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Dopo aver analizzato i meccanismi di trasmissione dei
  caratteri ereditari e aver esaminato in quale modo i geni spesso
  interferiscano tra loro nell’offrirci un pollo dalle caratteristiche volute,
  dopo aver elencato e descritto tutti i geni che più frequentemente ci tornano
  utili nella pratica d’allevamento, credo sia utile affrontare uno dei
  capitoli più scabrosi: come arrivare a far nascere quei soggetti i cui
  genitori sono stati selezionati con tanta cura. Tutte le nozioni acquisite in
  materia di genetica sarebbero un insieme sterile, un elenco telefonico, se poi
  tali nozioni non si realizzassero con la nascita dei pulcini. Per rinfrescare
  la memoria riprendiamo alcuni concetti già espressi.
La consanguineità è la
  conseguenza dell’accoppiamento
  di soggetti appartenenti a una stessa famiglia o comunque legati tra loro da
  vincoli più o meno stretti di parentela: genitori con figli, fratelli con
  sorelle e così via. Si ricorre soprattutto all’accoppiamento tra fratelli e
  sorelle. La consanguineità ha come risultato finale quello di ricondurre allo
  stato omozigote i vari caratteri, creando così delle popolazioni - o linee -
  che avendo raggiunto un buon grado di omozigosi possono considerarsi pure. L’omozigosi
  può interessare caratteri utili nonché caratteri indesiderabili che, se di
  tipo recessivo, possono in tal modo palesarsi. Tale fatto è molto importante
  perché mette l’allevatore nelle condizioni di scoprire tare ereditarie che
  altrimenti sarebbero rimaste allo stato latente e avrebbero quindi avuto tutto
  il tempo di diffondersi maggiormente di generazione in generazione, finendo
  col tempo per indebolire il ceppo.
Una consanguineità molto stretta, e soprattutto ripetuta,
  finisce con l’avere effetti negativi sulla fecondità e sulla schiudibilità
  delle uova, sulla vitalità e sull’accrescimento dei polli. Per cui non si va mai oltre la
  quarta o al massimo la quinta generazione di riproduzione consanguinea. Per notizie più dettagliate: vol.II - XXIII.
L’età dei riproduttori ha
  molta importanza per ottenere una buona fecondità. Non vi è dubbio che nei
  soggetti giovani, tanto maschi quanto femmine, la fertilità è certamente
  superiore rispetto a quella dei soggetti che hanno ormai superato un anno d’età.
  Quando uno dei due riproduttori ha già raggiunto il 2° anno di vita, se non
  si vuole incorrere in una limitata fertilità, è bene accoppiarlo con
  soggetti giovani.
Le ovulazioni iniziano con il
  raggiungimento della maturità sessuale e il periodo d’inizio delle
  ovulazioni dura una o due settimane. È caratterizzato sia dall’irregolarità
  delle ovulazioni che dalla presenza di numerosi difetti a carico dell’uovo:
  uova con 2 tuorli, senza guscio o con guscio morbido 
  
