Lessico


Il ritorno del falco grillaio - Falco naumanni
nell’ambiente monferrino

di Giorgio Scelsi

Mi chiamo Scelsi Giorgio, sono un agricoltore con azienda situata in parte nel territorio del comune di Moncalvo Monferrato e in parte nel territorio di Ponzano Monferrato, comune confinante, un'azienda condotta da oltre 30 anni con metodo naturale, quindi non inquinata da diserbanti, antiparassitari, concimi chimici. La mia costanza nel rispettare l’ambiente agricolo è stata finalmente premiata quest’anno 2010 con l’arrivo a Maggio di una coppia di falchi grillai che hanno preso possesso del territorio in cui si trova la mia azienda.

Possiamo considerarlo un avvenimento importante e degno di menzione, perché il falco grillaio era scomparso dalle campagne piemontesi da una cinquantina d'anni, da quando si cominciò a degradare l’ambiente campestre con l’impiego di prodotti chimici. Quando ero ragazzo i falchi grillai erano numerosi e venivano tenuti in grande considerazione dagli agricoltori perché distruggevano enormi quantità di insetti fitofagi dannosi alle coltivazioni. Ricordo che questi falchi a quei tempi erano molto diffidenti verso gli uomini.

Oggi finalmente ho avuto modo di studiare giorno dopo giorno per 4 mesi il comportamento di questi rapaci. Posso dire che sono molto intelligenti e hanno una vista acutissima. Posati sulla cima degli alberi riescono a individuare in un prato una cavalletta che si muove duecento metri di distanza dal loro punto di osservazione e con una velocissima picchiata la catturano con gli artigli e la trasportano sull’albero per divorarla a pezzi.

Hanno perso quel loro comportamento diffidente verso l’uomo, anzi, nell’osservarli quotidianamente, ho compreso che sono in grado di riconoscere la persona che lavora nei campi dove loro operano. Ogni giorno, quando andavo con la falciatrice a tagliare l’erba per il foraggiamento del bestiame, si avvicinavano a pochi metri da me e attendevano che iniziassi a falciare. Muovendo l’erba con la macchina, le cavallette si alzavano in volo e i falchi allora iniziavano il loro lavoro. Con velocissime virate catturavano le cavallette, quelle più piccole col becco e le ingurgitavano in un sol boccone, quelle più grandi con gli artigli e le divoravano a pezzi direttamente nel campo pronti poi subito ad alzarsi in volo per catturarne delle altre.

Nell’osservare i falchi ho potuto arguire che questi rapaci hanno compreso che i mezzi meccanici li agevolano nella quotidiana ricerca del cibo. Il rumore dei trattori e delle macchine operatrici non li infastidisce, anzi, catturavano cavallette quasi a contatto della falciatrice o della trinciaforaggi. Un'altra interessante scoperta che ho fatto è che riconoscono gli ambienti naturali da quelli trattati con prodotti chimici. La coppia di falchi grillai che ha trascorso 4 mesi sulla mia proprietà non ha mai cacciato nei terreni dei miei confinanti dove ogni anno vengono somministrati diserbanti. I falchi sembrava conoscessero i confini, non li superavano e a qualsiasi ora del giorno o della notte li si poteva trovare sugli alberi al centro della mia azienda.

L’osservazione giornaliera di questi rapaci è durata fino alla fine di agosto, quando questi uccelli migratori hanno abbandonato il territorio. In questi 4 mesi di permanenza hanno completamente distrutto cavallette e locuste su una superficie di 10 ettari. A questo punto vorrei ricordare che la natura per il passato ha sempre provveduto a mantenere un controllo adeguato verso le forme di vita dannose per i raccolti. Quando l’uomo ha voluto sostituirsi alla natura nel controllare le specie animali e vegetali dannose all’agricoltura ricorrendo alla chimica, l’ambiente si è alterato in modo preoccupante e oggi ne abbiamo totalmente perso il controllo. A questo riguardo ricordo che in Piemonte in questi ultimi anni abbiamo avuto infestazioni serie di cavallette che hanno interessato vasti territori. Quando sessant’anni fa le campagne erano controllate dai falchi grillai coadiuvati da grandi quantità di fagiani, pernici, quaglie, il problema dell’invasione delle cavallette nelle nostre zone era sconosciuto.

