Lessico
Battriana o Bactriana
Regione storica dell'Asia centro-occidentale, corrispondente in gran parte all'Afghanistan settentrionale, di cui occupa (dal 1841) la sezione compresa tra l'Amudarja (a Nord) e il versante nord-occidentale della catena dell'Hindukush (a Est). Costituita da una pianura steppica e desertica, presenta zone fertili in prossimità dei corsi d'acqua, tanto da essere la regione economicamente più produttiva di tutto il Paese. Abitata da gruppi nomadi e seminomadi, vi è diffuso l'allevamento della pecora karakul, la cui pelle costituisce uno dei più importanti prodotti d'esportazione. Centro principale è Balkh.
Balkh (anche Wazirabad) - Città dell'Afghanistan, nella provincia e presso il fiume omonimi, non lontano dal capoluogo Mazar-e Sharif, in una fertile regione agricola. Oggi di modesta importanza, nell'antichità rivaleggiava in grandezza con Ninive e Babilonia. Era una città sacra dello zoroastrismo, e costituiva una tappa obbligata nei tragitti commerciali verso l'India e la Cina. Con il nome di Bactra divenne capitale della Bactriana o Battriana (VI-IV secolo aC), e del regno greco-battriano, in seguito alla conquista da parte di Alessandro Magno, avvenuta nel 328 aC. Subì in seguito varie dominazioni, prima di cadere sotto il controllo degli afghani nel XVIII secolo. Abitanti: 10.000.
Storia della Battriana - Antica satrapia persiana, conquistata prima da Ciro II (540 aC) e poi da Alessandro Magno (329 aC), diventò con i Diadochi satrapia dell'Impero seleucide. Intorno al 250 aC il satrapo Diodoto la rese indipendente, costituì il regno ellenobactriano e conquistò la Sogdiana. L'importanza religiosa della Battriana come baluardo contro i barbari fu riconosciuta da Antioco III il Grande che, alla fine del sec. III aC, dopo aver combattuto contro Eutidemo di Magnesia, proclamatosi re di Battriana, riconobbe la necessità di giungere a un accordo proprio in vista dell'importanza strategica del regno. La pace fu sancita dal matrimonio di una figlia di Antioco con Demetrio, figlio di Eutidemo. Più tardi Demetrio si spinse fino al Punjab.
Nel 167 aC la Battriana e le sue province iraniche caddero in mano di Eucratide, cugino di Antioco IV, che regnò fino al 130 aC ca., quando iniziarono, come risulta da testimonianze numismatiche, le invasioni di popoli di stirpe indo-scitica (Kusana); tra i re di questo periodo ricordiamo Kaniska, protettore del buddhismo.
Nel sec. III dC i Kusana cominciarono a decadere e nel sec. V la Battriana fu sottomessa da genti venute dall'Est, gli Eftaliti o Unni bianchi, e poi dai Turchi. Successivamente, con la conquista araba, scomparvero gli elementi delle precedenti civiltà greco-asiatiche e la Battriana assorbì definitivamente la civiltà islamica. La sua importanza fu dovuta essenzialmente al commercio: la regione infatti servì sempre da via di comunicazione fra l'Oriente asiatico e l'Occidente.
L'ultimo dei paesi abitati
Erodoto, il greco "padre della storia", il fondatore della storiografia occidentale, ci parla, nel III libro delle sue Storie, dei popoli dell'India, l'ultimo, a oriente, "dei paesi abitati". Talvolta le informazioni di Erodoto sono inattendibili, spesso vanno interpretate (le feroci formiche "di dimensioni inferiori a quelle dei cani ma superiori a quelle delle volpi", che aggrediscono i cercatori d'oro, saranno probabilmente una specie di roditori che, come le formiche, scavano le loro gallerie nel sottosuolo), ma è sempre presente un fondamentale rispetto, accanto alla curiosità, nei confronti dei costumi dei popoli "barbari": un buon inizio per la geoantropologia.