, uova piccole o di
  dimensioni sempre variabili da una deposizione all’altra.
La gallina depone le uova
  secondo una sequenza tipica per circa 12-14 mesi, purché si eviti l’accumulo
  delle uova  nel nido in quanto
  potrebbe favorire l’istinto di cova.
Ogni gallina depone secondo uno schema caratteristico, in
  parte geneticamente fissato, fatto di un numero di deposizioni giornaliere
  intervallate da uno o più giorni di pausa. È ovvio che, più lunga è
  ciascuna sequenza, minore è il numero delle pause, per cui la produttività
  risulta maggiore. Si passa così da sequenze costituite da poche uova, ad
  altre che comprendono sino a 40 uova consecutive. Le ovulazioni sono
  distanziate da un periodo appena superiore alle 24 ore. In ciascun ciclo le
  ovulazioni iniziano al mattino e terminano nel pomeriggio. Adattando il
  fotoperiodo al ritmo interno della gallina, è possibile rendere costanti i
  tempi tra ovulazioni successive e migliorare la produttività in galline che
  abbiano lunghe sequenze.
Si verifica un’interruzione
  della deposizione per 3-4 mesi, cui segue una ripresa che spesso ha un ritmo
  meno costante.
Esso è relativamente breve e si
  verifica dopo 3-4 periodi produttivi, ciascuno separato dall’altro dalla
  fase muta. In questo periodo si osserva una rapida riduzione della produzione
  intorno al 40% rispetto alla partenza. Le cause endogene di questa fase non
  sono note.
Sono molti i fattori che possono
  essere implicati. È accertato che l’ovaio ha in sé la capacità di
  produrre più uova di quante in genere se ne ottengono da un animale maturo.
  Ciò fa supporre l’esistenza di fattori limitanti, uno dei quali è senza
  dubbio la disponibilità di calcio. La carenza di questo elemento nella dieta
  porta a un blocco delle ovulazioni dopo un periodo in cui vengono prodotte
  uova dal guscio morbido. Il calcio potrebbe agire direttamente sull’ipofisi
  regolando il rilascio delle gonadotropine.
Quando si vuol sostituire il
  gallo in un pollaio, si deve tener presente che le uova deposte nei 21 giorni
  successivi al momento della sostituzione sono, per la massima parte, fecondate
  dagli spermatozoi del precedente gallo. Per cui, se si vogliono ottenere figli
  del secondo gallo, bisogna attendere almeno 3 o meglio ancora 4 settimane.
Durante l’accoppiamento il gallo eiacula nell’utero
  della gallina il liquido spermatico contenente parecchie migliaia di spermi
  che risalgono l’ovidutto per raccogliersi nelle fossette ghiandolari dell’infundibulo.
  Se nell’ovidutto non è presente alcuna ovocellula, gli spermi compiono il
  percorso in mezz’ora circa e si mantengono vitali nell’infundibulo per
  lungo tempo: 20-21 giorni circa. Dopo 4-5 giorni però, la loro fertilità
  diminuisce rapidamente e progressivamente.
Gli spermi appena prodotti sono molto più vitali e più
  rapidi a penetrare nell’ovocellula rispetto a quelli vecchi. Pertanto, se un
  gallo viene sostituito, le uova deposte dopo 3-4 giorni dall’introduzione
  del nuovo gallo sono quasi certamente fecondate dal nuovo gallo anche se sono
  presenti e vitali gli spermi del maschio precedente.
Non è stata constatata alcuna correlazione tra fecondità
  e momento della giornata in cui avviene l’accoppiamento, così pure col peso
  del gallo a 5 mesi e mezzo d’età. Il numero di accoppiamenti giornalieri di
  un gallo è assai variabile: da un minimo di 10 a un massimo di 30 e oltre.
  Dipende in parte dall’accettazione della gallina, in parte dalla
  competizione con altri galli presenti nel pollaio e in parte anche dal metodo
  d’accoppiamento: in massa o individuale.
Accoppiamento in massa:
  consiste nella presenza contemporanea di parecchi galli che possono
  accoppiarsi liberamente e indifferentemente nei riguardi delle femmine. Questo
  metodo è adottato per il pollame destinato a produrre uova o carne.
Accoppiamento individuale:
  serve per la selezione, quando è necessario appunto conoscere padre e madre
  di ogni pulcino. Si realizza sia introducendo un solo gallo in un gruppo
  formato da un minimo di 10 a un massimo di 20 galline, sia relegando il gallo
  e la gallina in una gabbia.
La temperatura ambiente a 19°C è l’ideale per la buona
  fecondità dei due sessi. Temperature più elevate influiscono negativamente.
Rapporto gallo/galline: per razze pesanti o intermedie
  è 1:10, per razze leggere il rapporto è 1:15.
Per la schiudibilità delle uova
  hanno molta importanza l’età dei riproduttori, l’intensità di
  deposizione della gallina e le caratteristiche intrinseche ed estrinseche dell’uovo.
Fertilità e schiudibilità sono leggermente superiori per
  le uova deposte da soggetti giovani rispetto a quelle di galline nel secondo
  anno di carriera riproduttiva. L’unico inconveniente è che i pulcini che
  nascono da pollastre sono più piccoli e meno uniformi rispetto a quelli nati
  da galline adulte.
Analizziamo in dettaglio i
  fattori che influenzano la schiudibilità delle uova.
Un uovo è fecondo quando si è
  avuta la fusione dei due pronuclei. Vari sono i fattori che influenzano la
  fecondità in senso positivo e negativo:
· alimentazione dei galli: una carenza di vitamina E comporta una sterilità parziale o totale
· età dei riproduttori: la più elevata fecondità si ha nel primo anno di vita, poi diminuisce progressivamente; per i galletti l’optimum è a 10 mesi
· produttività della gallina: le galline a elevata produttività danno la maggior percentuale di uova feconde
· stagione: in primavera la fecondità è migliore rispetto a quanto accade con le alte temperature estive.
È regolata in parte da fattori
  genetici, per cui è migliorabile attraverso un opportuno programma di
  selezione, e in parte da fattori
  extragenetici controllabili dall’allevatore:
· alimentazione dei riproduttori: i principali fattori limitanti sono le carenze vitaminiche e minerali: vitamine E, H, B12, B2, D, acido pantotenico, calcio e manganese
· età e produttività delle ovaiole: si hanno maggiori percentuali di nascita con soggetti di un anno d’età e ad elevata produttività
· ricoveri: temperature dei ricoveri troppo elevate o troppo basse sono nocive alla percentuale di nascita
· condizioni sanitarie: incubare solo uova di soggetti sani. Linfomatosi, pullorosi, salmonellosi e altre malattie infettive sono trasmissibili attraverso l’uovo.
· peso: ogni razza possiede un peso dell’uovo fissato dallo standard. Il peso del pulcino è correlato a quello dell’uovo.
