vol. 3° - XV.

PIUMAGGIO


4. coda

4.1. Le penne di una coda normale - Lo pterilio caudale

Lo pterilio della coda si divide in tre gruppi di penne:

1.  penne dello pterilio pelvico che si continuano sul lato dorsale e penne dello pterilio addominale che si spingono sul lato ventrale dello pterilio caudale

2. le timoniere, che giacciono sul margine caudale dello pterilio della coda

3. le copritrici della coda, presenti sia sulle superficie dorsale che ventrale dello pterilio caudale.

Tratto caudale dorsale - Il tratto caudale dorsale rappresenta una continuazione del tratto pelvico e termina in corrispondenza dell’eminenza dell’uropigio.

Tratto caudale ventrale - Questo tratto si limita a poche file di piume costituite da elementi piccoli e irregolarmente distribuiti, adiacenti alle copritrici inferiori della coda. In pratica non esiste una linea di demarcazione tra le piume del tratto caudale ventrale e le copritrici inferiori, anche se questa separazione anatomica è più corretta.

Timoniere - Le timoniere, dette rectrices in inglese, si impiantano lungo il margine laterale della coda. Il paio mediale presenta dimensioni maggiori delle altre e nasce più vicino al pigostilo. Nel gallo queste due piume ricevono il nome di falciformi e sono le piume più lunghe in assoluto. Il pollo domestico possiede abitualmente 14 timoniere, ma vedremo che il loro numero può variare, indipendentemente dal sesso.

Copritrici superiori della coda - Queste piume vengono distinte in maggiori e medie, e hanno un impianto parallelo alle timoniere. La morfologia è diversa nei due sessi, e si può dire che nella femmina queste piume non si sono specializzate, mentre nel maschio le copritrici maggiori vengono anche dette falciformi minori.

Le dimensioni delle copritrici maggiori si riducono man mano che si procede lateralmente, per cui spesso l’ultimo paio è così piccolo da essere discutibile la sua assegnazione alla serie. Abitualmente sono in numero uguale a quello delle timoniere, anche se non è infrequente una riduzione corrispondente a un paio di piume.

Le copritrici medie sono in numero abbastanza variabile, in quanto gli estremi sono rappresentati da 2 e 6. In media sono 4 o 5 per lato. Secondo l’American Standard of perfection dovrebbero proiettarsi oltre le piume del cuscino, ma non tutti concordano con questa disposizione.

Talora accade che all’estremità laterale vengano a mancare alcune piume, per cui questi due allineamenti non sempre sono numericamente completi.

Copritrici inferiori della coda - Nel pollo è identificabile un solo allineamento, e precisamente quello maggiore. Per vedere queste piume bisogna sollevare le timoniere. In media sono 7 per lato.

In base ai dati della tabella che segue dovremmo convenire che l’asimmetria è una regola frequente in biologia:

Timoniere e copritrici della coda

incluse le falciformi maggiori

in 11 maschi e 11 femmine di Livorno bianca

cs mg - md = copritrici superiori - maggiori e medie

ci mg = copritrici inferiori maggiori

 

timoniere

cs mg

cs md

ci mg

 

sx

dx

sx

dx

sx

dx

sx

dx

 

8

8

7

6

4

2

8

7

 

8

8

8

8

5

4

6

5

M

7

8

7

7

1

2

8

6

A

7

8

7

7

4

5

7

8

S

7

8

6

7

5

6

6

7

C

7

7

6

6

5

5

7

7

H

8

8

7

7

4

5

6

7

I

8

8

7

7

5

6

8

8

 

8

8

7

8

5

5

7

7

 

7

8

7

7

4

3

7

7

 

8

8

7

7

6

5

8

8

media

7,55

7,91

6,91

7

4,36

4,36

7,09

7

 

7

8

7

7

4

3

8

8

 

7

7

7

7

3

3

7

7

F

7

7

7

7

3

3

8

8

E

8

8

7

7

5

5

7

7

M

7

8

7

8

6

6

8

8

M

7

8

6

7

2

4

7

8

I

8

8

7

8

4

3

7

6

N

7

7

6

7

4

2

7

8

E

7

8

7

7

6

4

8

8

 

8

8

7

6

4

4

7

7

 

8

8

7

7

6

6

7

7

media

7,32

7,72

6,81

7,09

4,12

3,76

7,37

7,45

da Avian Anatomy  - Luca & Stettenheim - parzialmente modificata

4.2. I polli dalla lunga coda

In Giappone esistono 11 razze dalla lunga coda. Le più famose sono la Tosa-Onagadori, detta comunemente Onagadori [1] , e la Yokohama o Phoenix. Questo è quanto riferito da Ralph Somes in Poultry breeding and genetics (1990). Cerchiamo di mettere un po’ d’ordine, in quanto spesso gli Statunitensi parlano indifferentemente di Yokohama e Phoenix, mentre per noi Europei si tratta di due razze ben distinte. Phönix è la grafia tedesca di Phoenix, in quanto in Germania il suono eu francese può essere scritto indifferentemente oe oppure ö.  

Interessante il sito dedicato ai polli di cui ci stiamo occupando: www.longtail-fowl.com.

4.2.a. La Fenice

Fenice è l’equivalente italiano di Phoenix, derivati a loro volta dal greco phoînix che ha molteplici significati.

L’aggettivo phoînix significa: rosso, rosseggiante, scarlatto, rossiccio, rosso scuro, fenicio. I Fenici, detti in greco Phoínikes o Phoinikëïoi, erano quelli dello scarlatto, in quanto detenevano il primato della produzione della porpora e derivavano il loro nome dal verbo phoiníssø che significa insanguinare, fare arrossire, arrossare, imporporare.

Il verbo phoiníssø deriva da phoinós, rosseggiante, rosso, a sua volta derivato da phónos che significa uccisione, eccidio, strage: cioè circostanze in cui viene sparso del sangue, che ha appunto colore rosso.

Il sostantivo maschile phoînix può significare:

1 - Fenicio, Cartaginese

2 - Fenice: eroe della mitologia greca, eponimo dei Fenici e fondatore di Sidone

3 - porpora, colore rosso porpora

4 - palma: ramo della pianta che nell'età classica veniva consegnato al vincitore di una gara

5 - palma da datteri

6 - dattero: frutto della Phoenix dactylifera, la vera palma da dattero

7 - fenice: cetra fenicia o cetra punica, strumento musicale inventato dai Fenici

8 - fenice: uccello favoloso longevo (Esiodo, frammento 50 - Erodoto, Storie II,73)

Per indicare un uccello favoloso il vocabolo phoînix appare per la prima volta in Esiodo vissuto forse nella metà dell’VIII secolo aC e posteriore a Omero. Esiodo è il primo poeta greco del quale possediamo notizie storiche. Ecco i versetti del frammento 50 in cui si parla della fenice:

Di nove uomini forti così la ciarliera cornacchia

vive la vita; il cervo di quattro cornacchie, e il corvo

diventa vecchio quanto tre cervi. La fenice, poi, vive

per nove corvi; per dieci fenici viviamo noi Ninfe,

ricciole belle, figlie di Giove dell’egida sire.

(traduzione di Ettore Romagnoli, 1929)

Esiodo e la fenice vengono ripresi da Plinio nella Naturalis Historia, VII,153:

De spatio atque longinquitate vitae hominum non locorum modo situs, verum et tempora ac sua cuique sors nascendi incertum fecere. Hesiodus, qui primus aliqua de hoc prodidit, fabulose, ut reor, multa hominum aevo praeferens, cornici novem nostras attribuit aetates, quadruplum eius cervis, id triplicatum corvis, et reliqua fabulosius in phoenice ac Nymphis.

Quanto alla durata e alla lunghezza della vita degli esseri umani si è creata incertezza per la diversità non solo dei luoghi, ma anche del modo di calcolare il tempo, oltre al fatto che ciascuno nasce con un suo destino. Esiodo, che per primo ha tramandato qualcosa a questo proposito, e penso l’abbia fatto in modo fantasioso, anteponendo la durata della vita di molti animali a quella dell’uomo, attribuì alla cornacchia una longevità pari a nove volte la nostra, ai cervi il quadruplo di quella della cornacchia, ai corvi il triplo dei cervi, e il resto in modo ancor più fantasioso come a proposito della fenice e delle Ninfe.

Il primo a descrivere la fenice è stato lo storico greco Erodoto (circa 485 - circa 425 aC) che ne parla nel secondo libro delle sue Storie, quello dedicato all’Egitto:

II,73. “C’è anche un altro uccello sacro che si chiama fenice. Io non l’ho mai visto, se non dipinto; poiché, tra l’altro, compare tra loro soltanto raramente: ogni 500 anni, come affermano i sacerdoti di Eliopoli; e si fa vedere, dicono, quando gli sia morto il padre.
“Per dimensioni e per forma, se è come lo si dipinge, è così: le penne della chioma sono color oro, le altre sono rosse; soprattutto esso è molto somigliante all’aquila per forma e dimensioni. Dicono che esso compia un’impresa di questo genere (ma secondo me il racconto non è credibile): cioè, partendo dall’Arabia, porta nel tempio del sole il padre, tutto avvolto nella mirra, e lo seppellisce nel santuario del  Sole.
“Per trasportarlo farebbe così: prima di tutto, dicono, impasta con la mirra un uovo grande quanto le forze gli permettono di portarlo; poi si prova a tenerlo sollevato e, quando si sia in tal modo allenato, avendo svuotato l’interno dell’uovo, vi introduce suo padre. Quindi con altra mirra spalma la parte per la quale ha praticato lo svuotamento e introdotto il padre, di modo che, essendovi quello dentro, si ristabilisce il peso di prima; avendolo dunque così avvolto, lo trasporta in Egitto nel santuario del Sole. Ecco quanto raccontano di questo uccello.” (traduzione di Luigi Annibaletto, 1956)

La Fenice
da Prodigiorum ac ostentorum chronicon (1557) di Licostene (1518–1561)

Patrick Houlihan in The birds of ancient Egypt (1988) afferma che in Egitto l’airone, o benu, equivalente mitologico della fenice, veniva frequentemente raffigurato in blu, ma egli presume che il modello pittorico principale per il benu fosse rappresentato dall’airone cinerino, Ardea cinerea. Secondo altri il benu corrispondeva invece all’airone rosso, Ardea purpurea. Al sorgere del sole il benu era identificato con Ra, il dio sole, mentre al tramonto era identificato con Osiride, dio del regno dei morti. Così il benu venne a simbolizzare non solo la rinascita quotidiana del sole, ma anche la resurrezione dell’uomo dalla morte.

