Conrad Gessner

Historiae animalium liber III qui est de Avium natura - 1555

De Gallina

trascrizione di Fernando Civardi - traduzione di Elio Corti

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Graeca vero Aristotelis exemplaria [420] (nisi mendam subesse iudicemus) ita habent[1]: Τὰ μὲν οὖν ἄλλα γόνιμα, πλὴν ὅσα τὸ μὲν μεῖζον τὸ δὲ ἔλαττον γίνεται τῶν διδύμων, τὸ δὲ τελευταῖον τερατώδες, hoc est, ut ego arbitror: E caeteris itaque gemina foecunda sunt, nisi quibus hoc contingit, ut alter maior fuerit, alter minor. in iis enim tandem in monstrum degenerat qui minor novissime provenit. Utra autem sententia fuerit verior, indicabit experientia. Videtur certe Plinius vel ex professo cum Aristotele hac in re minime convenire, quando Celsum authorem non Aristotelem citet[2]. In quibusdam exemplaribus Plinianis habetur (uti recte annotavit Claymundus) non alioqui, sed aliqui negant omnino geminos excludi, Haec ille. Quaerendum an legendum in Aristotelis verbis non πλὴν ὅσα, sed πλὴν ὅτι: et γίνεται praesens loco praeteriti ἐγένετο accipiendum sit, ut non simpliciter hic de ovis geminis scribat Aristoteles, sed de illius tantum gallinae geminis, quorum historiam hoc in loco recitat hoc sensu[3], Ex ovis octodecim gallinae cuiusdam omnibus geminis, pauca quaedam irrita fuerunt: caetera vero omnia (rite) foecunda: nisi quod e geminis pullus alter semper minor fuit, et ultimus (alter scilicet minor de ovo postremo excluso vel parto) monstruosus. In ovis quibusdam gemelli sunt, sed alter geminorum comprimit alium: et aliquando ruptis telis (tunicis) bicorporeus generatur, Albert.

Ma l’originale greco di Aristotele (a meno di credere che vi si nasconda un errore) riporta così: Tà mèn oûn álla gónima, plën hósa tò mèn meîzon tò dè élatton ghìnetai tøn didýmøn, tò dè teleutaîon teratødes: cioè, come io ritengo: Pertanto rispetto alle altre le gemellari sono feconde, senonché ad alcune accade che un gemello sia più grande, l’altro più piccolo. Insomma, di essi degenera dunque in un mostro quello più piccolo che è nato per ultimo. Quale delle due affermazioni sia la più rispondente al vero lo dirà l'esperienza. E risulta senza dubbio evidente che a questo proposito Plinio apertamente non concorda con Aristotele, dal momento che cita come fonte autorevole Celso, non Aristotele. In alcune copie dei testi pliniani viene riportato (come correttamente ha osservato Claymundus) non alioqui - del resto, ma aliqui – alcuni - negant omnino geminos excludi – affermano che assolutamente non nascono gemelli, queste le parole di Edward Wotton. Bisogna chiedersi se nelle parole di Aristotele bisogna leggere non plën hósa - eccetto quanto, bensì plën hóti - eccetto che: e se bisogna intendere il presente ghínetai – nasce - invece del passato eghéneto - nacque, dato che Aristotele in questo brano non scriverebbe semplicemente riguardo alle uova gemellari, ma delle uova gemellari solo di quella gallina, delle quali cita la storia nel passo che segue in questo modo: Delle diciotto uova tutte gemellari di una gallina, solo poche furono sterili: senza dubbio tutte le altre furono feconde (come di regola): se non che da quelle gemellari uno dei due pulcini nacque sempre più piccolo, e l’ultimo (cioè quello più piccolo dei due, nato dall’uovo schiuso o deposto per ultimo) era mostruoso. In alcune uova si trovano dei gemelli, ma uno dei gemelli comprime l’altro: e talora dopo aver rotto le membrane testacee (gli involucri) nasce dotato di due corpi, Alberto.

