|
Lo pterilio della coda si divide
in tre gruppi di penne:
1.
penne dello pterilio pelvico che si continuano sul
lato dorsale e penne dello pterilio addominale che si spingono sul lato ventrale
dello pterilio caudale
2. le timoniere, che giacciono sul margine caudale
dello pterilio della coda
3.
le copritrici della coda, presenti sia sulle
superficie dorsale che ventrale dello pterilio caudale.
Tratto caudale dorsale -
Il tratto caudale dorsale rappresenta una continuazione del tratto pelvico e
termina in corrispondenza dell’eminenza dell’uropigio.
Tratto caudale ventrale -
Questo tratto si limita a poche file di piume costituite da elementi piccoli e irregolarmente distribuiti, adiacenti alle copritrici inferiori della coda.
In pratica non esiste una linea di demarcazione tra le piume del tratto
caudale ventrale e le copritrici inferiori, anche se questa separazione
anatomica è più corretta.
Timoniere - Le timoniere, dette rectrices in inglese,
si impiantano lungo il margine laterale della coda. Il paio mediale presenta
dimensioni maggiori delle altre e nasce più vicino al pigostilo. Nel gallo
queste due piume ricevono il nome di falciformi e sono le piume più lunghe in
assoluto. Il pollo domestico possiede abitualmente 14 timoniere, ma vedremo
che il loro numero può variare, indipendentemente dal sesso.
Copritrici superiori della coda -
Queste piume vengono distinte in maggiori e medie, e hanno un impianto
parallelo alle timoniere. La morfologia è diversa nei due sessi, e si può
dire che nella femmina queste piume non si sono specializzate, mentre nel
maschio le copritrici maggiori vengono anche dette falciformi
minori.
Le dimensioni delle copritrici maggiori si riducono man mano che si
procede lateralmente, per cui spesso l’ultimo paio è così piccolo da
essere discutibile la sua assegnazione alla serie. Abitualmente sono in numero
uguale a quello delle timoniere, anche se non è infrequente una riduzione
corrispondente a un paio di piume.
Le copritrici
medie sono in numero abbastanza variabile, in quanto gli
estremi sono rappresentati da 2 e 6. In media sono 4 o 5 per lato. Secondo l’American
Standard of perfection dovrebbero proiettarsi oltre le piume del
cuscino, ma non tutti concordano con questa disposizione.
Talora accade che all’estremità laterale vengano a
mancare alcune piume, per cui questi due allineamenti non sempre sono
numericamente completi.
Copritrici inferiori della coda -
Nel pollo è identificabile un solo allineamento, e precisamente quello
maggiore. Per vedere queste piume bisogna sollevare le timoniere. In media
sono 7 per lato.
In base ai dati della tabella che segue dovremmo convenire
che l’asimmetria è una regola frequente in biologia:
Timoniere
e copritrici della coda |
||||||||
incluse
le falciformi maggiori |
||||||||
in
11 maschi e 11 femmine di Livorno bianca |
||||||||
cs
mg - md
=
copritrici
superiori - maggiori e medie |
||||||||
ci
mg =
copritrici
inferiori maggiori |
||||||||
|
timoniere |
cs
mg |
cs
md |
ci
mg |
||||
|
sx |
dx |
sx |
dx |
sx |
dx |
sx |
dx |
|
8 |
8 |
7 |
6 |
4 |
2 |
8 |
7
|
|
8 |
8 |
8 |
8 |
5 |
4 |
6 |
5 |
M |
7 |
8 |
7 |
7 |
1 |
2 |
8 |
6 |
A |
7 |
8 |
7 |
7 |
4 |
5 |
7 |
8 |
S |
7 |
8 |
6 |
7 |
5 |
6 |
6 |
7 |
C |
7 |
7 |
6 |
6 |
5 |
5 |
7 |
7 |
H |
8 |
8 |
7 |
7 |
4 |
5 |
6 |
7 |
I |
8 |
8 |
7 |
7 |
5 |
6 |
8 |
8 |
|
8 |
8 |
7 |
8 |
5 |
5 |
7 |
7 |
|
7 |
8 |
7 |
7 |
4 |
3 |
7 |
7 |
|
8 |
8 |
7 |
7 |
6 |
5 |
8 |
8 |
media |
7,55
|
7,91
|
6,91
|
7
|
4,36
|
4,36
|
7,09
|
7
|
|
7 |
8 |
7 |
7 |
4 |
3 |
8 |
8 |
|
7 |
7 |
7 |
7 |
3 |
3 |
7 |
7 |
F |
7 |
7 |
7 |
7 |
3 |
3 |
8 |
8 |
E |
8 |
8 |
7 |
7 |
5 |
5 |
7 |
7 |
M |
7 |
8 |
7 |
8 |
6 |
6 |
8 |
8 |
M |
7 |
8 |
6 |
7 |
2 |
4 |
7 |
8 |
I |
8 |
8 |
7 |
8 |
4 |
3 |
7 |
6 |
N |
7 |
7 |
6 |
7 |
4 |
2 |
7 |
8 |
E |
7 |
8 |
7 |
7 |
6 |
4 |
8 |
8 |
|
8 |
8 |
7 |
6 |
4 |
4 |
7 |
7 |
|
8 |
8 |
7 |
7 |
6 |
6 |
7 |
7 |
media |
7,32
|
7,72
|
6,81
|
7,09
|
4,12
|
3,76
|
7,37
|
7,45
|
da
Avian Anatomy
- Luca & Stettenheim - parzialmente modificata |
In Giappone esistono 11 razze
dalla lunga coda. Le più famose sono la Tosa-Onagadori, detta comunemente
Onagadori
[1]
,
e la Yokohama o Phoenix. Questo è quanto riferito da Ralph Somes in Poultry
breeding and genetics (1990).
Cerchiamo di mettere un po’ d’ordine, in quanto spesso gli Statunitensi
parlano indifferentemente di Yokohama e Phoenix, mentre per noi Europei si tratta di due
razze ben distinte. Phönix è la grafia tedesca di Phoenix, in
quanto in Germania il suono eu
francese può essere scritto indifferentemente oe oppure ö.
Interessante il sito dedicato ai polli di cui ci stiamo occupando: www.longtail-fowl.com.
Fenice
è l’equivalente italiano di Phoenix, derivati a loro volta dal greco phoînix
che ha molteplici significati.
L’aggettivo
phoînix significa: rosso, rosseggiante, scarlatto, rossiccio, rosso
scuro, fenicio. I Fenici,
detti in greco Phoínikes o Phoinikëïoi, erano quelli dello
scarlatto, in quanto detenevano il primato della produzione della porpora
e derivavano il loro nome dal verbo phoiníssø che significa insanguinare, fare arrossire, arrossare, imporporare.
Il verbo phoiníssø
deriva da phoinós, rosseggiante, rosso, a sua volta derivato da phónos
che significa uccisione, eccidio, strage: cioè circostanze in cui viene
sparso del sangue, che ha appunto colore rosso.
Il
sostantivo maschile phoînix
può significare:
1
- Fenicio, Cartaginese
2
- Fenice: eroe della mitologia greca, eponimo dei Fenici e fondatore di Sidone
3
- porpora, colore rosso porpora
4
- palma: ramo della pianta che nell'età classica veniva consegnato al
vincitore di una gara
5
- palma da datteri
6
- dattero: frutto della Phoenix dactylifera, la vera palma da dattero
7
- fenice: cetra fenicia o cetra punica, strumento musicale inventato dai
Fenici
8
- fenice: uccello favoloso longevo (Esiodo, frammento 50 - Erodoto, Storie
II,73)
Per
indicare un uccello favoloso il vocabolo phoînix
appare per la prima
volta in Esiodo vissuto forse nella metà dell’VIII secolo aC e posteriore a Omero. Esiodo è
il primo poeta greco del quale possediamo notizie
storiche. Ecco i versetti del frammento 50 in cui si
parla della fenice:
Di nove uomini forti così la ciarliera cornacchia
vive la vita; il cervo di quattro cornacchie, e il corvo
diventa vecchio quanto tre cervi. La fenice, poi, vive
per nove corvi; per dieci fenici viviamo noi Ninfe,
ricciole belle, figlie di Giove dell’egida sire.
(traduzione di Ettore Romagnoli,
1929)
Esiodo
e la fenice vengono ripresi da Plinio nella Naturalis Historia, VII,153:
De spatio atque longinquitate vitae hominum non locorum modo
situs, verum et tempora ac sua cuique sors nascendi incertum fecere.
Hesiodus, qui primus aliqua de hoc prodidit, fabulose, ut reor, multa
hominum aevo praeferens, cornici novem nostras attribuit aetates,
quadruplum eius cervis, id triplicatum corvis, et reliqua fabulosius
in phoenice ac Nymphis. |
Quanto alla durata e alla lunghezza della vita degli esseri umani
si è creata incertezza per la diversità non solo dei luoghi, ma
anche del modo di calcolare il tempo, oltre al fatto che ciascuno
nasce con un suo destino. Esiodo, che per primo ha tramandato qualcosa
a questo proposito, e penso l’abbia fatto in modo fantasioso,
anteponendo la durata della vita di molti animali a quella
dell’uomo, attribuì alla cornacchia una longevità pari a nove
volte la nostra, ai cervi il quadruplo di quella della cornacchia, ai
corvi il triplo dei cervi, e il resto in modo ancor più fantasioso
come a proposito della fenice e delle Ninfe. |
Il
primo a descrivere la fenice è stato lo storico greco Erodoto (circa 485 -
circa 425 aC) che ne
parla nel secondo libro delle sue Storie, quello dedicato all’Egitto:
II,73.
“C’è anche un altro uccello sacro che si chiama fenice. Io non l’ho mai
visto, se non dipinto; poiché, tra l’altro, compare tra loro soltanto
raramente: ogni 500 anni, come affermano i sacerdoti di Eliopoli; e si fa
vedere, dicono, quando gli sia morto il padre.
“Per dimensioni e per forma, se è come lo si dipinge, è così: le penne
della chioma sono color oro, le altre sono rosse; soprattutto esso è molto
somigliante all’aquila per forma e dimensioni. Dicono che esso compia
un’impresa di questo genere (ma secondo me il racconto non è credibile):
cioè, partendo dall’Arabia, porta nel tempio del sole il padre, tutto
avvolto nella mirra, e lo seppellisce nel santuario del
Sole.