Ardea purpurea
L'airone rosso, contrariamente a quanto suggerirebbe il nome,
non è purpureo nella sua totalità 
H
a un piumaggio le cui tinte e tonalità sono ben documentate nelle immagini.
Molto più purpureo è un fenicottero
.

Come per tutte le favole, anche per la fenice esistono parecchie varianti della leggenda relativa alla sua morte e resurrezione, soprattutto sulla durata della sua esistenza, che secondo alcuni sarebbe di 1.461 anni, secondo altri addirittura di 12.994 anni.

Plinio in X,3 ci parla della Fenice, della cui esistenza non è molto persuaso. Per la descrizione egli si serve di informazioni, leggende e credenze di molti autori, sebbene si limiti a citare Manilio e Cornelio Valeriano.

Aethiopes atque Indi discolores maxime et inenarrabiles ferunt aves et ante omnes nobilem Arabiae phoenicem, haud scio an fabulose, unum in toto orbe nec visum magno opere. Aquilae narratur magnitudine, auri fulgore circa colla, cetero purpureus, caeruleam roseis caudam pinnis distinguentibus, cristis fauces caputque plumeo apice honestante.

Gli Etiopi e gli Indiani riferiscono di uccelli estremamente variopinti e indescrivibili, e prima di tutti la famosa fenice d’Arabia, non so se si tratti di una leggenda, un solo esemplare in tutto il mondo e visto non molto spesso. Si narra che abbia le dimensioni di un’aquila, con un bagliore d’oro intorno al collo, di color porpora nel resto del corpo, con penne rosa che spiccano sulla coda azzurra, la gola ornata di ciuffi e la testa di un ciuffo di piume.

Primus atque diligentissime togatorum de eo prodidit Manilius, senator ille maximis nobilis doctrinis doctore nullo: neminem extitisse qui viderit vescentem, sacrum in Arabia Soli esse, vivere annis DXL, senescentem casiae turisque surculis construere nidum, replere odoribus et superemori. Ex ossibus deinde et medullis eius nasci primo ceu vermiculum, inde fieri pullum, principioque iusta funera priori reddere et totum deferre nidum prope Panchaiam in Solis urbem et in ara ibi deponere.

Per primo fra i cittadini romani, e in maniera molto accurata, ne ha data notizia Manilio, quel famoso senatore rinomato per il suo grande sapere e autodidatta: egli scrive che non c’è mai stato nessuno che l’abbia vista nutrirsi, che in Arabia è sacra al Sole, vive per 540 anni, e quando comincia a invecchiare costruisce un nido con ramoscelli di cannella e di incenso, lo riempie di piante odorose e vi muore sopra. Poi dal midollo delle sue ossa nasce dapprima una sorta di piccolo verme che diventa quindi un pulcino, e prima di tutto rende i dovuti onori funebri all’esemplare precedente e trasporta l’intero nido nella città del Sole [Eliopoli] vicino alla Pancaia e lì lo depone sull’altare.

[...] Cornelius Valerianus phoenicem devolavisse in Aegyptum tradit Q. Plautio Sex. Papinio cos. Allatus est et in urbem Claudii principis censura anno urbis DCCC et in comitio propositus, quod actis testatum est, sed quem falsum esse nemo dubitaret.

[...] Cornelio Valeriano tramanda che la fenice volò in Egitto sotto il consolato di Quinto Plauzio e Sesto Papinio [36 dC]. L’uccello fu anche portato a Roma durante la censura dell’imperatore Claudio, nell’anno 800 della città [47 dC] e fu esposto nel comizio [luogo scoperto del foro dove si tenevano le elezioni e si adunava il popolo], il che è attestato negli atti, ma nessuno avrebbe dei dubbi a definire quell’uccello un falso.

In Ornithologia Latina (1979) Filippo Capponi si dice d’accordo con Cuvier sulla possibilità che un uccello caratterizzato da siffatti colori non sia una descrizione puramente fantastica. Potrebbe essere identificato con il fagiano dorato, Chrysolophus pictus, la cui area di distribuzione naturale corrisponde però alle montagne della Cina centrale. Capponi è anche convinto che col nome di phoenix si indicasse un uccello reale, ma raro. Infatti, dal momento che Plinio riferisce che l’uccello fu portato a Roma dove venne anche esposto, si può supporre che un volatile realmente esistente e dotato di bellissimi colori fosse chiamato con lo stesso nome della favolosa fenice, ma fenice non era.

Ovidio (43 aC - 17 dC) nelle Metamorfosi - XV,392 - colloca la fenice in Assiria:

Una est quae reparet seque ipsa reseminet ales:  
Assyrii phoenica vocant; non fruge neque herbis,
sed turis lacrimis et suco vivit amomi.

Esiste un uccello che da solo si rinnova e si riproduce:
gli Assiri lo chiamano fenice; non vive di frutti né di erbe,
ma di lacrime d’incenso e di succo di cardamomo
[2] .

Lo storico latino Publio Cornelio Tacito (circa 55-120 dC) parla della fenice nei suoi Annales:

VI.28 - Paulo Fabio L. Vitellio consulibus post longum saeculorum ambitum avis phoenix in Aegyptum venit praebuitque materiem doctissimis indigenarum et Graecorum multa super eo miraculo disserendi. De quibus congruunt et plura ambigua, sed cognitu non absurda promere libet.

Durante il consolato di Paolo Fabio e Lucio Vitellio [eletti consoli nel 34 dC], dopo un lungo volgere di secoli, l’uccello fenice giunse in Egitto, e ai più dotti fra nativi e fra i Greci fornì l’occasione di molte disquisizioni circa quel prodigio. Mi fa piacere riferire quelle cose su cui si concorda e quelle cose ancor più numerose che sono controverse, ma che vale la pena conoscere.

Sacrum Soli id animal et ore ac distinctu pinnarum a ceteris avibus diversum consentiunt qui formam eius effinxere: de numero annorum varia traduntur. Maxime vulgatum quingentorum spatium: sunt qui adseverent mille quadringentos sexaginta unum interici, prioresque alites Sesoside primum, post Amaside dominantibus, dein Ptolemaeo, qui ex Macedonibus tertius regnavit, in civitatem cui Heliopolis nomen advolavisse, multo ceterarum volucrum comitatu novam faciem mirantium.

Questo animale è sacro al Sole e coloro che ne hanno raffigurato le fattezze sono concordi sul fatto che  è diverso da tutti gli altri uccelli per l’aspetto e per la varietà dei colori delle penne: sul numero dei suoi anni vengono riferiti dati diversi. La durata che va per la maggiore è di 500 anni: ci sono alcuni che affermano che si frappone uno spazio 1.461 anni, e che i precedenti uccelli, in primo luogo sotto il regno di Sesoside [Sesostri III, 1878-1843 aC], in seguito ai tempi di Amasi [569-526 aC], quindi ai tempi di Tolomeo terzo re d’Egitto di stirpe macedone [Tolomeo Evergete, 247-222 aC], sono giunti in volo nella città di Eliopoli, con un’abbondante scorta di tutti gli altri uccelli rimasti stupiti dall’aspetto singolare.

Sed antiquitas quidem obscura: inter Ptolemaeum ac Tiberium minus ducenti quinquaginta anni fuerunt. Unde non nulli falsum hunc phoenicem neque Arabum e terris credidere, nihilque usurpavisse ex his quae vetus memoria firmavit.

Ma certamente gli avvenimenti del passato sono incerti: tra Tolomeo e Tiberio [imperatore dal 14 al 37 dC] intercorsero meno di 250 anni. Per cui alcuni hanno ritenuto che questa fenice fosse falsa e che non provenisse dai territori degli Arabi, e che non avesse fatto nulla di ciò che l’antica tradizione aveva stabilito.

Confecto quippe annorum numero, ubi mors propinquet, suis in terris struere nidum eique vim genitalem adfundere ex qua fetum oriri; et primam adulto curam sepeliendi patris, neque id temere sed sublato murrae pondere temptatoque per longum iter, ubi par oneri, par meatui sit, subire patrium corpus inque Solis aram perferre atque adolere. Haec incerta et fabulosis aucta: ceterum aspici aliquando in Aegypto eam volucrem non ambigitur.

Così, compiuto il numero degli anni, quando la morte si avvicina, costruisce un nido nel suo territorio e gli infonde il vigore genitale dal quale scaturisce il neonato; appena diventato adulto ha come prima preoccupazione quella di seppellire il padre, e non lo fa a caso, ma dopo aver sollevato un fardello di mirra e dopo aver fatto una prova su un lungo percorso, quando il peso è giusto rispetto al percorso da compiere, sostiene il corpo del padre e lo trasporta all’altare del Sole e lo brucia. Queste cose non sono certe e sono ingigantite da leggende: del resto non si dubita che talora questo uccello venga scorto in Egitto.

Claudio Eliano (ca. 170 - ca. 235 dC) parla della fenice nel suo trattato La natura degli animali. A me pare che Eliano fosse un po’ scettico circa l’esistenza del favoloso uccello. Tuttavia ciascuno potrà esprimere il proprio giudizio leggendo con calma il testo di Eliano in cui aleggia una certa ironia. Il brano è stato tradotto dal greco da Francesco Maspero (BUR, 1998).

VI,58. “La fenice, benché ignori l’aritmetica, sa contare fino a cinquecento: glielo ha insegnato la Natura, sapientissima maestra, e per questo motivo essa non ha bisogno delle dita o di qualche altro mezzo per fare i calcoli. A cosa tenda questa sua conoscenza e quale necessità la determini è argomento d’interesse comune. A fatica un egiziano fra tutti i suoi compatrioti sarebbe in grado di sapere quando un ciclo di cinquecento anni è compiuto; assai pochi, in verità, lo sanno e costoro appartengono alla casta sacerdotale. Su questi problemi poi non vanno facilmente d’accordo, ma pig1iandosi in giro reciprocamente, affermano che non adesso, ma più tardi dovrà arrivare questo uccello divino, quando cioè sarà giunto il momento stabilito. Mentre costoro stanno contestandosi a vicenda, ecco apparire la fenice, dopo aver annunciato mediante segni divini il tempo del suo ritorno. Allora i sacerdoti sono costretti ad ammettere e confessare che essi con le loro chiacchiere occupano il tempo «a tenere fermo il sole», però non sanno tutto ciò che sa la fenice. Ma, per gli dèi, non è forse cosa saggia sapere dove si trova l’Egitto, dov’è Eliopoli, città nella quale, per volontà del fato, questo uccello deve giungere e dove deve seppellire suo padre e in qua1e tomba riporlo? Ma se tutto ciò non ha nulla di meraviglioso, abbiamo allora il diritto, noi uomini, di definire intelligenti quelle nostre attività che riguardano il commercio, gli armamenti e le insidie che ci tendiamo a vicenda? A me non sembra di certo, o miei cari uomini che emulate Sisifo, i Cercopi e i Telchini. Io mi rivolgo a tutti coloro che anelano a queste cose, ma non certamente a quanti non si sono ancora del tutto perfezionati in quegli obbrobri dei quali ho parlato sopra.”

