Lessico


Sapone

Il termine sapone deriva dal latino sapo -onis, essendo sapo un prestito dal germanico *saipo- che significava un qualcosa che gocciola, resina. Si trattava di una miscela di sego (grasso animale) e cenere che gli abitanti delle Gallie adoperavano per tingersi di rosso i capelli.

Questa notizia la dobbiamo a Plinio che ne consiglia l'impiego per far aprire le scrofole, causate da un processo infiammatorio di natura tubercolare a carico delle ghiandole linfatiche in sede laterocervicale, ascellare e inguinale. Ecco il testo di Plinio in Naturalis historia XXVIII,191:

Prodest et sapo, Galliarum hoc inventum rutilandis capillis. Fit ex sebo et cinere, optimus fagino et caprino, duobus modis, spissus ac liquidus, uterque apud Germanos maiore in usu viris quam feminis. – Secondo i critici, come per esempio il gesuita Joannes Harduinus (1685) - optimus fagino et caprino va letto optimus e fagino cinere & e caprino sevo, altrimenti bisognerebbe ammettere che il faggio anziché cenere sia in grado di fornire dei grassi.

Giova anche il sapone, un'invenzione delle Gallie per dare una tinta rossastra ai capelli. Lo si prepara dal sego e dalla cenere, ottimo quello ottenuto da cenere di faggio e da grasso di capra: in due modi, quello compatto e quello liquido, entrambi usati presso le popolazioni Germaniche più dai maschi che dalle femmine.

Per ulteriori notizie relative al sapone nei tempi passati credo sia interessante leggere le citazioni tratte dagli antichi scrittori, compresi i poeti, riportate da Joannes Harduinus nelle note a piè pagina del suo Caii Plinii Secundi naturalis historiae libri XXXVII edito a Parigi nel 1685 e che si compone di ben 4140 pagine.

Il sapone vero e proprio non era conosciuto dagli antichi, che usavano erbe saponose dalla schiuma abbondante. Gli Egizi aggiungevano all'acqua carbonato di sodio, i Greci usavano sostanze sgrassanti tipo soda (carbonato di sodio, Na2CO3) o liscivia (la progenitrice del sapone), i Romani una mistura d'olio, sabbia e soda. Un sapone preparato con sego, cenere e calce fu adottato forse per la prima volta dai Galli, e Galeno nel sec. II è il primo a indicarne l'uso per lavare persone e indumenti. Dal sec. XIV si cominciò a produrlo su scala commerciale, mentre prima di quell'epoca si faceva in casa.

Saponaro è un cognome italiano, con alta frequenza in Puglia, specialmente nel Salento, come dimostra per esempio Michele Saponaro, narratore e saggista italiano (San Cesario di Lecce 1885 - Milano 1959). Il saponaro era il fabbricante oppure il venditore di sapone. Nel Veneto troviamo il corrispondente Saonèr.

A Napoli il saponaro (in napoletano sapunaro) è tutt'altra cosa, anche se ha sempre a che fare col sapone: si tratta di un antico mestiere presente a Napoli fin alla prima metà del XX secolo, da quando i saponari passavano di casa in casa raccogliendo oggetti vecchi di cui la gente voleva disfarsi o vecchia mobilia, anche se in cattive condizioni. In cambio il saponaro non rendeva denaro, ma pezzi di sapone. E in napoletano una persona sciatta, disordinata, poco attenta e che fa qualcosa controvoglia, viene detta in maniera dispregiativa sapunaro.

Una curiosità intrisa se non addirittura satura di leggenda secondo cui la moglie di un pescatore di Savona, in modo del tutto casuale, mescolando e bollendo della lisciva con dell'olio d'oliva, ottenne il primo sapone. Da qui probabilmente l'assonanza della parola francese savon, sapone, con Savona.

La saponariaSaponaria ocymoides, Saponaria officinalis – è una pianta della famiglia Cariofillacee, comune nei luoghi incolti e lungo i fossi dal piano alla zona montana a seconda della specie. La radice, in particolare, contiene saponina e un tempo veniva usata come detersivo per pulire i tessuti.

Ocimoide rosa - Saponaria ocymoides
Val di Cogne (AO) - foto Elio Corti - 1972

Sapone è il nome generico dei sali metallici delle miscele di acidi grassi a lunga catena ottenute dalla saponificazione dei grassi naturali. Nel linguaggio corrente si indicano con il nome di sapone i sali di sodio e di potassio ottenuti delle miscele di acidi grassi a lunga catena e solubili in acqua usati come detersivi. Nel linguaggio tecnico il nome di sapone indica invece anche i sali dei metalli pesanti insolubili in acqua e usati in altre applicazioni, come per esempio il sapone di piombo, usato nella produzione dei cerotti adesivi.