Calor fovens gallinae semen illud in fistulas (sic habet codex impressus) paulatim ovi candidum vertit, tum vero et lutei aliquid. nam alae et crura ex luteo fiunt. indicio est, quod pulli, qui ex ovo cuius lutea duo sunt absque sepiente membrana quatuor alis et totidem pedibus nascuntur, arbitranturque prodigium quale olim Mediolani contigit, Cardanus. Atqui nos alibi de anate scripsimus, et rursus de columba, quae tetrapodes tantum, non etiam tetrapteri fuerunt. Monstra (inquit Aristot. de generat. anim. 4. 4.[4]) saepius gignuntur in iis, quorum partus numerosus est, et praecipue in avium genere, earumque potissimum in gallinis, iis enim partus numerosus, non modo quod saepe pariant ut columbae, verum etiam quod multos simul conceptus intra se continent, et temporibus omnibus coeunt. hinc gemina etiam pariunt plura. cohaerent enim conceptus, quoniam in propinquo alter alteri est, quomodo interdum fructus arborum complures, quod si vitella distinguuntur membrana, gemini pulli discreti sine ulla supervacua parte generantur. sed si vitella continuantur, nec ulla interiecta membrana disterminantur, pulli ex iis monstrifici prodeunt, corpore et capite uno, cruribus quaternis, alis totidem, quoniam superiora ex albumine generentur, et prius: vitellum enim cibo iis est. pars autem inferior postea instituitur, quanquam cibus idem <in>discretusque[5] suppeditatur. in ovis quibusdam gemelli sunt. sed alter geminorum comprimit alium: et aliquando ruptis telis (involucris) bicorporeus generatur, Albert. Iam quale certo tempore est ovum in gallina, tale aliquando prodiit luteum totum, qualis postea pullus est. {Gallina}[6] <Gallo> etiam {discissa} <discisso> talia sub septo, quo loco foeminis ova adhaerent, inventa sunt, colore luteo tota magnitudine ovi perfecti: quod pro ostento augures capiunt, Aristot.[7] Audio et trilecitha[8], id est triplicis vitelli ova interdum reperiri: frequentius vero dilecitha, eaque in medio testae plerunque cavitatem habere. Magis nutriunt et subtiliora sunt ova quae duos vitellos habent, Elluchasem.

Il calore della gallina che riscalda quel seme trasforma gradualmente in formazioni tubulari (così riporta il codice stampato) il bianco dell'uovo, ma anche una parte del giallo. Infatti le ali e le gambe si formano dal giallo. Ne è una riprova il fatto che da un uovo con due tuorli senza una membrana separatrice nascono dei pulcini con quattro ali e altrettante zampe, e vengono ritenuti come un fatto prodigioso, come quello che un tempo accadde a Milano, Gerolamo Cardano. Orbene, in un passo ho scritto a proposito dell'anatra, e poi della colomba, che nacquero con solo quattro zampe, non con anche quattro ali. Aristotele in De generatione animalium IV, 4 dice: I mostri si generano più spesso in quegli animali la cui prole è numerosa, e soprattutto negli uccelli, e assai frequentemente nelle galline, infatti la loro deposizione è numerosa, non solo in quanto depongono spesso come le colombe, ma anche perché hanno dentro di loro contemporaneamente molti prodotti del concepimento e si accoppiano in tutte le stagioni. Per cui depongono anche numerose uova gemellari. Infatti i prodotti del concepimento aderiscono tra loro in quanto uno è situato in vicinanza dell’altro, come talora succede quando i frutti degli alberi sono molto numerosi, ma se i tuorli sono separati da una membrana, vengono generati dei pulcini gemelli separati senza alcuna parte eccedente. Se invece i tuorli sono uniti insieme e non sono delimitati da alcuna membrana interposta, da essi nascono dei pulcini mostruosi con un corpo e una testa, con quattro zampe e altrettante ali, in quanto le parti superiori si formano dall’albume, e prima: infatti per essi il tuorlo è alimento. Mentre la parte inferiore si forma successivamente nonostante venga fornito un alimento uguale e identico. In alcune uova si trovano dei gemelli. Ma uno dei gemelli comprime l'altro: e talora dopo la rottura delle membrane (degli involucri) ne nasce un soggetto con due corpi, Alberto. Come in un determinato momento si presenta l’uovo nella gallina, così talora – l’uovo - si è mostrato tutto quanto sotto forma di tuorlo, che successivamente sarà un pulcino. Anche dopo aver sezionato un gallo tali uova delle dimensioni di un uovo ultimato di colore giallo sono state trovate sotto al setto trasverso laddove nelle femmine le uova sono adese: il che gli auguri lo prendono come fatto portentoso, Aristotele. Sento dire che si trovano anche delle uova trilecitha - trilékitha, cioè con tre tuorli: ma più spesso con due tuorli, e che al centro del guscio presentano di solito una cavità. Le uova che hanno due tuorli nutrono di più e sono più delicate, Elluchasem Elimithar.