Sisifo: mitico re di Corinto, famoso per la sua disonestà e furbizia.

Cercopi: due fratelli briganti che Zeus trasformò in scimmie per le loro malefatte.

Telchini: demoni malefici e astuti.

È interessante come spesso un mito non sia confinato a una ristretta area geografica. Infatti sparsi per il mondo troviamo i corrispondenti della fenice che ricevono nomi diversi e connotazioni diverse, ma che sostanzialmente esprimono concetti assai simili: Benu nell’antico Egitto, Ho-Oo in Giappone, Zhar ptitsa in Russia, Yel tra gli Amerindi, Feng per i Cinesi.

Il Feng, l’equivalente della nostra fenice, è il termine cinese per il maschio, simbolo di felicità e di buon governo. Nella mitologia cinese infatti la fenice è composta sia dal maschio che dalla femmina, detta Huang. La versione mitologica che va per la maggiore è quella secondo cui questo uccello avrebbe la testa e il corpo di un fagiano e le piume di un pavone, oltre a essere dotato di cinque colori brillanti e vivaci: rosso, blu, giallo, bianco e nero. A differenza della fenice, il feng è immortale. È presente come elemento decorativo nell'arte cinese Feng e fu spesso usato per decorare gli antichi bronzi cinesi. Più tardi fu rappresentato insieme alla sua femmina, simboleggiando così l’amore eterno. La femmina era anche il simbolo dell'imperatrice, della bellezza, della pace, della prosperità, per cui veniva raffigurata su paraventi, tende e stoffe usati nelle cerimonie nuziali. Anche per il mitologico feng è stato fatto il tentativo di identificarlo con un fasianide realmente esistente: secondo alcuni si tratterebbe del Rainardo ocellato (Rheinartia ocellata), secondo altri dell’Argo (Argusianus argus).

Ho-Oo o Karura è la fenice giapponese. Ho è il maschio e Oo è la sua femmina: si tratta di un’enorme aquila sputafuoco dalle piume dorate e dalla testa coronata da gemme magiche. Viene sulla terra a compiere buone azioni a favore del genere umano e questa sua comparsa simboleggia l'inizio di una nuova era. Quindi l'uccello fa ritorno in cielo ad attendere una nuova era. L'ho-oo è stato adottato come simbolo della famiglia reale, specialmente dell'imperatrice. Esso rappresenta il sole, la giustizia, la fedeltà e l'obbedienza.

Il mondo slavo ha il suo equivalente della fenice in Zhar ptitsa . Zhar è un’antica parola russa che significa calore estremo, come quello del sole o come quello del carbone che sta bruciando senza fiamma, è un calore che si accompagna a luce. Quindi zhar potrebbe essere tradotto con risplendente, brillante. Ptitsa in russo significa uccello. Per cui Zhar ptitsa equivale a Uccello splendente. Viene anche tradotto in Uccello di fuoco, in inglese Firebird.

“Zhar ptitsa è il simbolo del dio del sole e del dio del tuono. Questo uccello si presenta come il fuoco del cielo e la sua brillantezza è come la brillantezza del sole. È un uccello della fortuna: anche una sola delle sue piume è portatrice di estrema felicità alla persona che la possiede. È per questo che molte persone cercano questo uccello. Zhar ptitsa vive nel giardino del Paradiso dove vive anche la Tsar devitsa (la zarina). In questo giardino dell’Eden crescono mele d’oro, che sono in grado di ridare la giovinezza alle persone anziane. Durante il giorno Zhar ptitsa se ne sta appollaiato in una gabbia d’oro e canta le canzoni dell’Eden. Mentre canta escono perle dal suo becco. Di notte fa ritorno in volo al giardino del Paradiso. Le sue piume hanno lo splendore dell’oro e dell’argento e il giardino ne viene illuminato. Ognuna delle sue piume vale quanto un regno e Zhar ptitsa non ha prezzo. L’antica tradizione greca riguardo la fenice ha dei legami con la tradizione slava di Zhar ptitsa.” (Traduzione dal russo in inglese di Irina Moiseyeva - da Dictionary of Slavonic mythology di Grushko e Medvedev, 1996)

Per i Cristiani del Medioevo la fenice finì per rappresentare la morte e la resurrezione di Cristo. Anche Dante, riprendendo Ovidio, cita la fenice nel XXIV canto dell’Inferno, 106:

Così per li gran savi si confessa

che la Fenice more e poi rinasce,

quando al cinquecentesimo anno appressa;

erba né biada in sua vita non pasce,

ma sol d’incenso lacrime e d’amomo;

e nardo e mirra son l’ultime fasce.

Non possiamo tralasciare il corvo, che si gongola tutto quando la volpe lo seduce dicendogli che rispetto a tutti gli altri uccelli che abitano il bosco lui è la Fenice. Per questa educativa e bellissima composizione - che dovremmo spesso meditare - dobbiamo ringraziare il poeta e favolista francese Jean de La Fontaine (Château-Thierry, Champagne, 1621 - Parigi 1695).

Le Corbeau et le Renard

Maître Corbeau, sur un arbre perché,
Tenait en son bec un fromage.
Maître Renard, par l'odeur alléché,
Lui tint à peu près ce langage :
"Hé! bonjour, Monsieur du Corbeau.
Que vous êtes joli! que vous me semblez beau!
Sans mentir, si votre ramage
Se rapporte à votre plumage,
Vous êtes le Phénix des hôtes de ces bois."
A ces mots le Corbeau ne se sent pas de joie;
Et pour montrer sa belle voix,
Il ouvre un large bec, laisse tomber sa proie.
Le Renard s'en saisit, et dit: "Mon bon Monsieur,
Apprenez que tout flatteur
Vit aux dépens de celui qui l'écoute:
Cette leçon vaut bien un fromage, sans doute."
Le Corbeau, honteux et confus,
Jura, mais un peu tard, qu'on ne l'y prendrait plus.

Sen stava messer Corvo sopra un albero
con un bel pezzo di formaggio in becco,
quando la Volpe tratta al dolce lecco
di quel boccon a dirgli cominciò:
- Salve, messer del Corvo, io non conosco
uccel di voi più vago in tutto il bosco.
Se è ver quel che si dice
che il vostro canto è bel come son belle
queste penne, voi siete una Fenice -.
A questo dir non sta più nella pelle
il Corvo vanitoso:
e volendo alla Volpe dare un saggio
del suo canto famoso,
spalanca il becco e uscir lascia il formaggio.
La Volpe il piglia e dice: - Ecco, mio caro,
chi dell'adulator paga le spese.
Fanne tuo pro' che forse
la mia lezione vale il tuo formaggio -.
Il Corvo sciocco intese
e (un po' tardi) giurò d'esser più saggio.

Lo scetticismo popolare circa l’esistenza della fenice raggiunse la massima espressione nel paragone di Pietro Metastasio (1698-1782): “Come l’araba Fenice, che vi sia ciascun lo dice, dove sia nessun lo sa.” (Demetrio, atto II, scena III). Questi versi, divenuti proverbiali, vengono attribuiti a persone o a cose più uniche che rare.

Alla Fenice è intitolato il più famoso teatro di Venezia, inaugurato il 16 maggio 1792, che come il mitico uccello è risorto dalle sue ceneri dopo gli incendi del 13 dicembre 1836 e del 29 gennaio 1996.

4.2.b. Yokohama

Yokohama è una città giapponese situata nella baia di Tokio che col passare degli anni è diventata uno dei più importanti porti nipponici. Stando alle parole di Teodoro Pascal, nel 1864 il missionario francese Girard spediva dal Giappone al Giardino d’acclimatazione di Parigi i primi campioni di questa elegante razza (che verosimilmente altro non era che un Onagadori partito dal porto di Yokohama). Così prosegue Pascal:

“Nel complesso delle forme la Yokohama corrisponde alquanto alla Malese, di fronte alla quale però è più bassa, più svelta e meno diritta; ma ciò che la mette vieppiù in evidenza, come razza d’ornamento, è la sua lunga coda che raggiunge 80 cm nei soggetti di 2ª scelta ed 1 metro in quelli di tutto primo merito. Questo pollo è delicatissimo, gli allievi si sviluppano rapidamente, ma danno un fortissimo contingente alla mortalità ed in mano inesperta periscono tutti. Anche nei requisiti economici la Yokohama lascia molto a desiderare: la gallina depone uova molto piccole ed in numero limitato, infine abbiamo soltanto una bellissima razza da sport per eccellenza, ma nulla più.

“La coda, portata orizzontalmente, è tanto lunga da strisciare per terra, ed è perciò naturale che gli allevatori, al primo apparire di questo bellissimo pollo, ebbero ad entusiasmarsi, poiché sin d’allora (1864) non si vide mai nulla di simile. Sennonché questo speciale requisito della razza è molto più degnamente rappresentato nella Fenice, maravigliosa gallina, introdotta molto tempo dopo della Yokohama in Europa, e cioè nel 1878. La fenomenale lunghezza della coda del gallo Fenice (lunghezza normale metri 1,5 a 2 - lunghezza straordinaria 2,8 a 3 metri) ha fatto passare la Yokohama in seconda linea.” (Le razze della gallina domestica, 1905)

4.2.c. Razza Fenice

Continuiamo con le parole di Pascal:

“È un pollo assolutamente meraviglioso a causa della straordinaria lunghezza della sua coda, che in alcuni campioni ha financo raggiunto i 3 metri. Questo stupefacente risultato è però assolutamente eccezionale, ma è stato più volte ottenuto, così al museo di storia naturale a Tokio si conserva impagliato uno di questi strabilianti animali; comunque sia, la lunghezza normale si potrebbe ammettere come oscillante fra metri 1,5 a 2, e vi par poco?  