· struttura del guscio: la porosità regola l’evaporazione sia prima che durante l’incubazione. Lo spessore del guscio è importante perché è proprio dal guscio che viene attinto il calcio. Ma un guscio eccessivamente spesso impedisce al pulcino di nascere.
· temperatura e umidità: a 0°C l’uovo perde la possibilità di schiudere nel giro di 3-4 ore circa da quando è stato deposto. Con temperature di conservazione superiori a 23°C i pulcini si sviluppano più rapidamente ma in modo anormale e quelli che nascono sono deboli. A 32°C è impossibile la ripresa e il proseguimento dello sviluppo dell’embrione. Temperatura ideale di conservazione: 10-15°C circa, con umidità al 75-80%.
· durata: conservate a 10-15°C, le uova mantengono intatta la possibilità di schiusa per 1 settimana circa. Dopo 4 settimane la percentuale di schiusa è praticamente nulla.
· pulizia del guscio: uova imbrattate, specie a livello del polo ottuso dove si trova la camera d’aria, hanno un’anormale aerazione. Immergere le uova in acqua a 25-28°C contenente un battericida. Con acqua fredda, sia il battericida che i batteri possono penetrare attraverso i pori.
Sia lo sviluppo corporeo che l’impiumamento
  sono caratteri influenzati in parte da fattori ereditari, in parte da fattori
  ambientali (temperatura della pulcinaia, contenuto in proteine e vitamine
  della razione). La scelta dei futuri riproduttori deve essere fatta valutando
  l’accrescimento e l’impiumamento all’età di 8 settimane, scartando a
  quest’età tutti i soggetti a lento accrescimento e impiumamento.
La precocità d’impiumamento si desume dalle seguenti caratteristiche.
Lunghezza alla nascita delle remiganti primarie
  e delle rispettive copritrici. Esaminando la pagina inferiore dell’ala di un
  pulcino al 2° o 3° giorno di vita, è possibile valutare lo sviluppo delle
  remiganti primarie. Nei soggetti precoci esse debbono essere ben visibili e
  forti. Le copritrici primarie debbono avere una lunghezza pari ad almeno 2/3
  di quella delle remiganti. Nei pulcini tardivi, remiganti e copritrici hanno
  pressapoco la stessa lunghezza.
Numero delle remiganti secondarie.
  Alla nascita i pulcini precoci debbono possedere ben sviluppate almeno 7
  remiganti secondarie. Un numero inferiore è indice di lento sviluppo.
Lunghezza delle timoniere al 10° giorno di vita.
  A quest’età le timoniere debbono già avere una lunghezza di 3,5 cm. Nei
  soggetti a lento accrescimento la coda non è sviluppata.
I
  caratteri principali che debbono essere tenuti in considerazione per la
  scelta dei futuri riproduttori sono i seguenti:
· la precocità sessuale
· il ritmo e la persistenza della deposizione
· la muta
· la tendenza a covare.
Si tratta di caratteri tutti ereditari e alcuni dei geni
  implicati sono legati al sesso. Nella razze leggere, come la Livorno, la
  maturità sessuale viene raggiunta al 5° mese; in quelle intermedie, come la
  Rhode Island, intorno ai 6 mesi.
Le penne non sono a crescita
  continua. Completato il loro sviluppo, esse cadono e si rinnovano. È un
  fenomeno comune alla quasi totalità delle razze, fatta eccezione per la coda
  del maschio di Phoenix Onagadori (vedi XV - 4.3.).
  La muta è un fenomeno molto complesso che coinvolge vari momenti biologici:
  gli ormoni sono direttamente implicati nella deposizione delle uova e assumono
  particolare importanza nella produttività delle ovaiole, ma durante la muta
  la deposizione è completamente sospesa o notevolmente ridotta.
La muta può essere totale quando tutto il piumaggio viene rinnovato, o parziale quando il rinnovamento è
  limitato solo ad alcune regioni del corpo: testa, collo, parte delle ali.
Alle nostre latitudini di norma la muta ha
  luogo tra settembre e ottobre e il nuovo abito ha una durata massima di
  22 mesi. Può verificarsi eccezionalmente anche in anticipo, luglio-agosto, o
  più tardi, dicembre-gennaio.
Se interviene in luglio, la muta precoce ha una durata molto lunga, se
  interviene in gennaio la muta tardiva
  ha una durata assai breve perché generalmente è parziale.
Non bisogna confondere una caduta di penne con una muta
  vera: può essere il risultato di stress dovuti a una serie di fattori non
  sempre accertabili.
La muta non
  è mai simultanea in tutto il corpo, ma graduale: le prime penne a cadere
  sono quelle della testa e del collo, cui seguono quelle del petto, del dorso,
  dell’addome, delle ali e della coda. Quando tutte le remiganti primarie sono
  rinnovate, la muta ha termine.
Nei soggetti a elevata deposizione la muta è più breve
  poiché si rinnovano contemporaneamente più remiganti. Nei soggetti a
  mediocre deposizione la muta è sempre più lunga. Inoltre la durata varia da
  soggetto a soggetto in relazione soprattutto alle condizioni di salute e alla
  robustezza.
La prima
  muta di norma si verifica al termine del primo anno di vita, però
  la sua comparsa è subordinata alla data di nascita. Le galline nate a dicembre o
  nei primi mesi dell’anno, compiono la prima muta non al compimento del 1°
  anno di vita, ma pochi mesi dopo l’inizio della deposizione. Le galline nate
  in aprile-maggio compiono la prima muta solo nell’autunno dell’anno
  seguente.
Muta
  forzata: qualora l’allevatore lo ritenga opportuno o
  remunerativo, può indurre le ovaiole a compiere la muta anzitempo per
  prolungare e possibilmente migliorare la produttività, anche se tale
  miglioramento non deve essere inteso come scontato, perché gli effetti della
  muta forzata sono suscettibili di variazioni dovute a un complesso di fattori
  intrinseci ed estrinseci. Così, ovaiole che prima della muta forzata
  deponevano in modo ottimale, dopo la muta depongono mediocremente.
  Generalmente le galline vengono indotte alla muta dopo 12-14 mesi di
  deposizione, quando la produttività tende a diminuire più o meno
  sensibilmente. Se necessario può essere indotta anche dopo 8-10 mesi, qualora
  si reputi che si possa conseguire un aumento notevole di produttività.
Può essere realizzata con vari metodi:
Digiuno per 10-11 giorni, oppure
  alimentazione a base di granaglie. È lo stress che induce la muta.
Sete un giorno sì e uno no per tre
  volte. Possibilmente da non utilizzare in giorni o periodi particolarmente
  caldi, per il pericolo di una grave disidratazione.
Buio, oppure riduzione della luce a
  6-8 ore al giorno.
