritum, verbis eius Graecis diligentius examinatis,
et placet gastran vas ventricosum vertere, ut prius in tale vas
intelligamus fimum inijciendum, tum super fimo imponendas plumas (ut ἐπίβαλλε
potius quam περίβαλλε
legatur) in plumis ova:
postremo rursus fimum addendum donec contegantur ova. Sed ut ut est,
Porta hoc a se diligentissime expertum non successisse scribit, nec
quomodo succedere possit, sese conijcere posse. Hoc etiam addens quod
qui clibanum laudant, modum non ostendant quo id fieri possit. Unde quae
ipsemet fecit, et ab aliis factitata vidit minutissime demonstrat[1]. |
Quanto
a me, sebbene la ragione sembri suggerire che le uova possono schiudersi
anche in questo modo, credo tuttavia che Bolos di Mendes,
dopo che le sue parole greche sono state esaminate con maggior
attenzione, abbia voluto intendere un’altra cosa, e sono dell’avviso
di tradurre gástran con vas ventricosum - vaso panciuto,
in quanto intendiamo dire che per prima cosa in tale vaso bisogna
metterci il letame, quindi sopra al letame bisogna porre delle piume (si
legga epíballe - metti sopra - piuttosto che períballe -
metti intorno) e nelle piume le uova: per ultimo bisogna aggiungere
ancora del letame fintanto che le uova non sono ricoperte. Ma comunque
stiano le cose, Giambattisa Della Porta
scrive che ciò, da lui sperimentato con molta diligenza, non è stato
seguito da successo, e che lui stesso non riesce ad arguire come possa
avere un esito positivo. Aggiunge inoltre che coloro che lodano il forno
non danno la spiegazione del modo in cui ciò possa verificarsi. Per cui
descrive nei minimi particolari ciò che egli stesso ha fatto e che ha
visto fare abitualmente da altri. |
Ut
parvo labore, et sine Gallinis quivis ova clibano calido excludere
possit, vas fieri vult ligneum, valde simile dolio, rotundum, cuius
diameter tantae sit longitudinis, quantum capiat brachium intromittendum,
ut ova componere, et convertere possit: altitudo quatuor pedum[2].
Hoc tribus tabulatis intus, in quatuor partes dividemus. Sit primum
sexquipedale, secundum paulo maius pede, tertium pedale, quartum omnium
minimum. Habeat unaquaeque cellula tabulatis divisa suum ostiolum
latitudine quantum brachium immitti possit, suaque opercula, ut apte
claudi, et reserari possint. Primum, et secundum tabulatum ex tenuibus
tabellulis, vel viminibus contexta sint; tertium sit aeneum, fornicatum,
postremum ligneum, solidumque. Primum et secundum tabulatum in centro
foramen habeat, latitudinis trium digitorum, per quod aeneus canalis,
vel ferreus, stanno sublitus. Is supra secundum tabulatum ad medium
pedem semper emineat, sic et in inferiori, sed in imo patentioris fiat
oris ad modum pyramidis, vel infundibuli, ut concinne calorem, et
flammam suppositae lucernae excipere possit. In secundo tabulato canalis
circa supremum locum perforatus sit, ut inde exhalans calor, locum
tepide foveat, et ova ex superiori parte calescant, ut Gallinae faciunt. |
Affinché,
con poca fatica e senza galline, chiunque possa far schiudere delle uova
servendosi di un forno portatile riscaldato, deve costruirsi un
recipiente in legno, molto simile a una botte, rotondo, il cui diametro
deve avere una lunghezza tale da accogliere un braccio, che dovrà
esservi introdotto allo scopo di poter disporre le uova e rigirarle:
l’altezza dev’essere di quattro piedi. Lo divideremo in quattro
parti ponendovi all’interno tre ripiani. Il primo spazio sia alto un
piede e mezzo, il secondo poco più di un piede, il terzo un piede, il
quarto sarà il più basso di tutti. Ciascun scomparto, così diviso dai
ripiani, deve avere una sua piccola apertura, larga quanto basta per
poterci inserire il braccio, e deve essere munita di un suo sportello in
modo da poterlo adeguatamente chiudere e aprire. Il primo e il secondo
ripiano devono essere fatti con tavolette sottili oppure intessuti in
vimini; il terzo deve essere di bronzo, fatto ad arco, l’ultimo
dev’essere di legno, e solido. Il primo e il secondo ripiano devono
avere al centro un foro largo tre dita, attraverso il quale passa un
tubo in bronzo o in ferro stagnato. Il tubo deve sempre sporgere di
