Lessico


Cuma

In latino Cumae. Antica città della Campania, presso il litorale tirrenico, a nordovest del lago d'Averno. Secondo le fonti è la più antica colonia greca dell'Italia meridionale. Eusebio di Cesarea – ma la data da lui indicata è considerata inaccettabile dalla critica moderna – la pone addirittura nel 1051 aC. In realtà la sua fondazione va collegata con l'arrivo nel basso Tirreno, tra il sec. IX e l'VIII aC, di coloni provenienti da Calcide (Eubea).

A sua volta metropoli di importanti subcolonie nell'area circostante, assurse a notevole potenza nei sec. VII e VI aC. Fu sede del famoso oracolo della Sibilla. Nel 524, sotto la guida del tiranno Aristodemo, sconfisse Campani ed Etruschi coalizzatisi contro di essa. Più tardi, alleatasi con Gerone di Siracusa, vinse ancora gli Etruschi nel 474.

Lago d'Averno

Notevolmente indebolitasi, fu conquistata dai Sanniti nel 438 o 421 aC. Nella seconda metà del sec. IV aC, con l'espansione in Campania dell'influenza romana, Cuma ottenne la civitas sine suffragio (338). Nelle guerre puniche rimase fedele a Roma e nel 180 ottenne il diritto di servirsi della lingua latina negli atti ufficiali.

Forse già prima della guerra sociale a Cuma fu concessa la cittadinanza optimo iure. Ottaviano e Agrippa ne fecero una base navale nella guerra contro Sesto Pompeo. In seguito, nonostante la costruzione della via Domiziana, che accentuò l'importanza di Puteoli (Pozzuoli), Cuma restò una delle città più importanti della Campania.

Il decadimento della città cominciò in età longobarda: la sua distruzione avvenne nel 1203 a opera di Napoli. Dell'antica colonia greca resta l'acropoli cinta da mura con il santuario di Apollo collegato, attraverso un cunicolo, a un lungo corridoio a sezione trapezoidale nel quale si vuol riconoscere il famoso antro della Sibilla Cumana cantato da Virgilio. Dell'area urbana restano soprattutto i ruderi romani con la piazza porticata del foro, il Capitolium ed edifici termali (a sud della città c'era l'anfiteatro). Di grande importanza le necropoli che vanno dal sec. VIII aC all'età imperiale romana.

Cuma

Cuma (in latino Cumae) si trova in Campania nell'area vulcanica dei Campi Flegrei. Il nome deriva dal greco Kýmë, che secondo alcuni significa onda, forse facendo riferimento alla forma della penisola su cui si trova.

Tempio di Zeus a Cuma

Geologia

Il rilievo su cui si colloca l'acropoli di Cuma (m 80 slm) è costituito verso nord e verso est da lave trachitiche precalderiche associate a brecce e scorie riferibili al Primo Periodo Flegreo (datate fra i 42.000 e i 35.000 anni fa), mentre il suo nucleo e la sua parte orientale e meridionale sono caratterizzati da tufi gialli postcalderici del Secondo Periodo Flegreo (datati 35.000-10.500 anni fa), resti del vulcano primordiale dei Campi Flegrei il cui cratere (avente un diametro di Km 15 ca. ed epicentro Pozzuoli) è costituito dai monti di Licola-San Severino, dalla dorsale settentrionale di Quarto, dalla collina dei Camaldoli, dalla collina di Posillipo e da Monte di Procida.

Storia

Il territorio dove sorse questa colonia greca fu abitato fin dall’età preistorica e protostorica. Fra tutte le colonie elleniche della Magna Grecia, Cuma, posta sul litorale campano di fronte all'isola di Ischia, era una delle più antiche e più lontane dalla madrepatria.

In linea di massima si pensa che sia stata fondata intorno al 740 aC, anche se la più antica documentazione archeologica risale al 725-720 aC. Secondo la leggenda, i fondatori di Cuma furono gli Eubei di Calcide, che sotto la guida di Ippocle di Cuma Euboica e Megastene di Calcide, scelsero di approdare in quel punto della costa perché attratti dal volo di una colomba o secondo altri da un fragore di cembali.

Tali fondatori trovarono un terreno particolarmente fertile ai margini della pianura campana. Pur continuando le loro tradizioni marinare e commerciali, i coloni di Cuma rafforzarono il loro potere politico ed economico proprio sullo sfruttamento della terra ed estesero il loro territorio contro le mire dei popoli confinanti.