Prodotti chimici addizionati al mangime:
  zinco dietetico; oppure vengono ridotti sodio e calcio.
Gli effetti della muta forzata non sempre danno risultati
  facilmente prevedibili sulla deposizione, anche se poi il peso dell’uovo è
  di norma superiore.
· Ampiezza della cavità addominale: la distanza più o meno grande fra le ossa pelviche, cioè fra le ossa ischiatiche e pubiche, e fra queste e l’estremità distale dello sterno, influisce sull’ampiezza della cavità addominale. Questa, permettendo un maggior sviluppo dei visceri, si considera influente sulla fecondità. Walter Hogan che ha sperimentato a lungo questo metodo, ha appunto proposto di apprezzare con la semplice palpazione la distanza esistente tra le ossa pelviche e lo sterno. Sempre secondo Hogan, nella Livorno una distanza di almeno 4 dita trasverse identifica una buona ovaiola. L’ovaiola deficiente ha una distanza inferiore a 3 dita. Questo carattere può essere ricercato solo nell’animale adulto, quando il bacino ha completato il suo sviluppo.
· Elasticità delle ossa pubiche: all’atto della deposizione l’uovo determina un allargamento delle estremità delle ossa del pube, per cui la loro elasticità di movimento e soprattutto la distanza che le separa permetterebbero di riconoscere una buona ovaiola.
Per quanto Hogan abbia precisato
  i gradi di apprezzamento di queste note distintive, si può dire che è
  possibile confrontare solo soggetti di una stessa razza e che la misurazione
  potrebbe essere inesatta. Il metodo diventa invece sicuro per riconoscere le
  galline inadatte in modo assoluto a una buona deposizione.
È evidente che un bacino eccezionalmente stretto, con
  distanza fra sterno e ossa pelviche ridotta, con estremità di queste ossa
  grandi e rigide, uno sterno ricurvo e spostato, caratterizzano un soggetto
  anormale, nel quale è improbabile un regolare sviluppo dell’ovaio.
· Snellezza e lunghezza del corpo: sono caratteri che si uniscono generalmente a un’alta fecondità.
· Cresta e bargigli larghi, turgidi, di un rosso intenso, lisci e levigati al tatto: sono caratteri di buona depositrice.
· Occhio vivace e sporgente, orecchione morbido e liscio, vagabondaggio: vale quanto detto prima.
· Cranio breve e testa sottile, cloaca dilatata umida e allungata: sarebbero indizi costituzionali di buone attitudini alla deposizione.
In una razza a tarsi gialli, il loro scolorimento è
  indice di buona depositrice. Tuttavia, anche se questa depigmentazione viene
  generalmente considerata conseguenza di una forte deposizione, da molti si
  ammette che essa non sia proporzionale al valore della produzione, ma dipenda
  piuttosto dall’incapacità della gallina a reintegrare le perdite di
  carotenoidi.
La
  cattiva ovaiola possiede cresta piccola rugosa e pallida,
  orecchioni grinzosi, testa arruffata, cloaca piccola, contratta e rotonda.
Sulla fecondità ha grande influenza la muta del piumaggio,
  che conduce a un arresto della deposizione. Pare assodato che in galline buone
  ovaiole la muta avviene assai rapidamente, forse come conseguenza della
  maggiore capacità di assimilazione dell’alimento. Seguire l’andamento
  della muta diventa perciò un mezzo diagnostico: basta osservare come vengono
  sostituite le remiganti primarie. Anche quando le future buone ovaiole sono
  ancora piccoline, esse possono essere individuate: una piccola differenza
  nella lunghezza delle remiganti primarie in via di formazione indica una
  maggiore contemporaneità di rinnovamento, un capacità di muta più rapida e
  quindi una maggior capacità a deporre.
Il controllo della deposizione col nido a trappola ha
  consentito di stabilire a quale età si raggiunge il massimo dell’ovulazione:
  in genere avviene nel primo anno di deposizione, pur mantenendosi abbastanza
  forte anche nel 2° anno. Nel 3° e nei successivi anni la fecondità decresce
  rapidamente. Pertanto sono da considerarsi buone ovaiole quelle galline che
  non hanno superato il 2° anno di deposizione.
È provato che si ha la maggior produzione annua
  continuativa in quelle galline che hanno iniziato a deporre in ottobre o
  novembre, mentre le galline troppo precoci, nate in dicembre o nei primi mesi
  dell’anno, siccome debbono interrompere la deposizione a causa della prima
  muta, hanno una produzione inferiore. Nello stesso modo si comportano le
  galline che iniziano a deporre tardivamente poiché nate in autunno. Per fare un controllo di produzione è meglio
  scegliere le galline che sono nate in aprile e maggio,
  in quanto possono cominciare a deporre in autunno.
I caratteri suesposti hanno in
  gran parte una validità approssimativa: servono a compiere una grossolana
  epurazione dei soggetti che non posseggono assolutamente i requisiti
  fondamentali. La fecondità è un carattere fisiologico che non è
  necessariamente collegato a tratti somatici.
Il
  controllo sicuro della fecondità si può attuare col nido a
  trappola, che comporta metodologia esatta e tempi lunghi per giungere ai
  risultati desiderati. Dalle esperienze di Pearl si è messa in evidenza la grande importanza dei galli
  nella trasmissione del carattere alta
  fecondità. Un gallo può migliorare la popolazione di tutte le figlie,
  indipendentemente dalla costituzione gametica della madre, ma il gallo deve
  essere omozigote e aver accumulato il maggior numero di geni in causa.
Le galline comuni di campagna
  depongono 80-100 uova all’anno a seconda dell’ambiente più o meno
  favorevole. Incrociarle con stirpi provenienti da località diverse significa
  porre i soggetti stranieri in condizioni ambientali più o meno disagevoli,
  che si traducono spesso in riduzione della fecondità e maggiore facilità a
  contrarre malattie.
La soluzione ideale è incrociare galline locali con galli di genealogia certa, appartenenti
  a stirpi scelte e omozigoti. Da un lato i prodotti d’incrocio potranno
  conservare i caratteri di adattamento e di resistenza proprii alla madre, dall’altro
  si eviterà l’eccessiva consanguineità e si sfrutterà la maggiore
  fecondità del gallo selezionato.
Si potrebbe assumere questa regola: in ogni pollaio deve
  esistere sempre e soltanto un gallo di stirpe selezionata ad alta e conosciuta
  produttività, qualunque sia il tipo morfologico e fisiologico delle galline.
  Naturalmente il discorso vale qualora si ricerchi solamente un incremento del
  numero e della qualità delle uova.