“Per trasportarlo farebbe così: prima di tutto, dicono, impasta con la
mirra un uovo grande quanto le forze gli permettono di portarlo; poi si prova
a tenerlo sollevato e, quando si sia in tal modo allenato, avendo svuotato
l’interno dell’uovo, vi introduce suo padre. Quindi con altra mirra spalma
la parte per la quale ha praticato lo svuotamento e introdotto il padre, di
modo che, essendovi quello dentro, si ristabilisce il peso di prima; avendolo
dunque così avvolto, lo trasporta in Egitto nel santuario del Sole. Ecco
quanto raccontano di questo uccello.” (traduzione di Luigi Annibaletto,
1956)
La Fenice
da Prodigiorum
ac ostentorum chronicon (1557) di Licostene
(1518–1561)
Patrick
Houlihan in The birds of ancient Egypt (1988) afferma che in Egitto
l’airone, o benu, equivalente mitologico della fenice, veniva
frequentemente raffigurato in blu, ma egli presume che il modello pittorico
principale per il benu fosse rappresentato dall’airone cinerino, Ardea
cinerea. Secondo altri il benu corrispondeva invece all’airone
rosso, Ardea purpurea. Al sorgere del sole il benu era
identificato con Ra, il dio sole, mentre al tramonto era identificato con
Osiride, dio del regno dei morti. Così il benu venne a simbolizzare
non solo la rinascita quotidiana del sole, ma anche la resurrezione
dell’uomo dalla morte.
Ardea
purpurea
L'airone rosso, contrariamente a quanto suggerirebbe il nome,
non è purpureo nella sua totalità
Ha un piumaggio le cui tinte e tonalità sono ben documentate nelle
immagini.
Molto più purpureo è un fenicottero.
Come
per tutte le favole, anche per la fenice esistono parecchie varianti della
leggenda relativa alla sua morte e resurrezione, soprattutto sulla durata
della sua esistenza, che secondo alcuni sarebbe di 1.461 anni,
secondo altri addirittura di 12.994 anni.
Plinio
in X,3 ci
parla della Fenice, della cui esistenza non è molto persuaso. Per la
descrizione egli si serve di informazioni, leggende e credenze di molti
autori, sebbene si limiti a citare Manilio e Cornelio Valeriano.
Aethiopes atque Indi discolores maxime et
inenarrabiles ferunt aves et ante omnes nobilem Arabiae phoenicem,
haud scio an fabulose, unum in toto orbe nec visum magno opere.
Aquilae narratur magnitudine, auri fulgore circa colla, cetero
purpureus, caeruleam roseis caudam pinnis distinguentibus, cristis
fauces caputque plumeo apice honestante. |
Gli Etiopi e gli Indiani riferiscono di
uccelli estremamente variopinti e indescrivibili, e prima di tutti la
famosa fenice d’Arabia, non so se si tratti di una leggenda, un solo
esemplare in tutto il mondo e visto non molto spesso. Si narra che
abbia le dimensioni di un’aquila, con un bagliore d’oro intorno al
collo, di color porpora nel resto del corpo, con penne rosa che
spiccano sulla coda azzurra, la gola ornata di ciuffi e la testa di un
ciuffo di piume. |
Primus atque diligentissime togatorum
de eo prodidit Manilius, senator ille maximis nobilis doctrinis
doctore nullo: neminem extitisse qui viderit vescentem, sacrum in
Arabia Soli esse, vivere annis DXL, senescentem
casiae turisque surculis construere nidum, replere odoribus et
superemori. Ex ossibus deinde et medullis eius nasci primo ceu
vermiculum, inde fieri pullum, principioque iusta funera priori
reddere et totum deferre nidum prope Panchaiam in Solis urbem et in
ara ibi deponere. |
Per primo fra i cittadini romani, e
in maniera molto accurata, ne ha data notizia Manilio, quel famoso
senatore rinomato per il suo grande sapere e autodidatta: egli scrive
che non c’è mai stato nessuno che l’abbia vista nutrirsi, che in
Arabia è sacra al Sole, vive per 540 anni, e quando comincia a
invecchiare costruisce un nido con ramoscelli di cannella e di
incenso, lo riempie di piante odorose e vi muore sopra. Poi dal
midollo delle sue ossa nasce dapprima una sorta di piccolo verme che
diventa quindi un pulcino, e prima di tutto rende i dovuti onori
funebri all’esemplare precedente e trasporta l’intero nido nella
città del Sole [Eliopoli] vicino alla Pancaia e lì lo depone
sull’altare. |
[...]
Cornelius Valerianus phoenicem devolavisse in Aegyptum tradit Q.
Plautio Sex. Papinio cos. Allatus est et in urbem Claudii principis
censura anno urbis DCCC et in comitio propositus, quod actis testatum
est, sed quem falsum esse nemo dubitaret. |
[...] Cornelio Valeriano tramanda che la fenice volò in Egitto
sotto il consolato di Quinto Plauzio e Sesto Papinio [36 dC].
L’uccello fu anche portato a Roma durante la censura
dell’imperatore Claudio, nell’anno 800 della città [47 dC] e fu
esposto nel comizio [luogo scoperto del foro dove si tenevano le
elezioni e si adunava il popolo], il che è attestato negli atti, ma
nessuno avrebbe dei dubbi a definire quell’uccello un falso. |
In
Ornithologia Latina (1979) Filippo Capponi si dice d’accordo con
Cuvier sulla possibilità che un uccello caratterizzato da siffatti colori non
sia una descrizione puramente fantastica. Potrebbe essere identificato con il
fagiano dorato, Chrysolophus
pictus, la cui area di distribuzione naturale corrisponde però alle
montagne della Cina centrale. Capponi è anche convinto che col nome di phoenix
si indicasse un uccello reale, ma raro. Infatti, dal momento che Plinio
riferisce che l’uccello fu portato a Roma dove venne anche esposto, si può
supporre che un volatile realmente esistente e dotato di bellissimi colori
fosse chiamato con lo stesso nome della favolosa fenice, ma fenice non era.
Ovidio
(43 aC
- 17 dC)
nelle Metamorfosi - XV,392 - colloca la fenice
in Assiria:
Una
est quae reparet seque ipsa reseminet ales: |
Esiste un uccello che da solo
si rinnova e si riproduce: |
Lo
storico latino Publio Cornelio Tacito (circa 55-120 dC) parla della fenice nei suoi Annales:
VI.28 - Paulo Fabio L. Vitellio consulibus post longum
saeculorum ambitum avis phoenix in Aegyptum venit praebuitque materiem
doctissimis indigenarum et Graecorum multa super eo miraculo
disserendi. De quibus congruunt et plura ambigua, sed cognitu non
absurda promere libet. |
Durante il consolato di Paolo Fabio e Lucio Vitellio
[eletti consoli nel 34 dC], dopo un lungo volgere di secoli,
l’uccello fenice giunse in Egitto, e ai più dotti fra nativi e fra
i Greci fornì l’occasione di molte disquisizioni circa quel
prodigio. Mi fa piacere riferire quelle cose su cui si concorda e
quelle cose ancor più numerose che sono controverse, ma che vale la
pena conoscere. |
Sacrum Soli id animal et ore ac distinctu
pinnarum a ceteris avibus diversum consentiunt qui formam eius
effinxere: de numero annorum varia traduntur. Maxime vulgatum
quingentorum spatium: sunt qui adseverent mille quadringentos
sexaginta unum interici, prioresque alites Sesoside primum, post
Amaside dominantibus, dein Ptolemaeo, qui ex Macedonibus tertius
regnavit, in civitatem cui Heliopolis nomen advolavisse, multo
ceterarum volucrum comitatu novam faciem mirantium. |
Questo animale è sacro al Sole e coloro che ne
hanno raffigurato le fattezze sono concordi sul fatto che
è diverso da tutti gli altri uccelli per l’aspetto e per la
varietà dei colori delle penne: sul numero dei suoi anni vengono
riferiti dati diversi. La durata che va per la maggiore è di 500
anni: ci sono alcuni che affermano che si frappone uno spazio 1.461
anni, e che i precedenti uccelli, in primo luogo sotto il regno di
Sesoside [Sesostri III, 1878-1843 aC], in seguito ai tempi di Amasi
[569-526 aC], quindi ai tempi di Tolomeo terzo re d’Egitto di stirpe
macedone [Tolomeo Evergete, 247-222 aC], sono giunti in volo nella
città di Eliopoli, con un’abbondante scorta di tutti gli altri
uccelli rimasti stupiti dall’aspetto singolare. |
Sed antiquitas quidem obscura: inter Ptolemaeum
ac Tiberium minus ducenti quinquaginta anni fuerunt. Unde non nulli
falsum hunc phoenicem neque Arabum e terris credidere, nihilque
usurpavisse ex his quae vetus memoria firmavit. |
Ma certamente gli avvenimenti del passato sono
incerti: tra Tolomeo e Tiberio [imperatore dal 14 al 37 dC]
intercorsero meno di 250 anni. Per cui alcuni hanno ritenuto che
questa fenice fosse falsa e che non provenisse dai territori degli
Arabi, e che non avesse fatto nulla di ciò che l’antica tradizione
aveva stabilito. |
Confecto
quippe annorum numero, ubi mors propinquet, suis in terris struere
nidum eique vim genitalem adfundere ex qua fetum oriri; et primam
adulto curam sepeliendi patris, neque id temere sed sublato murrae
pondere temptatoque per longum iter, ubi par oneri, par meatui sit,
subire patrium corpus inque Solis aram perferre atque adolere. Haec
incerta et fabulosis aucta: ceterum aspici aliquando in Aegypto eam
volucrem non ambigitur. |
Così, compiuto il numero degli anni, quando la morte si
avvicina, costruisce un nido nel suo territorio e gli infonde il
vigore genitale dal quale scaturisce il neonato; appena diventato
adulto ha come prima preoccupazione quella di seppellire il padre, e
non lo fa a caso, ma dopo aver sollevato un fardello di mirra e dopo
aver fatto una prova su un lungo percorso, quando il peso è giusto
rispetto al percorso da compiere, sostiene il corpo del padre e lo
trasporta all’altare del Sole e lo brucia. Queste cose non sono
certe e sono ingigantite da leggende: del resto non si dubita che
talora questo uccello venga scorto in Egitto. |
Claudio
Eliano (ca. 170
- ca. 235 dC)
parla della fenice nel suo trattato La natura degli animali. A me
pare che Eliano fosse un po’ scettico circa l’esistenza del favoloso
uccello. Tuttavia ciascuno potrà esprimere il proprio giudizio leggendo con
calma il testo di Eliano in cui aleggia una certa ironia. Il brano è stato
tradotto dal greco da Francesco Maspero (BUR,
1998).