“Vi sono allevatori nel Giappone che consacrano cura speciale a questa razza singolarissima, ma essi non vanno tanto pel sottile nell’osservanza delle caratteristiche generali [4] , poiché il loro unico e solo obiettivo è quello di ottenere il massimo sviluppo di coda nel gallo; acciocché questa non abbia a sciuparsi, l’animale è tenuto espressamente rinchiuso in una voliera stretta e alta 3 metri circa; sotto il tetto della voliera è situato un posatoio ove il gallo vi resta costantemente appollaiato.

“Nel corso della giornata gli si concedono pochi momenti di svago, ed all’uopo, prima di levarlo dalla gabbia, gli si lega l’immensa coda, acciocché non venga danneggiata dallo strofinio per terra. Il gallo si abitua a quello stato di sequestrazione e non cerca affatto di uscirne: all’epoca della muta, quando appena spuntano le piume della coda, vi si sospendono dei pesi per provocarne l’allungamento.

“Come la Yokohama, la Fenice è allevata a preferenza in Germania, e dalle bellissime illustrazioni che mi pervennero, emergono in questo allevamento il signor Nissen per i Fenice ed un signor Max Puchert di Ruppertsgrün-Werdau per i Yokohama. La razza Fenice venne importata ad Amburgo direttamente dal Giappone dal signor Wichmann nel 1878, in seguito il di lui fratello incrociò i tipi originali con galline combattenti inglesi, ed oggidì tutti i campioni della razza allevati in Germania provengono da quei prodotti d’incrocio.  

“Certamente questi soggetti hanno un po’ perduto nella lunghezza della coda, ma sono per lo contrario molto meno delicati dei tipi originari; le bellissime illustrazioni che abbiamo sott’occhio mettono in evidenza delle lunghissime code non ostante che rappresentano individui incrociati. 

“Il tipo originario del Giappone è semplicemente meraviglioso, ma è altresì meravigliosa la sua estrema delicatezza nel clima nordico della Germania; contentiamoci dei soggetti modificati dagli allevatori tedeschi, che sono anche bellissimi e di allevamento non difficilissimo, ma pur tuttavia sempre abbastanza difficile. D’altronde una selezione accurata potrà raggiungere le perdute dimensioni della coda nei tipi tedeschi; ma checchè se ne dica, gli allevatori della Yokohama, e della Fenice, si contano sempre sulla punta delle dita, e ciò grazie alle grandi contrarietà che presenta il loro allevamento.

“I Fenice di allevamento tedesco, salvo nella enorme coda, assomigliano non poco alla combattente inglese e nelle forme e nel mantello (nel mantello specialmente).” (Le razze della gallina domestica, 1905)

4.2.d. Phoenix in Arizona

Phoenix è la capitale dell’Arizona, caratterizzata da un clima estremamente arido, un tempo consigliata per i sofferenti di affezioni delle vie respiratorie, ora non più a causa della polluzione automobilistica. Gli indiani Hohokam vi costruirono un primitivo sistema di irrigazione, e quando i bianchi giunsero in quest’area nel 1867 denominarono la città col nome del leggendario Uccello capace di risorgere dalle proprie ceneri, come la vita del deserto era risorta grazie all’ingegnosità idraulica degli Hohokam.

4.2.e. Cosa dicono gli Standard

L’American Standard of Perfection dice che la Phoenix appartiene alle razze dalla lunga coda, è originaria del Giappone, gli orecchioni debbono essere ovali, puliti, di dimensione moderata, bianchi sia nella varietà argento che in quella oro. Anche alla Yokohama attribuisce un’origine giapponese, da ceppi ancestrali comuni al Phoenix, e circa gli orecchioni dice che essi debbono essere molti piccoli e rosso brillante in tutte le varietà.

Il Bantam Standard, dell’American Bantam Association, attribuisce al Phoenix nano   un’origine tedesca, e in tutte le varietà gli orecchioni debbono essere bianchi. Per la Yokohama l’origine è giapponese nel caso di cresta a pisello, tedesca per la cresta a noce. In tutte le varietà gli orecchioni sono rosso brillante.

Lo standard olandese dà per ambedue le razze un’origine giapponese, con orecchioni rossi per la Yokohama e bianchi per il Phoenix.

Nel 1905 Pascal riporta per il Phoenix degli orecchioni ovali, piccoli e bianchi. Per la Yokohama non fa menzione del colore degli orecchioni, forse per omissione, oppure perché questa caratteristica non era ancora definita dallo standard.

Nella sezione storica abbiamo riportato, da uno studio giapponese, che l’orecchione del Shokoku è rosso, mentre quello del Totenko e dell’Onagadori è bianco (vol.I - VII.5.2.). Per cui Tanabe ha suggerito che l’Onagadori è derivato dal Totenko e non dal Shokoku, come suggerisce lo studio che abbiamo analizzato nell’apposito capitolo. Tanabe è confortato anche dai dati della fosfatasi alcalina.

In base ai dati storici sull’importazione di Phoenix e Yokohama dal Giappone nella seconda metà del 1800, riferiti da Pascal, dobbiamo desumere che forse ben poco resta di sangue giapponese nel Phoenix Shokoku odierno, in quanto in Germania gli orecchioni sono diventati bianchi e gli standard accettano questa soluzione. Pertanto ci rendiamo conto che spesso l’accanimento dei giudici non tiene conto della genetica e la testardaggine di certi allevatori non tiene conto di dati storici.

Il Phoenix è più bello con orecchioni bianchi o rossi? Per me è preferibile che siano bianchi. Si tratta sempre della solita Weltanschauung.

Questa digressione era necessaria, per poterci addentrare nel problema genetico della coda spropositatamente lunga dell’Onagadori e di quella ragguardevole della Yokohama, che attualmente si è un po’ ridotta.

4.3. Crescita della coda e mancanza di muta

Gt - mt - growth of tail · molt of tail

   Ambedue autosomici - Gt dominante - mt recessivo 
   Gruppo di associazione sconosciuto

Qui ricominciano le dolenti note: in base alle affermazioni di Oana (1954) si ritiene che le razze dalla lunga coda derivino dal Shokoku, una delle razze giapponesi più antiche, in quanto le razze con strascico somigliano moltissimo al Shokoku nella particolare disposizione delle piume della coda. Facciamo di necessità virtù, accettiamo i concetti che seguono adattandoli all’Onagadori, in quanto ormai tutti noi abbiamo strutturato nella nostra mente che il Phoenix Shokoku è sì quello dalla coda lunga, ma poco più del normale. Che confusione! Una cosa è certa: in giapponese Onagadori significa O = coda, naga = lunga, dori = pollo. Ossia: pollo dalla lunga coda

Orbene, la coda del gallo Onagadori differisce da quella abituale in quanto possiede delle piume addizionali che consistono in un paio di lunghe penne situate nella parte più alta, dove si impiantano le timoniere, e appena al di sotto e obliquamente rispetto alle falciformi. Talora esistono due paia di tali piume invece di uno solo. Esse crescono con lo stesso orientamento delle timoniere.

Le femmine appartenenti alle razze dalla lunga coda hanno una normale velocità di crescita delle piume, e le cambiano annualmente. Nel maschio invece si sviluppano delle lunghe lanceolate della mantellina, e le lanceolate del groppone crescono di 30 cm l’anno, mentre le falciformi crescono di un metro all’anno. Il gallo muta le piume del corpo di tanto in tanto, ma mantiene circa una ventina di piume nella regione della coda, che continuano a crescere col passare del tempo.

Le lunghe piume definitive della coda del Phoenix Onagadori sono precedute da due generazioni di piume transitorie che non oltrepassano i 60 cm di lunghezza. Le definitive compaiono quando il gallo ha 5-6 mesi d’età, e continuano a crescere per tutto l’arco della vita, raggiungendo, in 12 anni, anche i 6 metri, con una lunghezza di 2 metri e mezzo circa quando il gallo ha da 4 a 6 anni. La crescita continua non è la sola caratteristica di queste piume. Esse posseggono alla base una guaina robusta che può misurare anche 25 centimetri. Il record di lunghezza riferito da Tengco & Nashimura nel 1982 fu una coda di 11 metri e mezzo.

Nel 1970 Sasaki e Yamaguchi hanno proposto l’esistenza di 2 geni per spiegare la differenza tra fenotipi a coda lunga, mediolunga e corta. Ecco i geni in causa:

Gt permette la continua crescita di parte delle piume della coda e delle piume della sella

mt impedisce la muta di certe piume della coda e della sella.

I genotipi sono diversi a seconda della razza e della varietà:

Onagadori: Gt/Gt  mt/mt

Shokoku: muta annualmente anche le piume della coda e ha un genotipo Gt/Gt  Mt+/Mt+

Polli abituali: gt+/gt+ Mt+/Mt+.

La risposta a questi geni risente di fattori ambientali, in quanto l’Onagadori, abitualmente allevato in gabbie apposite di legno, se viene allevato al suolo e usato come riproduttore mostra un cambiamento delle caratteristiche delle piume: la loro crescita si arresta e mutano facilmente. Al contrario, quando il Shokoku è allevato in gabbia, le sue piume continuano a crescere per andare incontro alla muta solo dopo 2 o 3 anni.

Questi dati riguardanti il condizionamento da parte dell’ambiente e il fatto che le femmine compiono una muta normale, inducono a definire questi due geni come dotati di un’azione limitata al sesso maschile, purché vengano rispettate certe regole d’allevamento.

4.3.a. Le osservazioni di Carefoot

Credo siano utili le osservazioni fatte da Carefoot. Egli si chiede quale sia la coda normale. Abitualmente è la coda che dà un giusto bilanciamento alla forma del soggetto, e si può dire che ogni allevatore ha un suo modello di coda ideale, per cui esistono svariate fogge e dimensioni che possono essere scelte come standard da continuare nella progenie. Esiste solo l’inconveniente che la coda, come tanti altri caratteri, spesso dipende dall’azione combinata di svariati geni che hanno effetti meno drammatici di quelli dei geni implicati nella coda lunga e nella mancanza di coda.

Carefoot ha potuto osservare dei Combattenti Inglesi Antichi giganti forniti di una bella coda che non si deteriora a ogni muta, mentre i corrispondenti nani, col succedersi delle mute, vengono a trovarsi con una coda che è solo un ricordo di quella primitiva, anche se talora i nani si comportano come i giganti. Probabilmente la causa di tutto ciò risiede in un singolo gene il cui comportamento non è ancora stato studiato, probabilmente recessivo. In parecchie razze dal piumaggio soffice si può talora osservare una predominanza di soggetti dalla coda troppo soffice, portata troppo bassa e che non riesce a bilanciare la forma generale del soggetto. Talora il tutto viene esagerato da un dorso troppo arrotondato, cosicché la coda si abbassa. Questa coda soffice è propria della Cocincina nana, ed è spesso presente nell’Orpington, e non si può escludere che si tratti di un fenotipo geneticamente determinato.

