Lessico


Demostene

da Veterum illustrium philosophorum etc. imagines (1685)
di Giovanni Pietro Bellori (Roma 1613-1696)

Oratore e uomo politico greco (Atene 384 aC - Calauria 322 aC). Iniziò la carriera di avvocato a 18 anni intentando una causa contro i suoi tutori che l'avevano derubato. L'oratoria lo portò direttamente all'attività politica e per più di 30 anni, dal 355 alla morte, Demostene fu uno dei protagonisti della travagliata vita di Atene. Non fu un politico lungimirante né aperto, neppure esente da sospetti anche gravi di corruzione; ma la tenacia con cui difese, per l'ultima volta, l'indipendenza di Atene, e gli accenti che tanta passione ispirò ai suoi discorsi ne fecero nei secoli un affascinante personaggio e uno dei simboli della libertà e della resistenza del debole contro un oppressore. Anche l'ideale, da lui perseguito, della restaurazione degli antichi valori democratici e morali della città pone la sua figura ben al di sopra di quella di un retore.

I tre processi che aprirono a Demostene la carriera pubblica si svolsero nel 355 e 352 (Contro Androzione, Contro Leptine, Contro Timocrate): essi si estesero alle più importanti questioni della politica interna (la finanza pubblica) ed estera (guerra contro la Persia) di Atene. Nello stesso anno 352 si pronunciò a favore dei Megalopolitani contro Sparta.

Pochi anni prima era salito al trono di Macedonia Filippo, che aveva iniziato la sua espansione verso sud, conquistando Anfipoli, Potidea e Metone; nel 351 minacciò l'Ellesponto, e Demostene, preoccupato della crescente potenza di Filippo, iniziò la serie delle sue Filippiche: la lotta antimacedone diveniva la grande ispiratrice, il nodo e il fulcro di tutta la sua attività. Prevalse allora la proposta di Eubulo per la neutralità.

Verso la fine dello stesso anno l'oratore parlava ancora inutilmente a favore dei democratici di Rodi (Per i Rodiesi), che chiedevano aiuto ad Atene per rovesciare la dominazione dei signori di Caria sull'isola. Nel 349 Filippo invadeva la Penisola Calcidica; Olinto chiese l'intervento di Atene e Demostene ne sostenne la causa nelle tre Olintiache (349-348); ma gli aiuti, scarsi e dilazionati, non poterono impedire la caduta e la distruzione della città. Si pensò piuttosto alla pace, se non altro per ricostituire una forza armata efficiente, e un'ambasceria di undici inviati, fra cui erano Demostene ed Eschine, la trattò e l'ottenne dal re nel 346: la pace, che prese il nome da Filocrate, l'autore della proposta, fu poi difficilmente mantenuta e continuamente minacciata per otto anni.

Già nel 344 Filippo accusava Demostene di intrighi, e l'oratore recitava la Seconda Filippica. L'anno seguente si celebrò il processo che Demostene fece intentare contro Eschine dal proprio amico Timarco, e nel corso del quale pronunciò l'orazione Sulla falsa ambasceria, che è forse il suo capolavoro; solo la bravura non inferiore di Eschine e l'intervento in suo favore di Eubulo e di Focione strapparono un'assoluzione per pochi voti.

Del 341 è la Terza Filippica, la più grande di tutte, che coincide anche col periodo di maggior successo della politica di Demostene, impegnato a scatenare la guerra contro Filippo. A questo scopo formò una coalizione di Stati ellenici, cui riuscì a fare aderire anche Tebe. Ma a Cheronea, il 1º settembre 338, Ateniesi, Tebani, Achei, Corinzi e Focesi venivano sconfitti da Filippo; anche Demostene fuggì dal campo di battaglia dove aveva combattuto come oplita.

Nonostante le critiche di Eschine, gli Ateniesi lo sostennero ancora, lo incaricarono di recitare l'elogio dei caduti, poi di restaurare le mura della città. Nel 330 Eschine pronunciò davanti all'assemblea popolare la sua accusa di illegalità contro Ctesifonte, che anni prima aveva proposto di conferire una corona d'oro a Demostene per i suoi meriti patriottici, ma non ottenne la vittoria, e anzi fu schiacciato dall'avversario con quell'altro capolavoro di oratoria che è il discorso Per la corona.

Intanto, nel 336, Alessandro era succeduto a Filippo e poco dopo aveva distrutto Tebe. Demostene tenne una condotta più cauta e cominciò a perdere lentamente prestigio. Nel 324 scoppiò “l'affare di Arpalo”. Arpalo, tesoriere di Alessandro, fuggì ad Atene per le malversazioni di cui si era reso colpevole, e con una forte somma; Alessandro chiese la consegna del reo e del danaro, Atene rifiutò, imprigionò Arpalo e depositò i suoi 700 talenti nell'Acropoli, per restituirli al re quando fosse tornato dall'India. Ma Arpalo fuggì e non si trovarono che 350 talenti. Demostene, che era tra i commissari incaricati della loro sorveglianza, fu sospettato di corruzione e al termine di un'inchiesta condannato a una multa di 50 talenti.

Non poté pagare, fu incarcerato e fuggì a sua volta a Egina e poi a Trezene. Ma pochi mesi dopo Alessandro moriva a Babilonia (323). La Grecia insorse contro i Macedoni, Demostene tornò in patria da trionfatore, ma per poco: nell'agosto del 322 gli insorti erano vinti da Antipatro a Crannone, in Tessaglia, e gli Ateniesi dovettero condannare a morte come traditori i capi della rivolta, fra cui Demostene e Iperide. Questi riuscirono a fuggire, Demostene a Calauria, un'isoletta al largo dell'Argolide. Ma lì fu raggiunto dagli uomini di Antipatro e per non cadere nelle loro mani si avvelenò (ottobre del 322).

A noi sono giunte sotto il nome di Demostene sei lettere e 60 orazioni che si possono distinguere in tre gruppi: díkai, per i processi di diritto privato; graphaí, per i processi politici; lógoi sumbouleutikoi, cioè discorsi politici. Le lettere probabilmente sono spurie, e così alcune delle orazioni furono artefatte più tardi. Tra le autentiche, le politiche soprattutto mostrano il genio oratorio di Demostene, ineguagliato in ogni tempo. In esse la violenza dell'invettiva, la potenza del pathos si accompagnano a una grande finezza espositiva: lo stile, che segue con molta libertà le regole della prosa d'arte, è sorvegliato, musicale, vario, periodi brevi si alternano a periodi lunghi in un sapiente calcolo degli effetti.