Lessico


Edmond Rostand

Poeta e autore teatrale francese (Marsiglia 1868 - Parigi 1918). Esordì con un volume di versi, Les musardises (1888; Gli svaghi poetici), ma solo con le opere teatrali raggiunse interamente la propria fama. I suoi lavori teatrali in versi rappresentarono una reazione al naturalismo e un ritorno al romanticismo. In essi i mattatori del tempo e delle generazioni successive trovarono personaggi magniloquenti con cui misurarsi, si pensi soprattutto a Cyrano de Bergerac (1897), incentrato sull'amore, sul sacrificio e le cavalleresche gesta dell'estroso poeta spadaccino dall'enorme naso, ma anche a L'Aiglon (1900), sul figlio di Napoleone, ecc. L'ambizioso Chantecler (1910), con personaggi-simbolo animaleschi, fu invece un insuccesso. La fortuna critica dell'abbondante e sonora vena di Rostand è andata declinando con gli anni e col mutare del gusto. Fu una delle vittime dell'influenza spagnola che fra marzo 1918 e giugno 1920 pare abbia causato la morte di circa 20 milioni se non addirittura di 50 o 100 milioni di persone adulte e in buona salute (da 375.000 a 650.000 in Italia), contro i circa 12 milioni, tra militari e civili, dovuti alla prima guerra mondiale. Edmond si spense a Parigi il 2 dicembre 1918 grazie al virus influenzale di tipo A sottotipo H1N1.

Il sapone marsigliese Chanteclair
compatriota di Edmond Rostand
il cui stemma è un gallo a cresta semplice
invece della cresta a noce
del canadese Chantecler

Edmond Rostand

Monumento a Cambo-les-Bains - Bayonne - Pays Basque
dipartimento dei Pyrénées-Atlantiques - regione dell'Aquitania

Edmond Eugène Alexis Rostand (Marsiglia, 1º aprile 1868 – Parigi, 2 dicembre 1918) è stato un poeta e drammaturgo francese, celebre soprattutto per aver scritto l'opera teatrale Cyrano de Bergerac. Nato in una famiglia agiata di Marsiglia, Edmond Rostand vi fece i suoi studi, cui seguirono quelli di diritto a Parigi, dove si iscrisse all'ordine degli avvocati, senza tuttavia esercitare.

Nel 1888 scrisse un pezzo teatrale, Le gant rouge (Il guanto rosso), nel 1890 un volume di poesie, Les musardises (Gli ozi). L'8 aprile 1890 sposa la poetessa Rosemonde Gérard. Avranno due figli, Maurice nel 1891 e Jean nel 1894. Egli l'abbandonerà per il suo ultimo amore, Mary Marquet, nel 1915.

Edmond Rostand ottenne il suo primo successo nel 1894 con Les romanesques, opera in versi rappresentato alla Comédie Française il 21 maggio 1894. La Princesse lointaine (Théâtre de la Renaissance, 5 aprile 1895) che seguì, pur giudicata un po' troppo manierata, ebbe successo grazie all'interpretazione di Sarah Bernhardt, che interpretò anche La Samaritaine (13 aprile 1897).

Quando Coquelin Aîné chiese a Rostand di scrivergli un lavoro, nacque il Cyrano de Bergerac, la cui prima rappresentazione il 28 dicembre 1897 al Théâtre de la Renaissance procurerà una gloria immensa al suo autore. Qualche minuto prima della recita, Rostand temeva un fiasco e domandò scusa alla compagnia per averla trascinata in "questa avventura spaventosa". Ma all'intervallo, la sala applaudiva in piedi, e persino un ministro venne a cercarlo dietro le quinte, staccò la sua Legione d'onore per appuntargliela, spiegando: « Permettez-moi de prendre un peu d'avance ». Alla fine seguono venti minuti d'applausi del pubblico. L'entusiasmo dei critici e del pubblico denunciava un vivace momento di reazione contro realismo, naturalismo e commedie «rosse». Con il Cyrano Rostand aveva saputo dare al romanticismo di Victor Hugo un pittoresco fondo storico, esaltando, attraverso i secoli, l'idea di un carattere nazionale francese, dando ai connazionali traumatizzati dalla perdita dell'Alsazia-Lorena un po' di sollievo.

Nel 1900 il successo del suo dramma seguente, L'Aiglon, gli aprirà le porte dell'Académie Française. L'Aiglon è un'interpretazione lirica, in chiave amletica, del dramma del figlio di Napoleone. Sarah Bernhardt, che aveva 56 anni, interpretò la parte del giovane, morto di tubercolosi a 21 anni.

Per quasi 10 anni Rostand si occupò poi del suo lavoro più ambizioso e, per molti, migliore: Chantecler, 1910, che venne interpretato da Lucien Giutry, essendo Coquelin morto durante le prove. Per bocca di animali vi sono affrontati in forma simbolica personaggi della vita sociale, problemi del destino umano. Lo spettacolo però si risolse in un fiasco.

Chantecler

Chantecler
colui che canta forte e chiaro
uno dei personaggi del Roman de Renart
(sec. XII-XIII)
ripreso da Edmond Rostand nel 1910.
Immagine rielaborata da Fernando Civardi - le Peintre électronique

È trascorso, ahi noi, più di un mese dall’ultimo spettacolo del Mercadante e, per varie ragioni indipendenti dalla disponibilità e volontà di chi scrive, di quell’evento non si è dato quel minimo risalto che avrebbe ampiamente meritato. Ma, fidando nel carattere assolutamente libero ed indipendente del webmagazine che ci ospita – non ossessionato dalla preoccupazione di fornire notizie che non siano esclusivamente di prima mano – ci accingiamo qui ad annullare l’imperdonabile omissione di un resoconto, seppur modesto, della rappresentazione che ha degnamente concluso la stagione teatrale dello Stabile napoletano.

L’autore preferito per la chiusura è stato Edmond Eugène Alexis Rostand, il poeta e drammaturgo francese nato il 1° aprile 1868, in una famiglia agiata di Marsiglia, dove fece i suoi primi studi, proseguiti poi a Parigi fino all’ottenimento della laurea in diritto, all’iscrizione all'ordine degli avvocati, senza tuttavia esercitare, per intraprendere definitivamente un’esistenza interamente dedita alla letteratura e al teatro, fino alla morte avvenuta, sempre a Parigi, il 2 dicembre 1918. L’opera prescelta – rappresentata per la prima volta in Italia e, in particolare, dal 16 al 27 maggio 2007 nella sala principale dello Stabile napoletano – è stata Chantecler, il poema simbolico in versi in quattro atti, presentato nel 1910, al Théatre de la Porte-Saint-Martin e interpretato dal noto attore Lucien Giutry al posto del più celebre collega Constant Coquelin, detto Coquelin aîné – dal 1864 sociétario della Commédie Française – morto durante le prove.