Certamente qualsiasi giudice avrà già squalificato quei soggetti che presentano la cosiddetta schiena da scarafaggio, dovuta al gene rp-2 che abbiamo già descritto (sez.X - 4.3.). Questo gene non solo causa frequentemente una curvatura della colonna vertebrale, ma altrettanto spesso determina una fusione delle vertebre della coda e ne determina un incurvamento verso il basso. L’effetto di questo gene serve da esempio di come il portamento della coda dipende dalla piattezza della schiena, e di come la conformazione scheletrica sia dotata dell’effetto maggiore su tale portamento. Orbene, tralasciando questo caso estremo, possiamo giustamente pensare che i diversi modi in cui vengono portate le code dipendano dall’azione di almeno un gene. Basta pensare quale differenza esiste tra Malese e Nagasaki, i quali debbono avere un’angolazione differente della colonna, e le capacità dell’allevatore verranno a galla quando saprà bilanciare, attraverso una giusta selezione, gli effetti genetici che si svolgono sull’angolo di curvatura della colonna.

4.4. Piume soprannumerarie alla coda

ext - extra tail feathers

    Autosomico recessivo  
   Gruppo di associazione sconosciuto

Abbiamo già riferito nel capitolo sull’origine del pollo che Darwin riscontrò delle oscillazioni numeriche a carico delle piume della coda, che andavano da 14 a 17: 14 piume, cioè un numero normale, in tredici razze comuni; 16 piume in esemplari di Cochin, Polish, Sultano, Malese; 17 piume in un vecchio Cochin e in una femmina Malese. I rilievi di Lucas & Stettenheim concordano con quelli di Darwin.

Le osservazioni che hanno condotto a postulare l’esistenza del gene ext sono state fatte da Williams (1979) sulle varietà nane di Combattente Inglese Antico e Araucana. I soggetti avevano 7 timoniere per lato oltre al paio di falciformi, quindi otto timoniere per lato, oltre a qualche falciforme minore soprannumeraria. Talora le falciformi minori soprannumerarie non erano presenti, e molto spesso solo un lato presentava otto timoniere.

La condizione descritta da Williams somiglia molto a quella descritta per il Shokoku, e in base a successivi incroci lo studioso ha potuto concludere che questo tratto è causato da un singolo gene autosomico recessivo dotato di penetranza incompleta e di espressività variabile. Osservò anche soggetti con 6 e 9 piume alla coda, ma non gli è stato possibile concludere che l’anomalia fosse legata allo stesso gene.

4.5. Ipoplasia delle piume della coda

Hy - hypoplasia

     Autosomico dominante  
 Gruppo di associazione sconosciuto

Si tratta di un’anomalia che a un esame superficiale somiglia a quella determinata da Rp. È caratteristica della razza Ingie ed è stata riscontrata solo sull’isola giapponese di Tanegashima. Importata dall’Inghilterra nel 1894, è stata mantenuta allo stato puro fino ai giorni nostri. Il numero delle timoniere e delle copritrici della coda è uguale a quello dei polli normali, ma queste piume hanno una struttura completamente differente, in quanto si presentano estremamente iposviluppate, arricciate, lunghe e sottili, dal rachide minuto e con scarsi amuli. Per questo motivo gli Ingie sembrano degli scodati, ma l’indagine ai raggi X ha dimostrato la presenza di un uropigio normale, le vertebre caudali sono libere e non saldate, ed è presente il pigostilo.

5. ali

Le remiganti appartengono alle penne di contorno e sono strutturate in modo da permettere il volo. Esse vengono suddivise in primarie e secondarie a seconda che si impiantino sul bordo posteriore della mano o dell’avambraccio. Il pollice può portare alcune piccole remiganti, da 2 a 6, che formano l’alula, cioè l’ala piccola, detta anche falsa ala.

Ciascuna remigante è sovrastata alla sua base da differenti file di penne di copertura, dette tettrici. Dal lato dorsale dell’ala, procedendo verso il margine anteriore, si incontrano tettrici primarie, secondarie e marginali. I primi due tipi sono in numero più o meno equivalente a quello delle remiganti. Anche sulla superficie ventrale dell’ala sono presenti le tettrici, che però sono disposte in modo meno ordinato.

Le remiganti primarie sono inserite nella porzione scheletrica corrispondente alla mano. Abitualmente nel pollo le remiganti primarie sono 10, ma non è infrequente trovarne 11, e vengono numerate a partire dal polso, o articolazione carpale, procedendo verso l’esterno, quindi verso l’apice dell’ala, nell’ordine seguito dalla muta. Alla nascita si possono individuare le 6 remiganti primarie più interne, mentre le 4 più esterne sono rappresentate da piumino neonatale maturo che solo successivamente verrà sostituito da remiganti. Senza entrare in particolari, la decima sarà ben visibile  intorno al 22° giorno di vita.

Le remiganti secondarie trovano impianto nella parte dell’ala corrispondente all’avambraccio. La loro numerazione procede anch’essa dall’articolazione carpale e ovviamente verso l’attaccatura dell’ala. Il pollo possiede in media 18 remiganti secondarie, che nell’Albatros urlatore, Diomedea exulans, sono 40. Il perché di questa differenza numerica non necessita di spiegazione. Nel neonato sono riconoscibili le secondarie che vanno dalla terza all’undicesima, mentre quelle poste prima e dopo sono costituite da piumino neonatale maturo. Intorno al 22° giorno di vita tutte le secondarie saranno ben visibili.

5.1. Remiganti primarie soprannumerarie

Sf1 - Sf2 - surplus flight primaries

     Autosomici dominanti, con azione complementare  
    Gruppo di associazione sconosciuto

Ogni ala possiede abitualmente 10 remiganti primarie, mentre alcune razze e ceppi ne possono avere un numero maggiore. L’anomalia è di frequente riscontro nella Rhode Island rossa, nella Plymouth Rock barrata, nella Nagoya. Le osservazioni sono frutto di Onishi, che in seguito a incroci tra Livorno bianca e Nagoya ha potuto concludere per un’azione complementare di due geni autosomici completamente dominanti, ovviamente presenti su loci diversi.

5.2. Chiazza di alopecia alle ali

Chiazza di alopecia alle ali

 Ereditarietà da definire, con espressione limitata al sesso maschile

Jeffrey (1985), allevando dei Combattenti Inglesi Antichi nani lavanda, osservò un galletto che presentava anomalie d’impiumamento alle ali, e precisamente in corrispondenza delle piccole copritrici, anomalia cui diede il nome di patch. Si trattava di un’area di 10-15 mm² localizzata in corrispondenza delle piccole copritrici di ambo i lati, nel cui contesto le piume non si svilupparono mai al di là delle dimensioni di uno spillo; nelle zone adiacenti le piume erano di dimensioni intermedie con aspetto setoso, e dopo la muta, cui andarono incontro anche gli aborti di piuma, ricrebbero i soliti spilli. Un caso analogo, sempre a carico delle piccole copritrici, ma caratterizzato da piume setose anziché a spillo, e che non andavano incontro a muta, è stato descritto da Banning-Vogelpoel nel 1971 a proposito di una Nana Calzata porcellana. In ambedue i casi era presente il gene lav.

Successivamente Jeffrey incrociò il galletto con una sorella dello stesso colore, ottenendo 5 maschi tutti con le chiazze alle ali e 6 femmine tutte normali. Non proseguì in ulteriori accoppiamenti. La base genetica di questa anomalia non è nota, ma si può supporre, nonostante i dati siano scarsi, che sia ereditaria con espressività limitata al sesso maschile, verosimilmente legata in modo stretto col gene lavanda.

Nei maschi di combattenti malesioidi è frequente riscontrare vaste aree di alopecia bilaterale alle ali che sicuramente non riconoscono un’origine traumatica, quale potrebbe verificarsi durante i combattimenti.

5.3. Remiganti displasiche

dr - dysplastic remiges

   Autosomico recessivo  
  Gruppo di associazione sconosciuto

Quest’anomalia del piumaggio, osservata per la prima volta all’Università del Saskatchewan, è caratterizzata dal fatto che negli adulti manca un numero variabile di remiganti e di timoniere, con interessamento delle copritrici alari nei casi estremi. La mutazione si manifesta dapprima al centro dell’ala e della coda, e nei casi moderati consiste in una perdita delle piume più prossime alla linea mediana; nei casi estremi si assiste a una progressione laterale della perdita di remiganti primarie e secondarie. L’espressione più severa comporta la perdita di tutte le remiganti. La perdita delle timoniere corrisponde all’entità dell’interessamento delle remiganti, ma la compromissione dei follicoli delle timoniere è sempre piuttosto scarso. I follicoli interessati si presentano pieni di materiale plumario in via di disfacimento, oppure contengono piume deformate e alterate. Questi rilievi macroscopici non sono evidenti a carico delle remiganti se non in pulcini di 6-16 giorni di vita, mentre si rendono manifeste nelle timoniere a 21-28 giorni d’età. I follicoli che si alterano durante lo stadio giovanile si presentano alterati anche nella vita adulta. È stato possibile osservare la stessa alterazione anche a carico del tratto crurale nei portatori di garretti d’avvoltoio.

5.4. Assenza di remiganti

Fl - flightless

  Autosomico incompletamente dominante  
 Gruppo di associazione sconosciuto

In questa condizione si ha un interessamento delle timoniere, delle remiganti e di altre piume di grosse dimensioni, le quali presentano un difetto del rachide che comporta lo spezzarsi della piuma se sottoposta a pressione, e questo fatto comincia a manifestarsi solo quando la piuma è matura. Le piume di copertura più piccole per lo più non si spezzano, ma con l’invecchiamento del piumaggio il soggetto diventa sempre più ispido.

Quest’anomalia può già essere riconosciuta in pulcini di un mese, che hanno remiganti di lunghezza irregolare, e che possono già spezzarsi. La cisteina ha una concentrazione del 18,5% in meno rispetto alla norma, mentre il fosforo supera i valori normali del 12,4%. L’indagine ai raggi X ha messo in evidenza una struttura fibrosa deficitaria. Potrebbe essere vera l’ipotesi di un’anomalia che coinvolge il metabolismo proteico. Il gene Fl è dotato di un’azione letale allo stato omozigote.

