Lessico
Satiro
Satiro
in riposo
Prassitele - scultore ateniese del IV sec. aC
Satiro non ha nulla a che vedere con satira, cioè quel componimento di varia estensione, in prosa o in versi, in cui vengono attaccati e ridicolizzati aspetti deteriori di una società, di un ambiente, di un singolo individuo, al fine più o meno esplicito di correggerli. Infatti il latino satira deriverebbe da satura lanx, cioè vassoio pieno, un piatto contenente primizie di ogni tipo offerte agli dei. Ce lo rammenta anche Conrad Gessner a pagina 975 della sua Historia animalium I (1551) quando parla dei vari tipi di scimmie, e precisamente nel capitolo De Satyro dove satira viene correttamente scritta con l'omofono satyra: Dicta est autem (ut quidam putant) satyra non a Satyris, sed a satyra lance, quae referta variis multisque primitiis, deis inferebatur: cuius lancis Vergilius meminerit.
Però in Grecia il dramma satiresco, giocoso e a lieto fine, aveva un coro composto da Satiri.
Satiro deriva dal greco sátyros di cui non si conosce l'etimologia, anche se con sátyros oltre a un demone si identificava pure una scimmia. Ma tra poco vedremo un'ipotesi etimologica di sátyros che potrebbe dimostrarsi veritiera.
È sempre Gessner alla stessa pagina e allo stesso capitolo a suggerirlo. Il capitolo inizia dicendo che così come i cinocefali - o babbuini che dir si voglia - hanno dato spunto per favole in cui si narra dell'esistenza di uomini con la stessa testa canina (il babbuino è una scimmia catarrina, cioè col naso sporgente, a differenza delle platirrine dal naso schiacciato come l'Aluatta o Scimmia urlatrice dell'America centromeridionale), altrettanto hanno fatto le scimmie dette satiri che da alcuni sono state ritenute dei demoni come i mitologici Satiri.
Infatti sia queste scimmie che i Satiri hanno parecchio in comune: sembrano degli esseri umani, hanno portamento eretto, corpo peloso, e sono entrambi libidinosi nei riguardi del gentil sesso. E, dulcis in fundo... Un attimo di pazienza! Ecco il testo di Gessner:
Sunt sane nonnulla tum satyris simiis, tum daemonibus satyris communia, forma similis humanae, corpus erectum, pilis hirsutum, versari in locis desertis, & libido in mulieres, qua aliae etiam simiae capiuntur, sed satyri praecipue: unde παρὰ τὴν σάθην, (ac si Sathyrus diceretur: ut ab ἄλμη, ἀλμυρὸς) hoc est a membro virili (ut veteres Graeci appellarunt) dictos aliqui conijciunt.
Come sottolinea Gessner, basterebbe infatti scrivere sathyrus con th e l'etimologia di satiro da sáthë = pósthë = pene risulterebbe lampante, visto che i Satiri della mitologia sono perennemente a caccia di Ninfe.
Interessante l'etimologia del vocabolo femminile sáthë: deriva dal verbo saínø = scodinzolare, agitare la coda. Quale coda? Ovviamente quella che nel maschio si trova in regione pubica, non certo in quella coccigea, dove in suo ricordo troviamo da 3 a 5 vertebre rudimentali visibili unicamente ai raggi X. E non dobbiamo dimenticare che il latino penis - πέος in greco - in prima istanza significava coda. Solo successivamente indicò il membro virile. Per l'etimologia di pósthë non bisogna scervellarsi: è l'equivalente di πέος.
Se
qualcuno fosse ammalato di perfezionismo come colui che sta tediandovi,
possiamo aggiungere che per σάθη esistono altre ipotesi etimologiche:
1 – da *σήν = penis, vedi σαίνω + t (Solmsen)
2 – dalla radice σα- rafforzata, vedi σαφής, col significato di chiaro, evidente (Brugmann)
3 – dall'indoeuropeo sē- seminare =
seminatore, latino sator (Eisler)
Credo basti così.