Tante furono le battaglie che i Cumani combatterono per difendere la propria terra dagli attacchi degli Etruschi di Capua, degli Aurunci e dalle popolazioni interne della Campania. Col passare del tempo Cuma stabilì il suo predominio su quasi tutto il litorale campano fino a Punta Campanella, raggiungendo il massimo della sua potenza. La riscossa dei popoli confinanti, però non si lasciò attendere a lungo, infatti nel 524 aC gli Etruschi di Capua formarono una lega con altre popolazioni, per conquistare Cuma ed espandersi sia territorialmente che commercialmente. Lo scontro si risolse favorevolmente per i Cumani, grazie anche all'abilità strategica del tiranno Aristodemo detto Malaco.

Dopo questa battaglia ne seguirono altre due vittoriose per i Cumani, una prima accanto ai Latini ad Aricia contro gli Etruschi e una seconda nel 474 aC al fianco dei Siracusani i quali avevano inviato la loro flotta sempre contro gli Etruschi, riuscendo definitivamente a cacciarli dalla Campania. Scontro ricordato come battaglia di Cuma. Le gloriose vittorie della colonia ne avevano accresciuto il prestigio, tanto che a quanto riferisce Diodoro Siculo, col nome di 'campagna di Cuma' si soleva indicare tutta la regione dei Campi Flegrei.

La fortuna di Cuma non resisté a lungo poiché intorno al 421 aC soccombette all'avanzata dei Campani che la conquistarono. Nella conquista romana della Campania, a Cuma fu data (334 aC) la civitas sine suffragio e quando, oltre un secolo dopo, Annibale tentò in ogni modo di conquistarla insieme a Pozzuoli, essa gli si oppose risolutamente infliggendo, presso Hamae (che alcuni studiosi identificano nei dintorni dell’attuale Torre di Santa Chiara, mentre altri più al nord, verso il Volturno) una dura sconfitta alle truppe di Capua che si allearono coi Cartaginesi (251 aC).

Da allora Cuma si servì della lingua latina nei suoi atti ufficiali e fu fedele alleata di Roma di cui diventò municipium. In quel periodo la Campania era in pieno sviluppo economico e Cuma, che da un lato godeva di un'ottima posizione strategica per le azioni militari, dall'altro soffriva per la difficile comunicazione commerciale dovuta dalla presenza della Silva Gallinaria e degli acquitrini da cui era circondata.

Durante le guerre civili Cuma fu una delle più valide roccaforti che Ottaviano oppose a Sesto Pompeo, ma dopo la vittoria di Ottaviano essa diventò posto di riposo e di quiete, un rifugio dalla vita tempestosa e agitata di Puteoli (Pozzuoli), città tanto tranquilla che Giovenale, nella III satira, non può fare a meno di invidiare a un suo amico.

In seguito divenne uno dei maggiori centri del Cristianesimo campano e baluardo di civiltà. Caduta inesorabilmente la fortuna di Pozzuoli a causa delle incursioni barbariche, al contrario Cuma, posta su una collina inaccessibile, fortificata e circondata dalla Silva Gallinaria, riuscì a resistere ancora per lungo tempo.

Durante la guerra tra Goti e Bizantini, Cuma fu a lungo teatro di alterne vicende della lotta. Cadde sotto il potere dei Bizantini e nel 558 dC fu fortificata dal prefetto della flotta Flavio Nonio Erasto, finché passò sotto la dominazione longobarda e governata dai duchi di Napoli.

Le scorrerie dei Saraceni le diedero il colpo di grazia. Insediati sull'acropoli dove potevano trovare un rifugio sicuro nelle gallerie del monte, i pirati seminarono a lungo il terrore nel golfo di Napoli, finché quest'ultimi nel 1207, sotto il comando di Goffredo di Montefuscolo, decisero di porre fine alle razzie e alle incursioni, stanando i Saraceni dai loro covi, liberando così il golfo.

Da quel momento Cuma fu pressoché disabitata, l'interramento delle acque del Clanius e del Volturno fece in modo che la città e il suo territorio, soprattutto nella parte bassa, diventassero un immenso pantano. Per secoli vi fu, lungo tutto il litorale di Licola, una palude e soltanto agli inizi del novecento se ne incominciarono la bonifica e lo scavo archeologico.

Cuma fu la colonia che diffuse in Italia la cultura greca, diffondendo l’alfabeto Calcidese, che assimilato e fatto proprio dagli Etruschi e dai Latini, divenne l’alfabeto della lingua e della letteratura di Roma e poi di tutta la cultura occidentale.