5.5. Sfilacciato

fr - fray

    Autosomico recessivo  
    Gruppo di associazione II - cromosoma 2

Quest’anomalia è caratterizzata da un aspetto sfilacciato delle timoniere e delle remiganti, dovuto a un difetto delle barbule e degli amuli, per cui le barbe non possono rimanere unite. Questa caratteristica è difficile da riconoscere anche nel piumaggio giovanile, in quanto diventa ben manifesta solo nel piumaggio adulto.

5.6. Ali sbrindellate

rw - ragged wings

    Autosomico recessivo  
  Gruppo di associazione sconosciuto

Questo difetto delle piume è stato scoperto in modo indipendente nelle Stazioni Sperimentali Agricolturali di New York e del Kansas. L’anomalia non è evidente nei pulcini appena nati e neppure nel piumaggio giovanile, in quanto si rende manifesto solo in quello adulto, e quando raggiunge la massima espressione può causare l’assenza di tutte le remiganti, senza che ciò sia la norma; all’altro estremo esistono soggetti dotati di tutte le remiganti, che però si presentano accorciate. Le piume della coda vengono sempre risparmiate. L’azione del gene pare si svolga nei primi tempi della vita embrionale, causando una dissociazione dello sviluppo dei componenti mesodermici ed ectodermici del germe della piuma. Anche se il modo di comportarsi del gene è di tipo autosomico recessivo, c’è ragione di credere all’intervento di geni modificatori che sono in grado di inibire l’espressione completa di rw.

6. tarsi

6.1. Tarsi impiumati, piume ai piedi

Pti-1 - Pti-2 - pti-3 - ptilopody

   Geni autosomici ad azione singola o combinata  
  Gruppo di associazione sconosciuto

La presenza di piume ai piedi riceve diverse denominazioni: tarsi impiumati, zampe impiumate, piedi impiumati, ptilopodia. Si tratta di una caratteristica comune a svariate razze, nelle quali si esprime con fenotipi differenti, variabili anche da un soggetto all’altro. Talora si associa una brachidattilia. Se vengono considerate da un punto di vista ontogenetico, le penne, come le squame cornee, prendono origine da papille dermiche. Facciamo un passo indietro. La filogenesi ci insegna che le penne si sono sviluppate da squame cornee e ciò è confermato dal fatto che le zampe degli uccelli sono spesso ricoperte da squame, che in alcune specie, o in gruppi di specie, si trasformano in penne: poiana calzata, civetta capogrosso. Nel pollo domestico questa caratteristica, per così dire ancestrale, può essere mantenuta attraverso la selezione.

Ovviamente un concetto siffatto va a cozzare contro l’origine monofiletica di ispirazione darwiniana, in quanto il Gallo Rosso della giungla ha zampe glabre. Si dovrebbe pertanto ammettere l’esistenza di un superantenato nel quale tutte le squame erano diventate piume.

Breda, Langshan e Faverolles mostrano il grado minore d’impiumamento: sono interessati solo la superficie esterna del tarsometatarso e il dito più esterno. Anche Brahma e Silky sono impiumate solo nella parte esterna dei tarsometatarsi, presentando però un impiumamento del 3° e del 4° dito. Barbuta di Uccle, Nana Calzata, Cocincina e Sultano presentano piume sia all’esterno che all’interno del tarsometatarso, oltre che a carico del 3° e del 4° dito.

Nella Pavlov l’impiumamento dei tarsi è completamente differente: anche se le piume non sono dotate di particolare rigidità, esse sono presenti su faccia anteriore, esterna e interna del tarsometatarso, oltre a ricoprire tutte quante le quattro dita.

Dagli studi di Somes eseguiti incrociando Langshan, Brahma, Cocincina e Sultano con Livorno bianca, è emerso che Langshan e Brahma portano, ognuna, un paio di geni dominanti, mentre Cocincina e Sultano ne posseggono due paia.

In aggiunta a questi studi, alcuni hanno dedotto che in certi ceppi sono presenti geni inibitori dell’impiumamento, potendo così spiegare la comparsa di tarsi senza piume quando invece avrebbe dovuto verificarsi una progenie calzata.

Dobbiamo pertanto concludere che, fondamentalmente, nell’impiumamento dei tarsi, così diverso da una razza all’altra, intervengono 3 loci: due geni dominanti in loci separati, presenti contemporaneamente nel determinare il grado estremo di impiumamento di Cocincina, Sultano, Barbuta di Uccle e Nana Calzata; l’uno o l’altro di questi stessi geni, da solo, è causa dello scarso impiumamento caratteristico di Langshan, Faverolles e Breda. L’impiumamento di grado intermedio, osservabile in Brahma e Silky, può essere dovuto a un differente allele presente in uno dei loci (come suggerito dagli studi di Somes), oppure può essere dovuto a una segregazione dei due loci succitati. L’impiumamento della Pavlov è dovuta a un gene recessivo, cioè a pti-3.

6.2. Garretti d’avvoltoio

v - vulture hocks

    Autosomico recessivo  
  Gruppo di associazione sconosciuto

Le piume presenti nella parte posteriore della coscia, appartenenti allo pterilio crurale, cui fa da impalcatura il tibiotarso, abitualmente sono soffici e vaporose. Nel fenotipo che stiamo analizzando le piume si presentano modificate nella struttura e nella lunghezza, tanto da sembrare remiganti. Si proiettano posteriormente, raggruppandosi al di sotto dell’articolazione tibiotarsica, orientate verso il suolo e parallele al bordo esterno delle ali.

I garretti d’avvoltoio sono una caratteristica posseduta da Barbuta di Uccle, Nana Calzata, Breda e Sultano. Si tratta di razze calzate, e nonostante si creda comunemente che garretti d’avvoltoio e tarsi calzati siano due tratti indipendenti, si è osservata una loro frequente associazione, la cui base non è nota, ma potrebbe trattarsi della necessità da parte di v di agire su un genotipo responsabile di tarsi impiumati se vuole manifestare la sua azione.

I pareri sulla dominanza sono discordi, in quanto c’è chi ha potuto osservare un caratteristico comportamento recessivo, chi invece propende per una dominanza incompleta. A nessun allevatore, anche se inesperto di genetica, è fatto divieto di addurre le proprie osservazioni ed esperienze, non solo a proposito della dominanza o recessività del gene v, ma di qualunque altra mutazione oggetto di contestazione.

E credo che un allevatore, magari imberbe come lo scrivente, che deve ancora guadagnarsi baffi barba e favoriti, possa e debba esprimere qualche giudizio estetico. Pare oltremodo ridicolo come gli imperativi dello standard riescano spesso a irreggimentarci! Guai alla presenza di garretti d’avvoltoio nella Brahma! Chi l’ha detto? Forse Mendel? Forse Bateson? È quasi ridicolo come si voglia a ogni costo forzare la natura per eliminare un gene che, a mio avviso, rende il gallo Brahma fiero come un guerriero.

Ho avuto la ventura di possedere questa razza, sempre con dei bei garretti d’avvoltoio, e quelle poche volte che i soggetti ne erano sforniti, mi sembravano incompleti, nudi, sui trampoli. Si tratta di un condizionamento da parte di peccaminosi stimoli visivi, oppure dobbiamo concederci il piacere della visione beatifica di garretti d’avvoltoio più avvoltoio che mai? È la solita questione dell’arco gotico e romanico: quale dei due sia il più bello. Si tratta solo di due differenti visioni della vita, di una differente Weltanschauung come dicono i Tedeschi, una differente concezione del mondo.

Io sono sostenitore dei garretti d’avvoltoio per la Brahma, e non mi vergogno a scriverlo. Intanto, se all’esperto dotato di baffi barba e favoriti salta in mente che deve andare di moda questo fenotipo, state tranquilli che saremo costretti a rimetterci a selezionare in senso inverso. Con quali risultati non si sa, vista l’interdipendenza genica.

6.3. Edema - Alopecia alle cosce

ed-1 - ed-2 - edema

   Geni che occupano loci differenti - Autosomici e recessivi  
   Gruppo di associazione sconosciuto

In quest’anomalia - detta anche alopecia [5] alle cosce - causata da uno o dall’altro gene, si riscontrano delle aree, a carico di una o di ambedue le cosce, in cui mancano le piume. Il meccanismo patogenetico è identico a quello descritto per la calvizie: intorno al 12° giorno di vita embrionale di formano delle vescicole ripiene di liquido che impediscono un normale sviluppo del follicolo della piuma. Al 16° giorno le vescicole hanno raggiunto il diametro massimo di 4-5 mm. Nonostante sia possibile raggiungere la maturità, questo disordine si accompagna a una notevole riduzione della percentuale di schiusa.

6.4. Spezzoni di piume ai tarsi

Ht - sb-1 - sb-2 - heel tuft - stubs

     Alleli di loci diversi, autosomici  
   Gruppo di associazione sconosciuto

Questi mozziconi sono piume delle gambe e dei piedi cresciute solo parzialmente, e compaiono in ceppi abitualmente non calzati. È un tratto difficile da studiare, in quanto un piumino ai tarsi al momento della schiusa non deve necessariamente sfociare in questi monconi dell’età adulta. È valido il discorso inverso, in quanto pulcini con zampe glabre possono successivamente manifestare l’anomalia.

La sigla Ht, che sta per heel tuft, ciuffetto al calcagno, che gli allevatori ora chiamano mozziconi al garretto, è usata per designare un gene autosomico dominante che si esprime attraverso spuntoni di ridotte dimensioni presenti sulla superficie interna dei tarsi, appena al di sotto dell’articolazione tibiotarsica.

Gli altri due geni, sb-1 e sb-2, sono anch’essi autosomici, recessivi, presenti in loci differenti, studiati nella Rhode Island red. Non è stato possibile determinare se la contemporanea presenza di questi geni dia luogo a effetti cumulativi. Il fatto che le femmine presentano più difficilmente questa caratteristica, fa pensare che si tratti di un fenotipo parzialmente limitato al sesso.

Non si può neppure escludere che si tratti di un fenotipo in cui sono implicati numerosi geni, e che sia quindi una caratteristica su base poligenica.

