Lessico
Simonide di Ceo
Poeta lirico greco (Iuli, isola di Ceo o Zea oggi Kea, ca. 556 - Agrigento 468 aC). Fu istruttore di cori in patria; scrisse epinici per i vincitori delle gare atletiche e passò la sua vita vagando tra le corti e le città greche, dove prestava la sua opera e partecipava a gare poetiche, ottenendo spesso premi. Ad Atene fu ospite dei Pisistratidi; ucciso Ipparco, si recò dagli Scopadi in Tessaglia e ne cantò le vittorie sportive. Ad Atene di nuovo, nel 490 aC, scrisse l'elegia per i morti di Maratona, poi l'inno e l'epigramma per gli Spartani caduti alle Termopili.
Verso il 476 aC passò a Siracusa presso Gerone, poi ad Agrigento. La sua versatilità e la capacità di adeguarsi al gusto dei diversi committenti delle sue poesie fecero nascere dicerie e leggende malevole sul suo conto, soprattutto accuse di venalità. Fu però molto ammirato e popolare e gli si attribuirono anche in seguito componimenti non suoi.
Della produzione lirica del poeta rimangono soltanto pochi passi e frammenti, citati da antichi scrittori, tra cui però alcune delle sue poesie più celebrate, come quelle patriottiche. La sua produzione si divideva in elegiaca e corale. Le elegie riguardavano soprattutto i fatti storici, come le guerre persiane; erano di solito piuttosto brevi e coi caratteri dell'epigramma (iscrizioni funebri). Più importanti, artisticamente, i componimenti di lirica corale, che Simonide coltivò in tutte le sue forme: encomi, ditirambi, parteni, peani, inni, epinici e treni.
Di questi ultimi due fu addirittura il primo cultore, e per i primi fu anche rivale di Pindaro e maestro del proprio nipote Bacchilide; sono perduti quasi per intero. A un treno apparteneva invece, probabilmente, il famoso lamento di Danae nella tempesta col figlioletto. Gli sono attribuiti anche molti detti.
In generale aleggia nelle opere di Simonide un lieve pessimismo sui casi alterni e angosciosi della vita, solo riscattati da una nobile morte; e alcune notizie su di lui sembrano dimostrare un suo scetticismo religioso, che con altri elementi lo fanno accostare ai sofisti. Caratteri precipui della poesia di Simonide sono l'abile scelta delle parole, la capacità di concentrazione attraverso l'opposizione dei termini, discorso chiaro e una notevole armonia. La grande abilità tecnica non è però sempre sostenuta da un forte sentimento e il risultato è un po' freddo.
La lingua risentì di Omero, anche se con caratteristiche doriche; la scarsezza dei resti non ci permette di avere un'idea sicura sulla struttura dei suoi carmi. La sua fama fu vasta e duratura, anche presso i poeti romani (Catullo, Orazio).
Liber chronicarum – 1493
di Hartmann Schedel (Norimberga 1440-1514)