Lessico


Gith
Agrostemma githago

Forse non è tossica per i polli

La farmacologia del Gith seu Melanthium - la nostra Nigella sativa - è stata analizzata anche da Dioscoride che la chiama solamente melánthion senza l'aggiunta di gith e ne discute Pierandrea Mattioli nel libro III capitolo 77 dei suoi Commentarii in libros sex Pedacii Dioscoridis de medica materia (1554) che vi aggiunge gith in quanto si basa sulla traduzione latina di Dioscoride redatta da Jean Ruel dove appunto è presente Gith seu Melanthium. Da un punto di vista farmacologico per noi del XXI secolo l'argomento non è facile se non per certi versi discutibile, ma chi ama la medicina del passato può liberamente affidarsi sia all'esperienza di Dioscoride che a quella di Mattioli. Plinio parla abbondantemente del git - Git ex Graecis alii melanthion, alii melanspermon vocant -  in alcuni libri della Naturalis historia: 19, 20, 25 e 27. Il greco melánthion - che significa fiore nero - corrispondeva appunto al cumino nero o coriandolo nero, la Nigella sativa. L'altro omonimo greco addotto da Plinio, melánspermon, significa seme nero, come lo è quello della Nigella sativa ma anche quello dell'Agrostemma githago.

Passiamo al gith del XXI secolo. Il nome del genere Agrostemma fa riferimento alla forma della corolla e deriva dal greco che significa corona del campo: agrós = campo e stémma = corona. Meno certa è l'origine dell'epiteto specifico: deriverebbe dalla voce esotica gith, di significato incerto, oppure dal latino git, antico nome del coriandolo nero (Nigella sativa) che ha semi molto simili a quelli del gittaione. Nome volgare dell'Agrostemma githago è appunto gittaione ma anche mazzettone.

L'Agrostemma githago appartiene alla famiglia delle Caryophyllaceae, quella per esempio dei garofani. Si tratta di una pianta annua, pelosa, che fiorisce da maggio a giugno con solitari petali di colore rosa-violetto. Ha calice ovale che si prolunga in cinque lacinie, più lunghe dei petali. I fusti sono solitari, con foglie strette e opposte più o meno unite alla base. I semi sono grossi e tubercolati. Fu introdotta nel nostro continente in epoca preistorica con la coltivazione dei cereali. Infatti il gittaione, come altre infestanti del frumento, sarebbe originario delle steppe aralo-caspiche e dell'Iran da dove arrivò nelle nostre regioni in epoca preistorica insieme alle prime coltivazioni di cereali provenienti da quelle regioni. Attualmente è presente in Europa, Asia occidentale, Africa settentrionale e anche Nord America dove è stato introdotto negli ultimi secoli con le sementi provenienti dal Vecchio Mondo.

Il gittaione appartiene alle così dette malerbe del passato, le piante che infestavano le colture cerealicole colorando i campi coltivati. I semi maturi venivano trasportati e sovente macinati insieme a quelli del grano e spesso, quando erano in quantità rilevanti, causavano avvelenamenti in quanto tossici. Negli ultimi decenni il massiccio uso di diserbanti chimici ne ha notevolmente ridotto la presenza. La pianta è tossica soprattutto per la presenza di due saponine, gitagina e agrostemmina: si trovano in tracce in tutta la pianta ma ne sono ricchi soprattutto i semi che possono così causare il gitagismo i cui sintomi sono nausea, coliche, diarrea, vertigini, delirio e convulsioni. La terapia si attua mediante sostanze mucillaginose somministrate insieme con farmaci analettici. Il fieno carico di questa malerba può provocare l'avvelenamento specialmente di equini e bovini, mentre i polli ne sembrano immuni.

Common Corncockle

From Gernot Katzer’s Spice Dictionary (www-ang.kfunigraz.ac.at): The old-fashioned English name gith can be traced back to a black-seeded herb mentioned by Plinius; he renders the name as gith or git, which is probably loaned from a Semitic tongue of the Eastern Mediterranean. The same name is used by Charlemagne in his Capitulare de Villis for nigella. In modern English, gith is more often used for corn cockle (Agrostemma githago) also distinguished by black seeds, which, however, contain toxic saponines.

Common Corncockle (Agrostemma githago) - also written "corn cockle" and "corn-cockle" and known locally simply as "the corncockle" - is a slender pink flower of European wheat fields. In the 19th century, it was reported as a very common weed of wheat fields and its seeds were inadvertently included in harvested wheat seed and then re-sown the following season. It is very likely that until the 20th century, most wheat contained some corncockle seed. It is now present in many parts of the temperate world as an alien species, probably introduced with imported European wheat. It is known to occur throughout much of the USA and parts of Canada, parts of Australia and New Zealand.

In parts of Europe such as the UK, intensive mechanised farming has put the plant at risk and it is now uncommon or local. This is partly due to increased use of herbicides but probably much more to do with changing patterns of agriculture with most wheat now sown in the autumn as winter wheat and then harvested before any corncockle would have flowered or set seed. It is a stiffly erect plant up to 1 metre tall and covered with fine hairs. Its few branches are each tipped with a single deep pink to purple flower. The flowers are scentless, are 25 mm to 50 mm across and are produced in the summer months - May to September in the northern hemisphere, November to March in the southern hemisphere.

Each petal bears 2 or 3 discontinuous black lines. The five narrow pointed sepals exceed the petals and are joined at the base to form a rigid tube with 10 ribs. Leaves are pale green, opposite, narrowly lanceolate, held nearly erect against stem and are 45 mm to 145 mm long. Seeds are produced in a many-seeded capsule. It can be found in fields, roadsides, railway lines, waste places, and other disturbed areas.

All parts of the plant are reported to be poisonous but it has been used in folk medicine to treat a range of ills, from parasites to cancer but it may produce chronic or acute, potentially fatal poisoning. There are no known recent clinical studies of corn cockle which provide a basis for dosage recommendations, however doses higher than 3 g of seeds are considered toxic. At least two saponins, githagin and agrostemmic acid, are contained in corn cockle.