7. Osservazioni non classificate

Il suddividere le razze in classi nettamente distinte in base al piumaggio è un metodo eccessivamente schematico, in quanto nell’ambito di una classe il piumaggio presenta un’ampia gamma di variazioni. Le piume delle ali vengono spesso interessate da alcune mutazioni che contemporaneamente agiscono sulla coda e sulle piume di contorno. Esistono tuttavia delle mutazioni che agiscono in modo principale o elettivo a livello delle remiganti. Le razze a piumaggio soffice, con piume molto larghe, in genere non presentano delle belle remiganti, spesso dotate di un cattivo impianto come se si trattasse di una piuma affetta da qualche malattia nel punto di emergenza dalla cute. Inoltre queste piume sono spesso rigirate e non è infrequente che il numero delle remiganti secondarie sia deficitario. È esperienza comune come le piume torte rappresentino un serio problema in molte razze.

Carefoot ha potuto osservare in una Sussex ermellinata nana una mutazione recessiva il cui effetto pare si limiti a piegare a semicerchio l’asse della piuma, cosicché la punta si dirige in avanti. Quest’anomalia si presenta prevalentemente nei maschietti e solo in un’ala. Esistono altre anomalie, sempre su base genetica non ancora definita. Per esempio, la presenza di 3 o 4 remiganti secondarie rigirate, quelle più vicine al corpo; esistono anche malformazioni a carico di quasi tutte le remiganti secondarie. Il consiglio migliore è quello di non impiegare come riproduttori quei soggetti che presentano una qualche anomalia nell’orientamento delle piume, in quanto spesso il difetto può ricomparire nella discendenza.

Larghezza e forma di una piuma sono ampiamente variabili da una razza all’altra. È logico che queste due caratteristiche sono fondamentali nel conferire l’aspetto al soggetto preso nel suo insieme, e dalla pratica abbiamo appreso come in molte razze sia estremamente difficile mantenere la larghezza della piuma richiesta, sufficiente quanto basta per mascherare il piumino sottostante. I soggetti dalle piume strette impiegati come riproduttori mostrano una tendenza a trasmettere ai discendenti una rapida perdita della primitiva dimensione, da cui si può arguire che le piume affilate sono in parte dovute a un gene recessivo. Carefoot ha potuto osservare che questa caratteristica spesso si manifesta in modo estremo a carico delle remiganti primarie, per cui questo dato è un’utile guida qualora si vogliano individuare i soggetti utili dal punto di vista riproduttivo. Le remiganti larghe sembra si possano riscontrare solo nei soggetti a piume larghe, anche se talora accade che il piumaggio che ricopre il corpo sia dotato di larghezza accettabile mentre le remiganti si presentano strette. Pertanto, per ottenere una buona selezione, vale la pena di scartare di primo acchito i soggetti dalle remiganti affusolate.

Nelle varietà il cui mantello è dotato di disegno bisogna tener conto della forma della piuma, che condiziona l’espressione ottimale dei geni. Per esempio, per la Plymouth Rock barrata non è difficile intuire che il disegno barrato è perfetto se le piume si affiancano in modo parallelo; e siccome l’apice della piuma dovrebbe iniziare con una barra nera, la punta deve possibilmente avvicinarsi alla forma rettangolare, permettendo così l’espressione di una bella barra, che altrimenti sarebbe insignificante se l’apice fosse aguzzo. Al contrario, una Wyandotte con orlo semplice deve possedere piume dall’apice arrotondato se l’orlatura deve esprimersi in forma circolare, mentre la Sebright deve avere delle piume ovalari, a mandorla.

Le nostre conoscenze relative all’ereditarietà della morfologia della piuma sono piuttosto scarse, anche se vien da pensare che il risultato finale possa scaturire dall’azione combinata di parecchi geni. L’unica via che porta alla perfezione è, come al solito, la continua selezione partendo da ceppi eccellenti, sempre che la sorte lo consenta.

Esistono numerose altre anomalie che gli allevatori di polli ornamentali giustamente considerano difetti, verosimilmente legati a fattori genetici non ancora identificati, probabilmente in gran parte recessivi. Basti citare la coda storta, la coda doppia, la coda da scoiattolo, la coda cadente, la cresta sdoppiata, l’ala cadente, le piume torte.

Il portamento di un pollo varia parecchio da una razza all’altra e non si può escludere che si tratti di una caratteristica in cui sono implicati parecchi geni. Inoltre, a confortare l’ipotesi di un’origine genetica, abbiamo la constatazione che la coda cadente oppure da scoiattolo costituiscono allo stesso tempo difetto e pregio per razze differenti. Nessuna di queste due caratteristiche estreme è stata ancora studiata sotto il profilo genetico.

Coda da scoiattolo nei galli di San Marco a Venezia
Funerale della volpe – mosaico dell'XI secolo

Una delle anomalie non identificate dal punto di vista genetico è la coda da scoiattolo, anomalia che in base al mosaico intitolato "Funerale della volpe" della Basilica di San Marco possiamo ritenere geneticamente presente nel pollo da parecchi secoli. Infatti anche il Gallus Patavinus e la Gallina Patavina di Aldrovandi hanno una coda che ricorda assai quella dell'odierna Nagasaki o Chabos che dir si voglia, un cui collega è rappresentato dal Gallus crispus sempre di Aldrovandi. Questa coppia di galli di San Marco è raffigurata nella scena del "Funerale della volpe" che si trova nel transetto settentrionale nei pressi della Porta della Madonna, mentre portano in spalla la volpe. Questo mosaico è stato rifatto da Alberto Parise nel 1623, ma risale originariamente alla seconda metà dell'XI secolo. Il soggetto rappresentato in San Marco deriva dai Bestiari medievali, nei quali sono narrate le gesta della volpe, simbolo dell'astuzia, del demonio e della persecuzione contro la Chiesa.

Coda da scoiattolo nei galli della Basilica di Santa Maria e Donato a Murano
Funerale della volpe – mosaico del 1140

Gallus et gallina Patavini di Aldrovandi

Gallus crispus di Aldrovandi

Odierna Nagasaki o Chabos

8. RICONOSCIMENTO DEL SESSO ALLA NASCITA

Il riconoscimento del sesso nei neonati - perlomeno da quando i pulcini si sono asciugati - riveste particolare interesse per coloro che allevano con finalità commerciali, ma lo stesso si può dire per i genetisti. La separazione dei maschi dalle femmine può basarsi sul semplice esame dei genitali, associato o meno ai dati che scaturiscono dal fenotipo determinato da geni trasmessi coi cromosomi sessuali. Ambedue i metodi sono impiegati su ampia scala. Bisogna tuttavia sottolineare che l’impiego di marcatori legati al sesso è meno dispendioso ed è più accurato.

Negli Uccelli il primo esempio di un carattere legato al sesso fu descritto nel 1908 da Durnham e Marryat nei canarini cannella dagli occhi rosa. Diversi gradi di albinismo legato al sesso sono stati dimostrati in un pappagallino australiano, nel tacchino, nel piccione, oltre al pollo ovviamente.

8.1. Attraverso l’esame dei genitali

Metodo di Masui e Hashimoto (1933): secondo i due giapponesi il pulcino viene preso con la mano sinistra e mediante una leggera pressione esercitata con un dito nella regione ventrale vengono anzitutto fatte espellere le feci presenti nella cloaca. Successivamente, mediante il pollice e l’indice destri, viene rovesciato l’orlo della cloaca, mettendo così in evidenza l’organo copulatore, visibile come una piccola protuberanza sul pavimento della cloaca. Si esegue l’operazione con l’aiuto d’una lampada da 300 Watt. Nell’80% dei pulcini l’organo copulatore è chiaramente visibile sin dalla nascita, solo nel 20% è difficile individuarlo. L’esperto deve aver raggiunto una pratica notevole che possa consentire di riconoscere il sesso nel 95-98% dei neonati.

Metodo Chicktester: deve riconoscere le gonadi maschili. L’apparecchio, detto Chicktester, è fatto di un tubicino di vetro connesso ad appropriato mezzo ottico provvisto di sorgente luminosa. Il tubetto di vetro perfettamente liscio viene introdotto nel retto per poter individuare le gonadi ai lati della colonna vertebrale. Un esperto può esaminare 800-900 pulcini in un’ora, con una precisione del 100%.

8.2. Con l’uso di marcatori genetici legati al sesso

Per raggiungere lo scopo utilizzando marcatori genetici legati al sesso si possono imboccare due strade: incroci legati al sesso, servendosi cioè di incroci tra razze differenti con fenotipo determinato da geni eterosomici, oppure, nell’ambito di ceppi o linee, far ricorso alle differenze fenotipiche per un effetto dose esplicato dal gene del barrato B. In questo secondo caso vengono coinvolte razze geneticamente pure e si parla di autosessaggio. Jaap ha proposto di impiegare questo termine solo per quelle linee in cui l’identificazione del sesso è ben definita, all’opposto di alcune razze come Plymouth Rock barrata e Rhode Island red in cui le differenze nella pigmentazione permettono il sessaggio con elevata ma incompleta accuratezza. In questo caso si parla di semi-autosessaggio. Pertanto adotteremo questa triplice suddivisione.

8.2.a. INCROCI CON L’IMPIEGO DI GENI LEGATI AL SESSO

I geni più spesso impiegati per determinare il sesso in pulcini di un giorno di vita sono stati il gene del barrato B e il gene dell’argento S. Le altre mutazioni che citeremo non hanno trovato un riscontro pratico.

Barrato legato al sesso

Uno dei primi incroci tra razze diverse eseguito al fine puramente commerciale di produrre uova dal guscio marrone è stato in voga nel periodo compreso tra il 1930 e il 1950 e ancora in auge in varie parti del mondo: si tratta di accoppiare un maschio Rhode Island rosso o New Hampshire con femmine Plymouth Rock barrate. Ne scaturiscono le cosiddette pollastre nere legate al sesso. Tutti i pulcini sono neri a causa del gene E della madre, e i maschietti, barrati da adulti, vengono identificati dalla chiazza bianca in sede occipitale, assente nelle femmine. Sullo stesso principio è usato in Inghilterra l’incrocio con maschio Livorno nella veste di genitore non barrato.

Nelle femmine nere legate al sesso esistono variazioni cromatiche sia a carico del piumino che del piumaggio adulto, con alcune linee dotate di più feomelanina rispetto ad altre. Le femmine derivate dal New Hampshire, con genotipo E/eWh_b+/W, che da adulte hanno un piumaggio più rossiccio, generalmente presentano un piumino nero brunastro, specie al capo.

