Lessico


Galli - Galati
etimologia

Galata morente

Il Galata Morente è una copia romana marmorea di una scultura ellenistica, forse realizzata in bronzo. L'opera fu commissionata tra il 230 e il 220 aC da Attalo I di Pergamo per celebrare la sua vittoria contro i Galati. Non si conosce esattamente l'identità dell'artista che realizzò l'opera: si ritiene si tratti di Epigono, lo scultore di corte della dinastia dei sovrani di Pergamo.

La statua raffigura, con grande realismo (specie nel volto), un guerriero galata morente. Il soggetto presenta i tratti tipici del guerriero celtico, considerando l'acconciatura dei capelli e i tipici baffi. Eccezion fatta per un torquis - un collare - intorno al collo, il guerriero è completamente nudo. L'opera ha essenzialmente due finalità: da un lato, il ricordare la sconfitta dei Celti (e, dunque, il valore di chi li ha sconfitti) e, dall'altro, il riconoscere il coraggio degli sconfitti.

Il Galata morente è una delle opere scultoree dell'antichità più note e, per questo motivo, fu spesso ripreso da molti artisti di epoche successive. Si ritiene che la statua sia stata "riscoperta" all'inizio del XVII secolo, durante gli scavi di Villa Ludovisi. La prima testimonianza del ritrovamento risale al 1623, quando l'opera venne "registrata" quale parte della collezione della potente famiglia romana dei Ludovisi.

La capacità dell'artista e il pathos della scultura suscitarono una grande ammirazione tra gli amanti dell'arte del XVII e del XVIII secolo, tant'è che molti tra re e ricchi proprietari terrieri ne commissionarono una copia. Fu proprio durante quest'epoca che alcuni, fraintendendo il tema dell'opera, ritennero si trattasse di un gladiatore morente, il che diede vita a tutta una serie di denominazioni non corrette (tra le quali "il gladiatore mornte", "il gladiatore ferito", "il gladiatore romano", "il mirmillone morente").

Durante la Campagna d'Italia nel 1797, l'opera fu portata a Parigi per volontà di Napoleone. La statua ritornò poi a Roma nel 1815 e fu da quel momento esposta presso i Musei Capitolini dove è a tutt'oggi conservata. Alcune copie del Galata Morente si possono osservare presso il Museo di Archeologia Classica dell'Università di Cambridge, presso la Galleria Courtauld di Londra, oltre che a Berlino, Praga e Stoccolma.

Etimologia 

Il vocabolario di greco di Lorenzo Rocci non fornisce alcuna etimologia di Galátai. Credo sia interessante quanto riferisce Fabio Calabrese in Il ruolo dei Celti nell’Europa antica pubblicato il 15-11-2002 in www.bibrax.org, tenendo presente che in greco il sostantivo neutro gála, genitivo gálaktos (in latino lac, lactis) significa latte:

“[...] Un altro indizio importante che c’impone di rivedere le nostre opinioni sull’argomento, è questo: presso tutte le popolazioni umane, il latte è, nell’infanzia e nella prima giovinezza, un alimento di alto valore nutritivo e facilmente digeribile, ma, con il progredire dell’età, diminuisce la capacità di assimilarlo. Tuttavia, la diminuzione di questa capacità metabolica varia considerevolmente nelle diverse popolazioni: quelle dell’Europa centrosettentrionale la conservano praticamente intatta per tutta la vita, mentre essa tende a diminuire man mano che ci spostiamo verso sud, in direzione del Mediterraneo. Gli italiani, ad esempio, sono agli ultimi posti in Europa per quanto riguarda il consumo di latte fresco da parte della popolazione adulta. In questo caso, però, non sembra trattarsi di un’abitudine alimentare che sarebbe saggio o giustificato cercare di correggere. A quanto pare, da adulti digeriamo il latte meno bene delle popolazioni del Centro e del Nord Europa. Non grandi consumatrici di latte fresco, tuttavia le popolazioni dell’Europa mediterranea sono produttrici e consumatrici di latticini e formaggi in misura considerevole, ma se ci spostiamo fuori dell’ecumene europeo-mediterraneo, ecco un’altra sorpresa: nella cucina orientale i latticini sono del tutto assenti, come ben sanno, ad esempio, gli estimatori della gastronomia cinese, che negli ultimi anni ha guadagnato estimatori anche da noi. Si tratta, con ogni evidenza, di abitudini alimentari molto antiche. Ancora un dato che ce lo può confermare: i Greci chiamavano i Celti ‘Galati’, cioè né più né meno che ‘bevitori di latte’, così come i Tedeschi oggi sono chiamati da molti ‘mangiapatate’. Cosa significano questi dati? La spiegazione più probabile è che le popolazioni del centro e del nord dell’Europa siano state le prime ad allevare animali da pascolo, e, di conseguenza, ad impiegare il latte di questi animali come alimento, non solo per i bambini, ma anche per gli adulti. La selezione darwiniana che, non dimentichiamolo, continua ad agire all’interno della specie umana come di tutte le altre, avrebbe favorito in queste popolazioni quei geni che consentivano di metabolizzare il latte, anche di specie diverse da quella umana, ed anche in età adulta.