Con l’introduzione di un tale gallo, nei pollai colonici
  si determina subito, a iniziare dalla prima generazione, un rapido e
  notevolissimo aumento della produzione media annua.
Le uova di pollo, come in tutti
  gli altri uccelli, sono meroblastiche, ossia ricche di vitello nutrizionale.
  Pertanto la segmentazione non interessa tutto il tuorlo, ma solo una piccola
  parte: il disco germinativo. Tale segmentazione è detta discoidale.
Lo sviluppo embrionale si compie in 2 momenti
  distinti:
· la prima fase internamente alla madre, nell’ovidutto
· la seconda fase in ambiente esterno, e solo se l’uovo è messo in condizioni di riprendere e di proseguire lo sviluppo già iniziato, affidandolo a una chioccia naturale o artificiale.
Nel pollo la fecondazione dell’uovo
  si può compiere entro 15-20 giorni al massimo dall’avvenuto accoppiamento.
  In altri uccelli domestici, quali il tacchino. può verificarsi anche in un
  lasso di tempo più lungo.
Generalmente le prime uova fecondate si ottengono dopo 24
  ore dall’accoppiamento. Avvenuto l’accoppiamento, gli spermatozoi
  risalgono rapidamente l’ovidutto, e 15 minuti dopo l’ovulazione gli spermi
  penetrano nell’ovocellula attraverso la membrana vitellina, ma uno solo
  feconderà l’ovulo in quanto gli altri vanno incontro a degenerazione.
Dopo circa 5 ore
  dalla fecondazione il nucleo di segmentazione inizia a dividersi ripetutamente
  sino a formare il blastoderma o discoblastula,
  che ha la forma di un piccolo disco di colore bianchiccio del diametro di 4 mm
  circa, leggermente sopraelevato sul tuorlo. Tale segmentazione si compie nell’ovidutto
  a una temperatura di 40,5-41,5°C circa. Il rapido abbassamento della
  temperatura dovuto alla deposizione blocca ogni ulteriore sviluppo del
  blastoderma, che potrà riprendere solo quando l’uovo verrà posto in
  ambiente idoneo.
Al 20°
  giorno di incubazione il pulcino acquista la posizione
  definitiva per la schiusa: il capo è nascosto parzialmente sotto l’ala
  destra ed è rivolto verso il polo ottuso dell’uovo; le zampe, strettamente
  aderenti al corpo, hanno le dita e la regione plantare accollate alla membrana
  del guscio.
Al 21°
  giorno il feto ruota lentamente su se stesso e la sua posizione,
  all’atto della schiusa, ha una grandissima importanza e un ruolo decisivo
  sulla possibilità di uscire dal guscio.
Le
  malposizioni che possono essere assunte tra il 18° e il 21° giorno
  sono varie, e varie sono le cause specialmente se l’incubazione è
  artificiale: irregolarità a carico della temperatura, dell’umidità, della
  ventilazione, del movimento delle uova, il trasferimento dalla camera d’incubazione
  a quella di schiusa eseguito in modo brusco.
I momenti più critici
  e più delicati per lo sviluppo embrionale sono due:
· tra il 3° e il 5° giorno d’incubazione, con mortalità anche del 25%. A causa dei processi metabolici il sangue si arricchisce di anidride carbonica, ammoniaca e acido lattico: un eccesso di uno di questi cataboliti porta o alla morte immediata o a un eccessivo indebolimento dell’embrione. Altre cause che possono concorrere alla mortalità sono la temperatura troppo elevata o troppo bassa, un insufficiente movimento delle uova.
· tra il 18° e il 20° giorno. La mortalità è molto più elevata rispetto al primo periodo, potendo raggiungere il 50%. Le cause possono essere: indebolimento dell’embrione nella fase precedente, errori nella regolazione della temperatura, dell’umidità e della ventilazione dell’incubatrice, operazioni mal condotte nel trasferimento in camera di schiusa.
Inoltre nel pollo si conoscono
  decine di fattori genetici che possono portare a morte o a indebolimento dell’embrione
  (vol.II - XXI - 4) per cui nei ceppi
  caratterizzati da elevata consanguineità lo stato omozigote per tali geni è
  frequente e inevitabili sono i danni che ne derivano.
Non tutte le galline e non tutte
  le razze sono adatte alla cova. Migliori sono le galline a duplice attitudine,
  tipo New Hampshire e Plymouth Rock. Le tacchine sono indiscutibilmente le
  migliori chiocce. Si deve dare la preferenza a soggetti di peso medio con
  abbondante piumaggio, vigorosi, privi di pidocchi pollini. Vanno scartati i
  soggetti deboli, sgarbati e selvatici. A una gallina possono essere affidate
  11-15 uova, a una tacchina 19-21. Meglio non eccedere nel numero per evitare
  raffreddamenti che colpirebbero tutti gli embrioni, perché durante la giornata
  la chioccia, ripetutamente, trasferisce le uova del centro alla periferia del
  nido e viceversa. Ricordarsi di cospargere il nido con acaricidi.
Temperatura dell’uovo sotto le ali materne
  [1]
  :
in
  superficie 38,8-39,5°C (101-103°F)
  al centro 40°C
Nelle incubatrici a tavolino la
  temperatura varia dai 38,8°C (100°F) delle prime 2 settimane ai 39,5°C
  (103°F) dell’ultima settimana. Nelle incubatrici ad armadio la temperatura
  oscilla fra 37 e 38°C.
Il
  calore prodotto dall’embrione aumenta durante tutto il
  periodo d’incubazione, ma il suo aumento è molto più rapido verso gli
  ultimi 2 giorni prima della schiusa. In questo momento la temperatura dell’uovo
  è superiore a quella dell’incubatoio di circa 2°C. Per questa ragione in
  molti incubatoi si tende a diminuire la temperatura della camera di schiusa di
  ½ o 1°C onde evitare la mortalità embrionale per eccesso di caldo.
L’umidità relativa nell’atmosfera dell’incubatrice
  può variare entro limiti piuttosto ampi senza che si verifichino eccessivi
  danni a carico dell’embrione e della schiusa. Esistono però limiti
  ottimali. Per le incubatrici amatoriali l’umidità
  relativa ottimale è pari al 35-45% (70-80°F).
L’umidità relativa consiste nel rapporto
  percentuale tra la tensione di vapore effettiva all’istante considerato -
  pressione parziale del vapor acqueo nell’atmosfera - e la tensione di vapore
  che sarebbe necessaria per rendere l’aria satura d’umidità alla
  temperatura e alla pressione attuali. Queste grandezze sono interdipendenti.
Spesso le incubatrici amatoriali sono fornite di igrometro
  che esprime l’umidità in °F in quanto lo strumento è un termometro con
  scala in °F con bulbo raffreddato attraverso una calza che attinge acqua per
  capillarità: più l’ambiente dell’incubatrice è secco, più l’acqua
  evapora e più i gradi °F sono bassi.
Approssimativamente la
  conversione tra °F e umidità relativa in % è la seguente:
| 
         °F  | 
      