circa mezzo piede al di sopra del secondo ripiano, e così anche in
corrispondenza del ripiano più sotto, ma alla sua estremità deve avere
una bocca slargata a forma di piramide, o di imbuto, sì da poter
raccogliere in modo adeguato il calore e la fiamma di una lucerna posta
in basso. Il tubo posto in corrispondenza del secondo ripiano deve
essere perforato alla sua sommità, affinché il calore che da esso
fuoriesce possa intiepidire questa zona, e le uova possano riscaldarsi
dall’alto, come fanno le galline. |
Super
haec tria tabulata spargatur scobs lignea, quae tibi aptissimo operi
videbitur. Scobs circa dolii latera erectior, in medio minus: in imo,
ubi canalis, depressior, ut ova supra eam incubantia calorem undique a
canali provenientem excipiant. In tertio tabulato, ubi canalis
terminatur, sit circa latera depressa, in medio circa canalem altior:
supra scobem linteus extendatur subtilis, si deturpatur, ut denuo lavari
possit, et exclusi pulli supra illum ambulare possint. |
Sopra
questi tre ripiani si cosparga della segatura di legno, che ti tornerà
di estrema utilità. La segatura deve essere più alta alla periferia
della botte, nella parte media ce ne vuole di meno: nella parte
centrale, dove si trova il tubo, deve essere ancor più bassa, in modo
che le uova, che su di essa sono in incubazione, possano ricevere
ovunque il calore proveniente dal tubo. In corrispondenza del terzo
ripiano, dove il tubo finisce, alla periferia deve essere bassa, al
centro, intorno al tubo, più alta: si stenda un sottile panno di lino
al di sopra della segatura, di modo che, se si sporca, possa essere
rilavato, e i pulcini appena nati possano camminarci sopra. |
Singulis
tabulis centena ova accomodentur, plus, minus. Retusa ovi pars infra,
acuta sursum vergat. Parietes dolii supra scobem extantes intra cellulas,
et superna pars tabulati, ovillis pellibus contegantur, ut suo tepore
calorem retineant. Inferiori cellula sub infundibulo lucerna accomodetur
accensa, in initio binis {ellichniis} <ellychniis>, in fine tribus
aestatis tempore, sed hyeme initio tribus, postremo quatuor, aut quinque.
Feriat lumen in medio infundibuli, ut per canalem ascendens calor, aeque
cellulas concalfaciat. |
Su
ciascun ripiano si dispongano più o meno cento uova. L’estremità
ottusa dell’uovo deve essere rivolta in giù, quella acuta in su.
All’interno degli scomparti le pareti della botte che sporgono dalla
segatura, nonché la parte suprema del ripiano, vengano ricoperti con
pelli di pecora, affinché trattengano il calore con il loro potere
coibente. Nello scomparto inferiore si ponga una lanterna accesa al di
sotto dell’imbuto, e d’estate, all’inizio, con due stoppini, verso
la fine tre, ma d’inverno all’inizio con tre stoppini, alla fine
quattro o cinque. La fiamma deve colpire il centro dell’imbuto,
affinché il calore che sale attraverso il tubo riscaldi uniformemente
gli scomparti. |
Locus
in quo hoc vas steterit, sit tepidus, et solitarius. In inferiori parte,
ubi accensa lucerna non oportet ova accomodare, quia calorem non habet
ad ova excludenda aptum. Sed ubi pulli madidi, quam primum ovis
excluduntur, hic claudantur, ut tepido flammae calore madorem
ex<s>iccent: bis, terve singulis diebus animadvertendo, si calor
remissus, tepens, aut intensus sit. Quod ita cognoscemus: ovum e cellula
extrahemus, ut supra oculum ponendo optime experiemur. Nam si offendit,
intensus est: si insensibilis, remissus. Intensus calor excoquit ova,
remissus irrita facit. Ob id lucerna lumen addendo, et minuendo
exaequatum reddes. |
Il
luogo dove verrà a trovarsi questo recipiente, deve essere tiepido e
tranquillo. Nella parte inferiore, dove si trova la lucerna accesa, non
bisogna porre uova, in quanto non ha un calore adatto a far schiudere le
uova. Invece qui debbono essere rinchiusi i pulcini bagnati non appena
usciti dall’uovo, in modo che asciughino l’umidità al tiepido
calore della fiamma: facendo quotidianamente attenzione, per due, tre
volte al giorno, se il calore sia basso, tiepido oppure intenso. E lo
sapremo in questo modo: toglieremo un uovo dallo scomparto e,
adagiandolo su un occhio, ce ne renderemo conto nel migliore dei modi.