Le materie prime con cui si prepara il sapone sono grassi e oli derivati dal mondo animale o vegetale, quali sego, lardo, olio di palma, di cocco, ecc., contenenti in alta percentuale le sostanze attive, i trigliceridi, ossia esteri della glicerina. Essi, sottoposti a idrolisi, per esempio in presenza di idrossido di sodio, danno luogo all'alcol corrispondente e a un sale di acido grasso, cioè al sapone.

Industrialmente, i trigliceridi utilizzabili sono abbastanza pochi, con un numero di atomi di carbonio compreso tra 12 e 18, in quanto per numeri di carbonio inferiori si hanno saponi troppo irritanti per la pelle umana, mentre per valori superiori a 18 i saponi sono poco solubili in acqua. L'idrolisi delle materie prime, cioè la saponificazione, avviene secondo due criteri principali.

Nella saponificazione basica il grasso, con l'aggiunta di una piccola percentuale di calce, ammoniaca, ecc. viene posto in un'autoclave in cui si invia vapore diretto sino a una pressione di 10 atmosfere. Ottenuta l'idrolisi, la fase acquosa, contenente la glicerina, è inviata al recupero, mentre la fase solida, trattata con acido diluito, forma gli acidi grassi utilizzabili per ottenere il sapone.
Nella saponificazione acida il grasso è posto in autoclave in presenza di acido solforico e riscaldato sino a 120 ºC; gli acidi grassi recuperati devono essere assoggettati poi a uno strippaggio con vapore per eliminare sostanze carboniose dannose alla colorazione.

Altri metodi di saponificazione meno usati prevedono l'uso di catalizzatori quali l'acido benzolsulfostearico e acidi grassi aromatici solfonati. Gli acidi grassi prodotti vengono direttamente impiegati per la produzione di sapone, ma vengono anche utilizzati come base per la produzione di acido oleico e stearico in essi contenuti, mentre gli acidi residui, quali il palmitico e l'isooleico, sono usati solo in saponeria. La presenza dello ione sodio e potassio in questi composti determina la “durezza” del sapone, ossia la sua solubilità in acqua; quelli al sodio sono classificati “duri” e sono impiegati sotto forma solida (saponette), mentre quelli al potassio sono classificati “molli” e impiegati sotto forma liquida o pastosa.

Le tecniche per la preparazione dei saponi sono del tipo discontinuo, o alla “caldaia”, oppure continuo. La prima, di tradizione artigianale, parte da materie prime grezze, per cui l'idrolisi avviene durante la lavorazione: l'olio e i grassi in miscela opportuna vengono immessi in una caldaia e riscaldati con vapore diretto; quando la massa raggiunge la temperatura di ca. 80 ºC si immette lentamente, per non originare una violenta saponificazione, una soluzione di soda (o di potassa) al 50%, dopo di che si effettua la cosiddetta “salatura” per aggiunta di cloruro sodico e si lascia a riposo la soluzione sospendendo l'invio di vapore. Dopo diverse ore si ha la separazione della liscivia, contenente la glicerina, che si raccoglie sul fondo e viene scaricata, e del sapone che si stratifica in alto. A questo punto il sapone subisce numerosi lavaggi con acqua leggermente salata per separare la restante glicerina rimasta impregnata in esso; infine una successiva bollitura permette la separazione al fondo della caldaia delle varie impurità presenti nelle materie prime.

Azione dei detergenti

Le molecole di detergente sciolto in acqua agiscono sulle macchie oleose presenti sui tessuti inglobandole in unità strutturali dette micelle. Ciò è possibile grazie alla polarità delle molecole di detergente, che sono caratterizzate da un'estremità idrofila (affine all'acqua) e da una idrofoba (affine alle sostanze oleose, non solubili). Legandosi alle macchie di grasso, queste creano uno strato esterno idrofilo che rende le impurità oleose solubili in acqua e quindi facilmente asportabili dalle fibre del tessuto. (Microsoft ® Encarta ® 2006. © 1993-2005 Microsoft Corporation)

Per saponi di bassa qualità si ricorre invece a una saponificazione a freddo, senza asportazione delle impurità e della glicerina. I processi continui, adottati nelle industrie, partono dagli acidi grassi ottenuti per saponificazione e prevedono la totale automazione del processo. Secondo uno dei metodi più usati, gli acidi grassi, miscelati a ossido di zinco come catalizzatore, sono inviati in una colonna di idrolisi in controcorrente d'acqua a 220 ºC, sotto pressione di ca. 40 atmosfere. Dal fondo della colonna fuoriesce la glicerina e dalla testa la soluzione salina che viene inviata alla distillazione sotto vuoto e quindi alla neutralizzazione con soda o potassa.

I saponi ricavati in modo sia continuo sia discontinuo contengono ca. il 30% di acqua che deve essere in buona parte asportata per essiccamento sotto vuoto; infine essi vengono additivati con caricanti tipo tripoli e fosfato di sodio, con sbiancanti ottici, pigmenti, odorizzanti, profumi, ecc. e quindi confezionati secondo la richiesta del mercato.

Idrossido di sodio - NaOH