Intimamente legato a Cuma è il mito della Sibilla Cumana. Già dal terzo libro dell'Eneide è scritto che Enea, se vorrà finalmente trovare la terra destinata al suo popolo dagli dei, dovrà recarsi a interrogare l'oracolo di Cuma (Eneide, III, 440-452). Attualmente l'antro della Sibilla costituisce un'attrazione turistica di notevole interesse.

Tarquinio il Superbo, l'ultimo re di Roma, visse gli ultimi anni della sua vita in esilio a Cuma dopo l'instaurazione della Repubblica Romana. È anche il posto dove, secondo la tradizione, fu ispirato da una visione Il Pastore di Erma (scrittore greco cristiano del sec. II dC annoverato fra i padri apostolici). È uno dei primi scritti cristiani, così intitolato dalla figura che assume un angelo apparendo allo scrittore. Durante la II Guerra mondiale fu sfruttata per la sua posizione strategica e usata come bunker per l'utilizzo di cannoni.

Geografia

Cuma e il suo territorio occupano un'area che si estende in direzione nord-sud, secondo l'andamento del litorale domizio (la Via Domiziana era una diramazione della via Appia, completata nel 95 dC dall'imperatore Domiziano, che da Sinuessa presso l'odierna Mondragone giungeva a Napoli seguendo la costa, attraverso Literno, Cuma e Pozzuoli). A oriente si ergono le colline di Monteruscello e Monte Grillo, i quali rappresentano i fianchi esterni di due sistemi vulcanici. A sud l'area si sviluppa fino al Lago Fusaro, mentre a nord comprende la zona bonificata dell'antico Lago di Licola. Il territorio cumano è caratterizzato da una fascia costiera bassa e sabbiosa, in un tratto di raccordo alle pendici dei rilievi vulcanici. Area di versanti non molto ripidi e diversamente modellati dall'erosione delle acque piovane.

Il rilievo del Monte di Cuma (acropoli) e i suoi prolungamenti meridionali, interrompono la continuità di tale motivo morfologico, portandosi in alto bruscamente dalla distesa costiera fino alla quota di circa 80 m. Qui emergono i prodotti vulcanici più antichi, costituiti da lave trachitiche con brecce e scorie associate. Queste rocce formano la struttura a cupola di un duomo lavico, su cui posano tufi grigi sub-litoidi e, limitatamente all’area orientale, tufi gialli litoidi databili a circa 11.000 anni fa.

L'azione erosiva e di trasporto degli agenti atmosferici ha determinato, ai piedi dei versanti, l'accumulo di sottili materiali di detrito, che verso mare si uniscono con corpi sedimentari sabbiosi dei sistemi dunari costieri. Questi ultimi si formano e si accrescono grazie al tributo dei sedimenti provenienti anche da zone più lontane, trasportati dalle correnti lungo-costa.

In prossimità del lato meridionale del Monte di Cuma, nella conca naturale formata nella bassa collina tufacea, probabilmente trovava posto l'antico porto della colonia cumana, che oggi risulta completamente interrato dai sedimenti costieri e dai materiali di riporto usati per la bonifica dell'area. Le vaste zone bonificate comprese tra la fascia dunare e le aree di versante, sono oggi utilizzate a intensa coltivazione orticola, mentre i territori più inclinati sono in gran parte terrazzati e soprattutto adoperati per le colture di tipo misto (vigneto-frutteto, orto- frutteto). Negli incavi dei versanti si conservano piccole fette boschive.

Il delicato ecosistema di Cuma

La costa di Licola - Cuma rappresenta una zona di grandissima importanza sotto il profilo ambientale. In essa si ritrova la vegetazione costiera nonché esempio di vegetazione azonale. Malgrado l’azione devastatrice dell’uomo, in quest'area è ancora possibile trovare la flora originaria che un tempo ricopriva le coste italiane. In questa superficie si estendono fasce dunari che danno vita a un habitat naturale diventato sito di importanza comunitaria (SIC) e zona di protezione speciale (ZPS) per la sua rarità.

La banda dunare è costituita essenzialmente da due sistemi paralleli alla costa. Sulla battigia crescono rade piante annuali e in direzione della prima fascia dunare si trova vegetazione alofila (ammofileto, cakileto). La parte più interna, ovvero la duna secondaria, in piena estate raggiunge temperature elevatissime e le specie che vi crescono si sono adattate a queste condizioni estreme. È qui che fiorisce nei mesi estivi il Pancratium maritimum o Giglio Marittimo, pianta che è diventata rarissima per l’eccessiva raccolta da parte dell’uomo e per il suo habitat sempre meno diffuso.