VI,58. “La fenice, benché ignori l’aritmetica,
sa contare fino a cinquecento: glielo ha insegnato la Natura, sapientissima
maestra, e per questo motivo essa non ha bisogno delle dita o di qualche altro
mezzo per fare i calcoli. A cosa tenda questa sua conoscenza e quale necessità
la determini è argomento d’interesse comune. A fatica un egiziano fra tutti
i suoi compatrioti sarebbe in grado di sapere quando un ciclo di cinquecento
anni è compiuto; assai pochi, in verità, lo sanno e costoro appartengono
alla casta sacerdotale. Su questi problemi poi non vanno facilmente
d’accordo, ma pig1iandosi in giro reciprocamente, affermano che non adesso,
ma più tardi dovrà arrivare questo uccello divino, quando cioè sarà giunto
il momento stabilito. Mentre costoro stanno contestandosi a vicenda, ecco
apparire la fenice, dopo aver annunciato mediante segni divini il tempo del
suo ritorno. Allora i sacerdoti sono costretti ad ammettere e confessare che
essi con le loro chiacchiere occupano il tempo «a tenere fermo il sole»,
però non sanno tutto ciò che sa la fenice. Ma, per gli dèi, non è
forse cosa saggia sapere dove si trova l’Egitto, dov’è Eliopoli, città
nella quale, per volontà del fato, questo uccello deve giungere e dove deve
seppellire suo padre e in qua1e tomba riporlo? Ma se tutto ciò non ha nulla
di meraviglioso, abbiamo allora il diritto, noi uomini, di definire
intelligenti quelle nostre attività che riguardano il commercio, gli
armamenti e le insidie che ci tendiamo a vicenda? A me non sembra di certo, o
miei cari uomini che emulate Sisifo, i Cercopi e i Telchini. Io mi rivolgo a
tutti coloro che anelano a queste cose, ma non certamente a quanti non si sono
ancora del tutto perfezionati in quegli obbrobri dei quali ho parlato
sopra.”
Sisifo: mitico re di Corinto, famoso per la sua disonestà e furbizia.
Cercopi: due fratelli briganti che Zeus trasformò in scimmie per le loro
malefatte.
Telchini: demoni malefici e astuti.
È interessante come spesso un
mito non sia confinato a una ristretta area geografica. Infatti sparsi per il
mondo troviamo i corrispondenti della fenice che ricevono nomi diversi e
connotazioni diverse, ma che sostanzialmente esprimono concetti assai simili:
Benu nell’antico Egitto, Ho-Oo in Giappone, Zhar ptitsa in Russia, Yel tra
gli Amerindi, Feng per i Cinesi.
Il Feng, l’equivalente della nostra fenice, è il
termine cinese per il maschio, simbolo di felicità e di buon governo. Nella
mitologia cinese infatti la fenice è composta sia dal maschio che dalla
femmina, detta Huang. La versione mitologica che va per la maggiore è quella
secondo cui questo uccello avrebbe la testa e il corpo di un fagiano e le
piume di un pavone, oltre a essere dotato di cinque colori brillanti e vivaci:
rosso, blu, giallo, bianco e nero. A differenza della fenice, il feng è
immortale. È presente come elemento decorativo nell'arte cinese Feng e fu
spesso usato per decorare gli antichi bronzi cinesi. Più tardi fu
rappresentato insieme alla sua femmina, simboleggiando così l’amore eterno.
La femmina era anche il simbolo dell'imperatrice, della bellezza, della pace,
della prosperità, per cui veniva raffigurata su paraventi, tende e stoffe
usati nelle cerimonie nuziali. Anche per il mitologico feng è stato fatto il
tentativo di identificarlo con un fasianide realmente esistente: secondo
alcuni si tratterebbe del Rainardo ocellato (Rheinartia ocellata),
secondo altri dell’Argo (Argusianus argus).
Ho-Oo o Karura è la fenice giapponese. Ho è il
maschio e Oo è la sua femmina: si tratta di un’enorme aquila
sputafuoco dalle piume dorate e dalla testa coronata da gemme magiche. Viene
sulla terra a compiere buone azioni a favore del genere umano e questa sua
comparsa simboleggia l'inizio di una nuova era. Quindi l'uccello fa ritorno in
cielo ad attendere una nuova era. L'ho-oo è stato adottato come simbolo della
famiglia reale, specialmente dell'imperatrice. Esso rappresenta il sole, la
giustizia, la fedeltà e l'obbedienza.
Il mondo slavo ha il suo equivalente della fenice in Zhar
ptitsa .
Zhar è un’antica parola russa che significa calore estremo, come
quello del sole o come quello del carbone che sta bruciando senza fiamma, è
un calore che si accompagna a luce. Quindi zhar potrebbe essere tradotto con risplendente,
brillante. Ptitsa in russo significa uccello. Per cui Zhar
ptitsa equivale a Uccello splendente. Viene anche tradotto in Uccello
di fuoco, in inglese Firebird.
“Zhar ptitsa è il simbolo del dio del sole e del dio
del tuono. Questo uccello si presenta come il fuoco del cielo e la sua
brillantezza è come la brillantezza del sole. È un uccello della fortuna:
anche una sola delle sue piume è portatrice di estrema felicità alla persona
che la possiede. È per questo che molte persone cercano questo uccello. Zhar
ptitsa vive nel giardino del Paradiso dove vive anche la Tsar devitsa (la
zarina). In questo giardino dell’Eden crescono mele d’oro, che sono in
grado di ridare la giovinezza alle persone anziane. Durante il giorno Zhar
ptitsa se ne sta appollaiato in una gabbia d’oro e canta le canzoni
dell’Eden. Mentre canta escono perle dal suo becco. Di notte fa ritorno in
volo al giardino del Paradiso. Le sue piume hanno lo splendore dell’oro e
dell’argento e il giardino ne viene illuminato. Ognuna delle sue piume vale
quanto un regno e Zhar ptitsa non ha prezzo. L’antica tradizione greca
riguardo la fenice ha dei legami con la tradizione slava di Zhar ptitsa.” (Traduzione dal russo in inglese
di Irina Moiseyeva - da Dictionary of Slavonic mythology di Grushko e
Medvedev, 1996)
Per i Cristiani del Medioevo la fenice finì per
rappresentare la morte e la resurrezione di Cristo. Anche Dante, riprendendo
Ovidio, cita la fenice nel XXIV canto dell’Inferno, 106:
Così
per li gran savi si confessa
che
la Fenice more e poi rinasce,
quando
al cinquecentesimo anno appressa;
erba
né biada in sua vita non pasce,
ma
sol d’incenso lacrime e d’amomo;
e
nardo e mirra son l’ultime fasce.
Non possiamo tralasciare il corvo, che si gongola tutto quando la volpe lo seduce dicendogli che rispetto a tutti gli altri uccelli che abitano il bosco lui è la Fenice. Per questa educativa e bellissima composizione - che dovremmo spesso meditare - dobbiamo ringraziare il poeta e favolista francese Jean de La Fontaine (Château-Thierry, Champagne, 1621 - Parigi 1695).
Le Corbeau et le Renard
Maître
Corbeau, sur un arbre perché,
Tenait en son bec un fromage.
Maître Renard, par l'odeur alléché,
Lui tint à peu près ce langage :
"Hé! bonjour, Monsieur du Corbeau.
Que vous êtes joli! que vous me semblez beau!
Sans mentir, si votre ramage
Se rapporte à votre plumage,
Vous êtes le Phénix des hôtes de ces bois."
A ces mots le Corbeau ne se sent pas de joie;
Et pour montrer sa belle voix,
Il ouvre un large bec, laisse tomber sa proie.
Le Renard s'en saisit, et dit: "Mon bon Monsieur,
Apprenez que tout flatteur
Vit aux dépens de celui qui l'écoute:
Cette leçon vaut bien un fromage, sans doute."
Le Corbeau, honteux et confus,
Jura, mais un peu tard, qu'on ne l'y prendrait plus.
Sen stava
messer Corvo sopra un albero
con un bel pezzo di formaggio in becco,
quando la Volpe tratta al dolce lecco
di quel boccon a dirgli cominciò:
- Salve, messer del Corvo, io non conosco
uccel di voi più vago in tutto il bosco.
Se è ver quel che si dice
che il vostro canto è bel come son belle
queste penne, voi siete una Fenice -.
A questo dir non sta più nella pelle
il Corvo vanitoso:
e volendo alla Volpe dare un saggio
del suo canto famoso,
spalanca il becco e uscir lascia il formaggio.
La Volpe il piglia e dice: - Ecco, mio caro,
chi dell'adulator paga le spese.
Fanne tuo pro' che forse
la mia lezione vale il tuo formaggio -.
Il Corvo sciocco intese
e (un po' tardi) giurò d'esser più saggio.
Lo scetticismo popolare circa
l’esistenza della fenice raggiunse la massima espressione nel paragone di
Pietro Metastasio (1698-1782): “Come l’araba
Fenice, che vi sia ciascun lo dice, dove sia nessun lo sa.” (Demetrio, atto II,
scena III). Questi versi, divenuti proverbiali, vengono attribuiti
a persone o a cose più uniche che rare.
Alla Fenice è intitolato il più
famoso teatro di Venezia, inaugurato il 16 maggio
1792,
che come il mitico uccello è risorto dalle sue ceneri dopo gli incendi del 13
dicembre
1836 e del 29 gennaio 1996.
Yokohama è una città
giapponese situata nella baia di Tokio che col passare degli anni è
diventata uno dei più importanti porti nipponici. Stando alle parole di
Teodoro Pascal, nel 1864 il missionario francese Girard spediva dal Giappone al
Giardino d’acclimatazione di Parigi i primi campioni di questa elegante
razza (che
verosimilmente altro non era che un Onagadori partito dal porto di Yokohama). Così prosegue Pascal:
“Nel complesso delle forme la Yokohama corrisponde
alquanto alla Malese, di fronte alla quale però è più bassa, più svelta e
meno diritta; ma ciò che la mette vieppiù in evidenza, come razza d’ornamento,
è la sua lunga coda che raggiunge 80 cm nei soggetti di 2ª scelta ed 1 metro
in quelli di tutto primo merito. Questo pollo è delicatissimo, gli allievi si
sviluppano rapidamente, ma danno un fortissimo contingente alla mortalità ed
in mano inesperta periscono tutti. Anche nei requisiti economici la Yokohama
lascia molto a desiderare: la gallina depone uova molto piccole ed in numero
limitato, infine abbiamo soltanto una bellissima razza da sport per
eccellenza, ma nulla più.
