Ulisse Aldrovandi
Ornithologiae tomus alter - 1600
Liber
Decimusquartus
qui
est
de Pulveratricibus Domesticis
Libro
XIV
che tratta
delle domestiche amanti della polvere
trascrizione di Fernando Civardi - traduzione di Elio Corti - revisione di Roberto Ricciardi
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Sed
quaerat modo hic quispiam qua ratione cognoscatur, si quid ex illis
nasciturum sit. Certa quidem illius indicia statuere difficillimum esse
puto. Tradit tamen Albertus ova incubationi idonea quarto die sanguineas
habere venas: eo itaque tempore ad solis radios examinari possunt, et in
quibus venae apparent, rursus supponi, alia minime. Videat autem,
quisquis introspexerit, si eadem die in acutiore parte clara appareant,
hoc est, ut Plinius[1]
loquitur, cum purus, et uniusmodi
pelluceat color; nam talia ad generationem inepta sunt; item in
quibus Galli semen tunc non apparet, teste Varrone[2].
Albertus septimo rursus die inspici iubet, et si quid est, quod Soli
obtentum non videatur alteratum, abijci, ceu subventaneum, et inutile.
Sed in eiusmodi exploratione ovorum observandum maxime est, ut caveat
inspector summopere, ne concutiantur. Concuti
enim, ut Plinii verbis utar, experimento
vetant, quoniam non gignant confusis vitalibus venis. |
Ma
adesso a questo punto qualcuno potrebbe chiedere in quale modo si possa
sapere se da esse nascerà qualcosa. A dire il vero ritengo assai
difficile stabilirne degli indizi sicuri. Tuttavia Alberto riferisce
che le uova adatte a essere incubate presentano al quarto giorno delle
vene piene di sangue: pertanto in quel momento possono essere esaminate
contro i raggi del sole, e quelle in cui sono visibili le vene vanno
nuovamente messe sotto la chioccia, le altre assolutamente no. Chiunque
però si metterà a esaminarle, faccia attenzione se in quello stesso
giorno appaiono chiare in corrispondenza del polo acuto, cioè, come
dice Plinio, se
traspare un colore privo di impurità e uniforme; infatti tali uova non sono adatte alla procreazione; ugualmente
quelle in cui in quel momento non è visibile il seme del gallo,
testimone Varrone. Alberto raccomanda che esse vengano di nuovo
osservate al settimo giorno e se c’è qualcosa che contro sole non
sembra diversa, di gettare l'uovo, in quanto sterile e inutile. Ma
durante siffatta esplorazione delle uova bisogna stare molto attenti a
una cosa, che chi le ispeziona eviti con grande cura che vengano scosse.
Servendomi delle parole di Plinio, Infatti
proibiscono che vengano scosse per fare la prova, in quanto non
genererebbero il pulcino una volta che le vene vitali sono state messe
sottosopra. |
Sciendum
etiam tot denuo substitui
posse, quot pro infoecundis reiecta fuerint. Reijciantur denique omnino
hypenemia, nam quanvis partes videantur habere omnes, tamen principio
carent, quod a maris semine affertur: quapropter animata non sunt, ut
dilucide Aristoteles docet: qui etiam tria potissimum alias indicia
adducit, quibus huiusmodi ova ex aliis distinguas. Ait[3]
enim aliis minora esse, et plura numero gigni, ob unam eandemque causam.