Pancratium maritimum - Amaryllidaceae

Procedendo verso l’interno si trovano dune consolidate dove domina la macchia mediterranea con le caratteristiche essenze, quali il cisto, il mirto, il rosmarino, il ginepro. Da questo punto in poi, verso levante, si estende la duna fossile ricoperta dalla Silva Gallinaria ovvero un bosco di leccio che sorge su sabbia e terra arida, oggi più che raro. Già noto agli antichi per le sue caratteristiche impervie e al contempo amene, definite da fittissima vegetazione di lecceta mischiato a tipici arbusti mediterranei.

Quercus ilex – leccio o elce – famiglia Fagacee

Dal punto di vista faunistico, si trovano una quantità innumerevole di uccelli migratori, soprattutto in via di estinzione, che in questa zona trovano riparo. Si parte dalle molte varietà di uccelli palustri fino ai più rari migratori, capitanati dal ritorno dell'Airone. Tuttavia non solo pennuti affollano quest'area. La spiaggia è il luogo scelto per la riproduzione da un altro animale in via d’estinzione: la tartaruga marina Caretta caretta.

Caretta caretta - Tartaruga caretta

Una femmina di tartaruga caretta emerge dall'acqua per deporre le uova su una spiaggia sudafricana. Robusta nuotatrice, è in grado di ricoprire lunghe distanze sfruttando le correnti oceaniche. La specie Caretta caretta è diffusa nelle acque tropicali e subtropicali, ma frequenta anche il Mar Mediterraneo. Predilige il mare aperto, ma la si può trovare anche in lagune salmastre ed estuari di fiumi. La Caretta caretta è l'unico rappresentante del genere Caretta. Alla nascita è lunga circa 5 cm. La lunghezza di un esemplare adulto è di 80 - 140 cm, con un peso variabile tra i 100 ed i 160 kg. Pare tragga il nome dalla latinizzazione dell'irreperibile francese caret (in senso animale) che significherebbe tartaruga di mare.

Come non bastasse, anche il paesaggio marino offre un tesoro che appartiene a tutto il Mar Mediterraneo. Esattamente di fronte la spiaggia di Cuma – Licola, fra Ischia e Ventotene, si trova un Canyon sottomarino che assume il nome di Canyon di Cuma: una valle sottomarina ricca di alimenti per cetacei come delfini e balenottere.

Il Paradosso del Depuratore di Cuma

Nello scenario ameno di Cuma, valore inestimabile per i suoi tesori archeologici e per il fragile ecosistema, esiste una struttura che può facilmente essere definita eco-mostro: il Depuratore. Il Depuratore di Cuma è stato costruito dalla Italimpianti a fine anni ’70 e avviato ad inizio anni ’80 e fa parte del progetto Regi Lagni diretto dall’enea.

Il mare di Cuma (e delle coste vicine) soffre per i liquami che tale struttura riversa, raggiungendo la misura di 30 tonnellate (circa) di materiale al giorno. L’impatto ambientale del Depuratore di Cuma è altamente invasivo: da un lato rilascia in mare il materiale residuo della depurazione delle acque nere; dall’altro rilascia nell’aria un insopportabile cattivo odore, tale da sollevare continue proteste e manifestazioni da parte dei residenti, che oltre il malfunzionamento della struttura protestano per la diminuzione di valore che l’ecomostro ha causato agli immobili della zona colpita

Le proteste non sono solo legate ai cittadini, bagnanti e associazioni e riserve naturali, ma anche al personale che lavora all’interno della struttura, che più volte ha scioperato per i ritardi nei pagamenti salariali e per la salvaguardia dell’ambiente e della natura.

Grazie al Depuratore di Cuma la Regione Campania ha ricevuto la Bandiera Nera di Legambiente causa il cattivo funzionamento dello stabile che si protrae da oltre 20 anni, contribuendo a incrementare la percentuale di scarichi fognari che sfocia in mare senza nessun trattamento, intorno al 30%. L’alto inquinamento del Depuratore di Cuma è verificato anche dall’Operazione Chernobyl svolta dai Carabinieri, la quale ha portato all’arresto di 38 persone e al sequestro con prescrizione e facoltà d’uso dell’impianto, per disastro ambientale e traffico illecito di rifiuti, oltre ad altri capi d’accusa. La preoccupazione dei residenti e delle riserve naturali è facilmente comprensibile se si pensa che esattamente sulla riva dove sfocia il canale del Depuratore di Cuma sorge l’area protetta del Parco Regionale dei Campi Flegrei, che quella spiaggia è sito di importanza comunitaria oltre che zona speciale protetta, luogo dove le tartarughe marine nidificano e che a largo si estende il Canyon sottomarino di Cuma.