“La coda, portata orizzontalmente, è tanto lunga da
strisciare per terra, ed è perciò naturale che gli allevatori, al primo
apparire di questo bellissimo pollo, ebbero ad entusiasmarsi, poiché sin d’allora
(1864) non si vide mai nulla di simile. Sennonché questo
speciale requisito della razza è molto più degnamente rappresentato nella
Fenice, maravigliosa gallina, introdotta molto tempo dopo della Yokohama in
Europa, e cioè nel 1878. La fenomenale lunghezza della coda del gallo Fenice
(lunghezza normale metri 1,5 a 2 - lunghezza straordinaria 2,8 a 3 metri) ha
fatto passare la Yokohama in seconda linea.”
Continuiamo con le parole di Pascal: “È un pollo assolutamente meraviglioso a causa della
straordinaria lunghezza della sua coda, che in alcuni campioni ha financo
raggiunto i 3 metri. Questo stupefacente risultato è però assolutamente
eccezionale, ma è stato più volte ottenuto, così al museo di storia
naturale a Tokio si conserva impagliato uno di questi strabilianti animali;
comunque sia, la lunghezza normale si potrebbe ammettere come oscillante fra
metri 1,5 a 2, e vi par poco? “Vi sono allevatori nel Giappone che consacrano cura speciale a questa razza singolarissima, ma essi non vanno tanto pel sottile nell’osservanza delle caratteristiche generali [4] , poiché il loro unico e solo obiettivo è quello di ottenere il massimo sviluppo di coda nel gallo; acciocché questa non abbia a sciuparsi, l’animale è tenuto espressamente rinchiuso in una voliera stretta e alta 3 metri circa; sotto il tetto della voliera è situato un posatoio ove il gallo vi resta costantemente appollaiato. “Nel corso della giornata gli si concedono pochi momenti
di svago, ed all’uopo, prima di levarlo dalla gabbia, gli si lega l’immensa
coda, acciocché non venga danneggiata dallo strofinio per terra. Il gallo si
abitua a quello stato di sequestrazione e non cerca affatto di uscirne: all’epoca
della muta, quando appena spuntano le piume della coda, vi si sospendono dei
pesi per provocarne l’allungamento. “Come la Yokohama, la Fenice è allevata a preferenza in
Germania, e dalle bellissime illustrazioni che mi pervennero, emergono in
questo allevamento il signor Nissen per i Fenice ed un signor Max Puchert di
Ruppertsgrün-Werdau per i Yokohama. La razza Fenice venne importata ad
Amburgo direttamente dal Giappone dal signor Wichmann nel 1878, in seguito il
di lui fratello incrociò i tipi originali con galline combattenti inglesi, ed
oggidì tutti i campioni della razza allevati in Germania provengono da quei
prodotti d’incrocio. “Certamente questi soggetti hanno un po’ perduto nella lunghezza della coda, ma sono per lo contrario molto meno delicati dei tipi originari; le bellissime illustrazioni che abbiamo sott’occhio mettono in evidenza delle lunghissime code non ostante che rappresentano individui incrociati. |
“Il tipo originario del Giappone è semplicemente meraviglioso, ma
è altresì meravigliosa la sua estrema delicatezza nel clima nordico della
Germania; contentiamoci dei soggetti modificati dagli allevatori tedeschi, che
sono anche bellissimi e di allevamento non difficilissimo, ma pur tuttavia
sempre abbastanza difficile. D’altronde una selezione accurata potrà
raggiungere le perdute dimensioni della coda nei tipi tedeschi; ma checchè se
ne dica, gli allevatori della Yokohama, e della Fenice, si contano sempre
sulla punta delle dita, e ciò grazie alle grandi contrarietà che presenta il
loro allevamento.
“I Fenice di allevamento tedesco, salvo nella enorme
coda, assomigliano non poco alla combattente inglese e nelle forme e nel
mantello (nel mantello specialmente).”
Phoenix è la capitale dell’Arizona,
caratterizzata da un clima estremamente arido, un tempo consigliata per i
sofferenti di affezioni delle vie respiratorie, ora non più a causa della
polluzione automobilistica. Gli indiani Hohokam vi costruirono un primitivo
sistema di irrigazione, e quando i bianchi giunsero in quest’area nel 1867
denominarono la città col nome del leggendario Uccello capace di risorgere
dalle proprie ceneri, come la vita del deserto era risorta grazie all’ingegnosità
idraulica degli Hohokam.
L’American Standard of Perfection dice che la Phoenix appartiene alle
razze dalla lunga coda, è originaria del Giappone, gli orecchioni debbono
essere ovali, puliti, di dimensione moderata, bianchi sia nella varietà
argento che in quella oro. Anche alla Yokohama attribuisce un’origine
giapponese, da ceppi ancestrali comuni al Phoenix, e circa gli orecchioni dice
che essi debbono essere molti piccoli e rosso brillante in tutte le varietà.
Il Bantam Standard,
dell’American Bantam Association, attribuisce al Phoenix nano
un’origine
tedesca, e in tutte le varietà gli orecchioni debbono essere bianchi. Per la
Yokohama l’origine è giapponese nel caso di cresta a pisello, tedesca per
la cresta a noce. In tutte le varietà gli orecchioni sono rosso brillante.
Lo standard olandese dà per ambedue le razze un’origine
giapponese, con orecchioni rossi per la Yokohama e bianchi per il Phoenix.
Nel 1905 Pascal riporta per il Phoenix degli orecchioni
ovali, piccoli e bianchi. Per la Yokohama non fa menzione del colore degli
orecchioni, forse per omissione, oppure perché questa caratteristica non era
ancora definita dallo standard.
Nella sezione storica
abbiamo riportato, da uno studio giapponese, che l’orecchione del Shokoku è
rosso, mentre quello del Totenko e dell’Onagadori è bianco (vol.I
- VII.5.2.). Per cui Tanabe ha suggerito che l’Onagadori è derivato
dal Totenko e non dal Shokoku, come suggerisce lo studio che abbiamo
analizzato nell’apposito capitolo. Tanabe è confortato anche dai dati della
fosfatasi alcalina.
In base ai dati storici sull’importazione di Phoenix e
Yokohama dal Giappone nella seconda metà del 1800, riferiti da Pascal,
dobbiamo desumere che forse ben poco resta di sangue giapponese nel Phoenix
Shokoku odierno, in quanto in Germania gli orecchioni sono diventati bianchi e
gli standard accettano questa soluzione. Pertanto ci rendiamo conto che spesso
l’accanimento dei giudici non tiene conto della genetica e la testardaggine
di certi allevatori non tiene conto di dati storici.
Il Phoenix è più bello con orecchioni bianchi o rossi?
Per me è preferibile che siano bianchi. Si tratta sempre della solita Weltanschauung.
Questa digressione era
necessaria, per poterci addentrare nel problema genetico della coda
spropositatamente lunga dell’Onagadori e di quella ragguardevole della
Yokohama, che attualmente si è un po’ ridotta.
Gt
- mt - growth of tail · molt of tail |
Ambedue
autosomici
Gruppo di associazione sconosciuto
Qui
ricominciano le dolenti note: in base alle affermazioni di Oana (1954)
si ritiene che le razze dalla lunga coda derivino dal Shokoku, una
delle razze giapponesi più antiche, in quanto le razze con strascico
somigliano moltissimo al Shokoku nella particolare disposizione delle piume
della coda. Facciamo di necessità virtù, accettiamo i concetti che seguono
adattandoli all’Onagadori, in quanto ormai tutti noi abbiamo strutturato
nella nostra mente che il Phoenix Shokoku è sì quello dalla coda lunga, ma
poco più del normale. Che confusione! Una cosa è certa: in giapponese Onagadori
significa O = coda, naga = lunga, dori =
pollo. Ossia: pollo dalla lunga coda
Orbene, la coda del gallo Onagadori differisce da quella
abituale in quanto possiede delle piume addizionali
che consistono in un paio di lunghe penne situate nella parte più alta, dove
si impiantano le timoniere, e appena al di sotto e obliquamente rispetto alle
falciformi. Talora esistono due paia di tali piume invece di uno solo. Esse
crescono con lo stesso orientamento delle timoniere.
Le femmine appartenenti alle razze dalla lunga coda hanno
una normale velocità di crescita delle piume, e le cambiano annualmente. Nel
maschio invece si sviluppano delle lunghe lanceolate della mantellina, e le
lanceolate del groppone crescono di 30 cm l’anno, mentre le falciformi
crescono di un metro all’anno. Il gallo muta le piume del corpo di tanto in
tanto, ma mantiene circa una ventina di piume nella regione della coda, che
continuano a crescere col passare del tempo.
Le lunghe piume definitive della coda del Phoenix
Onagadori sono precedute da due generazioni di piume transitorie che non
oltrepassano i 60 cm di lunghezza. Le definitive compaiono quando il gallo ha
5-6 mesi d’età, e continuano a crescere per tutto l’arco della vita,
raggiungendo, in 12 anni, anche i 6 metri, con una lunghezza di 2 metri e
mezzo circa quando il gallo ha da 4 a 6 anni. La crescita continua non è la
sola caratteristica di queste piume. Esse posseggono alla base una guaina
robusta che può misurare anche 25 centimetri. Il record di lunghezza riferito
da Tengco & Nashimura nel 1982 fu una coda di 11 metri e mezzo.
Nel 1970 Sasaki e Yamaguchi hanno proposto l’esistenza
di 2 geni per spiegare la differenza tra fenotipi a coda lunga, mediolunga e
corta. Ecco i geni in causa:
Gt permette la continua crescita di parte delle piume
della coda e delle piume della sella
mt impedisce la muta di certe piume della coda e
della sella.
I
genotipi sono diversi a seconda della razza e della varietà:
Onagadori:
Gt/Gt
mt/mt
Shokoku: muta annualmente anche le
piume della coda e ha un genotipo Gt/Gt
Mt+/Mt+
Polli abituali: gt+/gt+
Mt+/Mt+.
La risposta a questi geni
risente di fattori ambientali, in quanto l’Onagadori,
abitualmente allevato in gabbie apposite di legno, se viene allevato al suolo
e usato come riproduttore mostra un cambiamento delle caratteristiche delle
piume: la loro crescita si arresta e mutano facilmente. Al contrario, quando
il Shokoku è allevato in gabbia, le sue piume continuano a crescere per
andare incontro alla muta solo dopo 2 o 3 anni.
Questi dati riguardanti il condizionamento da parte dell’ambiente
e il fatto che le femmine compiono una muta normale, inducono a definire
questi due geni come dotati di un’azione limitata al sesso
maschile, purché vengano rispettate certe regole d’allevamento.
Credo siano utili le
osservazioni fatte da Carefoot. Egli si chiede quale sia la coda normale.