Ratio est, quia cum imperfecta sint, minus augentur, et quia minus
augentur, plura numero existunt. Denique minus esse suavia, quia minus
concocta. Nam concoctum in quovis genere suavius est. Ne itaque qui ova
suppositurus, a venditoribus decipiatur, qui saepe subventanea pro
foecundis ignarae plebeculae venditant, fugiat parva, et quorum magnam
haberi copiam videt, eligat maiora, eorumque aliquo primo vescatur, ut
ex dulci sapore caetera seminis participia divinet. |
Bisogna
anche sapere che tutte quelle che saranno eliminate in quanto ritenute
infeconde, altrettante possono essere a loro volta sostituite. Insomma,
le hypenemia
debbono essere assolutamente eliminate, infatti, nonostante sembrino
possedere tutte le parti, tuttavia mancano del principio vitale che
viene fornito dal seme del maschio: motivo per cui mancano di vita, come
insegna chiaramente Aristotele: il quale in un altro punto riporta in
primo luogo anche tre indizi in base ai quali si sarebbe in grado di
distinguere siffatte uova dalle altre. Infatti dice che sono più
piccole delle altre e che vengono prodotte in numero maggiore per una
sola e identica causa. Il motivo è perché, essendo imperfette, si
accrescono di meno, e per il fatto di accrescersi di meno, sono più
numerose. Infine, sono meno piacevoli al palato in quanto sono meno
concotte. Infatti in qualunque genere di cose ciò che è cotto è più
piacevole al palato. Pertanto, affinché colui che sta per mettere a
covare delle uova non venga ingannato dai trafficanti, i quali spesso
vendono al popolino inesperto quelle ventose come se fossero feconde,
deve evitare quelle piccole e di cui si accorge esserci una grande
abbondanza, deve scegliere quelle più grandi, e in primo luogo ne mangi
uno, per poter presagire dal sapore dolce che le altre sono compartecipi
del seme. |
Collectis
modo ovis foecundis, eorum numeri etiam ratio habenda est, si veteribus credimus. Quotquot enim de agricultura
scripserunt, fere omnes impari numero subijci iubent, idque hodie nescio
quam vere mulierculae nostrae observant. Nam revera res non videtur
superstitione carere, nisi Pythagorae forte dogmata sapere dicamus, qui
summum bonum in numero impari ponebat[4].
Variant vero eiusmodi numerum cum pro uniuscuiusque Gallinae natura, tum
etiam pro diversitate temporis anni. Si Gallina foecunda est,
Florentinus non plura, quam viginti tria supponi iubet, pauciora vero,
cum talis non est. Varro[5],
et Plinius[6] negant, plus viginti
quinque oportere incubare, quanvis etiam propter foecunditatem plura
pepererit. Columella[7]
primo tempore, id quod est mense Ianuario, non plura quam quindecim
subijci vult. Martio novemdecim, nec pauciora, unum et viginti Aprili, et
tota aestate usque calendas Octobris. Sed nostrae mulieres semper fere
non ultra septemdecim, vel novemdecim glocientibus incubanda exhibent. |
Dopo
aver radunato solamente uova feconde, bisogna anche tener conto del loro
numero, se crediamo agli antichi. Infatti quasi tutti quelli che hanno
scritto di agricoltura prescrivono che debbono essere messe a cova in
numero dispari, ma oggigiorno non so quanto in realtà le nostre donne
di campagna vi si attengono. Infatti, effettivamente, la cosa non sembra
scevra da superstizione, a meno che non affermiamo che forse ha il
sapore dei dogmi di Pitagora, il quale riponeva il sommo bene nel
numero dispari. Infatti cambiano tale numero non solo in rapporto
all’indole di ciascuna gallina, ma anche in base alla diversità del
periodo dell’anno. Se una gallina è feconda, Florentino prescrive di
non metterle sotto più di 23 uova, ma un numero inferiore quando non è
tale. Varrone e Plinio dicono che non conviene farne covare più di 25,
anche se grazie alla sua fecondità ne avrà deposte un numero maggiore.