A tale sua nuova creazione Rostand si accinse dopo aver acquisito sufficiente notorietà per la prima produzione giovanile, e, soprattutto, dopo il Cyrano de Bergerac (1897) consacrato al debutto dallo stesso Coquelin che gli aveva chiesto di scrivere un testo per sé stesso –  trionfo che gli valse l’assegnazione della Legione d'onore assegnatagli da parte di un ministro durante un intervallo dello spettacolo con la frase: «Permettez-moi de prendre un peu d'avance» – e dopo L'Aiglon (1900) – legato all’interpretazione inaugurale di Sarah Bernhardt – successo che gli aprì le porte dell’Académie Française.

Per quasi dieci lunghi anni Rostand si occupò allora del suo progetto più ambizioso: mettere su una trama che coinvolgesse personaggi che, sotto le spoglie apparenti di animali, affrontassero in forma simbolica le questioni della vita sociale e i problemi del destino umano. Si ritirò pertanto a Cambo-les-Bains – un paese basco dei Pirenei dove ancor oggi lo ricorda una statua eretta in suo onore – per scrivere un testo che si differenzia nettamente da tutta la letteratura remota e recente dedicata agli animali. Chantecler, infatti, va oltre lo schema della favola-apologo degli immortali Esopo, Fedro o La Fontaine, né si presta a essere considerato una premessa dei grandi spettacoli musicali di oltre mezzo secolo dopo. La sua originalità, del resto, traspare anche dai documenti del debutto rimasti negli archivi storici.

Gallo di razza canadese Chantecler con cresta a noce

Chantecler è il nome di un gallo bello e possente, temuto e rispettato dalla ricca e vasta comunità di pennuti del territorio da lui sorvegliato, in cui imperversano, prevalenti, le fin troppo remissive galline. Il dominio incontrastato, come preavvisato da frequenti visite del merlo, desta l’invidia e la cospirazione dei galli di territori limitrofi, che si radunano minacciosi ai bordi del campo per indurre i sudditi di Chantecler a rinnegarlo. Respinto da tutti, lo sfortunato sovrano è costretto ad abbandonare i suoi sudditi, anche perché è attratto da un’avvenente fagiana che lo convince a fuggire insieme. Ma, trasferitosi altrove, comincia a provare la tristezza dell’esilio e la nostalgia della terra abbandonata. Ritorna il merlo a informarlo che i suoi sudditi si sentono perduti senza di lui. Si vede quindi costretto a tornare per riportare ordine e tranquillità nella comunità senza guida e si rimette in cammino sulla via del ritorno, non prima di aver pagato il suo gesto con il doloroso, triplice sacrificio della fagiana e di due incolpevoli usignoli abbattuti dal fucile di un ignoto cacciatore. Ma è un ritorno senza l’orgogliosa sovranità posseduta un tempo. All’amarezza dell’esilio, infatti, si aggiunge la delusione di aver scoperto, in un’alba in cui è rimasto senza voce, che il sole sorge lo stesso anche senza il suo “chicchirichì” che invece aveva sempre ritenuto essere il comando indispensabile per indurre l’astro a comparire da oriente.

Da tale particolare e singolare episodio traspare tutto il simbolismo naturistico, che, in una miscela di atmosfera bucolica e di sottofondo satirico, Rostand ha inteso dare al lavoro: la natura che va avanti per conto suo, indipendentemente dalle intenzioni e dalle decisioni umane. Alla presentazione della prima – effettuata da una compagnia di ben oltre 50 attori – smentendo vari critici d’oggi che riportano la notizia di un entusiastico consenso, il pubblico non ne capì il significato sottile. Abituato a un teatro costruito su realtà e chiarezza, in sala riservò un’accoglienza molto fredda alla novità. Il solenne fiasco fu indubbiamente ingiusto e immeritato perché nel testo – in cui alcuni hanno ravvisato un riferimento autobiografico dell’autore – a parte la radicale novità espressiva che il lavoro rivela rispetto alla produzione precedente, vedi il Cyrano de Bergerac, ampi squarci di raffinato lirismo, forse non raggiunto nelle opere precedenti,si intrecciano a un tessuto drammaturgico avvincente, perché comunque intriso di una violenza talvolta tragica, talaltra comica, in un’ambientazione del tutto certamente originale.Se un appunto va fatto è nell’eccessiva lunghezza del testo e nella non sempre chiara forma espressiva dei dialoghi.

 Molto più positivo fu il commento della critica, che invece affermò trattarsi “di un autentico capolavoro”. Scrisse infatti il giornalista Léon Blum, su «Le Soir», subito dopo il debutto:

«Dichiaro senza esitare che Chantecler ha ingrandito l'idea che mi facevo di Rostand. Ammiro, innanzi tutto, il fatto che, anziché assicurarsi con un nuovo Cyrano la tranquilla certezza di un nuovo trionfo, egli abbia intrepidamente voluto correre un'avventura, un rischio, un pericolo. Ammiro che abbia voluto non soltanto ricercare il nuovo, ma che abbia tentato lo straordinario; che si sia impegnato e buttato tutto intero nella parte più difficile. Aggiungo che, a mio avviso, Chantecler è, per il suo valore letterario intrinseco, l'opera più bella che Rostand ci abbia mai donato.»

A sua volta Francis Chevas gli fece eco su «Le Figaro»: «In Chantecler si ritrovano i doni eccezionali che formano il genio teatrale del Signor Edmond Rostand: il lirismo scintillante e l'aggraziato ardimento, la prodigiosa inventiva verbale, la fantasia eroica.»

Dopo una recente messa in scena in Francia da parte di Jerome Savary, nel 1994, al Thèatre Nazional de Chaillot, anche in Italia si è avvertito il desiderio di proporre – a ricordo d’uomo, per la prima volta – la rappresentazione del poema all’attenzione dei teatri nazionali. Pur mancando una precedente esperienza, esisteva già una pregevole traduzione italiana del testo, a opera di L. Stecchetti ed E. Giaquinto edita dalla Casa Editrice Vitagliano di Milano (collezione di teatro diretta da Renato Simoni), ma datata 1920. Pertanto, nell’allestimento del lavoro per l’annata di spettacoli 2006–2007, si è sentito forte il bisogno di una nuova versione che rinfrescasse e adattasse il testo al tempo corrente. Ci si è affidati a un drammaturgo come Enzo Moscato, già traduttore anche dell’Ubu Roi di Jarry per il Teatro di Roma e de Il Tartufo per la Compagnia di Luca De Filippo. La sua traduzione – in un linguaggio moderno che non si scosta dal senso originario del copione e nello stesso tempo utilizza, senza abusarne, efficaci espressioni in dialetto napoletano – conserva la forza e la poesia voluta dall’autore francese.