Abitualmente è la coda che dà un giusto bilanciamento alla forma del
soggetto, e si può dire che ogni allevatore ha un suo modello di coda ideale,
per cui esistono svariate fogge e dimensioni che possono essere scelte come
standard da continuare nella progenie. Esiste solo l’inconveniente che la
coda, come tanti altri caratteri, spesso dipende dall’azione combinata di
svariati geni che hanno effetti meno drammatici di quelli dei geni implicati
nella coda lunga e nella mancanza di coda.
Carefoot ha potuto osservare dei Combattenti Inglesi
Antichi giganti forniti di una bella coda che non si deteriora a ogni muta,
mentre i corrispondenti nani, col succedersi delle mute, vengono a trovarsi
con una coda che è solo un ricordo di quella primitiva, anche se talora i
nani si comportano come i giganti. Probabilmente la causa di tutto ciò
risiede in un singolo gene il cui comportamento non è ancora stato studiato,
probabilmente recessivo. In parecchie razze dal piumaggio soffice si può
talora osservare una predominanza di soggetti dalla coda troppo soffice,
portata troppo bassa e che non riesce a bilanciare la forma generale del
soggetto. Talora il tutto viene esagerato da un dorso troppo arrotondato,
cosicché la coda si abbassa. Questa coda soffice è propria della Cocincina
nana, ed è spesso presente nell’Orpington, e non si può escludere che si
tratti di un fenotipo geneticamente determinato.
Certamente qualsiasi giudice
avrà già squalificato quei soggetti che presentano la cosiddetta schiena
da scarafaggio, dovuta al gene rp-2
che abbiamo già descritto (sez.X - 4.3.). Questo gene non solo
causa frequentemente una curvatura della colonna vertebrale, ma altrettanto
spesso determina una fusione delle vertebre della coda e ne determina un
incurvamento verso il basso. L’effetto di questo gene serve da esempio di
come il portamento della coda dipende dalla piattezza della schiena, e di come
la conformazione scheletrica sia dotata dell’effetto maggiore su tale
portamento. Orbene, tralasciando questo caso estremo, possiamo giustamente
pensare che i diversi modi in cui vengono portate le code dipendano dall’azione
di almeno un gene. Basta pensare quale differenza esiste tra Malese e
Nagasaki, i quali debbono avere un’angolazione differente della colonna, e
le capacità dell’allevatore verranno a galla quando saprà bilanciare,
attraverso una giusta selezione, gli effetti genetici che si svolgono sull’angolo
di curvatura della colonna.
ext
- extra tail feathers |
Autosomico
recessivo
Gruppo di associazione sconosciuto
Abbiamo
già riferito nel capitolo sull’origine del pollo che Darwin riscontrò
delle oscillazioni numeriche a carico delle piume della coda, che andavano da
14 a 17: 14 piume, cioè un numero normale, in tredici razze comuni; 16 piume in
esemplari di Cochin, Polish, Sultano, Malese; 17 piume in un vecchio Cochin e
in una femmina Malese. I rilievi di Lucas & Stettenheim concordano con
quelli di Darwin.
Le osservazioni che hanno condotto a postulare l’esistenza
del gene ext sono state fatte da
Williams (1979) sulle varietà nane di Combattente Inglese Antico e
Araucana. I soggetti avevano 7 timoniere per lato oltre al paio di falciformi,
quindi otto timoniere per lato, oltre a qualche falciforme minore
soprannumeraria. Talora le falciformi minori soprannumerarie non erano
presenti, e molto spesso solo un lato presentava otto timoniere.
La condizione descritta da
Williams somiglia molto a quella descritta per il Shokoku, e in base a
successivi incroci lo studioso ha potuto concludere che questo tratto è
causato da un singolo gene autosomico recessivo dotato di penetranza
incompleta e di espressività variabile. Osservò anche soggetti con 6 e 9
piume alla coda, ma non gli è stato possibile concludere che l’anomalia
fosse legata allo stesso gene.
Hy
- hypoplasia |
Autosomico
dominante
Gruppo
di associazione sconosciuto
Si
tratta di un’anomalia che a un esame superficiale somiglia a quella
determinata da Rp. È caratteristica
della razza Ingie ed è stata riscontrata solo sull’isola giapponese di
Tanegashima. Importata dall’Inghilterra nel 1894, è stata mantenuta allo
stato puro fino ai giorni nostri. Il numero delle timoniere e delle copritrici
della coda è uguale a quello dei polli normali, ma queste piume hanno una
struttura completamente differente, in quanto si presentano estremamente
iposviluppate, arricciate, lunghe e sottili, dal rachide minuto e con scarsi
amuli. Per questo motivo gli Ingie sembrano degli scodati,
ma l’indagine ai raggi X ha dimostrato la presenza di un uropigio normale,
le vertebre caudali sono libere e non saldate, ed è presente il pigostilo.
Le remiganti appartengono alle
penne di contorno e sono strutturate in modo da permettere il volo. Esse
vengono suddivise in primarie e secondarie a seconda che si impiantino sul
bordo posteriore della mano o dell’avambraccio. Il pollice può portare
alcune piccole remiganti, da 2 a 6, che formano l’alula,
cioè l’ala piccola, detta anche falsa
ala.
Ciascuna remigante è sovrastata alla sua base da
differenti file di penne di copertura, dette tettrici. Dal lato dorsale dell’ala, procedendo verso il
margine anteriore, si incontrano tettrici primarie, secondarie e marginali. I
primi due tipi sono in numero più o meno equivalente a quello delle
remiganti. Anche sulla superficie ventrale dell’ala sono presenti le
tettrici, che però sono disposte in modo meno ordinato.
Le
remiganti primarie sono inserite nella porzione scheletrica
corrispondente alla mano. Abitualmente nel pollo le remiganti primarie sono 10, ma non è infrequente trovarne
11, e vengono numerate a partire dal polso, o articolazione carpale,
procedendo verso l’esterno, quindi verso l’apice dell’ala, nell’ordine
seguito dalla muta. Alla nascita si possono individuare le 6 remiganti
primarie più interne, mentre le 4 più esterne sono rappresentate da piumino
neonatale maturo che solo successivamente verrà sostituito da remiganti.
Senza entrare in particolari, la decima sarà ben visibile
intorno al 22° giorno di vita.
Le remiganti secondarie trovano impianto nella parte
dell’ala corrispondente all’avambraccio. La loro numerazione procede anch’essa
dall’articolazione carpale e ovviamente verso l’attaccatura dell’ala. Il
pollo possiede in media 18
remiganti secondarie, che nell’Albatros urlatore, Diomedea exulans, sono 40. Il perché di questa differenza numerica
non necessita di spiegazione. Nel neonato sono riconoscibili le secondarie che
vanno dalla terza all’undicesima, mentre quelle poste prima e dopo sono
costituite da piumino neonatale maturo. Intorno al 22° giorno di vita tutte
le secondarie saranno ben visibili.
Sf1
- Sf2 - surplus flight primaries |
Autosomici
dominanti, con azione complementare
Gruppo di associazione sconosciuto
Ogni ala possiede abitualmente
10 remiganti primarie, mentre alcune razze e ceppi ne possono avere un numero
maggiore. L’anomalia è di frequente riscontro nella Rhode Island rossa,
nella Plymouth Rock barrata, nella Nagoya. Le osservazioni sono frutto di
Onishi, che in seguito a incroci tra Livorno bianca e Nagoya ha potuto
concludere per un’azione complementare di due geni autosomici completamente
dominanti, ovviamente presenti su loci diversi.
Chiazza
di alopecia alle ali |
Ereditarietà
da definire, con espressione limitata al sesso maschile
Jeffrey
(1985),
allevando dei Combattenti Inglesi Antichi nani lavanda, osservò un galletto
che presentava anomalie d’impiumamento alle ali, e precisamente in
corrispondenza delle piccole copritrici, anomalia cui diede il nome di patch.
Si trattava di un’area di 10-15 mm² localizzata in corrispondenza delle
piccole copritrici di ambo i lati, nel cui contesto le piume non si
svilupparono mai al di là delle dimensioni di uno spillo; nelle zone
adiacenti le piume erano di dimensioni intermedie con aspetto setoso, e dopo
la muta, cui andarono incontro anche gli aborti di piuma, ricrebbero i soliti
spilli. Un caso analogo, sempre a carico delle piccole copritrici, ma
caratterizzato da piume setose anziché a spillo, e che non andavano incontro
a muta, è stato descritto da Banning-Vogelpoel nel 1971 a proposito di una
Nana Calzata porcellana. In ambedue i casi era presente il gene lav.
Successivamente
Jeffrey incrociò il galletto con una sorella dello stesso colore, ottenendo 5
maschi tutti con le chiazze alle ali e 6 femmine tutte normali. Non proseguì
in ulteriori accoppiamenti. La base genetica di questa anomalia non è nota,
ma si può supporre, nonostante i dati siano scarsi, che sia ereditaria con
espressività limitata al sesso maschile, verosimilmente legata in modo
stretto col gene lavanda.
Nei
maschi di combattenti malesioidi è frequente riscontrare vaste aree di
alopecia bilaterale alle ali che sicuramente non riconoscono un’origine
traumatica, quale potrebbe verificarsi durante i combattimenti.
dr
- dysplastic remiges |
Autosomico
recessivo
Gruppo
di associazione sconosciuto
Quest’anomalia
del piumaggio, osservata per la prima volta all’Università del Saskatchewan,
è caratterizzata dal fatto che negli adulti manca un numero variabile di
remiganti e di timoniere, con interessamento delle copritrici alari nei casi
estremi. La mutazione si manifesta dapprima al centro dell’ala e della coda,
e nei casi moderati consiste in una perdita delle piume più prossime alla
linea mediana; nei casi estremi si assiste a una progressione laterale della
perdita di remiganti primarie e secondarie. L’espressione più severa
comporta la perdita di tutte le remiganti. La perdita delle timoniere
corrisponde all’entità dell’interessamento delle remiganti, ma la
compromissione dei follicoli delle timoniere è sempre piuttosto scarso. I
follicoli interessati si presentano pieni di materiale plumario in via di
disfacimento, oppure contengono piume deformate e alterate. Questi rilievi
macroscopici non sono evidenti a carico delle remiganti se non in pulcini di
6-16 giorni di vita, mentre si rendono manifeste nelle timoniere a 21-28
giorni d’età. I follicoli che si alterano durante lo stadio giovanile si
presentano alterati anche nella vita adulta. È stato possibile osservare la
stessa alterazione anche a carico del tratto crurale nei portatori di garretti
d’avvoltoio.