[...] I Celti si spinsero nelle loro migrazioni verso il sud e l’est, quindi seguendo la via esattamente opposta a quella che si suppone percorsa dalle ondate civilizzatrici di cui avrebbe beneficiato l’Europa, fino alla penisola anatolica. Dal nome che i Greci davano loro, Galati, è derivato quello di una regione dell’Asia Minore, la Galazia, da loro popolata, e quello di un quartiere di Istanbul, Galata.”

I dati etimologici di Fulvio Calabrese combaciano, sotto un certo profilo, con quelli di Ulisse Aldrovandi, che a pagina 185 del II volume della sua Ornithologia così si esprime: Neminem interim latere existimo, Gallos Europae populos a candore dictos a Gala, quae vox lac Latinis dicitur. Nam montes, et rigor Caeli ab ea parte Solis ardorem excludunt, ut eorum corpora non colerentur [colorentur]. - Ritengo invece che nessuno è all’oscuro del fatto che le popolazioni europee dei Galli prendono il nome dal candore, da gala, vocabolo [greco] che dai Latini è detto lac [latte]. Infatti le montagne e il rigore del clima tengono lontano l’ardore del sole da quelle zone, cosicché i loro corpi non si abbronzano.

Un’interpretazione storica viene data da Sant'Isidoro, Etymologiae IX,2: “Item tribus filiorum Iafeth. Filii igitur Iaphet septem nominantur: Gomer, ex quo Galatae, id est Galli. Magog, a quo arbitrantur Scythas et Gothos traxisse originem. Madai, a quo Medos existere putant. Iavan, a quo Iones, qui et Graeci. Unde et mare Ionium. Thubal, a quo Iberi, qui et Hispani; licet quidam ex eo et Italos suspicentur. Mosoch, ex quo Cappadoces. Unde et urbs apud eos usque hodie Mazaca dicitur. Thiras, ex quo Thraces; quorum non satis inmutatum vocabulum est, quasi Tiraces.” “Galatae Galli esse noscuntur, qui in auxilium a rege Bithyniae evocati, regnum cum eo parta victoria diviserunt; sicque deinde Graecis admixti primum Gallograeci, nunc ex antiquo Gallorum nomine Galatae nuncupantur.”

Mirmillone

In greco mermílløn (presente nel Corpus Inscrptionum Graecarum), in latino mirmillo o myrmillo. Il latino mormyr, genitivo mormyris, che in greco suona mormýros o mormýlos, significa mormora (Lythognathus mormyrus), pesce della famiglia Sparidi detto anche mormillo, che ha il corpo compresso lateralmente e allungato, dorso scuro, fianchi bianchi argentei con strisce trasversali nere. Vive su fondali sabbiosi presso le coste, nel Mediterraneo e nell'Atlantico. Mirmillone in italiano corrisponde a quel gladiatore che nell'antica Roma sosteneva combattimenti contro il trace (gladiatore che combatteva con armi proprie della Tracia) o contro il reziario (gladiatore che si serviva di una rete) negli anfiteatri e nei circhi. I mirmilloni, chiamati anche “galli”, erano armati di spade, di un piccolo scudo e portavano un elmo sopra il quale spiccava la figura di un pesce.