Infatti, se dà fastidio, il calore è intenso: se non dà alcuna
sensazione, è basso. Il calore intenso fa cuocere le uova, se è basso
le rende sterili. Per questo, lo renderai adeguato servendoti della
lanterna, aumentando o diminuendone la fiamma. |
Post
quartum diem, a quo ova fieri coeperint, extrahito e cella, et nulla
facta commotione vehementi, sensim contra splendorem Solis, vel candelae
quispiam speculabitur, si prolificum sit ovum, necne. Nam si fibrarum
aliquot, cruentumque discurrere videtur, prolificum est, si contra
perspicuum erit, ceu infoecundum reijciendum: irriti loco substituatur
aliud. Foecunda oportet quotidie ad calorem luminis vertere, atque
circumcirca movere, ut Gallina solet. Nec verendum nobis ne corrumpantur
ova, vel si ab aliquo sensim, et commode pertractentur. |
Dopo
il quarto giorno da quando le uova hanno cominciato a svilupparsi,
toglile dallo scomparto e, senza scuoterle in modo violento, qualcuno le
osserverà pian piano contro la luce splendente del sole o di una
candela, per vedere se l’uovo sia fecondo oppure no. Infatti, se si
vedono alcune fibre color sangue essere dotate di movimento, è
prolifico, se invece sarà limpido, ossia non fecondo, deve essere
scartato: un altro vada a sostituirsi al posto di quello sterile. Le
uova feconde bisogna girarle quotidianamente verso il calore proveniente
dal lume e cambiarle di posizione, come è solita fare la gallina. E non
dobbiamo aver paura che le uova vengano rovinate, specialmente se
vengono maneggiate da qualcuno con delicatezza e nelle dovute maniere. |
Post
decimum nonum, vel vigesimum diem aestatis tempore, aut vigesimum
quintum, aut vigesimum octavum hyemis, ova manu capies, ac Soli obversa
inspice, ubi pulli rostrum steterit, ibi crustam rumpito, et per ovi
foramen manibus rostellum capiendo pulli caput foras extrahe, ac suo
loco repone. Nam ex se ipso foras progreditur, et ovo egressum in
inferiori cellula, ut diximus, pone, sed a pavimento lucerna
aliquantulum absit, ne pulli lucis splendore allecti, lumen rostellis
feriant, et comburantur. At si quae diximus diligenter operatus fueris,
ex trecentis ovis vix decem, aut viginti perdes. Hactenus itaque Io. Bap.
Porta. |
In
estate dopo il 19° o il 20° giorno, oppure d’inverno dopo il 25° o
il 28° giorno, prenderai le uova in mano e guardale rivolte verso il
sole, e dove si troverà il becco del pulcino, qui rompi il guscio, e
prendendo con le mani il beccuccio attraverso il foro praticato
nell’uovo, tira fuori la testa del pulcino, e quindi rimettilo al suo
posto. Infatti il pulcino viene fuori da solo, e, dopo che è
fuoriuscito dall’uovo, mettilo, come già abbiamo detto, nello
scomparto inferiore, ma la lucerna deve essere un pochino sollevata dal
pavimento, affinché i pulcini, attratti dal fulgore della luce, non
colpiscano coi beccucci il lume e non si scottino. Solo se avrai
eseguito scrupolosamente quanto abbiamo detto, su trecento uova, ne
perderai a mala pena dieci o venti. Sin qui dunque Giambattista Della
Porta. |
Petrus
Crescentiensis[3]
denique scribit, in quadam regione homines reperiri, qui
furnos ita temperate calefaciant, ut eorum calor par sit Gallinae
incubantis, et in furno, seu {clibamo} <clibano> ponere {quamplurimos}
<quamplurimas> plumas, et mille Gallinacea ova quae post viginti
dies nascantur, ac erumpant. Atque istaec de iis, quae ad huiusce avium
[228] generis procreationem spectabant dicta sint. |
Infine
Pier de’ Crescenzi
scrive che in una certa regione si trovano degli uomini che sono in
grado di scaldare in modo così moderato i forni che il loro calore
sarebbe uguale a quello di una gallina che cova, e che nel forno, o
fornace, pongono moltissime piume e mille uova di gallina che
nascerebbero dopo venti giorni, e si schiuderebbero. E queste cose siano
dette riguardo a quegli argomenti che erano attinenti alla procreazione
di questo genere di uccelli. |
[1] Giambattista Della Porta, The Fourth Book of Natural Magick (1584), Chapter XXVI - To hatch Eggs without a Hen. - Hatch Eggs in a hot Oven. - Make a vessel of wood like a hogshead. Let it be round, and the diameter so long as your arm, that you thrust in, that you may lay and turn the eggs. Let it be four foot in altitude. This we divide by three boards within into three parts. Let the first be a foot and half, the second little above a foot, the third a foot, and the fourth the least of all. Let every concavity divided with boards have a little door thereto, so large as you may thrust in your arm, and its shut to open and shut at pleasure. Let the first and second loft be made of thin boards, or