Cumae

Ancient ruins of Cumae

Cumae (Italian: Cuma) is an ancient Greek settlement lying to the northwest of Naples in the Italian region of Campania. Cumae was the first Greek colony on the mainland of Italy (Magna Graecia) and is perhaps most famous as the seat of the Cumaean Sibyl. Today Cuma - Fusaro is a frazione of the comune of Bacoli.

Early history

The settlement is believed to have been founded in the 8th century BC by Greeks originally from the cities of Cuma and Chalkis in Euboea led by the oecist (colonizer) Hippocles. The Greeks were planted upon the earlier dwellings of indigenous, Iron-Age peoples whom they supplanted; a memory of them was preserved as cave-dwellers named Cimmerians, among whom there was already an oracular tradition. Its name comes from the Greek word kûma, meaning wave - perhaps in reference to the big waves that the peninsula of Kýmë in Euboea has. The colony was also the entry point in the Italian peninsula for the Cumaean alphabet used in the ancient Greek city of Cuma, a variant of which was adapted by the Romans.

Cumae was a direct offshoot of an earlier colony on the island of Ischia, Pithekoussai, founded by colonists from the Euboean cities of Cuma and Chalcis which was accounted its mother-city, by agreement among the first settlers. The colony thrived. By the eighth century it was strong enough to send Perieres and a group with him, who were among the founders of Zancle in Sicily, and another band had returned to found Triteia in Achaea, Pausanias was told. It spread its influence throughout the area over the seventh and sixth centuries BC, gaining sway over Puteoli and Misenum and, thereafter, founding Neapolis in 470 BC. All these facts were recalled long afterwards; Cumae's first brief contemporary mention in written history is in Thucydides.

Latins, Greeks and Etruscans were among the first settlers..The growing power of Cumaean Greeks led many indigenous tribes of the region to organize against them, notably the Dauni and Aurunci with the leadership of the Capuan Etruscans. This coalition was defeated by Cumaeans in 524 BC under the direction of Aristodemus, called Malacus, a successful man of the people who overthrew the aristocratic faction, became a tyrant himself and was assassinated. Lucius Tarquinius Superbus, the last legendary King of Rome, lived his life in exile with Aristodemus at Cumae after the establishment of the Roman Republic. The combined fleets of Cumae and Syracuse defeated Etruscans at the Battle of Cumae in 474 BC.

The Temple of Zeus at Cumae
was converted into a paleochristian basilica

Oscan and Roman Cumae

The Greek period at Cumae came to an end in 421 BC, when the Oscans broke down the walls and took the city, ravaging the countryside. Some survivors fled to Neapolis. Cumae came under Roman rule with Capua and in 338 was granted partial citizenship, a civitas sine suffragio. In the Second Punic War, in spite of temptations, Cumae withstood Hannibal's siege, under the leadership of Tib.. Sempronius Gracchus. Under Roman rule "quiet Cumae" slumbered until the disasters of the Gothic Wars, when it was repeatedly attacked, as the only fortified city in Campania aside from Neapolis: Belisarius took it in 536, Totila held it, and when Narses gained possession of Cumae, he found he had won the whole treasury of the Goths. In 1207, forces from Naples, acting for the boy-King of Sicily, destroyed the city and its walls, as the stronghold of a nest of bandits.

Entrance to the Cave of the Sibyl

Sibilla Cumana

La Sibilla Cumana è la più famosa tra le Sibille, figure profetiche della religione greca e romana. Questo titolo era detenuto dalla somma sacerdotessa dell'oracolo di Apollo (divinità solare ellenica) e di Ecate (antica dea lunare pre-ellenica), oracolo situato nella città magnogreca di Cuma. La sibilla svolgeva la sua attività oracolare nei pressi del Lago d'Averno, in un antro conosciuto come "l'antro della Sibilla" dove la sacerdotessa, ispirata dalla divinità, trascriveva i suoi vaticini in esametri su foglie di quercia le quali, alla fine della predizione, erano mischiate dai venti provenienti dalle cento aperture dell'antro, rendendo i vaticini "sibillini" (oscuri, misteriosi, enigmatici). La sua importanza era nel mondo italico pari a quella del celebre oracolo di Apollo di Delfi in Grecia.