         70  | 
      
         72  | 
      
         74  | 
      
         76  | 
      
         78  | 
      
         80  | 
      
         82  | 
      
         84  | 
      
         86  | 
      
         88  | 
      
         90  | 
      
         92  | 
      
         94  | 
    
| 
         UR  | 
      
         35  | 
      
         37  | 
      
         39  | 
      
         41  | 
      
         43  | 
      
         45  | 
      
         47  | 
      
         52  | 
      
         57  | 
      
         62  | 
      
         67  | 
      
         72  | 
      
         77  | 
    
Se l’umidità relativa è
  bassa, la schiusa è ritardata e molti embrioni muoiono prima; se è alta, la
  schiusa è accelerata e i pulcini nascono bagnati e appiccicaticci.
L’umidità
  assoluta è invece espressa dai grammi di vapor acqueo per m³
  d’aria
In una camera di schiusa a
  umidità statica, spesso usata dagli amatori, l’umidità relativa deve
  essere al 67-77% (90-94°F).
Quando manca l’energia elettrica e non c’è ricambio d’aria,
  è l’anidride carbonica la causa di mortalità.
Muovere le uova con una certa frequenza e delicatamente
  impedisce l’accollamento dell’embrione alle membrane del guscio. Movimenti
  bruschi sono assai dannosi e nelle prime 24 ore d’incubazione si corre il
  rischio di inibire lo sviluppo dell’apparato circolatorio.
Durante la speratura l’embrione è visibile come una
  macchia scura dalla quale si staccano delle diramazioni a guisa di raggi che
  conferiscono l’aspetto di ragnatela o di ragno, dovuto al sistema
  circolatorio extraembrionale. Quando si presenta un anello circolare di colore
  rosso (anello di sangue), lo sviluppo embrionale si è arrestato.
La
  disinfezione di uova e incubatoi si attua con fumigazioni di
  formalina e permanganato di potassio nelle prime 24 ore d’incubazione: 30 cc
  di formalina e 15 gr di permanganato per 15 minuti con ventilatori funzionanti
  e aeratori aperti.
· Numero eccessivo di uova infeconde: congelamento della cresta e dei bargigli nel gallo, gallo troppo vecchio, sterilità del gallo, gallo con cresta e bargigli piccoli, uova conservate troppo a lungo e in condizioni non idonee, errori di alimentazione, acqua da bere scarsa, troppo calda o troppo fredda.
· Anello di sangue: temperatura dell’incubatrice troppo alta, specialmente nel primo periodo, uova vecchie, riproduttori ammalati.
· Eccessiva mortalità nel guscio: temperatura dell’incubatrice troppo alta, mancanza di ventilazione, movimento delle uova non ben eseguito, errori nell’alimentazione delle madri se la mortalità si verifica tra 10° e 14° giorno, errori nella ventilazione, pullorosi o altre malattie infettive.
· Uova bucate ma non schiuse: umidità insufficiente, ventilazione inadeguata, temperatura elevata o bassa.
· Schiusa precoce: temperatura dell’incubatrice troppo elevata oppure con sbalzi eccessivi, vibrazioni inabituali ed eccessive.
· Schiusa tardiva: temperatura troppo bassa.
· Pulcini asciutti: temperatura elevata, umidità e ventilazione non appropriate.
· Pulcini con malformazioni: temperatura troppo alta o troppo bassa, posizione scorretta delle uova, movimento delle uova imperfetto, fattori genetici.
· Pulcini deboli: sovrariscaldamento dell’incubatrice.
· Pulcini piccoli: uova incubate piccole, umidità bassa e temperatura elevata.
· Pulcini con respiro affannoso: eccessiva umidità alla schiusa, infezioni.
· Pulcini bagnati: temperatura troppo bassa oppure umidità elevata durante l’incubazione, scarsa ventilazione, onfalite.
· Pulcini incapaci di bucare il guscio: bassa umidità durante l’incubazione, umidità elevata o insufficiente al momento del trasferimento in camera di schiusa.
Sia nell’allevamento a terra
  che in quello a batteria la temperatura delle madri artificiali nei primi 7-10
  giorni deve essere di 35°C, per diminuire progressivamente di 2-3°C e
  raggiungere, al termine della 4ª settimana, i 19-18°C. La temperatura della
  pulcinaia, al di fuori delle aree riscaldate, deve essere di 18-19°C,
  potendosi al minimo raggiungere i 15°C. Un pulcino può sopportare senza
  danni una diminuzione di 3°C per la durata massima di 1 ora e ½ circa, ma
  esso è molto sensibile al raffreddamento specialmente nelle prime 2 settimane
  di vita. Se la temperatura delle madri artificiali non è idonea, i pulcini
  fuggono dalla fonte di calore se troppo elevata, al contrario si stipano gli
  uni sugli altri se è troppo bassa.
È indispensabile che l’aria circoli liberamente sia
  sotto la madre artificiale che nella pulcinaia, senza però che si creino
  correnti, specie durante le prime 4 settimane.
Questa pratica va sempre più
  diffondendosi in avicoltura, potendo rappresentare il mezzo migliore per
  utilizzare i galli
  di alta genealogia, ed essere quindi l’unico mezzo per migliorare i
  tassi di fertilità nei casi in cui l’accoppiamento naturale presenta
  difficoltà di realizzazione, come con alcuni ceppi di Cornish particolarmente
  pesanti. Richiede personale preparato e apparecchiature specialistiche.
L’eiaculazione
  del liquido spermatico è ottenibile sia massaggiando l’addome nella regione
  ventrale tra le due ossa pubiche, sia massaggiando il dorso. Entrambe le
  operazioni provocano l’estroflessione dell’organo copulatore e l’emissione
  di sperma che viene raccolto in provetta, trasferito in siringa, diluito con
  liquido specifico e poi iniettato in dose di 0,025-0,035 ml nell’ovidutto.
