Lessico


Gaio Ostilio Mancino

Caius Hostilius Mancinus, console nel 137 aC con Marco Emilio Lepido (Marcus Aemilius Lepidus Porcina) fu costretto ad arrendersi dai Numantini durante la III guerra celtiberica o numantina. Nel 137 aC Caio Ostilio Mancino si rifugiò nel porto di Genova prima di imbarcarsi per Numanzia. La notizia è fornita da Valerio Massimo I 6,7 e confermata da altre fonti (Iul. Obseq. 24; Iul. Paris, Val. Max. epit. I 6,7):

Cui consuli in Hispaniam ituro haec prodigia acciderunt: cum Lavinii sacrificium facere vellet, pulli cavea emissi in proximam silvam fugerunt summaque diligentia quaesiti reperiri nequiverunt. Cum ab Herculis portu, quo pedibus pervenerat, navem conscenderet, talis vox sine ullo auctore ad aures eius pervenit, 'Mancine, mane'. Qua territus, cum itinere converso Genuam petisset et ibi scapham esset ingressus, anguis eximiae magnitudinis visus e conspectu abiit. Ergo prodigiorum numero calamitatium aequavit, infelici pugna, turpi foedere, deditione funesta.

A Caio Ostilio Mancino, quand’era console, capitarono i seguenti prodigi mentre stava per recarsi in Spagna. Voleva fare un sacrificio a Lavinio quando dei polli fuggirono dalla stia nel bosco vicino. Benché li si cercasse con cura, non vennero più ritrovati. Dovendo partire da porto d’Ercole, dov’era giunto via terra, sentì una voce gridargli senza che nessuno la emettesse: “Mancino, rimani!” Atterrito, cambiò rotta e si recò a Genova; mentre metteva piede sulla scialuppa, gli apparve in essa un serpente di dimensioni straordinarie che poi si allontanò dalla sua vista. Così il numero dei prodigi coincise con quello delle sciagure, che furono una sconfitta in battaglia, un’alleanza vergognosa e una resa funesta. (Nicoletta Marini -www.loescher.it/mediaclassica)

Gens Hostilia

La gens Hostilia era un'antichissima famiglia patrizia esistente già ai tempi di Romolo e molto probabilmente inclusa nelle cento gentes originarie ricordate dallo storico Tito Livio. L'antichità della famiglia si deduce dalla denominazione della Curia più antica (Curia Hostilia), dai Lares Hostilii, antiche divinità protettrici dei possedimenti della gens, e dal nome della divinità Hostilina.

La gens Hostilia si divise successivamente in vari rami, tra cui i Catoni, i Mancini, i Tubuli. Secondo Tito Livio il personaggio più antico e capostipite della gens Hostilia, ancorché avvolto da un alone di leggenda, è Osto Ostilio, conosciuto anche come Ostio, originario di Medullia, colonia albana in zona sabina, trasferitosi a Roma sotto il regno di Romolo. Valorosissimo comandante, si distinse inizialmente nella guerra contro Fidene, ricevendo per primo nella storia di Roma la corona d'alloro come riconoscimento del suo grande coraggio. In seguito combatté nella guerra contro Tito Tazio seguita al ratto delle sabine. Proprio a seguito del ratto aveva condotto con sé una delle poche Sabine già sposate, una donna di grande bellezza di nome Ersilia. Da costei ebbe un figlio, che fu il padre del futuro terzo Re di Roma, Tullo Ostilio. Osto Ostilio perì in un combattimento corpo a corpo contro il terribile comandante sabino Mettio Curzio (Mettius Curtius), che aveva seminato il panico tra le fila dei Romani, sfidandoli a dimostrare il loro valore non con l'inganno, ma sul campo. Romolo invocò allora l'intervento di Giove Statore, che aiutò l'esercito romano a riorganizzarsi per il contrattacco. Romolo volle quindi vendicarsi e costrinse Mettio Curzio a impantanarsi con il cavallo in una palude. All'episodio è legata una delle spiegazioni circa l'origine del Lacus Curtius.

A parte il re Tullo Ostilio, altri membri della gens Hostilia storicamente accertati ricoprirono importanti magistrature durante l'età repubblicana. Tra questi si ricordano:

Gaio Ostilio Tubulo, (III secolo aC), pretore urbano nel 209 aC, combatté nella guerra annibalica fino al 204 aC.

Tullo Ostilio, (III-II secolo aC), pretore in Sardegna nel 209 aC e legato di Lucio Cornelio Scipione nella guerra contro Antioco III. Nel 187 aC fu coinvolto nel famoso processo degli Scipioni e condannato per malversazione.

Ostilio Mancino, (II secolo aC), pretore urbano nel 180 aC e console con A. Attilio Serrano nel 170 aC. Guidò un attacco preliminare in Epiro contro Perseo, ma ottenne modesti risultati e venne poi sostituito da Quinto Marcio Filippo, della gens Marcia.

Gaio Ostilio Mancino, (II secolo aC), figlio del precedente, fu pretore nel 140 aC e console nel 137 aC con M. Emilio Lepido Porcino. Subì un'infamante sconfitta nella guerra contro Numanzia, ma in seguito riuscì a riscattarsi e a rivestire ulteriori magistrature urbane.