Locusta migratoria

Oggi, a seguito delle pressioni per i danni causati dalle cavallette, la Regione ha commissionato degli studi per contrastare il fenomeno. Il risultato degli studi ha dato ragione alle tecniche adottate dalle passate generazioni di agricoltori, cioè servirsi dei nemici giurati delle cavallette: i gallinacei. Tra questi sono state preferite le faraone perché una loro abitudine è quella di pascolare. E così si è creduto di aver risolto il problema. Purtroppo gli studiosi non erano a conoscenza delle tecniche efficaci ma impegnative attuate dai nostri antenati. Gli agricoltori di settanta, ottant’anni fa sapevano che i gallinacei domestici operavano solamente in territori ristretti intorno alle aziende agricole. Sulle grandi superfici era necessario avvalersi degli animali selvatici come falchi grillai, fagiani, pernici, quaglie.

Quando ero bambino, i falchi grillai facevano parte dell’avifauna migratoria presente in Piemonte, specialmente nelle zone dove erano praticate le grandi colture dei cereali a paglia. Infatti i sopracitati falchi facevano il nido tra le messi e alcune volte ebbi la fortuna di vederne i pulcini. Ricordo che nelle grandi aziende agricole prima della mietitura le guardie campestri avevano il compito di individuare tra le messi i nidi di questi rapaci e di segnalarli con una palina per avvisare i mietitori di non tagliare qualche metro di superficie intorno ai nidi con i pulcini. Quei pochi metri quadri di cereali venivano in seguito recuperati dalle persone spigolatrici quando i giovani falchi se ne erano andati.

Sempre nelle grandi aziende, per mantenere un notevole numero di gallinacei selvatici in funzione di presidio del territorio, era stata sviluppata una tecnica che metteva d’accordo gli agricoltori e le associazioni dei cacciatori con reciproci benefici. Tecnica oggi abbandonata, ma piuttosto oserei dire rifiutata, perché impegnativa e perché le generazioni odierne desiderano l’uovo senza la gallina. Ora spiego nei dettagli di cosa si trattava.

In base ad accordi, le associazioni venatorie procuravano le uova fecondate dei gallinacei selvatici acquistate da allevamenti specializzati, che venivano consegnate alle guardie campestri dipendenti dalle grandi aziende. Queste le facevano covare da galline o tacchine. Mentre si attendeva la schiusa delle uova, le guardie collocavano nei punti più favorevoli delle campagne delle casette di legno con una piccola voliera sul davanti. Alla schiusa le chiocce con i pulcini venivano trasferite ognuna in una casetta e giornalmente un incaricato provvedeva al rifornimento di cibo e acqua. Quando le covate raggiungevano un mese di vita, venivano di giorno aperte piccole porticine nelle voliere per invogliare i pulcini a pascolare nei campi adiacenti e prendere così confidenza con il territorio. Ogni sera al rientro dei piccoli, le porticine venivano chiuse per impedire il passaggio ai predatori notturni. Così facendo si abituavano gli animali a vivere nel loro ambiente, ad approvvigionarsi di cibo in modo naturale, tanto che dopo una cinquantina di giorni di questo tirocinio diventavano indipendenti e non facevano più ritorno alle casette.

In questo modo si otteneva grande quantità di selvaggina che soddisfaceva sia gli agricoltori che i cacciatori con benefici evidenti per l’ambiente agricolo. Qualcuno potrebbe obbiettare che anche oggi vengono lanciate grandi quantità di fagiani per il ripopolamento annuale dei territori di caccia. Purtroppo essendo questi animali allevati industrialmente alla pari dei polli, sempre alimentati dall’uomo, hanno perso l’abitudine di cercare il cibo in maniera indipendente e quando vengono rilasciati in ambiente naturale non sono in grado di sfamarsi e muoiono di fame in pochi giorni. Ingenti le spese per l’acquisto da parte delle associazioni venatorie, ma con risultati nulli. Concludendo, sarebbe auspicabile un ritorno a un'agricoltura meno inquinata da prodotti chimici per poter ricostruire un habitat favorevole al reinsediamento nelle campagne piemontesi dei falchi grillai e di tutti gli uccelli insettivori oggi scomparsi, così utili alla nostra agricoltura, adottando tecniche efficaci nel totale rispetto della natura.

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