Altri Indiani, che abitano a oriente di questi, sono nomadi, si cibano di carni crude e si chiamano Padei. Si dice che abbiano abitudini di questo genere: quando un cittadino, donna o uomo, cade ammalato, se è un uomo, gli uomini che sono a lui più vicini per parentela lo uccidono, adducendo come ragione che, se lo lasciassero struggersi dal male, le sue carni sarebbero guaste per loro; l'ammalato naturalmente insiste di non aver alcun male, ma quelli, non riconoscendo per buone le sue ragioni, lo uccidono e se lo mangiano. Allo stesso modo, se chi si ammala è una donna, le donne a lei legate con i vincoli più stretti, fanno le stesse cose degli uomini.
Poiché, chi è giunto a vecchiaia lo immolano e ne fanno banchetto; ma sono ben pochi quelli che giungono a contare tanti anni, dato che, prima di giungere a quel traguardo, ognuno che cade ammalato viene ucciso.
Altri Indiani hanno quest'altro costume: non uccidono alcun essere vivente, non seminano nulla, né sono soliti avere case, ma si nutrono d'erbe: hanno un legume grosso quanto un grano di miglio, avvolto in un involucro, che cresce spontaneo dalla terra e che essi raccolgono, mettono a cuocere con l'involucro e poi lo mangiano.
Chi di loro cade ammalato se ne va nel deserto e vi si mette a giacere: nessuno si cura di lui, né dopo morto, né mentre sta male.
Tutti questi Indiani che ho enumerato si accoppiano in pubblico, come le bestie e hanno tutti lo stesso colore, molto simile a quello degli Etiopi.
Il seme che secernono con le donne non è bianco, come quello degli altri uomini, ma nero come il colore della loro pelle: di tal colore è pure il seme che emettono gli Etiopi.
Questi Indiani sono situati più lontano dai Persiani, verso mezzogiorno e non furono mai soggetti al re Dario.
Altri Indiani sono vicini alla città di Caspatiro e al paese dei Patti; in rapporto agli altri Indiani sono situati a nord, verso il vento Borea e conducono un sistema di vita molto simile a quello dei Battriani.
Sono i più bellicosi fra gli Indiani e sono essi che eseguiscono le spedizioni alla ricerca dell'oro; poiché dalla loro parte c'è la regione desertica a causa della sabbia.
In questo deserto e fra queste sabbie vivono delle formiche, di dimensioni inferiori a quelle dei cani, ma superiori a quelle delle volpi: se ne trovano anche presso la residenza del re di Persia, e vengono di là, catturate dai cacciatori. Queste formiche, dunque, scavandosi la tana sotto terra sollevano la sabbia (proprio come fanno in Grecia le formiche, alle quali, del resto, sono molto simili nella figura) e a quella sabbia sollevata è mescolato dell'oro.
Per raccogliere appunto questa sabbia s'addentrano nel deserto gli Indiani, dopo aver aggiogato ciascuno dei tre cammelli: a sinistra e a destra, due maschi, legati alla fune, che tirano di fianco; in mezzo, una femmina. Su questa sale il cercatore d'oro che avrà avuto cura di aggiogarla dopo averla strappata ai figli, quanto è più possibile, teneri. Infatti i cammelli non cedono ai cavalli in velocità ma, oltre a questo, sono molto più forti a portare pesi.
Non sto a descrivere per i Greci, che già lo conoscono, qual è l'aspetto del cammello; ne dirò, invece, quello che essi possono ignorare: il cammello ha nelle zampe posteriori quattro ossa femorali e quattro ginocchia e nel maschio il membro, fra le zampe posteriori, è rivolto verso la coda.
Gli Indiani, dunque, in tale assetto e con questo sistema di aggiogamento muovono alla conquista dell'oro, dopo aver calcolato in modo da essere sul luogo del furto quando il caldo sia nel suo punto massimo; poiché, a causa del caldo, le formiche se ne stanno nascoste sotto terra.