¶ Fiunt et tota lutea quae vocant schista[9], cum triduo incubata tolluntur, Plin. ¶ Ego me aliquando ovum videre memini cuius testa ab altera parte extrema in angustum veluti collum instar cucurbitae se colligebat.

¶ Diventano pure tutte gialle quelle che chiamano schista – divise – quando vengono rimosse dopo essere state covate per tre giorni, Plinio. ¶ Mi ricordo di aver visto talora un uovo il cui guscio a una delle due estremità si restringeva in un collo stretto come se fosse quello di una zucca.

¶ Gallinae nonnulla pariunt ova mollia vitio, Aristot.[10] Albertus ova sine testa exteriore inter subventanea numerat, ut infra recitabimus. Qui ixiam[11] biberunt, sumptis remediis vomentes, tales fere humores reddunt, qualia sunt ova gallinarum altilium, quae sine putamine reddunt propter ictum aut aliam vim quampiam, διὰ τινα πληγὴν ἤ περίστασιν, Scholiastes Nicandri. Et rursus, Ova sine putamine parit (ῥίπτει, eijcit) gallina, ἤ ἀπὸ πληγῆς ἤ ἐκ πλήθους ἐναποκειμένου αὐτῇ. hoc est, vel propter ictum aliquem, vel propter multitudinem (ovorum nimirum se invicem comprimentium) in ea. Poetae quidem versus hi sunt, Ἄλλοτε μὲν πληγῆσι νέον θρομβήϊα γαστρὸς | Μαρναμένη (scilicet gallina) δύσπεπτον ὑπεκγόνον ἔκχεε γαίῃ.[12]

¶ Le galline depongono alcune uova che sono molli a causa di un difetto, Aristotele. Alberto annovera fra le uova sterili quelle senza il guscio esterno, come dirò appresso. Coloro che hanno bevuto il vischio, quando vomitano dopo aver assunto i rimedi, emettono dei liquidi che sono tali e quali le uova di galline d'allevamento che le depongono senza guscio a causa di un colpo o di un qualche altro motivo violento, dià tina plëgën ë perístasin, il commentatore di Nicandro. E ancora: La gallina depone (ríptei, scaglia) uova senza guscio, ë apò plëgês ë ek plëthous enapokeiménou autêi, cioè, o a causa di qualche botta, oppure a causa del grande numero (ovviamente di uova, che si schiacciano tra loro) presenti in essa. Ma i versi del poeta sono i seguenti: Állote mèn plëgêsi néon thrombëïa gastròs | Marnaménë dýspepton hypékgonon ékchee gaíëi. – Lottando (vale a dire la gallina) con il corpo contuso a causa di numerosi colpi, versa a terra il seme informe e crudo senza guscio.