Papio cynocephalus
Babbuino giallastro - Acquarello di Ulisse Aldrovandi
Ma l'etimologia di Satiro può sinteticamente esprimersi non con un profluvio di parole, bensì con l'eloquente immagine del babbuino tramandataci da Ulisse Aldrovandi che deve dir grazie alla perizia e all'espressività dei suoi acquarellisti. E non si può escludere che quando in passato una qualunque scimmia venisse adocchiata con questa coda rossa prominente, la si chiamasse tout court scimmia satiro senza chiedersi a che specie appartenesse.
Ed è ancora Aldrovandi con un suo acquarello a convalidare la sintetica etimologia fallica di satiro grazie a un fungo oggi comunemente detto Satirione e da lui etichettato come Fungus Priapeius.
Fungus
Priapeius
acquarello di Ulisse Aldrovandi
l'odierno Phallus hadriani
in memoria di Adriaen de Jonghe o Hadrianus Junius
Il Phallus impudicus - detto Satirione - o Ithyphallus impudicus (ithyphallus = fallo dritto) ha l'involucro volviforme di colore biancastro, mentre quello del Phallus hadriani è rosato porporino.
Amsterdam - Quartiere a luci rosse
Priapo era un dio della città asiatica di Lampsaco, il cui culto ebbe grande diffusione nel mondo ellenistico-romano. Lo si può considerare una personificazione del fallo (era rappresentato come una figura itifallica, cioè col pene eretto, in quanto il greco ithýphallos è composto da ithýs = dritto e phallós = fallo) e del connesso simbolismo che andava dalla fecondità a una generica funzione apotropaica (capace di allontanare in modo specifico il malocchio). Nel mito appariva come figlio di Afrodite e di Dioniso o di Adone o di altri dei. Faceva parte del seguito di Dioniso ed era venerato soprattutto come protettore di orti, giardini e vigne, vale a dire della coltivazione non cerealicola. In questi termini il suo campo d'azione poteva essere contrapposto a quello della dea Demetra, così come la sua ipersessualità si contrapponeva alla castità della dea.
Ermes iperfallico in un momento di satiriasi - Affresco di Pompei
Figura portafortuna che fonde gli attribuiti di due divinità dell'abbondanza: Priapo (riconoscibile dall'enorme fallo in erezione), dio della fecondità, e Mercurio, dio del commercio, riconoscibile dal caduceo. Affresco da Pompei databile dall'89 aC al 79 dC. – Napoli, Museo Archeologico Nazionale.
I Satiri costituiscono una categoria di demoni concepiti dall'antica religione greca. Con riferimento alla peculiarità dei satiri di essere perennemente all'inseguimento delle Ninfe, con satiro si intende un individuo lussurioso e lascivo. Tant'è che con satiriasi o satirismo si intende l'eccesso patologico del desiderio sessuale nel maschio. Nella donna la stessa patologia viene detta - vedi caso - ninfomania.
Erano spesso rappresentati come esseri mostruosi dal corpo villoso, dalle gambe caprine, con il naso camuso, le orecchie aguzze dietro le corna ritorte. Quindi ben diversi dal Satiro di Prassitele. Oltre che lascivi erano burloni, giravano per i boschi insidiando le Ninfe e suonando la siringa (o flauto di Pan) e altri strumenti musicali.
Satiro
che amoreggia con una ninfa
Autore
ignoto
I satiri personificavano le forze indefinibili, perché acosmiche, della natura selvaggia. Pertanto venivano raffigurati in forme animalesche (con corna e zampe caprine o equine) e localizzati nelle foreste, nei balzi montani, e, in genere, nelle zone disabitate.
Il carattere acosmico o caotico dei satiri li fece includere nel corteo di Dioniso, il dio che personificava la temporanea sospensione dell'ordine, o l'irruzione del caotico, in vista dell'edificazione di un nuovo ordine, o del ristabilimento del cosmico.