Lo spettacolo – prodotto dal Teatro Stabile di Catania e dal Teatro Vittorio Emanuele di Messina – si regge sulla partecipazione degli attori Pietro Bontempo, Carla Cassola, Ernesto Lama, Imma Villa, Rossana Bonafede, Giovanni Carta, Gilles Coullet, Daniele Gonciaruk, Olivia Spigarelli, Agostino Zumbo, Elisabetta Alma, Angelo Campolo, Egle Doria, Sara Emmolo, Evelyn Famà, Antonella Familiari,Carlo Ferreri, Simona Fiordaliso, Luca Fiorino, Marco Foti, Andrea Gambadoro, Plinio Milazzo, Mario Parlagreco, Luigi Tabita, e dei musici Maurizio Burzillà, Valerio Fassari, Josè Mobilia, Pippo Russo, Giancarlo Scarvaglieri, Stefano Zorzanello, con la regia di Armando Pugliese, le scene di Andrea Taddei, i costumi di Silvia Polidori, le musiche originali di Enzo Gragnaniello, i movimenti mimici di Gilles Coullet, la direzione musicale ed effettistica di Pippo Russo, le luci di Franco Buzzanca.

Al riguardo, particolarmente chiara e sintetica è stata la nota del regista Armando Pugliese: «La scenografia che invaderà palcoscenico e platea, per la composizione dei quattro climi di cui è composto il lavoro, sarà strutturata in base a costruzioni elementari, e si baserà principalmente sulla ricerca illuminotecnica: le immagini dovranno scaturire dall'utilizzo delle più svariate fonti di luci attualmente conosciute, non necessariamente di sola pertinenza della pratica teatrale. La colonna sonora, sia registrata che dal vivo, deve coniugare i risultati della moderna ricerca elettronica a suoni primordiali di strumenti arcaici ed evocativi. La realizzazione di costumi molto sofisticati deve mantenere inalterato il fascino degli straordinari costumi concepiti per il debutto del 1910 a Parigi, trasformandoli peraltro con segni e connotazioni di una lettura attuale».

L'impegno degli oltre 25 attori – tra cui Paolo Bontempo nel ruolo di Chantecler, Carla Cassola, Ernesto Lama e Imma Villa – si concentra non solo sul recitativo, ma soprattutto su una prova mimica e vocale riguardante le movenze e i versi dei vari pennuti da interpretare, fornendo una prestazione singola magistralmente disciplinata da un’armonia corale ironica e lirica, ricca di citazioni e suggestioni sia musicali che visive. Le coreografie assecondano tale impegno suggerendo ritmi, gestualità, comportamenti dei vari mondi animali presenti, sorrette dalle musiche di Enzo Gragnaniello eseguite in palcoscenico dai cinque musicisti – i bravi Maurizio Burzillà, Valerio Fassari Josè Mobilia, Giancarlo Scarvaglieri, Stefano Zorzanello – circondano e tallonano continuamente lo sviluppo dinamico dell’azione. Per il resto, sono confermate le finalità della sapiente regia di Armando Pugliese: variegata la mutevolezza delle luci realizzate con la sofisticata tecnologia illuminotecnica introdotta da Franco Buzzanca,schematica e invadente la scenografia di Andrea Taddei, policromi e ricercati i costumi disegnati da Silvia Polidori richiamandosi al debutto parigino del 1910, sapienti le movenze mimiche suggerite da Gilles Coullet, efficaci la direzione musicale e l’effettistica di Pippo Russo, fantasiose le maschere zoomorfe degli attori, mista e complessa lacolonna sonora. Si completa così un affresco naturalistico la cui vitalità esplosiva vive del continuo intimo connubio fra istinto animale primario e comportamenti umani che direttamente ne derivano.

Permane per noi il dubbio che tutta questa spettacolarizzazione resti fine a sé stessa, a causa della prolissa ed eccessiva lunghezza del testo, del ritmo poco serrato dei dialoghi, della difficoltà di un testo comunque difficile, poco adatto alla riduzione drammaturgia apportata. L’impressione ricevuta è che anche il pubblico attuale non riesca a entrare nello spirito dell’opera e non sia emotivamente partecipe all’intento moralistico di cui l’autore l'ha ampiamente pervaso.

Enzo Moscato

Napoli – Luglio 2007

http://www.napoliontheroad.it

Roman de Renart

    

Il Roman de Renart in una miniatura francese del Medioevo

Il Roman de Renart (Romanzo di Renart) è una raccolta di racconti medievali francesi del XII e XIII secolo, nei quali vediamo agire degli animali al posto degli esseri umani. Si tratta di fiabe satiriche, tra i primi esempi di letteratura borghese medievale insieme ai fabliaux, brevi racconti indipendenti, scritti talvolta in prosa ma il più delle volte in versi ottosillabici in lingua d'oïl ossia antico francese. La loro natura anonima e aperta ha favorito lo sviluppo di rami diversi, redatti nel corso dei secoli da autori diversi: il protagonista rimane comunque Renart, la volpe, affiancato dal lupo Ysengrin e dal re-leone, e di volta in volta da numerosi altri personaggi e animali. In totale il romanzo conta 80 mila versi in rima baciata.

Origine

I testi come li conserviamo oggi derivano da una lunga tradizione di racconti latini con animali protagonisti, come l'Ysengrinus o altre fiabe esopiche che nel Medioevo venivano raggruppate in raccolte denominate Isopeti. L'origine di questi racconti può essere rintracciata nelle favole popolari o in fonti più dotte di autori greco-latini (come Esopo appunto), oppure in scritti alto-medievali, come per esempio: la Disciplina clericalis, raccolta di exempla (racconti moraleggianti) di origine orientale composta in latino nel 1110 circa dal sefarida Pietro Alfonso, che getta le basi di fabliaux poi molto diffusi in tutta Europa e nella quale possiamo riconoscere una prima elaborazione del quarto ramo del Roman de Renart (il "Renart e Ysengrin nel pozzo"); l'Ysengrinus, composto dal chierico fiammingo Nivardo di Gand nel 1148-1149 in 6500 versi in distici latini, nel quale si trova per la prima volta il personaggio di Reinardus; i lai di Maria di Francia del 1152.

Si noti che il Roman de Renart non è propriamente un romanzo, ma un insieme eterogeneo di racconti di diversa lunghezza, chiamati "rami" (branches) fin dal Medioevo: se ne contano 25-27 dai 300 ai 3000 versi, raggruppati in raccolte a partire dal XIII secolo. Il primo ramo, il più antico (circa 1170), è attribuito a Pietro di Saint-Cloud.

Il testo completo originale in francese è andato perduto, ma ne possediamo diversi adattamenti, come la prima traduzione tedesca del 1170 da parte di un troviere chiamato Heinrich der Glichezäre ("Enrico l'Ipocrita"), che scrisse in Alsazia un Reinhart Fuchs proclamandolo autobiografico. Intorno al 1250 poi si trova un Reinaert de Vos in fiammingo composto in due parti da due autori diversi, dei quali il primo, il troviere Willem, era un poeta abbastanza talentuoso.