Fl
- flightless |
Autosomico
incompletamente dominante
Gruppo
di associazione sconosciuto
In
questa condizione si ha un interessamento delle timoniere, delle remiganti e
di altre piume di grosse dimensioni, le quali presentano un difetto del
rachide che comporta lo spezzarsi della piuma se sottoposta a pressione, e
questo fatto comincia a manifestarsi solo quando la piuma è matura. Le piume
di copertura più piccole per lo più non si spezzano, ma con l’invecchiamento
del piumaggio il soggetto diventa sempre più ispido.
Quest’anomalia
può già essere riconosciuta in pulcini di un mese, che hanno remiganti di
lunghezza irregolare, e che possono già spezzarsi. La cisteina ha una
concentrazione del 18,5% in meno rispetto alla norma, mentre il fosforo supera
i valori normali del 12,4%. L’indagine ai raggi X ha messo in evidenza una
struttura fibrosa deficitaria. Potrebbe essere vera l’ipotesi di un’anomalia
che coinvolge il metabolismo proteico. Il gene Fl è dotato di un’azione letale allo stato omozigote.
fr
- fray |
Autosomico
recessivo
Gruppo
di associazione II - cromosoma 2
Quest’anomalia
è caratterizzata da un aspetto sfilacciato delle timoniere e delle remiganti,
dovuto a un difetto delle barbule e degli amuli, per cui le barbe non possono
rimanere unite. Questa caratteristica è difficile da riconoscere anche nel
piumaggio giovanile, in quanto diventa ben manifesta solo nel piumaggio
adulto.
rw
- ragged wings |
Autosomico
recessivo
Gruppo
di associazione sconosciuto
Questo
difetto delle piume è stato scoperto in modo indipendente nelle Stazioni
Sperimentali Agricolturali di New York e del Kansas. L’anomalia non è
evidente nei pulcini appena nati e neppure nel piumaggio giovanile, in quanto
si rende manifesto solo in quello adulto, e quando raggiunge la massima
espressione può causare l’assenza di tutte le remiganti, senza che ciò sia
la norma; all’altro estremo esistono soggetti dotati di tutte le remiganti,
che però si presentano accorciate. Le piume della coda vengono sempre
risparmiate. L’azione del gene pare si svolga nei primi tempi della vita
embrionale, causando una dissociazione dello sviluppo dei componenti
mesodermici ed ectodermici del germe della piuma. Anche se il modo di
comportarsi del gene è di tipo autosomico recessivo, c’è ragione di
credere all’intervento di geni modificatori che sono in grado di inibire l’espressione
completa di rw.
Pti-1
- Pti-2 - pti-3 - ptilopody |
Geni
autosomici ad azione singola o combinata
Gruppo di associazione sconosciuto
La
presenza di piume ai piedi riceve diverse denominazioni: tarsi impiumati,
zampe impiumate, piedi impiumati, ptilopodia. Si tratta di una caratteristica
comune a svariate razze, nelle quali si esprime con fenotipi differenti,
variabili anche da un soggetto all’altro. Talora si associa una brachidattilia. Se vengono considerate
da un punto di vista ontogenetico, le penne, come le squame cornee, prendono
origine da papille dermiche. Facciamo un passo indietro. La filogenesi ci
insegna che le penne si sono sviluppate da squame cornee e ciò è confermato
dal fatto che le zampe degli uccelli sono spesso ricoperte da squame, che in
alcune specie, o in gruppi di specie, si trasformano in penne: poiana calzata,
civetta capogrosso. Nel pollo domestico questa caratteristica, per così dire ancestrale,
può essere mantenuta attraverso la selezione.
Ovviamente un concetto siffatto va a cozzare contro l’origine
monofiletica di ispirazione darwiniana, in quanto il Gallo Rosso della giungla
ha zampe glabre. Si dovrebbe pertanto ammettere l’esistenza di un superantenato
nel quale tutte le squame erano diventate piume.
Breda, Langshan e Faverolles mostrano il grado minore d’impiumamento:
sono interessati solo la superficie esterna del tarsometatarso e il dito più
esterno. Anche Brahma e Silky sono impiumate solo nella parte esterna dei
tarsometatarsi, presentando però un impiumamento del 3° e del 4° dito.
Barbuta di Uccle, Nana Calzata, Cocincina
e Sultano presentano
piume sia all’esterno che all’interno del tarsometatarso, oltre che a
carico del 3° e del 4° dito.
Nella Pavlov l’impiumamento dei tarsi è completamente
differente: anche se le piume non sono dotate di particolare rigidità, esse
sono presenti su faccia anteriore, esterna e interna del tarsometatarso, oltre
a ricoprire tutte quante le quattro dita.
Dagli studi di Somes eseguiti incrociando Langshan,
Brahma, Cocincina e Sultano con Livorno bianca, è emerso che Langshan e
Brahma portano, ognuna, un paio di geni
dominanti, mentre Cocincina e Sultano ne posseggono due paia.
In aggiunta a questi studi, alcuni hanno dedotto che in
certi ceppi sono presenti geni
inibitori
dell’impiumamento, potendo così spiegare la comparsa di tarsi senza
piume quando invece avrebbe dovuto verificarsi una progenie calzata.
Dobbiamo pertanto concludere
che, fondamentalmente, nell’impiumamento dei tarsi, così diverso da una
razza all’altra, intervengono
3 loci: due geni dominanti in loci separati, presenti
contemporaneamente nel determinare il grado estremo di impiumamento di
Cocincina, Sultano, Barbuta di Uccle e Nana Calzata; l’uno o l’altro di
questi stessi geni, da solo, è causa dello scarso impiumamento caratteristico
di Langshan, Faverolles e Breda. L’impiumamento di grado intermedio,
osservabile in Brahma e Silky, può essere dovuto a un differente allele
presente in uno dei loci (come suggerito dagli studi di Somes), oppure può
essere dovuto a una segregazione dei due loci succitati. L’impiumamento
della Pavlov è dovuta a un gene recessivo, cioè a pti-3.
v
- vulture hocks |
Autosomico
recessivo
Gruppo di associazione sconosciuto
Le
piume presenti nella parte posteriore della coscia, appartenenti allo pterilio
crurale, cui fa da impalcatura il tibiotarso, abitualmente sono soffici e
vaporose. Nel fenotipo che stiamo analizzando le piume si presentano
modificate nella struttura e nella lunghezza, tanto da sembrare remiganti. Si
proiettano posteriormente, raggruppandosi al di sotto dell’articolazione
tibiotarsica, orientate verso il suolo e parallele al bordo esterno delle ali.
I garretti d’avvoltoio sono una caratteristica posseduta
da Barbuta di Uccle, Nana Calzata, Breda e Sultano. Si tratta di razze
calzate, e nonostante si creda comunemente che garretti d’avvoltoio e tarsi
calzati siano due tratti indipendenti, si è osservata una loro frequente
associazione, la cui base non è nota, ma potrebbe trattarsi della necessità
da parte di v di agire su un
genotipo responsabile di tarsi impiumati se vuole manifestare la sua azione.
I pareri sulla dominanza sono discordi, in quanto c’è
chi ha potuto osservare un caratteristico comportamento recessivo, chi invece
propende per una dominanza incompleta. A nessun allevatore, anche se inesperto
di genetica, è fatto divieto di addurre le proprie osservazioni ed
esperienze, non solo a proposito della dominanza o recessività del gene v,
ma di qualunque altra mutazione oggetto di contestazione.
E credo che un allevatore, magari imberbe come lo
scrivente, che deve ancora guadagnarsi baffi
barba e favoriti, possa e debba esprimere qualche giudizio estetico. Pare
oltremodo ridicolo come gli imperativi dello standard riescano spesso a
irreggimentarci! Guai alla presenza di garretti d’avvoltoio nella Brahma!
Chi l’ha detto? Forse Mendel? Forse Bateson? È quasi ridicolo come si
voglia a ogni costo forzare la natura per eliminare un gene che, a mio avviso,
rende il gallo Brahma fiero come un guerriero.
Ho avuto la ventura di possedere questa razza, sempre con
dei bei garretti d’avvoltoio, e quelle poche volte che i soggetti ne erano
sforniti, mi sembravano incompleti, nudi, sui trampoli. Si tratta di un
condizionamento da parte di peccaminosi
stimoli visivi, oppure dobbiamo concederci il piacere della visione beatifica
di garretti d’avvoltoio più avvoltoio
che mai? È la solita questione dell’arco gotico e romanico: quale dei
due sia il più bello. Si tratta solo di due differenti visioni della vita, di
una differente Weltanschauung come
dicono i Tedeschi, una differente concezione del mondo.
Io sono sostenitore dei garretti
d’avvoltoio per la Brahma, e non mi vergogno a scriverlo. Intanto, se all’esperto
dotato di baffi barba e favoriti
salta in mente che deve andare di moda questo fenotipo, state tranquilli che
saremo costretti a rimetterci a selezionare in senso inverso. Con quali
risultati non si sa, vista l’interdipendenza genica.
ed-1
- ed-2 - edema |
Geni
che occupano loci differenti - Autosomici e recessivi
Gruppo di associazione sconosciuto
In quest’anomalia - detta
anche alopecia
[5]
alle cosce - causata da uno o dall’altro gene, si riscontrano delle aree, a
carico di una o di ambedue le cosce, in cui mancano le piume. Il meccanismo
patogenetico è identico a quello descritto per la calvizie: intorno al 12°
giorno di vita embrionale di formano delle vescicole ripiene di liquido che
impediscono un normale sviluppo del follicolo della piuma. Al 16° giorno le
vescicole hanno raggiunto il diametro massimo di 4-5 mm. Nonostante sia
possibile raggiungere la maturità, questo disordine si accompagna a una
notevole riduzione della percentuale di schiusa.
Ht
- sb-1 - sb-2 - heel tuft - stubs |
Alleli
di loci diversi, autosomici
Gruppo di associazione sconosciuto
Questi
mozziconi sono piume delle gambe e dei piedi cresciute solo parzialmente, e
compaiono in ceppi abitualmente non calzati. È un tratto difficile da
studiare, in quanto un piumino ai tarsi al momento della schiusa non deve
necessariamente sfociare in questi monconi dell’età adulta. È valido il
discorso inverso, in quanto pulcini con zampe glabre possono successivamente
manifestare l’anomalia.
La sigla Ht,
che sta per heel tuft, ciuffetto al
calcagno, che gli allevatori ora chiamano mozziconi
al garretto, è usata per designare un gene autosomico dominante che si
esprime attraverso spuntoni di ridotte dimensioni presenti sulla superficie
interna dei tarsi, appena al di sotto dell’articolazione tibiotarsica.
