Le biomolecole, caratteristiche degli organismi viventi, si
differenziano da quelle del mondo inanimato per composizione chimica, in
quanto dotate di un contenuto in carbonio e azoto assai più elevato, ma anche
per la straordinaria varietà della loro struttura, che può raggiungere
livelli di grande complessità.
In una cellula si possono infatti distinguere alcune migliaia di specie molecolari, senza contare l’enorme numero di cellule differenti, ognuna provvista di un distinto corredo biomolecolare. Tuttavia, quest’immensa diversificazione del mondo vivente deriva dall’organizzazione macromolecolare di un ristretto numero di costituenti fondamentali.
Così, per esempio, i differenti tipi di acidi nucleici, che sono circa 1010, derivano dalle diverse combinazioni secondo le quali i nucleotidi si riuniscono a formare lunghissime catene. A loro volta i circa 1011 differenti tipi di proteine presenti negli organismi viventi sono costituiti da altrettante sequenze specifiche di solo una ventina di composti con peso molecolare oscillante intorno a 100, gli aminoacidi.
Oltre che da proteine e da acidi
nucleici, le macromolecole cellulari sono composte da polisaccaridi e da
lipidi, che derivano a loro volta dall’associazione di più molecole di
monosaccaridi e di acidi grassi.
Le unità fondamentali che compongono ciascuna delle
quattro classi di macromolecole sono unite fra loro da legami di natura covalente.
La notevole stabilità di questo tipo di interazione è alla base dell’esistenza
e della continuità delle macromolecole specifiche, che rendono conto al tempo
stesso della diversità delle strutture e delle funzioni nonché della
differenziazione delle specie.
La formazione delle macromolecole rappresenta solo uno stadio dell’organizzazione strutturale della cellula. Infatti, attraverso l’associazione tra più macromolecole di una stessa classe o di differenti classi, si raggiungono livelli di complessità ancora più elevati.
Le proteine, ad esempio, oltre che unirsi fra loro nella
formazione di complessi proteici, si associano agli acidi nucleici
(nucleoproteine), ai lipidi (lipoproteine) e ai polisaccaridi (glicoproteine).
Si realizzano in tal modo strutture di peso molecolare 106¸109 dalton, la cui ulteriore associazione è alla base della
formazione degli organuli (nucleo, mitocondri, cloroplasti, etc), che
rappresentano l’ultimo grado di complessità raggiunto dalle strutture
cellulari.
I legami che uniscono le macromolecole nella costituzione degli aggregati molecolari ai vari livelli di organizzazione cellulare sono di natura non covalente e quindi assai più deboli di quelli che uniscono le unità fondamentali nella formazione delle macromolecole stesse.
Le
strutture cellulari sono tuttavia caratterizzate da una notevole stabilità.
Ciò deriva dal fatto che tra le singole molecole che le compongono esiste una
complementarità strutturale tale da rendere possibile la
formazione di un numero molto grande di legami intermolecolari (legami polari,
legami a idrogeno, forze di Van der Waals), la cui efficacia è quindi
accresciuta da fenomeni di cooperatività.
L’adozione di interazioni non covalenti tra le macromolecole, nella formazione di strutture a più elevata organizzazione, rappresenta per l’economia cellulare un notevole vantaggio. I componenti molecolari di tutti gli esseri viventi sono in costante stato di flusso, dato che i tessuti sono contemporaneamente distrutti e ricostruiti.
Tale turnover ha un ritmo tale che, ad
esempio, per una struttura così complessa come il mitocondrio della cellula
epatica, è stata valutata una vita di soli 15 giorni. In tal modo si rende
minimo il pericolo delle incrinature molecolari che possono comparire in una
parte della struttura, capaci di alterarne l’efficienza.
D’altra parte, se queste strutture altamente complesse fossero caratterizzate unicamente da legami covalenti, e quindi ognuna costituisse un tutt’uno molecolare, sarebbe sufficiente un minimo errore nel processo di sintesi per rendere vano il lavoro di rinnovamento.
Risulta quindi evidente come sia più
economico
per la cellula il processo di ricostruzione,
che in realtà si verifica, cioè la sintesi di frammenti separati, che per la
loro complementarità di struttura tendono ad associarsi spontaneamente
attraverso interazioni non covalenti. Gli eventuali frammenti errati vengono
automaticamente eliminati perché non in grado di associarsi stabilmente nel
complesso.