Gli autori

Il primo degli autori a noi noti è Pietro di Saint-Cloud, un erudito che compose nella prima metà del XII secolo Les enfances Renart ("L'infanzia di Renart", secondo ramo), testo di quasi 1100 versi abbastanza oscuri da leggere. Un altro autore chiaramente identificato è Riccardo di Lison.

I rami

I rami variano a seconda delle edizioni; si identificano tuttavia in:

ramo I, Si conme Renart manja le poisson aus charretiers - Jugement de Renart - Siège de Malpertuis - Renart Teinturier ("Come Renart mangiò il pesce dei carrettieri - Il giudizio di Renart - L'assedio di Malpertuis - Renart Tinturaio");

ramo II, Les enfaces Renart ("L'infanzia di Renart");

ramo III, Si conme Renart fist Ysangrin moine ("Come Renart fece monaco Ysengrin");

rami IV-VI, Le Puits - Chantecler - La Mésange - Tibert - Les deux prêtres, les Béliers, la Femme du vilain ("Il pozzo - Chantecler - La cincia - Tibert - I due preti, gli arieti e la moglie del villano");

rami VII-IX, Renart et le corbeau - le Viol d'Hersent - L'escondit - le Duel de Renart et d'Isangrin - Le Pèlerinage de Renart ("Renart e il corvo - Lo stupro di Hersent - Il rifiuto - Il duello di Renart e Ysengrin - il pellegrinaggio di Renart");

rami X-XI, Liétard - Renart et la mort de Brun - Les Vêpres de Tibert ("Liétard - Renart e la morte di Brun - I vesperi di Tibert");

rami XII-XVII, Les Poissons dérobés - Moniage d'Isengrin et la pêche au seau - le Labourage en commun et la collaboration de Renart à l'œuvre du Roi Connin - La Confession de Renart - Isengrin et le prêtre Martin - Isengrin et la Jument - Le Bacon enlevé ("I pesci rubati - La monacazione di Ysengrin e la pesca col secchio - L'aratura comune e la collaborazione di Renart all'opera di re Connin - La confessione di Renart - Ysengrin e il prete Martin - Ysengrin e la giumenta - La pancetta rubata");

rami XVIII-XIX, La Mort de Renart - Le Partage du lion - Renart médecin ("La morte di Renart - La spartizione del leone - Renart medico");

ramo XX, Renart empereur ("Renart imperatore");

rami XXI-XXIV, La naissance de Renart ("La nascita di Renart", seconda versione).

Origine dei nomi e personaggi

Renard (o Renart) deriva da un nome proprio di origine germanica, Raginhard (ragin = consiglio, hard = duro): al giorno d'oggi in Germania Reinhart è d'altronde un patronimico abbastanza diffuso. Nel Medioevo, esso è solo il nome proprio del protagonista del romanzo, dal momento che in francese antico la volpe viene detta goupil: il nome è poi passato in francese moderno a designare l'animale per antonomasia. In un poema di Nivard del 1148, si ritrovano alcuni degli animali del Roman de Renart con lo stesso nome, ormai fissato nella tradizione, come Reinardus la volpe, Balduinus l'asino, Bruno l'orso. Si ritrovano pure nella traduzione tedesca del Glichezäre: Reinhart per Renart, Dieprecht per Tibert, Diezelin per Tiécelin; è notevole come questi nomi, di origine germanica, siano stati latinizzati per passare in francese, e poi riadattati in senso tedesco e infine ri-francesizzati (ad esempio il merovingico - quindi germanico - Reinhardt diventa Reynard o Reynart, ripreso tale e quale in tedesco, poi latinizzato in Reinardus da cui Renardus per diventare finalmente Renard o Renart).

Ysengrin il lupo, invece, deriva dal fiammingo Ysen-grin che significa "feroce come il ferro" o più concretamente "casco di ferro".

Personaggi principali

I protagonisti sono: Renart, la volpe, che vive a Malpertuis ("Malpertugio"), è sposato con Hermeline da cui ha all'inizio due figli, Percehaie e Malbranche; un terzo nascerà più tardi e sarà chiamato Renardel; Ysengrin il lupo, sposato a Dama Hersent, nemici giurati di Renart.

Altri personaggi principali

Noble il leone e Fière la leonessa;
Beaucent il cinghiale;
Belin (o Bellyn) l'ariete, sposato a Ermelyne (o Dama Hermelyne) la pecora, la quale ha due sorelle: Dama Atrote e Dama Weasel;
Baudoin (o Bokart) l'asino, segretario del re-leone;
Brun (o Bruno o Bruin) l'orso;
Chantecler il gallo;
Couard la lepre;
Eme la scimmia, sposato a Dama Rukenawe, zia di Renart, da cui ha due figli: Bytelouse e Fulerompe;
Grimbert il tasso, cugino e difensore di Renart;
Grymbart la volpe, sorella di Renart;
Tibert il gatto;
Tiécelin il corvo.

Personaggi minori

Blanche l’ermellina (talvolta confusa con Hermeline);
Brichemer il cervo, siniscalco;
Bernard l’asino;
Corbant la cornacchia, sposato a Dama Sharpebek;
Coupée la gallina;
Courtois (o Courtoys) il cagnolino;
Drouin il passero;
Hubert il nibbio;
Firapel il leopardo;
Jacquet lo scoiattolo;
Dama Mésange la cincia;
Musart il cammello, ambasciatore del Papa;
Ordegale la femmina-castoro;
Pantecroet la lontra;
Roonel il cane;
Tardif la lumaca;
Vader de Lantfert, figlio di Dama Pogge di Chafporte e di Macob
Rohart il corvo.
Personaggi male identificati
Maître Akeryn;
Aue e Baetkyn;
Abelquak;
Dama Baue;
Dama Julocke;
Dama Slopecade.

Reynard

Reynard the Fox monument in Hulst - Netherlands
Closeup of Reynard the Fox self

Reynard the Fox, also known as Renard, Renart, Reinard, Reinecke, Reinhardus, Reynardt, Reynaerde and by many other spelling variations, is a trickster figure whose tale is told in a number of anthropomorphic tales from medieval Europe.