La presenza dei satiri caratterizzava anche un tipo di dramma, detto pertanto satiresco, prodotto dal teatro ateniese; in esso fungevano da coro uomini travestiti da satiri. Ciò si spiega con la funzione dionisiaca del dramma, una funzione affine a quella di Dioniso: rottura rituale dell'ordine e presentazione di una realtà caotica la cui durata era tuttavia limitata all'azione scenica.
Satiro
che forse stava usando un aulós doppio invece del Viagra
ammesso che di Viagra ne avesse bisogno
L'aulós è stato il più importante strumento musicale a fiato in uso nell'antica Grecia. Fra gli strumenti moderni può forse trovare un corrispondente non nel flauto (come erroneamente è stato detto) ma nell'oboe, essendo come quest'ultimo ad ancia doppia. Aveva un numero variabile di buchi - da 4 a 16 secondo le epoche - ed era costituito da una o due canne, cioè semplice o doppio. Di origine asiatica, era considerato adatto a musica di carattere orgiastico-dionisiaco e capace di intonazioni sottili e sfumate, come quelle del genere enarmonico (quarti di tono).
Rappresentazione teatrale che veniva messa in scena durante i concorsi tragici che si tenevano nell’antica Atene in occasione delle feste del dio Dioniso. Ciascun poeta vi partecipava infatti con una tetralogia di opere: tre tragedie e, appunto, un dramma satiresco. Quest’ultimo era incentrato su soggetti mitologici, riletti però in chiave burlesca e dissacratoria. Dal punto di vista della struttura drammaturgica, il dramma satiresco prevedeva la presenza fissa di un coro di satiri. Aristotele e altre fonti antiche collegano proprio l’apparizione dei satiri alla presunta origine dionisiaca della tragedia. Tuttavia il dibattito storico-critico sull’origine e sulla reale forma del dramma satiresco non ha portato a conclusioni certe, anche perché le testimonianze pervenuteci di questo genere teatrale sono davvero esigue e frammentarie: Il Ciclope, di Euripide, e il lacunoso I segugi, di Sofocle, sono infatti gli unici esempi superstiti.
Apollo
servito dalle Ninfe
Versailles - Grotta di Teti
François Girardon (Troyes 1628-Parigi 1715)
Le Ninfe erano considerate come divinità inferiori, e talvolta addirittura mortali, anche se dotate di una vita molto più lunga dell'umana. Secondo il loro campo d'azione vi erano: le ninfe dei boschi (le Driadi), delle sorgenti (le Naiadi), dei monti (le Oreadi), del mare (Nereidi e Sirene), e chi più ne ha più ne metta. Alcune ninfe sono ricordate nei miti con nomi personali, che talvolta designano una località.
Erano credute pericolose, come pericoloso o “selvaggio” era il mondo che esse personificavano: le ninfe acquatiche per esempio facevano impazzire, per cui si diceva nymphòleptos (preso dalle ninfe) chi usciva di senno. Le ninfe formavano il corteo di Artemide, la grande dea del mondo “selvaggio”. Esse sono rappresentate giovani e belle, vestite, o più raramente nude, in unione con Dioniso, spettatrici come divinità locali di sagre mitologiche o in atto di danzare. Le ninfe comparivano, insieme ad altre divinità, anche in opere di grandi artisti greci: si ha notizia di un gruppo di Prassitele e di un dipinto di Apelle.
Trionfo della ninfa marina
Galatea - 1511
Raffaello Sanzio (Urbino 1483-Roma 1520)
Roma – Farnesina, Loggia di Psiche
Galatea amò Aci che ella trasformò nel fiume omonimo dopo che Polifemo, innamorato della ninfa, lo aveva ucciso sfracellandolo con un masso. Il fiume Aci scorreva nel territorio dell'odierna Acireale in provincia di Catania, che sorge sull'orlo di un pianoro lavico alle pendici sudorientali dell'Etna, affacciandosi sul mar Ionio. Il corso dell'Aci è andato perduto a causa delle colate laviche.
The
waternymph
Herbert James Draper (1860-1920)