  La siringa deve penetrare, a seconda delle dimensioni della gallina, per 2,5-5
  cm. Per assicurarsi una buona fertilità delle uova è opportuno ripetere l’operazione
  a intervalli di 5-7-9 giorni in relazione al grado di diluizione del seme, che
  è meglio sia introdotto appena raccolto.
L’inseminazione artificiale permette di sottoporre un
  gallo a un elevato numero di accoppiamenti settimanali (100-150 galline) che
  sono comunque notevolmente superiori a quanto si verifica in natura.
Generalmente il gallo è indotto a eiaculare 3 volte la
  settimana, anche se è possibile ripetere l’operazione con frequenza
  maggiore senza correre il rischio di ridurre la fertilità. La raccolta dell’eiaculato è
  preferibile avvenga al mattino, in quanto il suo volume è maggiore e la
  motilità degli spermi è superiore rispetto alle ore pomeridiane. Le galline
  è meglio vengano inseminate intorno alle 9 antimeridiane.
Per fecondità s’intende la
  capacità di formare cellule germinali. La fecondità non è
  direttamente controllabile nel gallo, mentre nella gallina è identificabile
  di primo acchito, in quanto corrisponde alla produzione di uova.
  Indipendentemente dalle condizioni ambientali legate al clima, alla posizione
  del pollaio e all’alimentazione, che possono influire sulla fecondità in
  modo transitorio, la capacità di deporre molte uova è un carattere ereditario, variabile nelle diverse razze e nelle
  varie stirpi di ogni razza.
Tra i caratteri costituzionali quello che risente
  maggiormente delle influenze esterne è la deposizione delle uova: un
  clima asciutto e un suolo permeabile sono condizioni favorevoli.
  Esistono razze ubiquitarie indifferenti fino a un certo punto alle
  modificazioni esterne. Ne esistono invece altre che non sopportano cambiamenti
  di clima e di altri fattori esterni, come Catalana e Castigliana che soffrono
  il freddo, mentre la Dorking soffre il caldo. Quindi l’influenza dell’ambiente
  può essere tale da inibire o mascherare il manifestarsi di alcuni caratteri
  ereditari.
Quando si procede alla misurazione di caratteri quantitativi, e l’osservazione è
  condotta su un numero notevole di soggetti, è possibile stabilire una serie
  di valori compresi fra un massimo e un minimo, con altrettante categorie di
  individui, dette classi, che presentano uno dei valori misurati. Ora, come ha
  dimostrato Quételet, la classe che comprende il maggior numero di individui,
  cioè quella con maggior frequenza, presenta il valore medio, e le
  classi meno numerose si avvicinano via via ai valori estremi.
Il maggior numero degli
  appartenenti a una popolazione variante si affolla intorno al valore medio,
  che
  rappresenta la media aritmetica dei valori estremi riscontrati. Questo valore
  medio può essere preso come valore
  tipico e normale, mentre le altre variazioni si presentano con una
  frequenza che diminuisce man mano che il loro valore si allontana dal valore
  tipico, che è il valore medio.
Se si scelgono per la riproduzione individui appartenenti
  a una qualsiasi classe, essi non trasmettono alla loro discendenza il valore
  della variazione di cui sono portatori. I figli manifestano una variabilità
  oscillante analoga a quella degli ascendenti, e anch’essi tendono, nell’insieme
  della loro generazione, ad avvicinarsi al valore medio.
Per rappresentare graficamente l’andamento di una
  variazione si può usare il metodo delle coordinate cartesiane, riportando
  sulle ascisse tratti di lunghezza corrispondenti ai valori della variazione in
  studio - per esempio 45 uova annue - e sulle ordinate il numero di individui
  che presentano quel valore, cioè le galline che depongono 45 uova.
  Congiungendo i punti estremi delle singole ordinate si ottiene una linea
  spezzata oppure una curva, che sono simmetriche rispetto a un vertice in cui
  cade l’ordinata che rappresenta la classe di maggior frequenza e che
  generalmente coincide col valore medio della variazione, detto moda.
  Questi grafici sono noti come curve a campana o curve
  di Gallon. Variazioni di tale natura si dicono continue
  e si osservano in qualsiasi razza pura.
Non tutte le galline
  appartenenti alla stessa razza o alla stessa stirpe sono feconde allo stesso
  modo. In una determinata popolazione avicola, di fronte ad alcune galline
  molto produttive, ne esistono altre che lo sono pochissimo, mentre la maggior
  parte depone un numero di uova che si aggira intorno alla deposizione media
  ricavata dai dati dell’intera popolazione. Si tratta di un tipico carattere
  quantitativo e si pensa che il controllo venga esplicato da dozzine se non da
  centinaia di geni. La fecondità è un carattere variabile da individuo a
  individuo, nei limiti di una stessa razza o stirpe.
Selezionare stirpi ad alta produzione di uova, secondo il
  concetto conosciuto e diffuso tra gli allevatori, sarebbe scegliere le galline
  più produttive per destinarle alla riproduzione. Tale procedimento è basato
  sul concetto che da galline molto feconde nascono generazioni di polli a forte
  produzione, mentre i discendenti di quelle galline scarsamente produttive
  erediterebbero questo carattere negativo. Questa pratica è corretta in quanto
  la selezione atta a migliorare una produzione, una prestazione o un qualsiasi
  carattere quantitativo, consiste in un tentativo di accumulare nella
  discendenza il maggior numero possibile di geni utili, o geni migliori,
  presenti nei genitori. Però il valore della variazione posseduto dagli