In medieval European folklore and literature

Although the root of his name, Reinhard is Germanic (derived from "ragin"=counsel and "hart"=strong), the figure of Reynard seems to have originated in French folklore. An extensive treatment of the character is the Old French Le Roman de Renart written by Pierre de Saint Cloud around 1175, which sets the typical setting. Reynard has been summoned to the court of king Noble, or Leo, the Lion, to answer charges brought against him by Isengrim the Wolf. Other anthropomorphic animals, including Bruin the Bear, Baldwin the Ass, Tibert (Tybalt) the Cat, all attempt one stratagem or another. The stories typically involve satire whose usual butts are the aristocracy and the clergy, making Reynard a peasant-hero character. Reynart's principal castle, Maupertuis, is available to him whenever he needs to hide away from his enemies. Some of the tales feature Reynard's funeral, where his enemies gather to deliver maudlin elegies full of insincere piety, and which feature Reynard's posthumous revenge. Reynard's wife Hermeline appears in the stories, but plays little active role, although in some versions she remarries when Reynard is thought dead, thereby becoming one of the people he plans revenge upon.

Reynard appears first in the medieval Latin poem Ysengrimus, a long Latin mock-epic written ca. 1148-1153 by the poet Nivardus in Ghent, that collects a great store of Reynard's adventures. He also puts in an early appearance in a number of Latin sequences by the preacher Odo of Cheriton. Both of these early sources seem to draw on a pre-existing store of popular culture featuring the character. In 1174, the first branch or chapter of the Roman de Renart appears, written by Pierre de St. Cloud (though in all French editions it is designated as Branch II). Pierre wrote a sequel in 1179 (called Branch I) but between that date and after many French authors composed their own adventures for Renart li goupil (the fox). There is also the text Reinhard Fuchs by Heinrich der Glïchezäre.

Pierre de St. Cloud opens his work on the fox by situating it within the larger tradition of epic poetry, the fabliaux and Arthurian romance:

Seigneurs, oï avez maint conte
Que maint conterre vous raconte
Conment Paris ravi Elaine,
Le mal qu'il en ot et la paine,
De Tristan que la Chievre fist
Qui assez bellement en dist
Et fabliaus et chançons de geste
Romanz d'Yvain et de sa beste
Maint autre conte par la terre.
Mais onques n'oïstes la guerre
Qui tant fu dure de gran fin,
Entre Renart et Ysengrin.

This would roughly translate as:

Lords, you have heard many tales,
That many tellers have told to you.
How Paris took Helen,
The evil and the pain he felt
Of Tristan that la Chevre
Wrote rather beautifully about;
And fabliaux and epics;
Of the Romance of Yvain and his beast
And many others told in this land
But never have you heard about the war
That was difficult and lengthy
Between Renart and Ysengrin.

A 13th century Middle Dutch version of the story (Van den vos Reynaerde, About Reynard the Fox), is also comprised of rhymed verses (the same AA BB scheme). Like Pierre, very little is known of the author, Willem, other than the description of himself in the first sentences:

Willem, die Madoc maecte,
Daer hi dicken omme waecte,
Hem vernoyde so haerde
Dat die avonture van Reynaerde
In dietsche onghemaket bleven
(Die Arnout niet hevet vulscreven)
Dat hi die vijte van Reynaerde dede soucken
Ende hise na den walschen boucken
In dietsche dus hevet begonnen.

This would roughly translate as:

Willem who has made Madoc,
and suffered many a sleepless night in doing so,
regretted
that the adventures of Reynaert
had not been translated in Dutch
(because Arnout had not completed his work).
So he has researched the facts of Reynard's deeds
and in the same way as the French books
has he written it in Dutch.

"Madoc" is probably another one of Willem's works, but is lost.

Geoffrey Chaucer used Reynard material in the Canterbury Tales; in the "Nonne Preestes Tale", Reynard appears as "Rossel" and an ass as "Brunel". In 1485 William Caxton printed The Historie of Reynart the Foxe, which was translated from a Dutch version of the fables. Also in the 1480s, the Scottish poet Robert Henryson devised a highly sophisticated development of Reynardian material as part of his Morall Fabillis in the sections known as The Talking of the Tod. Hans van Ghetelen, a printer of Incunabula in Lübeck printed an early German version called Reinke de Vos in 1498. It was translated into Latin and other languages, which made the tale popular across Europe. The character of Tybalt in Shakespeare's Romeo and Juliet is named for the character Tibert/Tybalt the "Prince of Cats" in Reynard the Fox. Goethe, also, dealt with Reynard in his fable Reinecke Fuchs. Reynard is also referenced in the Middle English poem Sir Gawain and the Green Knight during the third hunt.

Rénert the Fox

Rénert the Fox was published in 1872 by Michel Rodange, a Luxembourgish author. An epic satirical work, an adaptation of the traditional Dutch fox epic to a setting in Luxembourg, it is known for its insightful analysis of the unique characteristics of the people of Luxembourg, using regional and sub-regional dialects to depict the fox and his companions.

Antisemitic version

Van den vos Reynaerde, (About Reynard the Fox) was an anti-semitic children's story, written by the Dutch-Belgian Robert van Genechten, and named after the mediaeval Dutch poem. It was first published in 1937 in Nieuw-Nederland, a monthly of the Dutch national socialist movement NSB. In 1941 it was published as a book.

The story features rhinoceroses, neushoorn in Dutch (literally: "nose horn"), referring to the perceived typical Jewish nose. One of them is called Iodocus, which refers to the Dutch word for Jew: jood, pronounced somewhat like the "Iod-" in Iodocus. The story also features a donkey, Boudewijn, occupying the throne. "Boudewijn" happens to be the Dutch name of the contemporary Belgian crown prince. This is a reference to the Belgian Nazi leader Léon Degrelle, leader of the Rex-movement ("Rex" is Latin for "King"). In the story, Reynard rounds up and kills most of the rhinoceroses, including Iodocus.

Van den vos Reynaerde was also released as a cartoon film by Nederlandfilm in 1943. The film was mostly paid with Nazi German money. It was never presented publicly, possibly because most Dutch Jews had already been transported to the concentration camps. In 1991, parts of the film were found again in the German Bundesarchiv. In 2005, more pieces were found, and the film has been restored. The reconstructed film was shown during the 2006 Holland Animation Film Festival in Utrecht, the Netherlands.

In movies and television series

Ladislas Starevich's 1937 puppet-animated feature film, Le Roman de Renard (The Tale of the Fox) featured the Reynard character as the protagonist. The documentary film "The Black Fox" (1962) parallels Hitler's rise to power with the Reynard fable.

Disney produced an anthropomorphic animated version of Robin Hood in which Robin and Maid Marian were depicted as foxes, and other characters from the tale depicted as other animals (including a wolf as Sheriff of Nottingham and lions as both Prince John and King Richard). This treatment would also appear to owe something to the Reynard trickster fables. Indeed, Disney had years before attempted making a movie based on Reynard, but the project was eventually cancelled, due to concerns that he was not suitable as a hero. Many elements were lifted for the Robin Hood movie. One character in Disney's Gargoyles (TV series) is named Fox Renard. She is a trickster by nature and a thief at her first appearance. She has a fox's face tattooed over her right eye.

