Ulisse Aldrovandi
Ornithologiae tomus alter - 1600
Liber
Decimusquartus
qui
est
de Pulveratricibus Domesticis
Libro
XIV
che tratta
delle domestiche amanti della polvere
trascrizione di Fernando Civardi - traduzione di Elio Corti
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Quum
vero {cam} <iam> auditorum suorum cordibus veritatis lucem adesse
cognoscunt, clamoris sui magnitudinem in lenitatem dulcedinis vertunt,
et non tam illa, quae sunt de paenis terribilia, quam ea, quae sunt
blanda de praemiis proferunt. Qui etiam minutis tunc vocibus cantant,
quia appropinquante mane subtilia quaeque de mysteriis praedicant, ut
sequaces sui eo minutiora quaeque de caelestibus audiant, quo luci
veri{ti}tatis magis appropinquant, et quos dormientes longus Galli
clamor excitaverat, succisor vigilantes delectet. Quatenus correcto
cuilibet de regno cognoscere subtiliter dulcia libeat, qui prius adversa
iudicii formidabat. Est adhuc aliud in Gallo solerter intuendum, quia
cum {a}edere cantus parat, prius alas excutit, et semetipsum feriens
vigilantiorem reddit Quod patenter cernimus, si sanctorum praedicatorum
vitam intuemur <vigilanter videamus>. Ipsi quippe, cum verbum
praedicationis monent, prius se in sanctis actionibus exercent, ne in
semetipsis torpentes opere, alios excitent voce, sed ante se per
sublimia facta excutiunt, et tunc ad bene agendum alios solicitos
reddunt. Prius cogitationum alis semet ipsos feriunt, quia quicquid in
se inutiliter torpet, solicita investigatione deprehendunt, distincta
animadversione corrigunt. Prius sua {putrire} <punire> fletibus
curant, et tunc quae aliorum sunt punienda denunciant. Prius ergo alis
insonant, quam cantus emittant, quia antequam verba exhortationum
proferant, omne, quod {lecuturi} <locuturi> sunt, operibus clamant,
et quum perfecte in semetipsis vigilant, tunc dormientes alios ad
vigilias vocant. |
Ma
quando - i predicatori - si rendono ormai conto che la luce della verità
è presente nel cuore dei loro ascoltatori, mutano l’intensità del
loro schiamazzo in leggerezza della dolcezza, e si mettono a parlare non
tanto di quelle cose terribili riguardanti le pene, bensì di quelle
cose seducenti che riguardano i premi. Essi allora cantano anche con
voce fioca, in quanto con l’avvicinarsi del mattino predicano
qualsiasi cosa raffinata riguardante i misteri, affinché i loro seguaci
possano ascoltare ogni tipo di cosa più raffinata riguardante le cose
celesti in quanto si avvicinano maggiormente alla luce della verità, e
coloro che il protratto schiamazzo del gallo ha svegliato, il
taglialegna possa dilettare quelli che sono svegli. Siccome conoscere
nei minimi particolari le dolcezze relative a un regno migliorato
farebbe piacere a chiunque che prima temeva le avversità del giudizio.
C’è ancora qualcos’altro da considerare attentamente nel gallo,
poiché quando si accinge a emettere i canti, in primo luogo sbatte le
ali, e colpendo se stesso si rende più vigile. Cosa che scorgiamo
chiaramente se con attenzione diamo uno sguardo alla vita dei santi
predicatori. Infatti essi, siccome insegnano il messaggio della
predicazione, prima si esercitano nelle azioni sante, affinché a causa
del rimanere inattivi con se stessi non sveglino gli altri con la voce,
ma prima scuotono se stessi attraverso azioni sublimi, e quindi rendono
gli altri solleciti ad agire bene. Prima colpiscono se stessi con le ali
delle riflessioni, perché qualunque cosa dentro di loro rimanga
inutilmente intorpidita essi la riconoscono con un’accurata analisi e
la correggono con una precisa punizione. Prima si prendono cura di
punire le loro colpe con le lacrime, e quindi fanno sapere le cose degli
altri che vanno punite. Pertanto prima di emettere il canto fanno rumore
con le ali, perché prima di profferire le parole delle esortazioni
proclamano con le opere tutto quello che stanno per dire, e siccome
vigilano perfettamente su se stessi, allora chiamano gli altri che
ancora dormono a svegliarsi. |
Sed
unde tanta {doctori haec} <haec doctoris> intelligentia, ut et
sibi perfecte vigilet, et dormientes ad vigiliam sub quibusdam clamoris
profectibus vocet, ut et peccatorum tenebras prius caute discutiat, et
discrete postmodum lucem praedicationis ostendat, ut singulis iuxta
modum, et tempora congruat, et simul omnibus, quae illos sequantur,
ostendat? Unde ad tanta, et tam subtiliter tenditur, nisi intrinsecus ab
eo, a quo est conditus, doceatur? Quia ergo laus tantae intelligentiae
non praedicatoris virtus est, sed authoris, recte per eundem authorem
dicitur. Vel quis dedit Gallo intelligentiam? Ac si diceret, nisi ego,
qui doctorum mentes, quas mire ex nihilo condidi, ad intelligenda, quae
occulta sunt, mirabilius instruxi. |
Ma
da dove proviene questa così grande intelligenza del maestro da
vigilare sia perfettamente da solo, sia da chiamare alla veglia i
dormienti ricorrendo ad alcuni progressi di schiamazzo, al fine di poter
sia prima disperdere con prudenza le tenebre dei peccati, sia poi
mostrare con discrezione la luce della predicazione, in maniera da
adattarsi a ciascuno secondo il modo e i tempi, e contemporaneamente
mostrare a tutti quelle cose che loro stanno seguendo? Da dove si tende
a cose tanto grandi e tanto sottilmente, se non venisse ammaestrato
interiormente da parte di colui dal quale è stato creato? Perché
pertanto la lode di tanta intelligenza non è una virtù del
predicatore, ma dell’autore, e giustamente si dice attraverso lo
stesso autore: Oppure chi diede al gallo l’intelligenza? Come
se dicesse, se non io che ho istruito in modo abbastanza meraviglioso le
menti dei maestri che ho creato meravigliosamente dal nulla al fine di
capire le cose che sono recondite. |
Et
tertia parte Pastoralis[1].