Columella nella prima stagione, cioè nel mese di gennaio, pretende che
non siano messe a cova più di 15. A marzo 19, e non meno, 21 in aprile
e per tutta l’estate fino alle calende di ottobre. Ma le nostre donne
quasi sempre non concedono alle chiocce più di 17 o 19 uova da
incubare. |
Eligendum
etiam tempus est incubationi
maxime idoneum: siquidem totum anni tempus tale non est. Praefertur
autem velut praestantissimum aequinoctium vernum, hoc est, a vigesima
quarta die Martii usque ad nonas Maias[8]:
nam quae post illud tempus incubantur, pullos edunt, qui plerunque, quia
tardius nati, nullam aliam eo anno utilitatem hero, quam ad mensae usum,
apportant. Quinim<m>o Columella[9]
author est, ab aestivo solstitio bonam pullationem non haberi, quod ab
eo tempore, etsi facilem educationem habeant, iustum tamen non capiant
incrementum, probandam itaque aestivam educationem. Et Longolius pullos
maturos dici posse putat primo vere exclusos: serotinos vero qui serius
{a}eduntur, quos patria lingua autumnales vocari asserit, eos ait sub
veris initio necdum parere, quemadmodum quos maturos vocat; quamobrem,
inquit{;}<,> non ad pullationem, sed ad veru aluntur. Alibi[10]
etiam Columella post Octobrem supervacuam incubationis curam esse
scribit, quoniam frigoribus exclusi pulli plerunque intereant. Plinius[11]
tamen ad Calendas Novembris usque tempus extendit, et terna dena etiam
supponi iubet, sed ab eo die vetat donec bruma conficiatur: admittit
denique hyemalem incubationem, sed pauciora tunc incubari cupit, non
tamen infra novena. Incubent itaque Gallinae quoties glociunt, et
Gallinarii sit exclusos frigore pullos loco calidiori enutrire. |
Bisogna
anche scegliere il periodo più idoneo all’incubazione: dal momento
che tutto l’arco dell’anno non è tale. Come veramente eccellente
viene preferito l’equinozio di primavera, cioè dal 24 di marzo fino
alle none di maggio - 7 maggio: infatti quelle che vengono incubate dopo
tale data generano dei pulcini che per lo più, in quanto nati più
tardivamente, non forniscono per quell’anno al padrone nessun’altra
utilità se non l’impiego per la tavola. Ma anzi Columella dice che a
partire dal solstizio d’estate non si ottiene una buona produzione di
pulcini, in quanto a partire da quel momento, anche se vengono
facilmente allevati, tuttavia essi non acquisiscono una corretta
crescita, e che pertanto va ritenuto giusto l’allevamento che si
svolge in estate. Anche Longolio ritiene che possano essere detti
pulcini maturi quelli nati all’inizio della primavera: ma quelli
tardivi che nascono più tardi, che egli asserisce essere chiamati
autunnali nella lingua della sua patria, dice che non depongono ancora
all’inizio della primavera, come invece fanno quelli che egli chiama
maturi; per tale motivo, dice, vengono allevati non a scopo
riproduttivo, ma per lo spiedo. In un altro punto anche Columella scrive
che il dedicarsi all’incubazione dopo il mese di ottobre è inutile,
in quanto per lo più i pulcini nati nei periodi freddi muoiono.
Tuttavia Plinio prolunga il periodo fino alle calende di novembre, e
prescrive che se ne mettano a cova anche tredici per volta, ma lo
proibisce a partire da quella data fintanto che l’inverno non sia
finito: e da ultimo concede l’incubazione invernale, ma desidera che
in questo periodo ne vengano incubate in numero minore, tuttavia non
meno di nove alla volta. Pertanto le galline covino tutte le volte che
fanno la voce da chioccia, e sia cura dell’addetto al pollaio di
allevare i pulcini nati al freddo in un posto più caldo. |
Porro
et Lunae ratio habenda est in
suppositione. Nam in defectu illius prohibetur; et dum nova est, ut
Plinius monet, vel saltem dum crescit, hoc est, a novilunio usque ad
decimam quartam diem, laudatur. Ova enim ante novilunium subiecta, Varro[12],
et Plinius[13] non succedere inquiunt,
hoc est non producere pullos, Florentinus tabescere, et corrumpi, eo
quod a plenilunio usque ad novilunium evanescant, ut in conchiliis etiam
observamus, et e contrario omnia a novilunio usque ad plenilunium
repleantur, et humectentur. Columella[14]
semper quidem considerari vult, ut luna crescente supponantur, verum
nisi a decima, postquam creverit, die usque ad quintadecimam: idque
Palladius[15]
comprobat, et Tragus a mulierculis in Germania etiamnum observari
scribit. Ex huiusmodi autem suppositione eam utilitatem dimanare inquit,
quod pulli in [224] crescente iterum luna excludantur: et revera hic
incubandi modus satis laudari nequit, dignus ut ab omnibus instituatur. |
Inoltre
nel mettere le uova a covare bisogna tener conto anche della luna.