Numanzia

Rovine di Numanzia - Un'immagine delle rovine di Numanzia, nei pressi della città spagnola di Soria. Nel 133 aC, dopo nove mesi di assedio, l'antico insediamento celtiberico di Numanzia fu raso al suolo dall'esercito romano guidato da Scipione Emiliano. In seguito, per volere di Augusto, sopra le rovine fu edificata una città romana.

In latino Numantia, antica città della Spagna centro-settentrionale, in favorevole posizione strategica sulla sinistra del fiume Duero, poco a nord dell'attuale Soria (prov. di Soria). I Romani, dopo reiterati tentativi di conquistarla, intrapresero nel 143 aC una guerra sistematica per dieci anni non senza vergognosi scacchi: la città capitolò solo nel 133 dopo il lungo assedio di Scipione l'Emiliano che l'accerchiò con una cintura di fortificazioni stringendola come in una morsa. Numanzia fu completamente distrutta e la riedificò Augusto.

La Guerra Numantina

Esito più disastroso conseguì il console del successivo anno (137 aC) Caio Ostilio Mancino, capitano inetto e pauroso, il quale, essendosi sparsa la notizia che i Vaccei e i Cantabri accorrevano in aiuto di Numanzia, impaurito, levò l'assedio di notte, e si mosse con tutto l'esercito per trovare un riparo nel campo trincerato che nel 153 aveva costruito Fulvio Nobiliore. I Numantini però non gli lasciarono il tempo, lo inseguirono, poi attraverso altri sentieri che conoscevano, lo costrinsero a deviare spingendolo così in una stretta valle dove l'esercito romano fu poi circondato. Si ripeteva la vergogna della trappola di Caudio. Costretto o a morir di fame o di ferro o arrendersi; il codardo console preferì l'onta della resa a una morte gloriosa. Ostilio Mancino giurò che Roma non avrebbe più mosso guerra a Numanzia, rispettandone la libertà; ma dal momento che i Numantini avevano sperimentato la slealtà dello spergiuro Pompeo e non si accontentavano del giuramento del solo console, giurarono con Mancino tutti gli ufficiali dell'esercito e il questore Tiberio Gracco, figlio di Tiberio Sempronio il cui buon ricordo viveva perenne nella mente degli Ispani. Si fidarono insomma della lealtà di quest'ultimo. Ma poi il Senato dichiarò di non potere accettare e riconoscere un patto che era stato concluso senza il permesso della Repubblica e consegnò al nemico il console responsabile; ma i Numantini protestarono altamente e reclamarono la consegna di Gracco e di tutti gli altri ufficiali che con il giuramento pure loro al pari del console si erano resi garanti dell'osservanza del patto. Il Senato quasi approvava di cedere nelle mani dei nemici gli ufficiali responsabili, quando il popolo si levò a tumulto costringendo i senatori a revocare la loro deliberazione. Il console Ostilio Mancino per un'intera giornata fu esposto alle ingiurie della folla, nudo e con le mani legate dietro la schiena, accanto a una porta di Numanzia. La guerra si riaccese ancora più accanita, e per altri due anni, nel 136 e 135, Numanzia non solo resistette etc.

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Gaius Hostilius Mancinus

Gaius Hostilius Mancinus was a Roman consul in 137-136 BC. Due to his campaign against Numantia in northern Spain, Plutarch called him "not bad as a man, but most unfortunate of the Romans as a general." During this campaign in the Numantine War, Mancinus was defeated, showing some cowardous, allegedly putting out his fires and trying to flee by night before being surrounded and forced to make peace. According to Plutarch, Tiberius Gracchus was instrumental in bringing about the peace and saving 20,000 Roman soldiers. He returned home something of a hero, but Mancinus was put on trial by the Senate, which refused to accept the treaty. While Gracchus and other lieutenants were saved by Scipio Africanus Minor, the Senate decreed that Mancinus be handed over to the Numantines, as some 20 Roman commanders were handed over to the Samnites after the defeat at Caudine Forks in 321 BC. Plutarch does not relate Mancinus' further fate, but Appian noted that he was taken to Spain and handed over naked to the Numantines, but that they refused to accept him.

References: Plutarch, Life of Tiberius Gracchus, 5.1. - Plutarch, Life of Tiberius Gracchus, 5.4. - Plutarch, Life of Tiberius Gracchus, 7.2-3. - Appian, The Roman History, Sect. 83.

Third Celtiberian
or Numantine War

In 144 or 143 the Celtiberians were led by the success of Viriathus to try their hand again at revolt. This revolt centered around the town of Numantia. A series of unsuccessful consuls were sent out. Q. Pompeius, cos. 141, got himself into such trouble among the Aravaci that he offered them favorable terms, which the senate repudiated. C. Hostilius Mancinus, cos. 137, got into far worse trouble. His army became trapped in a pass by the Numantines, and he was forced to surrender. His quaestor Ti. Sempronius Gracchus, son of the praetor of the late 180s, used his own good name to convince the Numantines of the Romans' good faith. The senate again repudiated the terms (this action may have led to the apparently fallacious story of the surrender at the Caudine Forks of the Second Samnite War that is contained in the annalistic tradition), and to make good the failure to ratify the agreement, Mancinus was turned over naked and bound to the Numantines, who refused to accept him.