Gli altri due geni, sb-1
e sb-2,
sono anch’essi autosomici, recessivi, presenti in loci differenti, studiati
nella Rhode Island red. Non è stato possibile determinare se la contemporanea
presenza di questi geni dia luogo a effetti cumulativi. Il fatto che le
femmine presentano più difficilmente questa caratteristica, fa pensare che si
tratti di un fenotipo parzialmente
limitato al sesso.
Non si può neppure escludere
che si tratti di un fenotipo in cui sono implicati numerosi geni, e che sia
quindi una caratteristica su base poligenica.
Il suddividere le razze in
classi nettamente distinte in base al piumaggio è un metodo eccessivamente
schematico, in quanto nell’ambito di una classe il piumaggio presenta un’ampia
gamma di variazioni. Le piume delle ali vengono spesso interessate da alcune
mutazioni che contemporaneamente agiscono sulla coda e sulle piume di
contorno. Esistono tuttavia delle mutazioni che agiscono in modo principale o
elettivo a livello delle remiganti. Le razze a piumaggio soffice, con piume
molto larghe, in genere non presentano delle belle remiganti, spesso dotate di
un cattivo impianto come se si trattasse di una piuma affetta da qualche
malattia nel punto di emergenza dalla cute. Inoltre queste piume sono spesso
rigirate e non è infrequente che il numero delle remiganti secondarie sia
deficitario. È esperienza comune come le piume torte rappresentino un serio
problema in molte razze.
Carefoot ha potuto osservare in una Sussex ermellinata
nana una mutazione recessiva il cui effetto pare si limiti a piegare a
semicerchio l’asse della piuma, cosicché la punta si dirige in avanti.
Quest’anomalia si presenta prevalentemente nei maschietti e solo in un’ala.
Esistono altre anomalie, sempre su base genetica non ancora definita. Per
esempio, la presenza di 3 o 4 remiganti secondarie rigirate, quelle più
vicine al corpo; esistono anche malformazioni a carico di quasi tutte le
remiganti secondarie. Il consiglio migliore è quello di non impiegare come
riproduttori quei soggetti che presentano una qualche anomalia nell’orientamento
delle piume, in quanto spesso il difetto può ricomparire nella discendenza.
Larghezza e forma di una piuma sono ampiamente variabili
da una razza all’altra. È logico che queste due caratteristiche sono
fondamentali nel conferire l’aspetto al soggetto preso nel suo insieme, e
dalla pratica abbiamo appreso come in molte razze sia estremamente difficile
mantenere la larghezza della piuma richiesta, sufficiente quanto basta per
mascherare il piumino sottostante. I soggetti dalle piume strette impiegati
come riproduttori mostrano una tendenza a trasmettere ai discendenti una
rapida perdita della primitiva dimensione, da cui si può arguire che le piume
affilate sono in parte dovute a un gene recessivo. Carefoot ha potuto
osservare che questa caratteristica spesso si manifesta in modo estremo a
carico delle remiganti primarie, per cui questo dato è un’utile guida
qualora si vogliano individuare i soggetti utili dal punto di vista
riproduttivo. Le remiganti larghe sembra si possano riscontrare solo nei
soggetti a piume larghe, anche se talora accade che il piumaggio che ricopre
il corpo sia dotato di larghezza accettabile mentre le remiganti si presentano
strette. Pertanto, per ottenere una buona selezione, vale la pena di scartare
di primo acchito i soggetti dalle remiganti affusolate.
Nelle varietà il cui mantello è dotato di disegno
bisogna tener conto della forma della piuma, che condiziona l’espressione
ottimale dei geni. Per esempio, per la Plymouth Rock barrata non è difficile
intuire che il disegno barrato è perfetto se le piume si affiancano in modo
parallelo; e siccome l’apice della piuma dovrebbe iniziare con una barra
nera, la punta deve possibilmente avvicinarsi alla forma rettangolare,
permettendo così l’espressione di una bella barra, che altrimenti sarebbe
insignificante se l’apice fosse aguzzo. Al contrario, una Wyandotte con orlo
semplice deve possedere piume dall’apice arrotondato se l’orlatura deve
esprimersi in forma circolare, mentre la Sebright deve avere delle piume
ovalari, a mandorla.
Le nostre conoscenze relative all’ereditarietà della
morfologia della piuma sono piuttosto scarse, anche se vien da pensare che il
risultato finale possa scaturire dall’azione combinata di parecchi geni. L’unica
via che porta alla perfezione è, come al solito, la continua selezione
partendo da ceppi eccellenti, sempre che la sorte lo consenta.
Esistono numerose altre anomalie che gli allevatori di
polli ornamentali giustamente considerano difetti, verosimilmente legati a
fattori genetici non ancora identificati, probabilmente in gran parte
recessivi. Basti citare la coda storta, la coda doppia,
la coda da scoiattolo, la coda cadente, la cresta
sdoppiata, l’ala cadente, le piume torte.
Il portamento di un pollo varia parecchio da
una razza all’altra e non si può escludere che si tratti di una
caratteristica in cui sono implicati parecchi geni. Inoltre, a confortare l’ipotesi
di un’origine genetica, abbiamo la constatazione che la coda cadente oppure
da scoiattolo costituiscono allo stesso tempo difetto e pregio per razze
differenti. Nessuna di queste due caratteristiche estreme è stata ancora
studiata sotto il profilo genetico.
Coda
da scoiattolo nei galli di San Marco a Venezia
Funerale della volpe – mosaico dell'XI secolo
Una delle anomalie non identificate dal punto di vista genetico è la coda da scoiattolo, anomalia che in base al mosaico intitolato "Funerale della volpe" della Basilica di San Marco possiamo ritenere geneticamente presente nel pollo da parecchi secoli. Infatti anche il Gallus Patavinus e la Gallina Patavina di Aldrovandi hanno una coda che ricorda assai quella dell'odierna Nagasaki o Chabos che dir si voglia, un cui collega è rappresentato dal Gallus crispus sempre di Aldrovandi. Questa coppia di galli di San Marco è raffigurata nella scena del "Funerale della volpe" che si trova nel transetto settentrionale nei pressi della Porta della Madonna, mentre portano in spalla la volpe. Questo mosaico è stato rifatto da Alberto Parise nel 1623, ma risale originariamente alla seconda metà dell'XI secolo. Il soggetto rappresentato in San Marco deriva dai Bestiari medievali, nei quali sono narrate le gesta della volpe, simbolo dell'astuzia, del demonio e della persecuzione contro la Chiesa.
Coda
da scoiattolo nei galli della Basilica di Santa Maria e Donato a Murano
Funerale della volpe – mosaico del 1140
Gallus et gallina Patavini di Aldrovandi
Gallus crispus di Aldrovandi
Odierna Nagasaki o Chabos
Il riconoscimento del sesso nei neonati - perlomeno da quando i pulcini si sono asciugati - riveste
particolare interesse per coloro che allevano con finalità commerciali, ma lo
stesso si può dire per i genetisti. La separazione dei maschi dalle femmine
può basarsi sul semplice esame dei genitali, associato o meno ai dati che
scaturiscono dal fenotipo determinato da geni trasmessi coi cromosomi
sessuali. Ambedue i metodi sono impiegati su ampia scala. Bisogna tuttavia
sottolineare che l’impiego di marcatori legati al sesso è meno dispendioso
ed è più accurato.
Negli Uccelli il primo esempio di un carattere legato al
sesso fu descritto nel 1908 da Durnham e Marryat nei canarini cannella dagli
occhi rosa. Diversi gradi di albinismo legato al sesso sono stati dimostrati
in un pappagallino australiano, nel tacchino, nel piccione, oltre al pollo
ovviamente.
Metodo di Masui e Hashimoto
(1933):
secondo i due giapponesi il pulcino viene preso con la mano sinistra e
mediante una leggera pressione esercitata con un dito nella regione ventrale
vengono anzitutto fatte espellere le feci presenti nella cloaca.
Successivamente, mediante il pollice e l’indice destri, viene rovesciato l’orlo
della cloaca, mettendo così in evidenza l’organo copulatore, visibile come
una piccola protuberanza sul pavimento della cloaca. Si esegue l’operazione
con l’aiuto d’una lampada da 300 Watt. Nell’80% dei pulcini l’organo
copulatore è chiaramente visibile sin dalla nascita, solo nel 20% è
difficile individuarlo. L’esperto deve aver raggiunto una pratica notevole
che possa consentire di riconoscere il sesso nel 95-98% dei neonati.
Metodo Chicktester:
deve riconoscere le gonadi maschili. L’apparecchio, detto Chicktester, è fatto di un tubicino di vetro connesso ad
appropriato mezzo ottico provvisto di sorgente luminosa. Il tubetto di vetro
perfettamente liscio viene introdotto nel retto per poter individuare le
gonadi ai lati della colonna vertebrale. Un esperto può esaminare 800-900
pulcini in un’ora, con una precisione del 100%.
Per raggiungere lo scopo
utilizzando marcatori genetici legati al sesso si possono imboccare due
strade: incroci legati al sesso,
servendosi cioè di incroci tra razze differenti con fenotipo determinato da
geni eterosomici, oppure, nell’ambito di ceppi o linee, far ricorso alle
differenze fenotipiche per un effetto dose esplicato dal gene del barrato B.
In questo secondo caso vengono coinvolte razze geneticamente pure e si parla
di autosessaggio. Jaap ha proposto di impiegare questo termine solo
per quelle linee in cui l’identificazione del sesso è ben definita, all’opposto
di alcune razze come Plymouth Rock barrata e Rhode Island red in cui le
differenze nella pigmentazione permettono il sessaggio con elevata ma
incompleta accuratezza. In questo caso si parla di semi-autosessaggio. Pertanto adotteremo questa
triplice suddivisione.
I geni più spesso impiegati per
determinare il sesso in pulcini di un giorno di vita sono stati il gene del
barrato B e il gene dell’argento S.
Le altre mutazioni che citeremo non hanno trovato un riscontro pratico.
Uno dei primi incroci tra razze
diverse eseguito al fine puramente commerciale di produrre uova dal guscio
marrone è stato in voga nel periodo compreso tra il 1930 e il 1950 e ancora
in auge in varie parti del mondo: si tratta di accoppiare un maschio Rhode Island rosso o New Hampshire con femmine
Plymouth Rock barrate. Ne scaturiscono le cosiddette pollastre nere
legate al sesso. Tutti i pulcini sono neri a causa del gene E
della madre, e i maschietti, barrati da adulti, vengono identificati dalla
chiazza bianca in sede occipitale, assente nelle femmine. Sullo stesso
principio è usato in Inghilterra l’incrocio con maschio Livorno nella veste
di genitore non barrato.