Lago d'Averno

Tali Sibille erano giovani vergini (ma spesso figurate come decrepite per l'antichità del lignaggio), che svolgevano attività mantica in uno stato di trance (furor). L'etimologia e l'origine dell'appellativo sono ignote. Alcuni nomi che ci sono rimasti delle Sibille Cumane sono: Amaltea, Demofila ed Appenninica (di cui abbiamo testimonianza in Licofrone e in Eraclito). Nel libro VI dell'Eneide, Virgilio la chiama Deifobe di Glauco. In tale poema la Sibilla Cumana è il personaggio centrale, con la doppia funzione di veggente e di guida di Enea nell'oltretomba. La presentazione dell'Oracolo è accompagnata dal cupo ritratto dei luoghi in cui vive e che formano un tutt'uno a suggerire un'immagine di paura ma allo stesso tempo di mistero.

Apollo e la Sibilla Cumana - Berlino, Gemäldegalerie
Giovanni Domenico Cerrini detto il Cavalier Perugino
(Perugia 1609 - Roma 1681)

La sibilla ha anche una leggenda: "Apollo innamorato di lei le offrì qualsiasi cosa purché ella diventasse la sua sacerdotessa, ed essa gli chiese l'immortalità. Ma si dimenticò di chiedere la giovinezza e quindi invecchiò sempre più finché, addirittura, il corpo divenne piccolo e consumato come quello di una cicala. Così decisero di metterla in una gabbietta nel tempio di Apollo, finché il corpo non scomparve e rimase solo la voce. Apollo comunque le diede una possibilità: se lei fosse diventata completamente sua, egli le avrebbe dato la giovinezza. Però ella, per non rinunciare alla sua castità, decise di rifiutare."

In Ovidio, inoltre, nel libro XIV delle Metamorfosi la Sibilla Cumana racconta a Enea di aver ottenuto da Apollo mille anni di vita, tanti quanti i granelli di sabbia che aveva stretto nella propria mano. Dimenticandosi, però, di chiedere al dio l'eterna giovinezza, la Sibilla è destinata a diventare sempre più debole e avvizzita col passare del tempo.

Ingresso all'Antro della Sibilla

Tutt'ora è visibile l'antro della Sibilla Cumana nella frazione Cuma, che ricade nei comuni di Pozzuoli e Bacoli, entrambi in provincia di Napoli. La sibila cumana ha una sua storia anche a Ponte Arche in Trentino dove sono situate le Terme di Comano in suo onore. La storia narra che un principe, molto malato, scoprì una fonte segreta tra la montagne delle Giudicarie, dove adesso sorge Ponte Arche. Tutti i giorni si incamminava fin lì e beveva quell'acqua, accorgendosi che giorno dopo giorno stava guarendo. Sono nate così le Terme di Comano, meta oggi di numerosi turisti.

Cumaean Sibyl

Cumaean Sibyl by Andrea del Castagno
(San Godenzo, FI ca. 1421 - Firenze 1457)

The ageless Cumaean Sibyl was the priestess presiding over the Apollonian oracle at Cumae, a Greek colony located near Naples, Italy. The word sibyl comes (via Latin) from the ancient Greek word Síbylla, meaning also prophetess, but the etymology is unknown. There were eventually many Sibyls in the ancient world, but because of the importance of the Cumaean Sibyl in the legends of early Rome codified in Virgil's Aeneid VI, she became the most famous among Romans, supplanting the Erythraean Sibyl famed among Greeks: in Latin she was often simply referred to as The Sibyl.

The Sibyls in Santa Maria della Pace - Rome
Raffaello Sanzio (Urbino 1483 - Roma 1520)

She is one of the four sibyls painted by Raphael at Santa Maria della Pace in Rome, near Piazza Navona.  Raphael began to fresco the four Sibyls receiving angelic instruction (1514) above the arched doorway leading to an inner chapel, commissioned by Agostino Chigi, the papal banker.

She was also painted by Andrea del Castagno (Uffizi Gallery), and in the Sistine Ceiling of Michelangelo her powerful presence overshadows every other Sibyl, even her younger and more beautiful sisters, such as the Delphic Sibyl.