Galli

Johann Jacob Hofmann (1635-1706)
Lexicon Universale - 1698

Galli, gens Europae nobilis. Hos auctores quidam fabulosi Gomeritas, a Gomero Iapeti fil. vocatos olim asteruêrunt: Alii Aborigines fuisse, et a Galata Herculis fil. dictos, contendunt, inter quos, Diod. est Sic. Amm. Marcell. l. 15. c. 9. illos Celtas, a Principe gentis, et Gallos, ab huius matre cognommatos vult. Strab. l. 5. p. 212. nomen hoc a nobilitate et fama: Hieronym. et Isid. a graeca voce Γάλα, quod lacteo candore niterent, illis impositum credit. Quidquid horum sit, certum est, iam Tarquinii Prisci tempore illud increbuisse, nec omittenda interim Cluverii coniectura, a Celtica voce Galleno, quod iter facere migtare proficisci denotat, gentem appellatam esse dicentis. Ad bellum prompri, plus negotii reliquis gentibus Romanis facessebant, Cicerone Sallustioque restibus: unde ne Sacerdotibus quidem a militia contra hos immunitas: Quod item inter Gallos factum, ubi nec aetatis ulla erat excusatio. Interim impetu, quam constantiâ laudatiores, cetera magnanimi erant, et ut Divico, Helvetiorum Caput, apud Caes. ait, l. 1. de bello Gallico c. 1. et 3. prae fraudibus dolisque fortitudinem habebant. Ruinas aedium, ut Aelian. refert, minime veriti, etiam per flammas hostem insequi pulchrum rebantur: In pugna ad Cannas nudi, et inermes depraeliati sunt, Liv. et Polyb. auctoribus. Nec ab humanitatis tamen studiis alieni, Eloquentiam mire excoluêrunt, vide in voce Druidae. Venando belli simulacra ciêre, otio damnato, soliti sunt. Interim in saevitiam proclives, hostes immolare non erubuêrunt, arrogantes insuper, et novarum rerum plus aequo curiosi, aliorumque contemptores; in duo olim divisi genera Sacerdotes, et Nobiles, plebem a Comitiis arcebant, potentiorum exactionibus mirum in modum afflictam. Feminis virilis animus, in quas maritis ius vitae et necis fuit, donec in dissensionibus quibusdam sopiendis egregiâ operâ navatâ, maioris aestimari coepêrunt. Funerum pompa magnifica, quâ cum defunctorum cadaveribus, quidquid in iumentis mancipiisque carissimum, simul arsit. Quamvis autem Martem toti spitarent, non tamen cultum agrorum omnino despexêrunt. Hinc lini Gallici laus, et opulentum commercium, apud Plin. l. 3. c. 5. tanti etiam ex regione reditus, ut Iulius Caesar aes alienum, quod immensum conflaverat, ex facili dissolveret, Gallico aere contra Remp. militaturus. Porro ingens gentis fecunditas, unde migrantium quasi diluvio Italia inundata, in qua Roma capta, Mediolanum, Genua, Aquileia, Verona, Senae, Patavium, Cremona, Placentia, Bergamum, etc. conditae, et parti Italiae Gallaie Cisalpinae nomen: Nec Germania, Hispania, Anglia, Slavonia, imo et Graecia Macedoniaque, ubi Galatiam constituêrunt, ab illis mansit intacta. Plurimis in locis Aristocratice olim gubernati, Reges quoqueve habuêrunt, sed consensu populi electos. Alii Democratiam inter illos viguisse, cuius summa tantum non penes Druidas, asserere malunt, de quibus legi meretur Caesar. A Iulio Caesare domiti per 5. saecula Romanum venerati sunt apicem, per 17. provincias, quarum 6. Consulares erant, divisi. Constantinus Magnus Comites in Civitatibus, Ducesque in locis quibusdam limitaneis constituit; et ius Romano more dictum, servatis tamen, et municipalibus quibusdam statutis: Idem Imp. cum A. C. 330. munus praetorio Praefecti quatuor viris divideret, ex his unus Gallis praefuit, sub quo tres Vicarii, in Gallia unus, in Hispania alter, tertius in M. Brit. Quod obtinuit, donec Franci, Germanica gens, in has oras profecti, in unam cum Gallis gentem coaluêrunt. Dii illorum quondam Teutates. i. e. Mercurius, Heus vel Hesus i. e. Mars. Taramis qui idem cum Iove: sicut Apollinem sub Beleni, et Plutonem sub Serapionis coluêre nominibus. Praecipuus tamen apud illos Mercurii cultus, et Martis, quem ex decreto Senatus reliquorum instituêrunt heredem. Erga