In 1985, a French animated series, "Moi Renart" (I Reynard) was created which was loosely based on Reynard's tales. In it, the original animals are anthropomorphic humanoid animals and the action occurs in modern Paris with other anthropomorphic animals in human roles. Reynard is a young mischievous fox with a little monkey pet called Marmouset (an original creation). He sets into Paris in order to discover the city, get a job and visit his grumpy and stingy uncle, Isengrim, who is a deluxe car salesman, and his reasonable yet dreamy she-wolf aunt, Hirsent. Reynard meets Hermeline, a young and charming motorbike-riding vixen journalist. He immediately falls in love with her and tries to win her heart during several of the episodes. As Reynard establishes himself into Paris, he creates a small company at his name where he offers to do any job for anyone, from impersonating female maids to opera singers. To help with this, he is a master of disguise and is a bit of a kleptomaniac, which gets him trouble from police chief Chantecler (a rooster) who often sends to him police cat inspector Tybalt in order to thwart his plans.

In 2005 a Luxemburg based animation studio released an all CGI film titled "Le Roman de Renart", obviously based on the same fable.

In literature

In Ralph Ellison's Invisible Man, there is a character resembling Reynard. A fox called Reynard is a central character in John Crowley's 1976 novel Beasts. In the 2006 novel, Echo Park, by Michael Connelly, the villain is styled--and named--after Reynard the Fox. British novelist Michael Moorcock introduced Lord Renyard, a man-sized talking fox, well-versed in 18th Century Encyclopedist philosophy, in his 1986 fantasy "The City in the Autumn Stars".

In the Fables comic book, Reynard the Fox is one of the non-human Fables who lives on "the Farm"---the part of Fabletown reserved for Fables who cannot pass as normal humans, due to its secluded location in upstate New York State. He is opposed to the attempted overthrow of the Fabletown government, and works with Snow White---saving her life while flirting with her mercilessly. Although Snow White offers him no encouragement, he continues to hope for a relationship with her. Centuries earlier, in the Fables Homelands, it was Reynard who devised the elaborate trick that enable King Noble the Lion's subjects to escape after their land was conquered by the Adversary. Ryenard then led them to freedom in the Mundy world. A later book (9) briefly features Isengrim, the wolf.

Author Robertson Davies, in the Deptford Trilogy, has a magician take on the stage name 'Magnus Eisengrim'. The spelling is different, but there are references to 'eisengrim the wolf.' In the Swedish children's comic Bamse, a new villain is introduced in Issue 7 (2006): a fox named Reinard, who attempts to impress other ne'er-do-wells with his cunning trickery (including dispatching hero Bamse to a remote region of Sweden so that he can pursue a museum raid without hindrance). In Friedrich Nietzsche's The Twilight of the Idols, Nietzsche uses Reynard the Fox as an example of a dialectician.

Science Fiction/Fantasy writer Neil Gaiman wrote a story in verse about Reynard in his collection "Smoke and Mirrors". In the last issue of Grant Morrison's The Invisibles, one of the side characters is named Reynard, in reference to the original folktales. In William Shakespeare's play, The Tragedy of Romeo and Juliet, a side character is named after Tybalt the Cat. This is frequently referred to and joked about in the play. Reynardine is a character in the webcomic Gunnerkrigg Court. He is a creature that can possess others by entering their bodies through the eyes, although at the time of the story he is trapped in the body of the protagonist's stuffed wolf doll.

Rogue Reynard (1947) is a young adult book written by Science Fiction/Fantasy writer Andre Norton early in her career. Norton, who was working at the time as a children's librarian at the Cleveland Public Library, apparently felt that there would be a market for a simple, accessible young-people's version of the tales of Reynard. L. Frank Baum's story "The Road to Oz," (1909) little Dorothy encounters Renard, the King of the Foxes.

In music

In 1916 Igor Stravinsky composed Renard (aka The Fox), "histoire burlesque cantée et jouée" (burlesque in song and dance), a one-act chamber opera-ballet. Stravinsky's text was in Russian, and based on Russian folk tales from the collection by Alexander Afanasyev. Reynard the Fox is the opening song on Julian Cope's album Fried (1986). Cope often incorporates folklore into his work. The song describes Reynard fleeing from "redmen" who have killed his wife and child and then ritually sacrificing himself on a hill near Polesworth. Reynard is a common name for the fox in English folk songs; there are several versions of "Reynard the Fox", with significant variations in both lyrics and melody. Usually the fox here is a predator being hunted down, although most of the tale is told from Reynard's point of view.

Nic Jones recorded a version on "Ballads & Songs" (Trailer Records, 1970). Scottish indie/country band Country Teasers have a song titled "Reynard The Fox" on their 1999 album, Destroy All Human Life. (Fat Possum Records) English band Angelica had a song titled "Reynard The Fox" on their 2002 album, The Seven Year Itch.  "Reynardine" is another English folk song, of later composition. "Sly bold Reynardine" here is an outlaw and possibly a shape-shifter, seeking refuge and romance with a girl he meets "along the mountains high". Fairport Convention (Liege & Lief, Island Records) and John Renbourn have recorded versions of this song.

In French

The traditional French word for "fox" was goupil from Latin vulpecula. However, mentioning the fox was considered bad luck among farmers. Because of the popularity of the Reynard stories, renard was often used as an euphemism to the point that today renard is the standard French word for "fox" and goupil is now dialectal or archaic.

Le Roman de Renart

Le Roman de Renart est un recueil de récits médiévaux français des XIIe et XIIIe siècles ayant pour héros des animaux agissant comme des humains. Ce n'est pas un roman à proprement parler, mais un ensemble disparate de récits en octosyllabes de diverses longueurs et composés par différents auteurs, appelés dès le Moyen Âge « branches »; on en dénombre 25 à 27 de 300 à 3 000 vers, soit quelque 25 000 vers. La branche I, la plus ancienne (v. 1170) est attribuée à Pierre de Saint-Cloud. Dès le XIIIe siècle, les branches sont regroupées en recueils, apportant une certaine unité.

Contexte

Dès le XIIe siècle, la bourgeoisie a sa propre littérature, véritable satire sociale avant la lettre. Elle est par essence malicieuse, pittoresque, parfois grivoise ou, à l'inverse, morale mais le plus souvent réaliste. Il nous en reste essentiellement des fabliaux (Estula - Le lévrier et le serpent - Moniage Guillaume), des farces (La Farce de Maître Pathelin) et des romans comme le Roman de Renart.

C'est une œuvre composée de courts récits indépendants, quelquefois en prose, le plus souvent en vers octosyllabiques. Écrit en français, langue romane d'où le nom roman, il en existe 27 branches rédigées, au cours des temps, par des auteurs différents. Il met en scène des animaux dont les deux principaux: le loup « Ysengrin » et surtout le goupil « Renart », le si célèbre héros. Le Roi-lion, lui, sert d'arbitre. Le récit contient 80.000 vers, à rimes plates pour favoriser la citation de ces récits (ils étaient racontés, sous diverses formes, par les jongleurs à la population, très peu de gens sachant lire et écrire au Moyen Âge).