¶ Pariunt autem ova nonnulla infoecunda, vel ex iis ipsis, quae conceperint coitu. nullus enim provenit foetus, quamvis incubitu foveantur. quod maxime in columbis notatum est. Sterilitas ovis accidit, vel quia subventanea sunt, de quibus infra dicetur: vel aliis ex causis. corrumpuntur enim fere quatuor modis. Primo, albumine corrupto, ex quo partes pulli formari debuerant. Secundo, propter corruptionem vitelli, unde alimentum suppeditandum erat. itaque formatur pullus imperfecte, et partes quaedam in ipso non absolutae inveniuntur et non coniunctae, sicut in abortu animalis vivipari ante perfectionem lineamentorum foetus. Albumine autem corrupto nihil omnino per incubationem formatur, sed ovum totum turbatur et corrumpitur, sicut corrumpitur humor (sanies) in apostemate, quamobrem perquam foetida redduntur talia ova. (Haec esse conijcio quae Aristoteles et alii urina vocant, de quibus infra copiosius scribetur. nostri putrida ova, sule eyer. quanquam Aristoteles urina non albumine, sed vitello corrupto fieri ait). Tertio contingit ovum corrumpi, membranarum et fibrarum quae per albumen tendunt, vitio. nam corrupta tunica quae continet vitellum, humor vitellinus effluit, et confunditur cum albumine. itaque impeditur ovi foecunditas. Corruptis autem fibris, corrumpuntur venae et nervi pulli, et chordae: et impeditur nutritio, et compago ligamentis destructis dissolvitur, et laesis nervis sensus admittitur. Quarto, per vetustatem, exhalante spiritu in quo est virtus formativa: unde vitellus pondere suo penetrat albumen, et ad testam fertur in eam partem cui incumbit ovum. His quatuor modis ova infoecunda fieri contingit. In secundo quidem modo aliquando accidit, quod humoribus corruptis partes igneae combustae feruntur ad testam ovi, eamque aspergunt: unde ovum in tenebris [421] lucet quemadmodum quercus putrefacta.

¶ Sta parlando Alberto: Infatti depongono alcune uova sterili, o da sole, o uova che hanno concepito in seguito al coito. Infatti non si forma alcun feto nonostante vengano riscaldate con la cova. Cosa che si è sopratutto osservata nei colombi. Alle uova accade di essere sterili o perché sono piene di vento, di cui si parlerà oltre, o per altri motivi. Infatti si guastano più o meno secondo quattro modalità. In primo luogo a causa dell'albume che si è alterato, dal quale avrebbero dovuto formarsi le parti del pulcino. In secondo luogo a causa di un’alterazione del tuorlo, da dove doveva essere fornito l’alimento. E così infatti il pulcino si sviluppa in modo imperfetto, e in esso si rinvengono alcune parti incompiute e non unite tra loro, come nell’aborto di un animale viviparo prima del perfezionamento dei lineamenti del feto. Ma, essendosi alterato l’albume, durante tutta l’incubazione non si forma assolutamente nulla, ma l’uovo diventa tutto quanto marcio e fetido, come il liquido (il pus) che si altera in un ascesso, motivo per cui tali uova diventano estremamente fetide. (Penso che siano queste le uova che Aristotele e altri chiamano piene di vento, di cui si scriverà più abbondantemente più avanti. I nostri chiamano sule eyer le uova putride. Nonostante Aristotele dica che le uova piene di vento si formano non dall'albume ma dal tuorlo che si è alterato). In terzo luogo accade che l’uovo si altera per colpa delle membrane e delle fibre che si estendono attraverso l’albume. Infatti, una volta che la tunica che contiene il tuorlo si è alterata, il liquido vitellino defluisce e si mescola con l’albume. Di conseguenza la fecondità dell’uovo viene ostacolata. Ma una volta che le fibre si sono alterate, si alterano anche le vene e i nervi del pulcino, nonché le fibre: la sua nutrizione viene resa impossibile, e una volta che si sono distrutti i legamenti l’unione tra le varie parti si dissolve e quando i nervi sono stati lesi viene persa la sensibilità. In quarto luogo, a causa dell’invecchiamento, in quanto fuoriesce l’aria in cui risiede la proprietà formativa: per cui il tuorlo a causa del suo stesso peso entra nell’albume e si porta verso il guscio, in quella parte in cui l’uovo si incurva. Pertanto accade che le uova diventano infeconde secondo queste quattro modalità. Nella seconda modalità talora accade che a causa di un'alterazione dei liquidi le parti calde andando incontro a combustione si spostano verso il guscio e lo cospargono: per cui al buio l'uovo emana luce come accade per una quercia putrefatta - per bioluminescenza.


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[1] Filippo Capponi in Ornithologia latina (1979) riporta il seguente testo greco tratto dalla Historia animalium VI,3 562a e sgg.: Tà mèn oûn álla gónima, (plën óti tò meízon tò d’élatton ghínetai tøn didýmøn), tò dè teleutaîon teratødes.