Per questa gente, il sole più caldo è quello del mattino, non già, come per altri uomini, quello di mezzogiorno; ma da quando esso appare all'orizzonte fino all'ora in cui si fa deserto il mercato: durante questo periodo il sole brucia molto di più che in Grecia a mezzogiorno, tanto che in quelle ore, dicono, gli uomini se ne stanno immersi nell'acqua. Sul mezzogiorno brucia press'a poco allo stesso modo gli Indiani e gli altri uomini. Nel primo meriggio, il sole diventa per gli Indiani come per altri quello del mattino e a mano a mano che dal mezzogiorno si allontana concede sempre maggiore refrigerio finché, giunto al tramonto, fa oltremodo fresco.
Quando giungono sul posto, gli Indiani, che portano con sé dei sacchetti, li riempiono di sabbia e in tutta fretta prendono la via del ritorno poiché subito le formiche, avvertite dell'odore, a quanto dicono i Persiani, si lanciano a inseguirli. E non c'è altro animale, dicono, che in velocità s'agguagli ad esse; tanto che se gli Indiani non si portassero in vantaggio sulla via, mentre le formiche vanno raccogliendosi, nessuno di essi riuscirebbe a scampare.
Ordunque, i cammelli maschi, poiché sono inferiori nella corsa alle femmine, quando si lasciano trascinare, vengono sciolti, uno prima, l'altro dopo; mentre le femmine, che hanno sempre il ricordo dei piccoli che hanno lasciato, non danno segno di alcuna fiacchezza.
In questo modo gli Indiani si procurano, a detta dei Persiani, la maggior parte dell'oro; altro ce n'è, in minor quantità, che viene estratto dal suolo del paese.
Le estreme regioni della terra, in certo qual modo, hanno avuto in sorte i doni più belli di natura; come, del resto, la Grecia è stata dotata del clima più bello, di gran lunga il più temperato. Infatti, come ho già detto poco fa, l'India è, a oriente, l'ultimo dei paesi abitati e in essa, non solo gli animali, quadrupedi e volatili, sono molto più grandi che negli altri paesi, se si eccettuano i cavalli (poiché questi la cedono a quelli di Media, che vengono chiamati cavalli Nisei); ma c'è anche oro in grandissima quantità, parte estratto dal sottosuolo, parte portato giù dai fiumi, e parte, come ho già detto, sottratto dal deserto.
In quel paese gli alberi selvatici portano, come frutto, una lana che, per bellezza e altre doti, supera quella delle pecore e gli Indiani usano vesti che appunto ricavano da queste piante.
Verso sud, l'ultimo dei paesi abitati è l'Arabia, l'unica fra tutte le regioni del mondo che produca incenso, mirra cassia, cinnamomo e ledano.
Tutti questi prodotti, tranne la mirra, gli Arabi durano fatica a procurarseli. L'incenso lo raccolgono bruciando lo storace che i Fenici esportano in Grecia, e bruciano lo storace perché questi alberi che producono incenso sono custoditi da serpenti alati, piccoli di corpo e di vari colori, che s'addensano in molti intorno a ogni albero: gli stessi serpenti che attaccano l'Egitto. Non c'è altro mezzo che valga ad allontanarli dagli alberi, se non il fumo dello storace.
Gli Arabi dicono che tutta la terra si riempirebbe di questi serpenti se non capitasse a essi qualche cosa di simile a quello che sapevo accadere alle vipere.
Io penso che la provvidenza divina, la quale, com'è naturale, è piena di saggezza, abbia creato molto prolifici tutti quegli animali che sono mansueti d'indole e buoni da mangiare, affinché, a forza di mangiarne, essi non venissero a mancare, mentre ha fatto poco fecondi gli animali feroci e nocivi.
È così che la lepre, cui dà la caccia ogni fiera, ogni uccello e ogni uomo, è particolarmente prolifica: essa sola, fra tutti gli animali, può concepire ancora quando è già fecondata e, mentre porta nel ventre un figlio già avvolto di peli, ne ha pure uno senza peli, un altro che si va appena formando nella matrice, mentre un altro ancora viene concepito.
Erodoto,
Le storie, traduzione di Luigi Annibaletto
Mondadori, Milano 1961
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