Ad beatum (inquit) Iob dicitur: Quis dedit Gallo intelligentiam?
Praedicator etenim sanctus, dum calig<i>noso hoc clamat in tempore,
quasi Gallus cantat in nocte, dum dicit: Hora est iam nos de somno
surgere. Et rursum. Evigilate, iusti, et nolite peccare. Gallus autem
profundioribus horis noctis altos {a}edere cantus solet: quum vero
matutinum iam tempus in proximo est, minutas, ac tenues voces format,
quia nimirum qui recte praedicat, obscuris adhuc cordibus aperta clamat,
nihil de occultis mysteriis indicat, ut tunc subtiliora quaeque de
caelestibus audiant, quum luci veritatis appropinquant. |
E
nella terza parte della Regula Pastoralis. A san Giobbe
(dice) viene detto: Chi diede al gallo l’intelligenza? E
infatti il santo predicatore, mentre schiamazza in questo tempo
caliginoso, è quasi come un gallo che canta di notte, quando dice:
Ormai è tempo di svegliarci dal sonno. E ancora. Svegliatevi, o giusti,
e smettetela di peccare. Infatti il gallo è solito emettere dei canti
altisonanti nelle ore più profonde della notte: ma quando il tempo del
mattino è ormai vicino, emette delle vocine sottili e tenui, poiché
infatti chi predica rettamente, dichiara delle cose chiare ai cuori
ancora nell’oscurità, non accenna a nulla circa i misteri occulti, e
allora sentono provenire dai cieli qualunque cosa raffinata quando si
avvicinano alla luce della verità. |
Sed
inter haec ad ea, quae iam superius diximus, charitatis studia,
retorquemur, ut praedicator quisque plus actibus, quam vocibus insonet,
et bene vivendo vestigia sequacibus imprimat, ut potius agendo, quam
loquendo, quo gradiatur, ostendat, quia et Gallus ipse, quem pro
exprimenda boni praedicatoris specie in locutione sua Dominus assumit,
cum iam {a}edere cantus parat, prius alas excutit, et semetipsum feriens
vigilantiorem reddit, quia nimirum necesse est, ut hi, qui verba sanctae
praedicationis monent, prius studio bonae actionis evigilent, ne
semetipsi torpentes opere, alios excitent voce. Prius se per sublimia
facta excutiant, et tunc ad bene vivendum alios solicitos reddant. Prius
cogitationum alis semet ipsos feriant, et quicquid inutiliter torpet,
solicita investigatione deprehendant, {districta} <distincta>
animadversione corrigant, et tunc demum aliorum vitam loquendo componant.
Prius punire propria fletibus curent, et tunc quae aliorum punienda sunt
denuncient, et antequam verba exhortationis insonent omne, quod locuturi
sunt, operibus clament. Unde recte dicebat venerabilis Beda[2].