wrought with twigs. Let the third be of brass arched, and the fourth of solid wood. Let the first and second stage have a hole in the center three fingers broad, through which must pass a brass or iron pipe tinned over. That must come half a foot above the second story, and so in the lower most, but in the bottom the orifice must be wider, like a pyramis or funnel. So that it can fitly receive the heat of the flame of a candle put under it. In the second story let the pipe be perforated about the top. That the heat breathing forth thence, the place may be kept warm, and the eggs may be hot in the upper part, as they are under the hen. Above these three rooms strew sawdust, which I think is best to cover them. Let the sawdust be highest about the sides of the hogshead, but less in the middle. In the bottom where the pipe is lower, the eggs lie upon it may receive the heat that comes from the pipe every way. In the third story where the pipe ends, let it be pressed down about the sides, and higher in the middle about the pipe. Let a linen cloth cover the sawdust. A fine cloth that if it be fouled it may be washed again. And the chicken hatched may go upon it. Lay upon every story a hundred eggs more or less. Let the great end of the eggs lie downwards, the sharp end upwards. The walls of the hogshead that are above the sawdust with the concavities , and the upper part of the story must be covered with sheep skins, that their warmth may keep in the heat. In the lower concavity under the tunnel, must a light lamp be placed, at first with two wicks, in the end with three in Summer. But at beginning of winter, first with three, and last with four or five. Let the light fall upon the middle of the tunnel, that the heat ascending the pipe, the rooms may all heat alike. The place where this vessel stands must be warm and stand in a by place. In the lower part where the lamp is lighted, you must lay no eggs. For the heat there will not hatch them. But where the chickens are wet when they are first hatched, shut them in here to dry them by the warm heat of the lamp. Marking twice or thrice every day whether the heat abate, be warm or very hot. We shall know it thus. Take an egg out of the place, and lay it on your eye, for that will try it well. If it is too hot for you, the heat is too much. If you feel it not, it is weak. A strong heat will hatch them, but a weak one will make them addle. So you must add or take away from your lamp, to make the light adequate and proportionable. After the fourth day that the eggs begin to be warmed, take them out of the cells, and not shaking them hard, hold them gently against the sun beams or light of a candle, and see whether they be not addle. For if you discern any fibers or bloody matter run about the egg, it is good. But if it is clear and transparent, it is naught. Put another egg in place of it. All that are good must be daily turned at the lamp heat, and turn them round as the hen is found to do. We need not fear spoiling the eggs, or if any man does handle them gently. In summer after nineteen or twenty days, or in winter after twentyfive or twentyeight days, you shall take the eggs in your hand, and hold them against the Sun and see how the chicken beak stands. There break the shell, and by the hole of the egg take the chicken by the beak and pull out its head. And lay it in its place again. For the chicken will come forth itself. And when it is come out, put it in the lower cell as I said. But let the lamp stand something from the parement, or the chickens allured by the light, should pick at it and be burned by it. And if you do work diligently as I have shown you, in three hundred eggs, you shall hardly loose ten or twenty at most. (da http://homepages.tscnet.com/omard1)
[2] A seconda del campo d’impiego, il piede italiano oscillava da 30 a 50 cm.
[3] Ruralium commodorum libri XII, libro IX, capitolo LXXXVI - Delle galline - pagina 240: Ma dicesi che in alcuna parte del mondo si truova huomini che i forni in tal maniera scaldono che il loro calore e uguale al caldo delle galline che covono & in quel forno mectono penne piccole & mille uova di galline & dopo venti di nascono successivamente & esconsene fuori & lo primo parto sie dallo equinocio vernale innanzi cioe da mezo marzo innanzi, & quelle che innanzi o poi nate son non sono da sopporre a galline vecchie che a pollastre e a quelle che il beccho ne unghioni non siano acuti. (traduzione italiana stampata nel 1490, di proprietà della Army Medical Library (n° 32563) Washington DC, USA - pubblicata da http://gallica.bnf.fr)