Interprétations

Ces textes satiriques ont des fonctions diverses:

- de critique sociale des classes dominantes, incapables de nourrir les petites gens; de parodie des chansons de geste et romans courtois, mêlée d'anticléricalisme;

- psychologiques (voire cathartiques): transgression de tabous religieux (Dieu est absent et les formes sociales de la religion - pèlerinage, croisade et simplement clergé - sont méprisées et ridiculisées) alors que l'antagonisme central entre Renart et Ysengrin fait appel à la scène primitive (le viol de la louve).

Ces textes ont inspiré certains auteurs contemporains comme Carl Gustav Jung, dans la création de son concept d'Enfant intérieur et Paul Radin, dans son étude du Trickster. Ces auteurs furent interpellés par la figure de Till l'espiègle ou celle du renard dans Le Roman de Renart, entre autres, comme modèles de ce qu'ils nommaient le "fripon divin": un être espiègle, malicieux et facétieux. Seulement, Renart dénonce (la faim, la violence, la bêtise...) mais ne propose rien.

Les œuvres les plus tardives (Renart le Bestourné (à l'envers) de Rutebeuf, ou l'anonyme Renart le Contrefait, (1319-1342) accentuent encore la satire. Selon certaines interprétations, Renart représenterait le petit peuple, toujours prêt à mille « jongleries » pour survivre; Ysengrin: la bourgeoisie, lourde et patentée; Grimbert, le blaireau: le clergé et Brun, l'ours: la noblesse. Mais dans le texte, tous les personnages sont explicitement présentés comme appartenant à la noblesse. Renart est un chevalier qui vit dans son château de Maupertuis et est le premier à se moquer des vilains et à vivre à leurs dépens en les ridiculisant voire en n'hésitant pas à les tuer.

Pour d'autres interprètes (qui semblent aller encore plus loin), le roman serait une représentation de la cellule familiale primaire. Goupil serait la femme, un peu rusée, un peu sorcière et le loup, l'éternel mari, fort et brutal, toujours prêt à profiter de ses avantages naturels mais finalement toujours berné. Une famille dont le patriarche, serait le lion; le corbeau, la belle-mère; l'ours: le beau-père, etc. D'ailleurs, ces rôles « traditionnels », se retrouvent, quasiment à l'identique, dans plusieurs autres cultures européennes (Finlande, Suède, Roumanie, Russie), ou même orientales (Chine, Inuits, Mongolie...).

Les frères Grimm y voient une « épopée animalière (Thiersage) venue de Germanie via Tacite. Ce qui lui confèrerait des racines indo-européennes ». Alors, les auteurs du Roman seraient-ils, des peintres animaliers? Non, peu leur chaut; le monde des animaux, miroir du monde humain, sert avant tout à critiquer celui-ci. Les auteurs se moquent de tout, des chevaliers aux pèlerins, de la justice aux courtisans, montrant partout l'hypocrisie. Successeurs d'Ésope, ils préfigurent les fables de Jean de La Fontaine.

Origine des noms

Renard (ou Renart) est un nom de personne d'origine germanique: Raginhard (ragin = conseil + hard = dur). Ne l'oublions pas, le substantif renard est au départ un prénom; c'est la popularité du goupil prénommé Renart qui en a peu à peu fait un substantif. Dérivés: Raynard, porté notamment en Vendée, Puy-de-Dôme et en région lyonnaise. Variantes: Raynart, Rainart (06), Rainard (79, 86). Regnard, porté notamment dans l'Yonne et la Somme; c'est un nom de personne d'origine germanique identique à Renard. Variantes: Regnart (51, 80); Réginard, Reynard, porté dans la région lyonnaise et le Vaucluse.

Dans le poème de Nivard de 1148, plusieurs animaux retrouvent un nom fixé, de longue date, par la tradition. Ce sont: Reinardus le goupil, Balduinus l’âne, Bruno l’ours. Le nom des autres animaux ne reparaissent plus... inventés pour la circonstance, ils disparaîtront avec leur auteur. En Allemagne, de nos jours, Reinhart est un patronyme assez courant. D'ailleurs, nous retrouvons dans le « Glichezâre »: Reinhart pour Renart, Dieprecht pour Tibert, Diezelin pour Ticelin. Par de singuliers échanges, ces termes d'origine mérovingienne (donc germanique) paraissent avoir ensuite été latinisés puis récupérés par le français, avant, d'être de nouveau germanisés puis enfin définitivement refrancisés.

Ainsi goupil vient du latin Vulpes mais les Francs lui préfèrent le terme mérovingien Reinhardt qui sera une première fois francisé en Reynard (ou Reynart), repris en allemand tel quel, latinisé en Reinardus puis en Renardus avant d'être définitivement refrancisé en Renard ou Renart Quant à Ysengrin, Ysen-grin, il signifie en flamand « féroce comme le fer » ou « casque de fer ».

Origine des textes

Ces textes sont issus d'une longue tradition de récits animaliers en latin, notamment l’Ysengrimus, ainsi que des fables ésopiques regroupées au Moyen Âge dans des recueils nommés « Isopets ». Elle peut se retrouver dans:

- le Pañchatantra, livre de contes indiens très anciens, parvenu en Europe sous diverses traductions grâce aux Arabes

- des contes populaires, sans doute très anciens pour quelques-uns

- des auteurs latins (Ésope)

- des poèmes en bas-latin, surtout:

- la Disciplina clericalis, recueil « d'exempla » (petits contes moraux) d'origine orientale composé en latin vers 1110 par Pierre Alphonse, médecin sépharade converti au christianisme. Ces récits ont eu un succès durable dans la littérature européenne comme la première élaboration connue du « Conte du loup et du renard dans le puits » (branche IV du Roman) ou des récits fournissant l'intrigue d'autres fabliaux célèbres.

- l'Ysengrimus: 6 500 vers en distiques latins, où l'on trouve pour la première fois le personnage de Reinardus du clerc flamand Nivard de Gand qu'il écrivit en 1148-1149 sous le titre premier de « Renardus vulpes ».

- dans les récits de Marie de France, parus en 1152.

Si le texte original en français s'est perdu, on en retrouve une première traduction en allemand en 1170, en Alsace, un trouvère nommé Heinrich der Glichezâre  (Henri l’Hypocrite) produisit un « Reinhart Fuchs » qu'il jurait autobiographique. Vers 1250, paraît « Reinaert de Vos », en flamand, composé en deux parties par deux auteurs différents, dont le premier, le trouvère Willem, qui travaillait en Flandre Orientale, était un poète au talent reconnu.