[2] Naturalis historia X,150: Quaedam gallinae omnia gemina ova pariunt et geminos interdum excludunt, ut Cornelius Celsus auctor est, alterum maiorem; aliqui negant omnino geminos excludi. Qui Plinio probabilmente accenna a un passo di Celso che non ci è stato tramandato. - Cornelius Celsus, De Medicina, is referred to, but he says nothing of this sort. (Lind, 1963)

[3] Historia animalium VI,3 562a: Le uova gemelle presentano due tuorli; in certi casi vi è un sottile diaframma di bianco per evitare che i gialli si saldino fra loro, mentre in altri questo diaframma manca e i gialli sono in contatto. Vi sono certe galline che fanno solo uova gemelle, ed è nel loro caso che sono state condotte le osservazioni su ciò che accade nel tuorlo. Una di esse depose diciotto uova e ne fece nascere dei gemelli, tranne che da quelle che risultarono sterili; le altre comunque erano feconde, a parte il fatto che uno dei gemelli [562b] era più grande e l’altro più piccolo, mentre l’ultimo uovo conteneva un mostro. (traduzione di Mario Vegetti)

Pagina 475 del De subtilitate libri XXI - liber xii De Hominis natura et temperamento (Lugduni, apud Stephanum Michaelem, 1580): "... nam alae & crura ex luteo fiunt. Indicio est, quod pulli qui ex ovo cuius lutea duo sunt absque sepiente membrana, capite uno sed quatuor alis et totidem pedibus nascuntur, arbitranturque prodigium, quale olim Mediolani contigit."

[4] De generatione animalium IV,4 770a 6-23: Ma in generale si deve piuttosto pensare che la causa stia nella materia e negli embrioni quando si costituiscono. Perciò siffatte anomalie si producono assai raramente negli unipari, e più nei multipari e soprattutto negli uccelli, e tra gli uccelli nei polli. Questi non sono solo multipari perché depongono spesso uova, come il genere dei colombi, ma perché portano contemporaneamente molti prodotti del concepimento, e si accoppiano in ogni stagione. Perciò producono molti gemelli: i prodotti del concepimento grazie alla reciproca vicinanza si formano insieme, come molti frutti fanno talvolta. In tutti quelli che hanno i tuorli definiti dalla membrana nascono due piccoli separati senza alcuna superfetazione, mentre in quelli che hanno i tuorli contigui e senza alcuna interruzione i piccoli nascono anomali con un corpo e una testa, ma quattro gambe e quattro ali, perché le parti superiori dell’animale si formano prima e dal bianco, essendo controllato il loro alimento proveniente dal tuorlo, mentre la parte inferiore si forma dopo e l’alimento è unico e indistinto. (traduzione di Diego Lanza)

[5] Teodoro Gaza – e stavolta anche Aldrovandi a pagina 220 - hanno indiscretusque.