Nelle femmine
nere legate al sesso
esistono
variazioni cromatiche sia a carico del piumino che del piumaggio adulto, con
alcune linee dotate di più feomelanina rispetto ad altre. Le femmine derivate
dal New Hampshire, con genotipo E/eWh_b+/W,
che da adulte hanno un piumaggio più rossiccio, generalmente presentano un
piumino nero brunastro, specie al capo.
Il barrato legato al sesso può essere utilizzato con lo
splash derivato dal blu e dal nero esteso dovuto al gene E. La chiazza occipitale indotta da B è facilmente individuabile su un piumino chiaro blu-grigio
geneticamente E/E_Bl/Bl. Nell’adulto
questo genotipo sfocia in un piumaggio essenzialmente bianco, utile per ceppi
da carne, nei quali l’ulteriore aggiunta del gene S elimina i residui di feomelanina.
La segregazione legata al sesso
degli alleli S e s+ è alla base degli incroci più
diffusi volti a ottenere uova dal guscio marrone. In pratica si incrociano
maschi rossi coda nera, come i Rhode Island, con femmine bianco columbia come
le Sussex: ne risultano maschi argento e femmine oro, ben distinguibili in
quanto i fenotipi parentali si possono esprimere solo su uno sfondo non
eumelanotico, cioè, un colore di fondo non
E; di conseguenza i pulcini non presentano l’interferenza legata a un
piumino nero.
Recentemente è stato aggiunto il gene del bianco
dominante I, dal momento che le
femminucce eterozigoti per questo gene riescono comunque a manifestare la
colorazione feomelanica a carico del piumino. La chiave di lettura valida per
differenziare con precisione i soggetti con piumino oro oppure argento è
stata fornita da Malone & Smith nel 1979. Questi studiosi hanno potuto
dimostrare che i due colori non possono venir distinti con precisione quando
il colore di base è il frumento. Invece, introducendo un restrittore del
nero, come il gene columbia Co, si
verifica una normale espressione dei due alleli. Difatti, la combinazione del
frumento dominante eWh
con Co finisce per conferire
caratteristiche ben precise al piumino argento e oro, sia che il gene I sia presente oppure assente.
Il colore rosso dell’occhio e
il piumino corto associati al gene sal sono stati proposti come caratteristiche utili per
separare i sessi qualunque sia il genotipo del colore di base, inclusi i
genotipi che hanno un piumaggio bianco. Ma l’insuccesso di questo metodo
può dipendere dagli effetti pleiotropici associati al gene dell’albinismo,
pleiotropismo che non sempre è presente in tutti i ceppi ma che talora può
manifestarsi sotto forma di una minor vitalità e produttività.
La pigmentazione dermica dovuta
all’eumelanina associata ai geni id+ e idc non si esprime sul piumino. Invece l’allele idM
può tornare utile su un colore di sfondo E
in quanto l’eumelanizzazione del piumino viene rafforzata, sia in assenza
che in presenza del bianco recessivo c,
e tale effetto è evidente alla nascita. Lo svantaggio legato all’impiego di
questo gene sono i tarsi scuri e un aumento della pigmentazione della fascia
addominale.
Gli alleli Kk+
furono scoperti dal genetista russo Serebrovsky. Essi controllano la velocità
di crescita delle piume nelle prime settimane dopo la schiusa. A partire da
8-10 giorni d’età, i maschi con genotipo k+k+, o le femmine k+-, hanno piccole code di circa 1 cm e penne delle ali
che raggiungono l’estremità del corpo. I maschi KK e Kk+
o le femmine K-
della stessa età non hanno coda e sono muniti di ali molto corte.
L’incrocio tra maschi con penne a rapida crescita e
femmine a lenta crescita, produce maschi lenti Kk+
e femmine rapide k+-,
cosicché si possono separare i sessi con una precisione pari al 95% a circa 8
giorni d’età, che tuttavia è un po’ troppo avanzata per le necessità
industriali. Ma esistono dati probanti che i due tipi possono essere
identificati anche alla schiusa sulla base di una differenza delle prime penne
dell’ala.
Nel Nordamerica la gallina più usata per uova è derivata da incroci fra 2 o più ceppi di Livorno bianca. La maggior parte delle Livorno è ad impiumamento rapido, ma esistono anche ceppi a impiumamento lento, e si stanno attualmente impiegando i geni Kk+ per rendere possibile il sessaggio alla schiusa. Il gene k+ è stato incorporato in molti ceppi parentali che producono il pollo da carne o broiler [to broil = arrostire] perché previene la comparsa di gropponi pelati al momento dell’immissione sul mercato. Per i genetisti gli alleli Kk+ sono interessanti come esempi di geni singoli che influenzano una funzione più che la forma del fenotipo.
2012 - the 120th anniversary of
the birth of
Aleksandr Sergeevich Serebrovsky
by Irina Moiseyeva
and Mikhail Romanov
È molto utile identificare il
sesso al momento della schiusa senza dover ricorrere all’incrocio di due razze. Questo è possibile grazie all’effetto
dose del gene B,
che è stato definito il gene dell’autosessaggio per eccellenza. In presenza
di un’appropriata colorazione di base, il piumino dei maschi barrati
omozigoti risulta più chiaro di quello delle corrispondenti femmine
emizigoti.
Il primo incrocio fu quello eseguito da Punnett &
Pease nel 1930 con l’impiego di Plymouth Rock barrata e Campine oro, notando
che questa seconda razza appartiene al cosiddetto barrato autosomico. Attraverso backcross,
eseguiti a carico della progenie barrata della Campine, si ottennero soggetti
che essenzialmente erano Campine puri per il gene B. La Cambar era una linea
chiusa, con identificazione del sesso basata sul colore più chiaro del
piumino dei maschi. Seguendo la scia tracciata da Hutt si sono creati altri
ceppi barrati, sia in Europa che negli Stati Uniti: Legbar, Dorbar, Ancobar,
ma nessuna è stata utilizzata su larga scala, dato che avevano un’ovodeposizione
inferiore ad altre razze. Inoltre, poco dopo la creazione della Cambar, è
entrata in uso la pratica di sessare i pulcini con l’esame della cloaca. Se
tale tecnica non fosse stata scoperta, lo sviluppo delle razze autosessabili
avrebbe un’importanza economica rilevante.
Un’altra ragione che ha impedito l’uso su larga scala
dei geni della colorazione e del disegno del piumaggio legati al sesso al fine
sessare i pulcini alla schiusa, sta nel fatto che tale tecnica non ha trovato
impiego negli incroci della Livorno bianca, la miglior ovaiola in assoluto.
Nella Livorno il bianco dominante I è epistatico rispetto a C+ necessario alla
formazione della melanina, per cui cancella qualsiasi barratura.
Siccome per definizione il semi
autosessaggio non permette un’accuratezza completa, la sua utilità è
limitata. Nel caso non si possa ricorrere a tecniche strumentali o all’osservazione
diretta dei genitali, è meglio scartare i pulcini dubbi, qualora, magari per
ragioni di studio, si abbia la necessità di non incorrere in errori.
Il gene del barrato legato al
sesso determina maschi e femmine diverse attraverso il suo effetto dose. Le
femmine hanno chiazze bianche occipitali più piccole e meno regolari, con
piumino e tarsi più scuri. Si può aggiungere che il pigmento nero nella
parte distale delle dita dei piedi si arresta bruscamente, lasciando il resto
del dito di color giallo. I maschi si differenziano per avere chiazze
occipitali più ampie disegnate in modo irregolare e non hanno la
caratteristica interruzione del nero sulle dita. Basandosi su questi criteri l’accuratezza
nel sessaggio può raggiungere punte del 95%, anche se si è notato che
esistono differenze tra i vari ceppi, per cui i criteri di accuratezza hanno
bisogno di un riaggiustamento.
In queste due razze è stato
impiegato come criterio di selezione tra i sessi la presenza nei maschietti di
un giorno di una chiazza chiara appena al di sopra delle piccole copritrici.
Inoltre i maschi presentano chiazze di estensione variabile nel contesto del
piumaggio alare, mentre le femmine hanno una colorazione delle ali uniforme. L’accuratezza
basata su questo criterio va dal 90 al 95% per la RIR e dall’80 al 90% per
la NH. Non si conoscono le cause ormonali o genetiche che stanno alla base di
questa differenza tra i sessi; ovviamente si può tuttavia affermare che non
è implicato il gene B.
Il colore del piumino della
Brahma fulva, il cui genotipo appartiene alla restrizione columbia, è
caratterizzato da una pigmentazione scura al dorso, mentre l’addome è color
crema. Nel 1971 Somes ha messo in evidenza che la superficie dorsale delle ali
delle femminucce è grigio fumo, mentre nel maschio è giallo crema chiaro. L’accuratezza
basata su questa differenza si aggira intorno al 93%, senza che tuttavia sia
stato possibile determinarne l’ereditarietà. Non si sa se esista una
relazione col fenotipo delle chiazze alari della RIR, ma non è escludibile,
vista la presenza di piumino chiaro in una medesima sede in razze ambedue con
restrizione columbia.
Il genotipo e+/e+
è comune ai maschi e alle femmine, ma queste presentano delle strisce al
dorso e al capo più scure e meglio definite. MacArthur & MacIlraith,
usando questo criterio, sono riusciti nel loro intento con risultati positivi
prossimi all’80%; nel caso della Livorno perniciata, con genotipo eb/eb, lo stesso criterio si è dimostrato assolutamente
inaffidabile.
[2] Amomo o Cardamomo: è la Elettaria cardamomum, erbacea perenne della famiglia delle Zingiberacee originaria dell'Asia tropicale; cresce nei luoghi umidi ed è oggetto di estese coltivazioni nell'isola di Ceylon. Il frutto, detto cardamomo del Malabar, possiede 15-20 semi bruni, aromatici, ricchi di un olio essenziale e di eucaliptolo; i semi e l'olio vengono usati in liquoreria, in tintoria e, talvolta, in medicina come carminativo, cioè contro la formazione di eccessivi gas intestinali.
[4] “I tipi importati per lo passato dal Giappone non avevano caratteri fissati, così si ebbero individui a cresta riccia, altri a cresta scempia [semplice, ndA], nel contempo taluni avevano tarsi e becco gialli, altri li avevano verdognoli o grigi, e lo stesso vale per le forme e pel mantello.”
[5] Alopecia deriva dal greco aløpëx, volpe, in quanto una credenza popolare attribuisce a questo cànide una perdita dei peli in primavera e in autunno, mentre la volpe muta il suo mantello una sola volta l'anno, perdendo i peli a chiazze o a ciocche. Per estensione il termine significa perdita di capelli, di peli o di piume in qualsiasi area della cute essi siano presenti, accompagnata o non accompagnata da atrofia del follicolo.