Lessico
Adamanzio
Medico e sofista ebreo di Alessandria del IV sec. dC, autore di uno scritto fisiognomico Sui venti e di un’epitome dell’opera fisiognomica di Antonio Polemone.
Antonio Polemone
Decisamente più sicure sono le nostre informazioni su Polemone, anche se l’originale greco del suo trattato di fisiognomica è andato perduto e di esso ci restano soltanto una versione araba molto tarda e un’epitome greca fatta da Adamanzio nel IV sec. dC, oltre ad ampie informazioni che ci derivano dall’Anonimo latino che considera Polemone la sua fonte primaria. Sappiamo con certezza - molti autori antichi, da Filostrato a Eusebio a molti altri, ci parlano di lui - che era nativo di Laodicea, in Asia minore, e che i suoi limiti cronologici sono, con buona approssimazione, compresi tra l’88 e il 145 dC. Si sarebbe recato giovinetto a Smirne a studiare retorica, divenendo allievo di Dione Crisostomo e acerrimo nemico di Favonino l’Arelate - determinata anche forse da ragioni politiche che legano l’uno a Smirne e l’altro a Efeso, città rivali per eccellenza, che avrebbe citato nel suo trattato, stando a quanto dice l’Anonimo latino (§40), come esempio per eccellenza di effeminatezza. Conquistata
ben presto una posizione di spicco, sarebbe stato inviato a Roma come
ambasciatore, durante l’impero di Traiano e avrebbe poi goduto
dell’amicizia e della protezione dell’imperatore Adriano Il suo scritto di fisiognomica, composto probabilmente tra il 133 e il 136 dC, per quanto cronologicamente sia molto lontano dal trattato pseudo-aristotelico, in realtà ne è molto vicino sul piano del contenuto. Riprende infatti l’idea del parallelismo uomo-animale, includendo moltissime varietà di animali e quella dell’importanza dei segni derivati dalle varie parti del corpo, e in particolare degli occhi, esaminati con meticolosa attenzione. Procede poi a un’analisi di vari tipi umani per cedere il posto, nell’ultima parte, a preoccupazioni di ordine più etnologico nella caratterizzazione di diversi popoli. La
matrice, quindi, sia pur rielaborata, è lo Pseudo-Aristotele Evidentemente la fisiognomica non aveva più bisogno di essere giustificata su un piano teorico. Esistevano dei fisiognomi di professione, alcuni più legati alla medicina, altri alla mantica[1] e c’erano anche altre figure, a Roma chiamate «metoposcopi» che, guardando il volto di una persona, ne traevano spunti per la predizione del futuro[2]. Quel che occorreva era essenzialmente un manuale di facile consultazione (e in questo senso Polemone funziona benissimo) che organizzasse in maniera sistematica una materia di scottante attualità. Infatti
che l’interesse per le teorie fisiognomiche, nel II sec. dC, avesse
conosciuto una sorta di revival lo
dimostrano gli scritti di vari autori, da Polluce a Luciano in
Pseudo Aristotele Fisiognomica e Anonimo Latino |
[1] In questo senso sembra esprimersi Clemente Alessandrino, scrittore e teologo della grecità cristiana che, nel Il sec. dC, nella sua opera (Stromata 261, pp. 84), distingue tra medici e indovini che fanno della fisiognomica.
[2] Ce lo confermano sia Plinio (Naturalis Historia 35, 88), sia Svetonio (Tito 2).