Infatti durante la sua assenza è vietato, e quando è nuova, come
raccomanda Plinio, o perlomeno mentre sta crescendo, cioè dal novilunio
fino al quattordicesimo giorno, viene pienamente approvato. Infatti le
uova messe a cova prima del novilunio, Varrone e Plinio dicono che non
hanno successo, cioè non producono pulcini, Florentino dice che si
liquefanno e si guastano, in quanto dal plenilunio fino al novilunio
svaporano, come osserviamo anche nei molluschi dotati di conchiglia, e
al contrario tutte quante a partire dal novilunio fino al plenilunio si
riempiono e si inumidiscono. Infatti Columella vuole che si badi sempre
a che vengano messe a cova con la luna crescente, e in verità solo a
partire dal decimo giorno da quando avrà cominciato a crescere fino al
quindicesimo: ciò lo conferma anche Palladio, e Tragus -
Hieronymus Bock
- scrive che tuttora in Germania ciò viene rispettato
dalle donne di campagna. Infatti dice che da un siffatto modo di mettere
a cova ne deriva un vantaggio, in quanto i pulcini si schiudono quando
la luna è di nuovo crescente: ed effettivamente questo metodo di
incubazione non può essere lodato a sufficienza, degno di essere
introdotto da parte di tutti. |
[1] Naturalis historia X,151: Ova incubari intra decem dies edita utilissimum; vetera aut recentiora infecunda. Subici inpari numero debent. Quarto die post quam coepere incubari, si contra lumen cacumine ovorum adprehenso ima manu purus et unius modi perluceat color, sterilia existimantur esse proque iis alia substituenda. Et in aqua est experimentum: inane fluitat, itaque sidentia, hoc est plena, subici volunt. Concuti vero experimento vetant, quoniam non gignant confusis vitalibus venis. - Errore interpretativo di Aldrovandi dovuto ad Alberto, come si può desumere dal successivo brano di Gessner. Infatti Plinio non dice di esaminare il polo acuto, bensì di afferrare l’uovo per questa estremità e quindi di esaminarlo. - Corrette sono invece le interpretazioni di Conrad Gessner in quanto riporta il nome di ogni autore in Historia Animalium III (1555), pag. 427: Ova quae incubantur, si habeant in se semen pulli, curator quatriduo postquam incubari coeperint, intelligere potest: si contra lumen tenuit, et purum uniusmodi esse animadverterit, putant eijciendum, et aliud subijciendum, Varro. Quarto die postquam coeperi incubari, si contra lumen cacumine ovorum apprehenso una manu, purus et uniusmodi perluceat color, sterilia existimantur esse, proque eis alia substituenda, Plin. Ova incubationi idonea, quarto die sanguineas habent venas: quo tempore si quae ad radios Solis clara apparuerint in acutiore parte, reijciantur, Albert. La conferma del corretto giudizio di Gessner proviene da pag. 426 dove dice: In iis idem aiunt, cum ad lumen sustuleris, quod perlucet, id esse obinane [ob inane], Varro, Florentinus et Plinius.
[2] Rerum rusticarum III,9,12: Ova, quae incubantur, habeantne semen pulli, curator quadriduo post quam incubari coepit intellegere potest. Si contra lumen tenuit et purum unius modi esse animadvertit, putant eiciendum et aliud subiciundum. - Errore di Aldrovandi, che scambia pulli con galli: Varrone non dice di guardare se si vede il seme del gallo, bensì se si vede il germe dell’embrione. Ma l’errore è dovuto ad Alberto, come possiamo desumere dalla citazione di Conrad Gessner Historia Animalium III (1555), pag. 426: Ova ad incubationem eliguntur, in quibus Soli obtentis semen galli apparet. tum a septem dierum incubitu iterum inspiciuntur: et si quod est quod Soli obtentum non appareat alteratum, eijcitur tanquam subventaneum et inutile, Albertus. Sed alii (ut infra recitabimus, ubi de cura incubantium sermo erit) versus Solem an semen galli appareat contemplari solent, non in iis ovis quae ad incubationem initio deliguntur, sed quae per aliquot dies incubitum iam pertulerunt.