 

Sibyl of Cumae by Michelangelo Buonarroti
(Caprese, AR 1475 - Roma 1564)
Sistine Chapel - Vatican

There are various names for the Cumaean Sibyl besides the "Herophile" of Pausanias and Lactantius or the Aeneid's "Deiphobe, daughter of Glaucus": "Amaltheia", "Demophile" or "Taraxandra" are all offered in various references.

The cave at Cumae

Entrance to the Cave of the Sibyl

The famous cave known as the “Antro della Sibilla” was discovered by Amedeo Maiuri in 1932, the identification of which he based on the description by Virgil in the 6th song of the Aeneid, and also from the description by an anonymous author known as pseudo-Justin.(Verg. Aen. 6. 45-99; Ps-Justin, 37). The cave is a trapezoidal passage over 131 m long, running parallel to the side of the hill and cut out of the volcanic tufa stone. An innermost chamber, where the Sibyl was thought to have prophesied has later been identified as an early Christian burial chamber from the 4th or 5th century AD (M. Napoli 1965, 105).

A nearby tunnel through the acropolis now known as the "Crypta Romana" (part of Agrippa and Octavian's defenses in the war against Sextus Pompey) was previously identified as the Grotto of the Sibyl.

Ancient Roman prophecies

The story of the acquisition of the Sibylline Books by Lucius Tarquinius Superbus, the semi-legendary last king of the Roman Kingdom, or Tarquinius Priscus, is one of the famous mythic elements of Roman history.

Centuries ago, concurrent with the 50th Olympiad and the Founding of the City of Rome, an old woman "who was not a native of the country" (Dionysius) arrived incognita in Rome. She offered nine books of prophecies to King Tarquin; and as the king declined to purchase them, owing to the exorbitant price she demanded, she burned three and offered the remaining six to Tarquin at the same stiff price, which he again refused, whereupon she burned three more and repeated her offer. Tarquin then relented and purchased the last three at the full original price, whereupon she "disappeared from among men" (Dionysius).

The books were thereafter kept in the Temple of Jupiter on the Capitoline Hill, Rome, to be consulted only in emergencies. The temple burned down in the 80s BC, and the books with it, necessitating a re-collection of Sibylline prophecies from all parts of the empire (Tacitus 6.12). These were carefully sorted and those determined to be legitimate were saved in the rebuilt temple. The Emperor Augustus had them moved to the Temple of Apollo on the Palatine Hill, where they remained for most of the remaining Imperial Period.

The Books were burned in AD 405 by the General Flavius Stilicho, who was a Christian and regarded the books as Pagan and therefore "evil". At the time of the Visigothic invasion five years later in AD 410, certain Pagan apologists bemoaned the loss of the books, claiming that the invasion of the city was evidence of the wrath of the Pagan gods over the destruction of the books.

Medieval Christianity

In the Middle Ages, both the Cumaean Sibyl and Virgil were considered prophets of the birth of Christ, because the fourth of Virgil's Eclogues appears to contain a Messianic prophecy by the Sibyl, and this was seized on by early Christians as such — one reason why Dante Alighieri later chose Virgil as his guide through the underworld in The Divine Comedy. Similarly, Michelangelo prominently featured the Cumaean Sibyl in the Sistine Chapel among the Old Testament prophets, as had earlier works such as the Tree of Jesse miniature in the Ingeberg Psalter (c. 1210). Virgil may have been influenced by Hebrew texts; according to, amongst others, Tacitus.

Constantine, the Christian emperor, in his first address to the assembly, interpreted the whole of The Eclogues as a reference to the coming of Christ and quoted a long passage of the Sybilline Book (Book 8) containing an acrostic in which the initials from a series of verses read: Jesus Christ Son of God Saviour Cross.

Literature

The Cumaean Sibyl is featured in the works of, among others, Virgil (The Eclogues, The Æneid), Ovid (Metamorphoses) and Petronius (The Satyricon). The epigraph to T. S. Eliot's poem "The Waste Land" is a quote from the Satyricon where Trimalchio states that he saw the withered Sibyl in a hanging jar and that she wanted to die. Geoffrey Hill's Poem "After Cumae" in For the Unfallen refers to the Sibyl's 'mouthy cave'. Robert Graves fabricated a poetic prophesy by the Sibyl to bind the story together in his historical work of fiction, I, Claudius.

Stories recounted in Virgil's Æneid

The Cumaean Sibyl prophesied by “singing the fates” and writing on oak leaves. These would be arranged inside the entrance of her cave but, if the wind blew and scattered them, she would not help to reassemble the leaves to form the original prophesy again.