[6] Gessner doveva trovarsi in un momento di strana disattenzione: infatti non si trattava affatto di una gallina che aveva le uova sotto il setto trasverso come le hanno le femmine, bensì di un gallo!!! Penso che riusciremo a salvare sia Gessner che Aristotele dall'accusa di essere dei superficiali, quindi dei naturalisti da strapazzo. Questa gallina proviene da Teodoro Gaza (Aristotelis libri de animalibus, 1498) e questa gallina non viene corretta da Gessner con un logico gallus, nonostante abbia corretto un intraducibile suscepto di Gaza con un corretto sub septo. Non si può escludere che Gaza avesse come fonte lo stesso testo greco usato da Giulio Cesare Scaligero per il suo Aristotelis historia de animalibus (1619). Infatti anche Scaligero ha gallina, e il suo testo greco è inequivocabile per gallina, detta alektorís: Τοιαῦτα καὶ ἐν ἀλεκτορίδι διαιρουμένῃ ὑπὸ τὸ ὑπόζωμα, οὗπερ αἱ θήλειαι ἔχουσι τὰ ὠὰ. § Mario Vegetti così traduce questo passo di Aristotele: È accaduto di osservare formazioni simili all’uovo in un certo stadio del suo sviluppo (cioè tutto uniformemente giallo, come lo sarà più tardi il vitello), anche in un gallo sezionato sotto il diaframma, laddove le femmine hanno le uova; queste formazioni sono interamente gialle d’aspetto, e grandi come le uova. Vengono tenute in conto di mostruosità. (1971) - D'Arcy Wentworth Thompson traduce così: Cases have occurred where substances resembling the egg at a critical point of its growth - that is, when it is yellow all over, as the yolk is subsequently - have been found in the cock when cut open, underneath his midriff, just where the hen has her eggs; and these are entirely yellow in appearance and of the same size as ordinary eggs. Such phenomena are regarded as unnatural and portentous. (1910) § Si può presumere che sia Vegetti che D'Arcy Thompson si siano basati sulla versione greca del classicista e naturalista tedesco Johann Gottlob Schneider (1750-1822) che nel 1811 pubblicava a Lipsia la sua revisione dell'Historia animalium di Aristotele. Qui non troviamo la gallina, bensì il gallo (alektryøn al maschile - al femminile sarebbe la gallina), che al dativo suona alektryóni accompagnato dal maschile diairouménøi: Τοιαῦτα καὶ ἐν ἀλεκτρυόνι διαιρουμένῳ ὑπὸ τὸ ὑπόζωμα, οὗπερ αἱ θήλεια<ι> ἔχουσι τὰ ὠὰ. - Anche i tipografi tedeschi commettevano errori:  θήλεια invece di  θήλειαι. § Peccato non poter resuscitare Aristotele! A mio avviso è nel giusto Schneider, in quanto mi sembra una ridondanza superflua - molto cara agli antichi - parlare di un gallina sezionata sotto il diaframma, laddove le femmine hanno le uova. È scontato che una gallina è una femmina!

[7] Historia animalium VI,2 559b 16-20: È accaduto di osservare formazioni simili all’uovo in un certo stadio del suo sviluppo (cioè tutto uniformemente giallo, come lo sarà più tardi il vitello [Neottòs, che significa propriamente «pulcino», vale qui, secondo Schneider, III, 407, seguito da tutti i tradd., «vitello», cioè tuorlo]), anche in un gallo sezionato sotto il diaframma, laddove le femmine hanno le uova; queste formazioni sono interamente gialle d’aspetto, e grandi come le uova. Vengono tenute in conto di mostruosità. (traduzione e nota di Mario Vegetti) - Augures è un'aggiunta di Teodoro Gaza che è la fonte di Gessner. Infatti il testo greco di Giulio Cesare Scaligero corrisponde a quello di Mario Vegetti (Vengono tenute in conto di mostruosità) ed è il seguente: ὃ ἐν τέρατος λόγῳ τιθέασιν. Scaligero lo traduce così: [...] quae in prodigii loco deputare consuevere.

[8] Trilekitha è parola non attestata. Comunque λέκιθος è il rosso dell’uovo in Ippocrate (Mul. II 205) e in Aristotele, per esempio in Historia animalium VI,3 562a 29. Lo stesso dicasi per dilecitha.