[3] De generatione animalium III,1, 750b 21-26: Le uova sterili si producono più abbondantemente di quelle feconde e sono più piccole di dimensione per una sola e identica causa: poiché sono incompiute sono di dimensione più piccola, e poiché sono di dimensione più piccola sono in maggior numero. Sono anche meno dolci perché sono meno cotte, e in tutte le cose ciò che è cotto è più dolce. [Tutte queste determinazioni sulle uova sterili appaiono essere dedotte teoricamente, sia quelle relative alle dimensioni, sia quelle relative al grado di dolcezza. Lo stesso è tuttavia affermato da Ippocrate (Aer. aq. loc., 8) a proposito dei cibi cotti.] (traduzione e nota di Diego Lanza)
[4] È probabile che si tratti di dottrina neoplatonica. In realtà, nel campo musicale, Pitagora scoprì le consonanze musicali, ossia le proporzioni 2:1, 3:2 e 4:3, che rappresentano la lunghezza di corde corrispondenti all’ottava e l’armonia fondamentale (il cinque e il quattro). (Roberto Ricciardi)
[5] Rerum rusticarum III,9,8: Quae velis incubet, negant plus XXV oportere ova incubare, quamvis propter fecunditatem pepererit plura.
[6] Naturalis historia X,150: Plus vicena quina incubanda subici vetant.
[7] De re rustica VIII,5,8: Numerus ovorum quae subiciuntur inpar observatur nec semper idem. Nam primo tempore, id est mense Ianuario, quindecim nec umquam plura subici debent, Ma<rt>io novem nec his pauciora, undecim Aprili, tota deinde aestate usque in Kalendas Octobris tredecim. – I numeri suggeriti da Aldrovandi, anche se un po’ abbondanti, sono alquanto logici nella loro sequenza, che si basa sulla temperatura ambiente, ma non corrispondono, eccetto che per gennaio, con quelli consigliati da Columella. (Roberto Ricciardi) – Scommetto che gli amanuensi hanno alterato i numeri affinché non potessimo giocare al lotto quelli più sensati - e consoni alla temperatura ambiente - che senz’altro prescriveva Columella, il quale non era per nulla uno sprovveduto, come saremmo invece indotti a credere. Il motivo di tanto buon senso da parte di Aldrovandi può essere farina del suo sacco, ma verosimilmente ha attinto farina da quello di Conrad Gessner Historia Animalium III (1555), pag. 426: Numerus ovorum quae subiiciuntur, impar observatur, nec semper idem: nam primo tempore, id est mense Ianuario quindecim, nec unquam plura subiici debent, Martio XIX. nec his pauciora. unum et viginti Aprili. tota deinde aestate usque in calendas Octobris totidem. Postea supervacua est huius rei cura, quod frigoribus exclusi pulli plerunque intereant, Columel. – Non sappiamo se la rielaborazione dei numeri di Columella è stata dettata a Gessner dal buon senso e dall’esperienza oppure se è dovuta a una fonte misconosciuta altrettanto sensata. (Elio Corti)
[8] Secondo il calendario giuliano le none di maggio cadevano il 7 del mese, come quelle di marzo, luglio e ottobre.
[9] De re rustica VIII,5,9: Plerique tamen etiam ab aestivo solstitio non putant bonam pullationem, quod ab eo tempore, etiam si facile educationem habent, iustum tamen non capiunt incrementum. Verum suburbanis locis, ubi a matre pulli non exiguis pretiis veneunt, probanda est aestiva educatio.
[10] De re rustica VIII,5,8: Postea supervacua est huius rei cura, quod frigoribus exclusi pulli plerumque intereunt.
[11] Naturalis historia XVIII,231: A kal. Novemb. gallinis ova supponere nolito, donec bruma conficiatur. In eum diem ternadena subicito aestate tota, hieme pauciora, non tamen infra novena.
[12] Rerum rusticarum III,9,16: Incubare oportet incipere secundum novam lunam, quod fere quae ante, pleraque non succedunt.
[13] Naturalis historia X,152: Incubationi datur initium post novam lunam, quia prius inchoata non proveniant.
[14] De re rustica VIII,5,9: Semper autem cum supponuntur ova, considerari debebit ut luna crescente ab decima usque ad quintam decimam id fiat.
[15] Opus Agriculturae libro I, XXVII (De gallinis): Supponenda sunt his semper ova numero impari, luna crescente, a decima usque in quintamdecimam.