Herculem quoque, tamquam politioris vitae auctorem, non tepida illis religio, sed Saturnum etuebant, humano proin sanguine illum propitiaturi: quibus victimis uti iis sollenne quoqueve, tum pro salute alicuius ex Magnatibus, tum quoties arduum quid aggressuri erant, aegre a cruenta hac lege, Imperatoriis edictis absterriti. Saeculo post Christum natum primo, ut quidam volunt, certe secundo, magna Gallorum pars ad fidem conversa est: Imo Apostolus Paulus, psot primum Romanae commorationis biennium, visitatis Ecclesiis Orientalium, Italiam, Galliam, et Hispaniam illustrasse creditur, A. C. 60. Sixtus postea Ep. Rom. per Peregrinum, Gallos in Christianismo confirmasse legitur, A. C. 130. in quos saevitum, sub Antoninio Philosopho, tamquam Thyesteorum conviviorum, et Oedipodeorum incestuum reos, A. C. 170. Unde Vetius Epagathus nobilis, Sanctus Diaconus Viennensis, Maturus, Biblis, et Blandina feminae, Photinus Ep. Lugdunen. cui Irenaeus successit, Martyrio coronati Attalus item, qui ob delectum ciborum, Alcibiadem martyrem reprehendit. Postea a legione Melitina aliqua quies. Florentissimae in Celtis Ecclesiae; circa A. C. 180. ut et in reliquis Orbis partibus, quibus eadem cum hodiernis Protestantibus dogmata, vide Iraenaeum l. 1. c. 2. et 3. Mox iterum sanguinis rivi, circa A. C. 208. sub Helvio Pertinace, et Irenaeus, cum innumera fidelium turba, martyrio sublatus. Vide Gregor. Turon. l. 1. Eriam in Gallia Ecclesiarum meminit, circa A. C. 312. Athanas. Ep. Synodicâ, apud Theodoret. l. 4. c. 3. quo tempore Synodus Arelatensis, c. Arium hobira est. Hilarius dein Pictav. Ep. coniugatus, circa A. C. 350. Martinus autem Ep. Turonensis A. C. 384. floruêre: et quamvis circa A. C. 385. Syricius Ep. Rom. caelibarum promulgaverit, nihilominus non minus in Gallia, ubi plutimae Synodi celebratae, ac in Hispania, etiam post 200 Annos Ecclesiastici uxorati mansêre Ithacius quoqueve Ep. eodem tempore, a Maximo tyranno, Priscillianistarum excidium impetravit, in quos cum nimis rigide animadversum crederent Martinus, et Ambrosius, 14. Annorum schisma ortum est. Post haec Vigilantius Gallus, Praesul Hispanus doctissimus, caelibatu damnato, reliquias Martyrum non aodrandas, nec cereos in templis clarâ luce accendendos esse etc. docuit circa A. C. 406. Iam in Francorum nomen, sub Merovaeo, transeuntes Galli, A. C. 451. Anana haeresi, quibus Gothi Tholosae sede fixâ adhaerebant, infestati sunt: Lupus autem Aurelianensis Ep. floruit. Sicut Mamertus Ep. Viennensis, A. C. 466. Remigius Remensis, Gallorum Apostolus dictus, A. C. 469. et Isid. Arvernorum Ep. A. C. 490. Sub Clodovaeo, tota Christianum nomen amplexa gens est, A. C. 449. paucissimis montium incolis exceptis. Celebres fuêre A. C. 555. B. Medardus Noviomensis, et Gildardus Rothomagensis, Epp. sanxitque Childebertus, ne Iudaei domo proditent, a Cena Domini, et sanctis diebus, usque ad proximum diem profestum. Chramnus vero in ministros Dei saevus, incendio periit, A. C. 564. Post haec nox orbi incubuit, et Dagobertus Dionysii Parisiensis Clodovaeus reliquiarum cultum, territus auxit: Sigibertus vero, ut prolem susciperet 12. Monasteria fundavit. Kilianus dein Franciam peragravit, A. C. 686. Vulfranus Ep. Senonensis floruit, A. C. 692. Crevit in Gallia Pontificum auctoritas, a quo Zacharias Pipinum Franciae R. dedit, A. C. 751. et Carolomannus, Rachesis, Childericus coenobia ingressi sunt. Interim Gallorum Epp. cum Episcopis Germaniae, Synodo Francofurti sub Carolo Mag. habitâ A. C. 797. Concilium Nicenum 2. quo imaginum cultus stabilitus fuerat, damnarunt: his tamen, pro liturgia Ambrosiana, Romana seu Gregoriana obtrusa est ab Imp. in Concilio Turonensi, A. C. 812. Caelibatum per Galliam inprimis, et Germaniam strenue promovit Nicalaus I. A. C. 858. Bertramus vero Presbyter, iussu Caroli Calvi, Rabani sententiam, de figurata