[9] Siccome incorreremo nel latino sitista di Plinio, premettiamo che l'aggettivo greco σιτιστός riferito agli animali significa ben nutrito, ingrassato; deriva dal verbo σιτίζω che significa nutrire. - Anche se Gessner non lo dice, la trasformazione di sitista in schista è dovuta a Ermolao Barbaro Castigationes Plinianae: ex libro vigesimonono ex capite iii: fiunt et tota lutea quae vocant sitista: Alii codices habent Sicista. Ipsum legendum fere arbitror Schista: quoniam ab incubatu exempta quasi dividantur et discedat vitellus a candido. Nam & luteum & candidum dicit Aristoteles de animalium generatione tertio, membranis inter sese distingu<u>ntur: & incubante ave concoquenteque animal ex alba parte ovi secernitur, augetur ex reliqua. – I nostri testi riportano abitualmente sitista, come risulta dal seguente brano della Naturalis historia XXIX, 45: Utilia sunt et cervicis doloribus cum anserino adipe, sedis etiam vitiis indurata igni, ut calore quoque prosint, et condylomatis cum rosaceo; item ambustis durata in aqua, mox in pruna putaminibus exustis, tum lutea ex rosaceo inlinuntur. Fiunt et tota lutea, quae vocant sitista, cum triduo incubita tolluntur. Stomachum dissolutum confirmant pulli ovorum cum gallae dimidio ita, ne ante II horas alius cibus sumatur. Dant et dysintericis pullos in ipso ovo decoctos admixta vini austeri hemina et pari modo olei polentaeque. - Nella Naturalis historia Plinio usa schistos per indicare un minerale in xxix,124, xxxiii,84 e in xxxvi,144,145 e 147. L’aggettivo schistos,-a,-on significa fissile, cioè che si può fendere, che si può dividere facilmente, derivato dal greco schízø = scindo, divido; viene usato da Plinio in xxx,74, in xxxi,79 e in xxxiii,88 riferito all’allume. Il sostantivo maschile schistos significa limonite, minerale ferroso che nella varietà pulverulenta, nota con il nome di ocra gialla, viene usata come pigmento colorante (terra di Siena). Ma Plinio usa l’aggettivo schistos per indicare anche una cipolla che, come lo scalogno - Allium ascalonicum -, possiede un bulbo composto da bulbilli aggregati i quali possono essere separati e quindi usati uno a uno per riprodurre la pianta, come accade per l’aglio comune o Allium sativum. Ecco il brano di Plinio in cui parla della cipolla di Ascalona e della cipolla schista in Naturalis historia xix: [101] Alium cepasque inter deos in iureiurando habet Aegyptus. Cepae genera apud Graecos Sarda, Samothracia, Alsidena, setania, schista, Ascalonia, ab oppido Iudaeae nominata. Omnibus etiam odor lacrimosus et praecipue Cypriis, minime Cnidiis. Omnibus corpus totum pingui tunicarum cartilagine. [102] E cunctis setania minima, excepta Tusculana, sed dulcis. Schista autem et Ascalonia condiuntur. Schistam hieme cum coma sua relincunt, vere folia detrahunt, et alia subnascuntur iisdem divisuris, unde et nomen. Hoc exemplo reliquis quoque generibus detrahi iubent, ut in capita crescant potius quam in semen. - Plinio usa schistos anche per indicare un modo di preparare il latte in xxviii,126: Medici speciem unam addidere lactis generibus, quod schiston appellavere. Id fit hoc modo: fictili novo fervet, caprinum maxime, ramisque ficulneis recentibus miscetur additis totidem cyathis mulsi, quot sint heminae lactis. Cum fervet, ne circumfundatur, praestat dyathus argenteus cum frigida aqua demissus ita, ne quid infundat. Ablatum deinde igni refrigeratione dividitur et discedit serum a lacte. - Insomma: com'era prevedibile, nessuna traccia in Naturalis historia delle uova schista in quanto furono ideate da Ermolao Barbaro.

[10] Historia animalium VI,2 559a: L’uovo di tutti gli uccelli ha sempre un guscio duro — se risulta da una fecondazione e non è guasto, perché certe galline depongono uova molli — ed è bicolore, risultando bianco alla periferia, giallo all’interno.

[11] In Scholia in Nicandri Alexipharmaca 279b (M. Geymonat, Milano 1974) ixía significherebbe cardo, mentre in Teofrasto significa vischio. Dal momento che nei tempi antichi il vischio veniva usato come antidoto per svariati veleni – alexiphármakon significa appunto contravveleno – si opta per il latinizzato ixia = vischio.

[12] L'edizione delle opere di Nicandro è una grande bagarre. Per esempio il codice Parisiensis riporta δαμναμένη, δύσποτμον, γαίη; il Gottingensis riporta ὑπέκγονον, altri codici hanno μαρναμένη e δύσπεπτον (come Gessner) e ὑπὲκ γόνον. Però è assai verosimile che Gessner avesse a disposizione la stessa versione greca tradotta poi da Jean de Gorris (1505-1577), in quanto i due versi sono uno di seguito all'altro invece di essere separati da un altro verso. Così suonano nella traduzione latina di Gorris: Et pugnans crebris contuso corpore plagis | Abijcit, informe et crudum sine tegmine semen. (Parigi, 1557)