  individui di una qualsiasi delle classi di frequenza non è trasmesso in ugual
  misura ai discendenti, i quali ripetono più o meno esattamente l’oscillazione
  dei valori presentata dalla generazione precedente.
Operando con una stirpe di polli pura e omozigote per la
  fecondità, accadrà la stessa cosa. La scelta delle galline maggiormente
  produttive non porta, necessariamente, nelle figlie e poi nelle nipoti, un
  graduale aumento fino a un limite massimo, perché queste non erediteranno il
  valore assoluto della fecondità della madre, ma il valore oscillante o medio,
  proprio di quella stirpe.
In stirpi selezionate di Livorno compaiono più o meno
  frequentemente galline con una deposizione di oltre 300 uova annue. Ma l’allevatore
  non s’illuda che tutte le figlie possano ereditare la stessa proprietà. Ingannevoli
  quindi sono gli acquisti a prezzi eccezionali dei figli di riproduttori con
  record altrettanto eccezionali di deposizione! Questi record
  rappresentano solo uno degli estremi - quello a valore maggiore - della serie
  variabile e oscillante propria alla stirpe acquistata. Il punto di riferimento
  non è il valore massimo raggiunto, bensì il valore medio, che è portato per
  forza di cose dal maggior numero di figli.
Il metodo selettivo è invece di notevole efficacia quando
  si operi con materiale misto, con popolazioni eterozigoti. In tal caso la
  selezione ha lo scopo di isolare in mezzo alle stirpi eterozigoti quelle
  stirpi omozigoti aventi una loro propria variabilità. Rientra in questa
  categoria di comportamento il miglioramento delle razze di polli allevati
  nelle nostre campagne. Si tratta per lo più di Livorno che sono state più o
  meno volontariamente incrociate con razze straniere disparate. Si tratta di
  quella razza italiana sapientemente selezionata da Inglesi e Americani,
  portata per talune stirpi a una deposizione annua media di 200 uova.
Inquinamento etnico e mescolanza con stirpi a bassa
  produzione si ripercuotono sulla fecondità, che può così variare da un
  minimo di 30-40 a un massimo di 150-200 uova annue. Mentre la media aritmetica
  dei valori massimi assegnerebbe una deposizione di 120 uova, generalmente in
  queste popolazioni il numero delle galline che depongono uova in quantità
  inferiore a tale media aritmetica supera di gran lunga quello delle galline a
  deposizione maggiore. La deposizione media effettiva si aggira sulle 80-100
  uova annue.
Per
  notizie dettagliate sui gruppi sanguigni del pollo si veda vol.II - XIV - 11.
Gruppo
  B - È quello più conosciuto e comprenderebbe almeno 30 alleli o
  aplotipi, quindi 30 antigeni diversi. Questo numero non deve meravigliare: il
  gruppo B dei bovini comprende 200 alleli.
Un pulcino può ereditare gli stessi geni B1_B1
  e in questo caso è omozigote rispetto a tale gruppo sanguigno. Può ereditare
  invece B1_B7, e allora è eterozigote. I polli sono in
  maggioranza degli eterozigoti circa i gruppi. Si ritiene che l’eterozigosi
  sia il risultato di un meccanismo selettivo tendente a favorire la superiorità degli eterozigoti.
  La selezione artificiale pare tenda a favorire i polli eterozigoti per i
  gruppi A e B, per cui si sono avviate delle ricerche per controllare se gli
  stati di eterozigosi possano influire favorevolmente sulla manifestazione di
  alcuni caratteri di importanza economica. E in effetti tali ricerche sono
  tutte concordi nel confermare questa ipotesi, dimostrando come taluni
  caratteri economici vengano influenzati da alleli del tipo B e anche da un’interazione
  tra alleli A e B.
Schiudibilità
  delle uova: la schiudibilità aumenta con lo stato di eterozigosi e
  ricerche successive hanno dimostrato che lo stesso effetto può essere
  determinato anche dal gruppo E.
Vitalità
  e sopravvivenza dei pulcini: è superiore dall’8 al 15 %
  negli eterozigoti.
Peso:
  gli eterozigoti per il gene B7
  raggiungono un peso superiore.
Deposizione
  delle uova: gli alleli B1
  e B3 sono indiscutibilmente associati a un’alta
  deposizione e a un’elevata vitalità, mentre l’allele B4 esercita effetti opposti. Finora non è stato
  possibile stabilire quale dei due primi alleli sia attivo sulla vitalità e
  quale sulla deposizione.
Da esami approfonditi è risultato che i geni dei gruppi
  sanguigni sono strettamente legati a un altro fattore di grande importanza
  economica per la produzione di ibridi, e cioè all'attitudine alla combinabilità dei ceppi e dei singoli
  individui: molto spesso soggetti portatori di geni ad alta
  produttività manifestano in modo scarso le loro attitudini se non danno luogo
  a ibridi eletti. L’applicazione dei gruppi sanguigni riduce sensibilmente il
  lavoro di scelta dei riproduttori: tale scelta può essere fatta dalle prime
  settimane di vita, ma necessita di personale altamente specializzato.
Per completezza, si rimanda il Lettore al capitolo sulla Resistenza genetica alle malattie, in cui sono trattati gli effetti degli alleli B21 e R1 (vol.II - XIX - 9).
[1] Scale termometriche. In avicoltura è spesso impiegata la scala termometrica in gradi Fahrenheit °F, che risale al 1714. Un grado Fahrenheit è la 180ª parte dell’intervallo fra 32 e 212°F. Noi usiamo la scala in gradi Celsius °C, o centigrada, entrata in uso dal 1742. Un grado centigrado è la 100ª parte dell’intervallo tra 0 e 100°C.
Congelamento dell’acqua: 0°C / 32°F. Ebollizione dell’acqua: 100°C / 212°F.
1°C = 1,8°F
1°F = 0,388°C
10°C = (10 x 1,8)+32 = 50°F
101°F = 101 x 0,388 = 39,18°C