Gallum puto esse unumquemque
sanctorum, qui in nocte, et tenebris huius mundi accipiunt per fidem
intelligentiam, et virtutis constantiam clamandi ad Deum, ut {aspiceret}
<aspiciat>[3]
iam dies permanens, et amoveantur umbrae vitae praesentis, qui urgent
etiam sequenti clamore precum suarum, dicentes. Emitte lucem tuam, et
veritatem tuam: Quod de Prophetis intelligere possumus, qui certatim
annunciaverunt diei et Solis adventum. Christus salvator noster, quia peccata populi tulit, Gallus
ut exponit Iacobus de Vitriaco Cardinalis, etiam dicitur dormientes
excitans, et quasi calcaribus com<m>inationum, ut eis verbis utar,
pungens, et stimulans. |
Ma
in seno a queste cose facciamo ritorno a quegli studi della carità che
già prima abbiamo detto, affinché ciascun predicatore possa
schiamazzare più con le azioni che con il vociare, e vivendo bene possa
imprimere nei seguaci delle tracce, affinché mostri fino a che punto si
arriva più agendo che parlando, in quanto anche lo stesso gallo, che il
Signore assume allo scopo di esprimere una figura di buon predicatore
nel suo modo di parlare, quando ormai si appresta a emettere i canti,
prima sbatte le ali, e colpendo se stesso si rende più vigilante, in
quanto è infatti necessario che coloro che sciorinano le parole della
santa predicazione prima si sveglino con l’impegno di una buona
azione, affinché a causa del fatto che sono nel pallone, non sveglino
gli altri a voce. Prima si diano una mossa attraverso azioni sublimi e
quindi rendano gli altri solleciti a vivere bene. Prima colpiscano se
stessi con le ali dei ragionamenti, e qualunque cosa è inutilmente
intorpidita, le diano una mossa con una sollecita investigazione e la
correggano con un’accurata analisi, e allora finalmente mettano ordine
nella vita degli altri parlando. Prima abbiano a cuore di punire con le
lacrime le proprie mancanze, e allora dichiarino apertamente le cose
degli altri che sono da punire, e prima che le parole dell’esortazione
risuonino vedano di proclamare con le opere tutto ciò che stanno per
dire. Per cui il venerabile Beda diceva giustamente: Ritengo che
sia un gallo ognuno dei santi che nella notte e nelle tenebre di questo
mondo attraverso la fede ricevono l’intelligenza e la costanza della
capacità di rivolgersi a Dio ad alta voce affinché dia uno sguardo
mentre è ancora giorno e vengano tenute lontane le ombre della vita
presente, i quali incalzano anche con il seguente grido delle loro
preghiere dicendo: Invia la tua luce e la tua verità: Possiamo capirlo
dai Profeti che a gara hanno annunciato l’avvento del giorno e del
sole. Cristo nostro salvatore, in quanto si è caricato dei peccati
del popolo, come spiega il cardinale Jacques de Vitry, viene anche
detto gallo dal momento che desta coloro che dormono, e, per servirmi di
quelle parole, come se li pungesse e li stimolasse con gli speroni delle
minacce. |
Cum
vero de Galli cantu inter Evangelistas, qui Dominum nostrum Iesum
Christum iam ad salutiferam mortem rapiendum D. Petro dixisse tradunt
eum se ter negaturum, antequam Gallus cantaret, quaedam videatur
controversia, itaque conciliare eos placuit, priusquam mysticum eius
cantus sensum explicemus. Cum enim tres Evangelistae asserant, Dominum
dixisse, Petrum se ter negaturum, antequam Gallus cantaret: non autem
omnes dicant quoties Gallus cantaret, Marcus[4]
hoc solus narravit expressius, inquiens: Antequam
Gallus bis vocem dederit, quod
[263] quomodo postea sit impletum in sequentibus distincte enarravit, ex
quo consequitur, Petrum non ter Galli cantu Dominum negasse, ut dicunt
tamen tres Evangelistae. |
Ma
dal momento che sembra che tra gli Evangelisti esista qualche
controversia a proposito del canto del gallo, i quali tramandano che
Nostro Signore Gesù Cristo, quando era ormai in procinto di essere
trascinato alla morte salvifica, disse a San Pietro che lo avrebbe
rinnegato tre volte prima che il gallo avesse cantato, pertanto mi è
parso opportuno metterli d’accordo prima di spiegare il significato
mistico del suo canto. Infatti dal momento che tre Evangelisti
asseriscono che il Signore disse che Pietro lo avrebbe rinnegato tre
volte prima che il gallo cantasse, ma non tutti dicono quante volte il
gallo avrebbe cantato, solo Marco lo ha narrato con maggior precisione
dicendo: Prima che il gallo abbia cantato per la seconda volta, e
come poi ciò si sia adempiuto lo ha narrato con precisione nei
successivi versetti, da cui consegue che Pietro non rinnegò il Signore
quando il gallo ebbe cantato per la terza volta, come tuttavia dicono i
tre Evangelisti. |
[1] Regula Pastoralis Tertia pars, caput XXXIX - in Sancti Gregorii Papae I cognomento Magni Opera Omnia Tomus secundus, Parisiis, sumptibus Claudii Rigaud, 1705.
[2] In expositione Tobiae lib. 9, c. 7. (Aldrovandi). § Lind non è d’accordo con la citazione di Aldrovandi: “But I find no such exact statement in that author’s In Librum Tobiae allegorica interpretatio in P.L. 91 (1862), 931.” (Lind, 1963)
[3] Emendato in base al susseguirsi dei tempi degli altri verbi di questo brano riferito a Beda.
[4] Marco 14:30: Et ait illi Iesus: "Amen dico tibi quia tu hodie in nocte hac, priusquam bis gallus vocem dederit, ter me es negaturus."