Les textes

On peut lire plusieurs aventures époustouflantes avec des personnages répétitifs. Dans ce livre, les textes sont écrits en roman (vieux français). Quelques expressions sont parfois dures à comprendre surtout pour les plus jeunes. Ces textes nous éclairent sur le Moyen Âge, la famine et tous les problèmes que l'on peut y trouver. Il y a une morale en général.

Les auteurs identifiés

L'un des premiers auteurs connus en est Pierre de Saint-Cloud, érudit, qui fit paraître dans la première moitié du XIIe siècle Les enfances de Renart (L'enfance de Renard - Branche II). Tel quel, ce texte de près de 1100 vers est assez difficile à lire, en voici cependant un court extrait:

"Seigneurs, oï avez maint conte
Que maint conteres vos aconte,
Conment Paris ravi Helayne,
Les maux qu'il en ot et la paine, 4
De Tristram qui La Chievre fist,
Qui assez belement en dist
Et fables et chançons de geste,
Romanz de lui et de sa geste," 8.

Richard de Lison, est le second auteur clairement identifié. Le prêtre de la Croix-en-Brie a participé lui aussi à l'écriture du livre(branche IX). Mais il y a 27 autres auteurs non-identifiés.

Les branches

Elles ont varié au gré des rééditions.

Branche I; Si conme Renart manja le poisson aus charretiers, (Comment Renard mangea le poisson des charretiers), Jugement de Renart. Siège de Malpertuis. Renart Teinturier.

Branche II; Les enfaces Renart, (L'enfance de Renard) de Pierre de Saint-Cloud.

Branche III; Si conme Renart fist Ysangrin moine, (Comment Renard fit Ysangrin moine).

Branches IV-VI; le Puits. Chantecler. la Mésange. Tibert. les deux prêtres, les Béliers, la Femme du vilain.

Branches VII-IX; Renart et le corbeau. le Viol d'Hersent. L'éconduit (l'escondit). le Duel de Renart et d'Isangrin. le Pèlerinage de Renart.

Branches X-XI; Liétard. Renart et la mort de Brun. les Vêpres de Tibert.

Branches XII-XVII; les Poissons dérobés. Moniage d'Isengrin et la pêche au seau. le Labourage en commun et la collaboration de Renart à l'œuvre du Roi Connin. la Confession de Renart. Isengrin et le prêtre Martin. Isengrin et la Jument. le Bacon enlevé.

Branches XVIII-XIX; la Mort de Renart. Le Partage du lion. Renart médecin.
Branche XX; Renart empereur.

Branche XXIV; La naissance de Renart (seconde version): « Lorsque Dieu eut chassé Adam et Ève du Paradis terrestre, il leur remit une baguette magique. Il leur suffisait d'en frapper la mer pour qu'apparaisse aussitôt un animal, Adam fit sortir de la sorte toute les bêtes utiles à l'homme, tandis qu'Ève peuplait la terre d'animaux cruels et sauvages. C'est ainsi que naquit Renart... »

Les personnages

Renart: le goupil espiègle, personnage principal de ces récits. Complexe et polymorphe, (allant du bon diable redresseur de torts tel Zorro (renard en espagnol), au démon lubrique et débauché) il incarne la ruse intelligente liée à l'art de la belle parole. aussi appelé « le maître ès ruses ».

Ysengrin: le loup bête et cruel, éternel ennemi de Renart, toujours dupé. Son épouse Dame Hersent la louve, fut jadis « violée » par Renart; d'où une éternelle rancœur.

Primaut, le damp loup
Noble, le lion: roi
Dame Fière, la lionne
Beaucent, le sanglier
Espineux, le hérisson
Belin, le mouton
Petitfouineur, le putois
Baudoin (ou Bokart), l'âne: secrétaire du roi.
Brun (ou Bruno ou Bruin), l'ours (d'après la couleur de sa robe, où d'après un nom germanique traditionnel)
Chantecler, le coq: il fut emporté par Renart, mais s'en tira sain et sauf.
Chanteclin, le coq: il est le père de Chantecler.
Couart, le lièvre
Eme, le singe: époux de Dame Rukenawe, la guenon
Grimbert, le blaireau: défenseur et cousin de Renart.
Grymbart, la renarde: sœur de Renart.
Hermeline, la renarde: épouse de Renard qui eut quelques démêlées avec Hersent.
Hersent, la louve: épouse d'Ysengrin qui fut jadis « violée » par Renart.
Tibert, le chat: il se fit malgré lui piéger par Renart.même si lui aussi fut malin
Tiécelin, le corbeau: il déroba un fromage à la fenêtre d'une maison de campagne et se le fit voler par Renart.
Blanche, l'hermine
Brichemer, le cerf: sénéchal
Bernard, l'âne
Corbant, le freux
Sharpebek: épouse de Corbant.
Coupée, la geline
Courtois, petit chien
Drouin, le moineau
Hubert, l'escoufle (milan, rapace propre aux régions chaudes et tempérées)
Firapel, le léopard
Jacquet, l'écureuil
Dame Mésange, la mésange dont le fils a Renart pour parrain
Musart, le chameau: légat du Pape
Ordegale, castor
Pantecroet, la loutre
Percehaie, Malbranche, et Renardel: Fils de Renard et d'Hermeline
Roonel, le mâtin (gros chien)
Dame Rukenawe, la guenon: épouse d'Eme, le singe.
Tardif, le limaçon
Vader de Lantfert: fils de Dame Pogge de Chafporte et de Macob.
Rohart le corbeau:
Rousse la mère
Pinte et Copette: les deux gelines
Pelé: le rat.

Recentrer le Roman dans l'histoire

Selon l'érudit Lucien Foulet, sa composition s’échelonne de 1174 à 1250. Vingt-huit auteurs indépendants y ont collaboré, dont seulement trois ont tenu à nous transmettre leur nom. Ces écrivains ont réalisé une œuvre maîtresse, et à succès. Rutebeuf écrivit un Renart le bestourné et un dit De Brichemer, et Jacquemart Giélée de Lille, un Renart le Nouvel. Le Couronnement de Renart date de la seconde moitié du XIIIe siècle. Maurice Delbouille dans Lettres françaises de Belgique (dirigé par Charlier et Hanse) identifie son auteur par sa langue, "marquée fortement de particularités dialectales picardes et wallonnes", à un clerc vivant à la Cour du Comte de Namur. Le Couronnement de Renart par l'âpreté de son ton, la violence de ses mises en cause, paraît comme détaché du Roman de Renart proprement dit bien qu'il lui doive beaucoup.

Au XIVe siècle, on réécrit deux fois Renart le Contrefait; la première est l’œuvre d’un commerçant en épices; la seconde, véritable somme ne compte pas moins de 40.000 vers (produits entre 1319 et 1342).