Il barrato legato al sesso può essere utilizzato con lo splash derivato dal blu e dal nero esteso dovuto al gene E. La chiazza occipitale indotta da B è facilmente individuabile su un piumino chiaro blu-grigio geneticamente E/E_Bl/Bl. Nell’adulto questo genotipo sfocia in un piumaggio essenzialmente bianco, utile per ceppi da carne, nei quali l’ulteriore aggiunta del gene S elimina i residui di feomelanina.

Argento e Oro

La segregazione legata al sesso degli alleli S e s+ è alla base degli incroci più diffusi volti a ottenere uova dal guscio marrone. In pratica si incrociano maschi rossi coda nera, come i Rhode Island, con femmine bianco columbia come le Sussex: ne risultano maschi argento e femmine oro, ben distinguibili in quanto i fenotipi parentali si possono esprimere solo su uno sfondo non eumelanotico, cioè, un colore di fondo non E; di conseguenza i pulcini non presentano l’interferenza legata a un piumino nero.

Recentemente è stato aggiunto il gene del bianco dominante I, dal momento che le femminucce eterozigoti per questo gene riescono comunque a manifestare la colorazione feomelanica a carico del piumino. La chiave di lettura valida per differenziare con precisione i soggetti con piumino oro oppure argento è stata fornita da Malone & Smith nel 1979. Questi studiosi hanno potuto dimostrare che i due colori non possono venir distinti con precisione quando il colore di base è il frumento. Invece, introducendo un restrittore del nero, come il gene columbia Co, si verifica una normale espressione dei due alleli. Difatti, la combinazione del frumento dominante eWh con Co finisce per conferire caratteristiche ben precise al piumino argento e oro, sia che il gene I sia presente oppure assente.

Albinismo legato al sesso

Il colore rosso dell’occhio e il piumino corto associati al gene sal sono stati proposti come caratteristiche utili per separare i sessi qualunque sia il genotipo del colore di base, inclusi i genotipi che hanno un piumaggio bianco. Ma l’insuccesso di questo metodo può dipendere dagli effetti pleiotropici associati al gene dell’albinismo, pleiotropismo che non sempre è presente in tutti i ceppi ma che talora può manifestarsi sotto forma di una minor vitalità e produttività.

Melanina dermica

La pigmentazione dermica dovuta all’eumelanina associata ai geni id+ e idc non si esprime sul piumino. Invece l’allele idM può tornare utile su un colore di sfondo E in quanto l’eumelanizzazione del piumino viene rafforzata, sia in assenza che in presenza del bianco recessivo c, e tale effetto è evidente alla nascita. Lo svantaggio legato all’impiego di questo gene sono i tarsi scuri e un aumento della pigmentazione della fascia addominale.

Geni attivi sulla rapidità d’impiumamento

Gli alleli Kk+ furono scoperti dal genetista russo Serebrovsky. Essi controllano la velocità di crescita delle piume nelle prime settimane dopo la schiusa. A partire da 8-10 giorni d’età, i maschi con genotipo k+k+, o le femmine k+-, hanno piccole code di circa 1 cm e penne delle ali che raggiungono l’estremità del corpo. I maschi KK e Kk+ o le femmine K- della stessa età non hanno coda e sono muniti di ali molto corte.

L’incrocio tra maschi con penne a rapida crescita e femmine a lenta crescita, produce maschi lenti Kk+ e femmine rapide k+-, cosicché si possono separare i sessi con una precisione pari al 95% a circa 8 giorni d’età, che tuttavia è un po’ troppo avanzata per le necessità industriali. Ma esistono dati probanti che i due tipi possono essere identificati anche alla schiusa sulla base di una differenza delle prime penne dell’ala.

Nel Nordamerica la gallina più usata per uova è derivata da incroci fra 2 o più ceppi di Livorno bianca. La maggior parte delle Livorno è ad impiumamento rapido, ma esistono anche ceppi a impiumamento lento, e si stanno attualmente impiegando i geni Kk+ per rendere possibile il sessaggio alla schiusa. Il gene k+ è stato incorporato in molti ceppi parentali che producono il pollo da carne o broiler [to broil = arrostire] perché previene la comparsa di gropponi pelati al momento dell’immissione sul mercato. Per i genetisti gli alleli Kk+ sono interessanti come esempi di geni singoli che influenzano una funzione più che la forma del fenotipo.


2012 - the 120th anniversary of the birth of
Aleksandr Sergeevich Serebrovsky
by Irina Moiseyeva and Mikhail Romanov

8.2.b. AUTOSESSAGGIO

È molto utile identificare il sesso al momento della schiusa senza dover ricorrere all’incrocio di due razze. Questo è possibile grazie all’effetto dose del gene B, che è stato definito il gene dell’autosessaggio per eccellenza. In presenza di un’appropriata colorazione di base, il piumino dei maschi barrati omozigoti risulta più chiaro di quello delle corrispondenti femmine emizigoti.

Il primo incrocio fu quello eseguito da Punnett & Pease nel 1930 con l’impiego di Plymouth Rock barrata e Campine oro, notando che questa seconda razza appartiene al cosiddetto barrato autosomico. Attraverso backcross, eseguiti a carico della progenie barrata della Campine, si ottennero soggetti che essenzialmente erano Campine puri per il gene B. La Cambar era una linea chiusa, con identificazione del sesso basata sul colore più chiaro del piumino dei maschi. Seguendo la scia tracciata da Hutt si sono creati altri ceppi barrati, sia in Europa che negli Stati Uniti: Legbar, Dorbar, Ancobar, ma nessuna è stata utilizzata su larga scala, dato che avevano un’ovodeposizione inferiore ad altre razze. Inoltre, poco dopo la creazione della Cambar, è entrata in uso la pratica di sessare i pulcini con l’esame della cloaca. Se tale tecnica non fosse stata scoperta, lo sviluppo delle razze autosessabili avrebbe un’importanza economica rilevante.

Un’altra ragione che ha impedito l’uso su larga scala dei geni della colorazione e del disegno del piumaggio legati al sesso al fine sessare i pulcini alla schiusa, sta nel fatto che tale tecnica non ha trovato impiego negli incroci della Livorno bianca, la miglior ovaiola in assoluto. Nella Livorno il bianco dominante I è epistatico rispetto a C+ necessario alla formazione della melanina, per cui cancella qualsiasi barratura.

8.2.c. SEMI AUTOSESSAGGIO

Siccome per definizione il semi autosessaggio non permette un’accuratezza completa, la sua utilità è limitata. Nel caso non si possa ricorrere a tecniche strumentali o all’osservazione diretta dei genitali, è meglio scartare i pulcini dubbi, qualora, magari per ragioni di studio, si abbia la necessità di non incorrere in errori.

Plymouth Rock barrata

Il gene del barrato legato al sesso determina maschi e femmine diverse attraverso il suo effetto dose. Le femmine hanno chiazze bianche occipitali più piccole e meno regolari, con piumino e tarsi più scuri. Si può aggiungere che il pigmento nero nella parte distale delle dita dei piedi si arresta bruscamente, lasciando il resto del dito di color giallo. I maschi si differenziano per avere chiazze occipitali più ampie disegnate in modo irregolare e non hanno la caratteristica interruzione del nero sulle dita. Basandosi su questi criteri l’accuratezza nel sessaggio può raggiungere punte del 95%, anche se si è notato che esistono differenze tra i vari ceppi, per cui i criteri di accuratezza hanno bisogno di un riaggiustamento.

Rhode Island Red e New Hampshire

In queste due razze è stato impiegato come criterio di selezione tra i sessi la presenza nei maschietti di un giorno di una chiazza chiara appena al di sopra delle piccole copritrici. Inoltre i maschi presentano chiazze di estensione variabile nel contesto del piumaggio alare, mentre le femmine hanno una colorazione delle ali uniforme. L’accuratezza basata su questo criterio va dal 90 al 95% per la RIR e dall’80 al 90% per la NH. Non si conoscono le cause ormonali o genetiche che stanno alla base di questa differenza tra i sessi; ovviamente si può tuttavia affermare che non è implicato il gene B.

Brahma fulva

Il colore del piumino della Brahma fulva, il cui genotipo appartiene alla restrizione columbia, è caratterizzato da una pigmentazione scura al dorso, mentre l’addome è color crema. Nel 1971 Somes ha messo in evidenza che la superficie dorsale delle ali delle femminucce è grigio fumo, mentre nel maschio è giallo crema chiaro. L’accuratezza basata su questa differenza si aggira intorno al 93%, senza che tuttavia sia stato possibile determinarne l’ereditarietà. Non si sa se esista una relazione col fenotipo delle chiazze alari della RIR, ma non è escludibile, vista la presenza di piumino chiaro in una medesima sede in razze ambedue con restrizione columbia.

Livorno dorata

Il genotipo e+/e+ è comune ai maschi e alle femmine, ma queste presentano delle strisce al dorso e al capo più scure e meglio definite. MacArthur & MacIlraith, usando questo criterio, sono riusciti nel loro intento con risultati positivi prossimi all’80%; nel caso della Livorno perniciata, con genotipo eb/eb, lo stesso criterio si è dimostrato assolutamente inaffidabile.

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[1] Corretto è Onagadorì, come specificato in volume I - VIII.6.

[2] Amomo o Cardamomo: è la Elettaria cardamomum, erbacea perenne della famiglia delle Zingiberacee originaria dell'Asia tropicale; cresce nei luoghi umidi ed è oggetto di estese coltivazioni nell'isola di Ceylon. Il frutto, detto cardamomo del Malabar, possiede 15-20 semi bruni, aromatici, ricchi di un olio essenziale e di eucaliptolo; i semi e l'olio vengono usati in liquoreria, in tintoria e, talvolta, in medicina come carminativo, cioè contro la formazione di eccessivi gas intestinali.

[4] “I tipi importati per lo passato dal Giappone non avevano caratteri fissati, così si ebbero individui a cresta riccia, altri a cresta scempia [semplice, ndA], nel contempo taluni avevano tarsi e becco gialli, altri li avevano verdognoli o grigi, e lo stesso vale per le forme e pel mantello.”

[5] Alopecia deriva dal greco aløpëx, volpe, in quanto una credenza popolare attribuisce a questo cànide una perdita dei peli in primavera e in autunno, mentre la volpe muta il suo mantello una sola volta l'anno, perdendo i peli a chiazze o a ciocche. Per estensione il termine significa perdita di capelli, di peli o di piume in qualsiasi area della cute essi siano presenti, accompagnata o non accompagnata da atrofia del follicolo.