The Sibyl was a guide to the underworld (Hades), its entry being at the nearby crater of Avernus. Aeneas employed her services before his descent to the lower world to visit his dead father Anchises, but she warned him that it was no light undertaking:

Trojan, Anchises' son, the descent of Avernus is easy.
All night long, all day, the doors of Hades stand open.
But to retrace the path, to come up to the sweet air of heaven,
That is labour indeed. (Aeneid 6.10.)

Stories recounted in Ovid's Metamorphoses

Although she was a mortal, the Sibyl lived about a thousand years. This came about when Apollo granted her a wish; she took up a handful of sand and asked to live for as many years as the grains of sand she held. But she failed to ask for eternal youth and Apollo allowed her body to wither away because the Sibyl did not consent to have sex. Her body grew smaller with age and eventually was kept in a jar (ampulla). Eventually only her voice was left (Metamorphoses 14; compare the myth of Tithonus).

Battaglia di Cuma

La battaglia di Cuma (474 aC) fu uno scontro navale combattuto a Cuma (baia di Napoli) tra la flotta siracusana, guidata da Ierone I di Siracusa alleato con Aristodemo tiranno di Cuma, e la flotta etrusca. Con questa vittoria i Greci posero fine all'espansione etrusca nell'Italia meridionale e assestarono un duro colpo all'influenza politica che essi esercitavano in Italia (di ciò approfittarono i Romani, i Sanniti e i Galli). Nel 415 aC gli Etruschi appoggeranno la fallimentare spedizione siciliana degli Ateniesi contro Siracusa: ciò contribuirà ulteriormente al loro declino.

Battle of Cumae

The Battle of Cumae was a naval battle in 474 BC between the combined navies of Syracuse and Cumae and the Etruscans. Hiero I of Syracuse allied with Aristodemus, the tyrant of Cumae, to defend against Etruscan expansion into southern Italy. In 474 they met and defeated the Etruscan fleet at Cumae in the Bay of Naples.

After their defeat, the Etruscans lost much of their political influence in Italy. They lost control of the sea and their territories were eventually taken over by the Romans, Samnites, and Gauls. The Syracusans dedicated a captured Etruscan helmet at the great panhellenic sanctuary at Olympia, a piece of armour found in the German excavations there. The Etruscans would later join the failed Athenian expedition against Syracuse in 415 BC, which contributed even further to their decline.

Aristodemo di Cuma

Detto Malaco (malakós in greco = molle, soffice, effeminato) da una tradizione storiografica ostile, fu tiranno di Cuma in Campania. Conquistò il potere con l'appoggio del popolo in seguito alla vittoria da lui riportata nel 524 aC sugli Etruschi che avevano attaccato Cuma. Ancora contro gli Etruschi appoggiò i Latini nella battaglia vittoriosa di Ariccia (504). Dette ospitalità dopo il 499 ca. a Tarquinio il Superbo esule da Roma. Morì intorno al 492 aC, ucciso in una congiura di aristocratici.

Aristodemus of Cumae

Tyrant of Cumae in Campania, a contempo­rary of Tarquinius Superbus. His history is related at great length by Dionysius. He was of a distinguished family, and surnamed Malakós — respecting the meaning of which the ancients themselves are not agreed. By his bravery and popular arts, he gained the favour of the people; and having caused many of the nobles to be put to death, or sent into exile, he made himself tyrant of Cumae, BC 502. He secured his usurped power by surrounding himself with a strong bodyguard, by disarming the people, removing the male descendants of the exiled nobles from the town, and compelling them to perform servile labour in the country. In addition to this, the whole of the young generation of Cumae were educated in an effeminate and enervating manner. In this way he maintained himself for several years, until at last the exiled nobles and their sons, supported by Canipanians and mercenaries, recovered the possession of Cumae, and took cruel vengeance on Aristodemus and his family. (Dionys. Hal. vii. p. 418, &c., ed. Sylb.; Diod. Fragm, lib. vii. in the " Excerpt, de Virt. et Vit.;" Suidas, s. v. Aristódëmos.) According to Plutarch (de Virt. Mulier. p. 261), he assisted the Romans against the Etruscans, who endeavoured to restore the Tarquins. According to Livy (ii. 21), Tarquinius Superbus took refuge at the court of this tyrant, and died there. (Comp. Niebuhr, Hist. of Rome, i, p. 553, &c.) 

Dictionary of Greek and Roman biography and mythology
William Smith, Boston, 1867