locutione verborum S. Cenae defendit, A. C. 876. secutus Berengarius Andegavensis Eccl. Archidiaconus, A. C. 1024. et seqq. qui candem sententiam, ex mente Augustini, acriter propugnavit. Bruno Ordinem Carthusianorum instituit, A. C. 1087. quem secuti ex Benedictino Cistertiensis, et Bernardinus, A. C. 1112. Rhemis in concilio Bernardus vitia Cleri, et Pontificum liberrime reprehendit. A. C. 1131. idemqueve Ecclesiam, Româ pereunte, in Gallia salvam esse posse, et Antichristum prae foribus esse monuit, A. C. 1145. Interca Petrus Bruis, per annos 20. Tolosae Religionem puriorem docuit, exustus A. C. 1147. maiori fervore Henrico Monacho, discipulo eius, idem faciente, tanto successu, ut Galliam fere totam suâ doctrinâ impleret. Auctore etiam Valdo, Valdenses seu Albigenses lacertos movere, A. C. 1152. Bibliaque Gallice sunt ab illo versa: et cum Philippum Augustum Regem Clemens III. excommunicaturus esset, respondit is, se eius Sententiam non reformidate, edoctus ex Ioachimo Abbare, Antichristum iam natum esse. Almericus A. C. 1200. imagines, altatia, Sanctorum invocationem, Transubstantiationem oppugnavit. In Albigenses dein saevitum, A. C. 1208. et 1218. Sensêrunt eodem tempore Galli gravem Honorium Pontif. qui Anglos Gallosque exactionibus vexans, dictitabat: Debent matris inopiam filii sublevare: Proin Ludovicus IX. cognom. Divus, pragmaticâ sanctione has Romanae Curiae technas rescidit: infelix contra Albigenses, A. C. 1226. qui sub onere immensum crevêre. Philippus Pulcher, a Bonifacio VIII. excommunicatus, generose iniuriam vindicavit, A. C. 1301. mox Clemens V. Papalem sedem Avenione sixit, A. C. 1305. sub quo, praesente Philippo, Concilio Viennensi A. C. 1311. inter alia, de Reformatione Ecclesiae, actum est: Ioh. dein XXII. quod animarum negaret immortalitatem, flammis dignus a Rege iudicatus est. Indulgentias a Clemente VI. concessas publico scripto refutavit Parisiensis Academia, A. C. 1350. Pontificem Antichristum esse docuit Nicolaus Oremus, qui etiam iussu Caroli V. Regis Biblia Gallice vertit. A. C. 1370. Alanus quoque tum Charterius, in libro Somnii Viridarii auctoritatem Papae deiecit. Circa A. C. 1395. sub Carolo VI. a Sorbona decretum, ut subditi ab utriusque Pontificis, qui tum erant, obsequio eximerentur, quod valuit, et totos tres annos Papae eclipsin facile tulit Gallia. Pragmaticam sanctionem publicavit Carolus VI. A. C. 1439. Annatasque regno efferri prohibuit. Quae postmodum, sub Reformationis initia, religionis mutatio contigerit, quaequeve circa Concilii Tridentini decisiones admittendas, a Regibus acta, ex Meterano, Thuano, Laeto, aliisque peti possunt: unicum hoc addo, quod Meteranus, post clades ad S. Quintini Fanum, et Gravelingam A. C. 1557. et 1558. acceptas, cum pleraque Gallica Nobilitas in Flandriae carceribus detineretur, plurimos illorum, dum captivitatis taedium Biblicâ lectione fallere ab amicis moniti conarentur, on veritatis agnitionem pervenisse, indequeve liberatos, Latinos eiurasse ritus, observavit. Primus autem qui publice in Gallia religionem e Nobilitate professus est, fuit Franciscus Andelotius Gasparis Colinii Admiralis Galliae frater etc. Praeter antiquos de Gallorum gente scriptores, vide Maginum, Bonavent. Castellionium de Gall. Insubr. ant. sed. Ioh. Picardum, Petrum Ramum, de moribus vett. Gall. Steph. Forcatulum de Gall. Imp. et Phil. Ioh Goropium Becanum, Barthol. Chassanaeum, Fauchetum, Duchenium, Bellaium, Natalem Talepied. Hist. des Druides, Eubag. B. Rhenan. qui de Gallorum in Hercynium saltum migratione l. 1. et veiere lingua l. 2. pluribus disserit: addente varia egregia Ottone IC. Notis ad eum p. 241. et 371. etc. Ioh. le Maire, Dupleix, Mezeray, Pithoeum, du Vallium, Sansonem, Morer. in Dict. Hist. Vales. in Gallia Lugdunensi, etc. Quaere etiam in vocibus Celtae, Druides, Franci, Francia, Gallia, Parisii, etc.