Il
28 marzo 2006 scrivevo la seguente e-mail al
Dr Carlo Sarti - curatore
del Museo di Paleontologia dell'Università di Bologna - con
la speranza di giungere finalmente a chiarire dal punto di vista
scientifico il problema del gallo di Eisleben.
Egregio
Dr Sarti,
Come
ho spiegato alla sua Segretaria, che è stata veramente gentile (cosa
in cui sempre più raramente è dato imbattersi), avrei bisogno di una
sua consulenza finale per una ricerca che dura da almeno 8-10 mesi.
Dalla Germania ho avuto l'assoluto silenzio sia di un editore che di
uno studioso di Marburgo.
Finalmente
ho raccolto il materiale bibliografico che mi serviva e che le allego
all'altra e-mail. Un materiale semplice come contenuto scientifico, ma
difficile da reperire.
Mi
sono permesso di rivolgermi a lei in quanto ho potuto veramente
apprezzare quanto è contenuto in Le collezioni di geologia nel
Museo di Ulisse Aldrovandi da lei stilato [PDF].
Il
busillis è abbastanza semplice. Traducendo il lungo capitolo dedicato
al genere Gallus, e contenuto nel II volume di ornitologia di
Aldrovandi (1600), mi imbatto in una frase telegrafica che Aldrovandi
riporta dall'altrettanto telegrafica frase di Gessner:
Aldrovandi
pag. 305 - Mirum, quod scribit Georgius Agricola, lapidem Eislebanum
aliquando Galli effigiem referre.
Gessner
- Historia animalium III (1555) pag. 404: Lapis Eislebanus
aliquando galli effigiem refert, Georg. Agricola.
Tralascio
tutta la tiritera delle mie ricerche relative a Eisleben. Sta di fatto
che – come magari già lei sa, e come può vedere nell'allegato –
nella traduzione in italiano del De natura fossilium Georg
Bauer scrive che talora le scintille di pirite color oro danno
l'impressione di vedere l'effigie di un gallo, nonché di un papa con
la barba e con la mitria.
Se
si trattasse di un gallo fossile credo che allora il gallo sarebbe
assai vecchio (pare si sia definito appena 8 milioni di anni fa). Io
penso che si tratti di rame sotto forma di pagliuzze o di laminette
che si aggregano a fare - per così dire - un disegno nella roccia.
Avrei
bisogno della sua approvazione per questa mia deduzione. Oppure che
lei gentilmente mi illuminasse attraverso dati scientifici per i quali
dichiaro la mia assoluta incompetenza.
La
ringrazio moltissimo dell'attenzione e del tempo che mi sta dedicando.
Cordiali
saluti.
Dopo
sole 3 ore – ripeto, tre ore –
il Dr Sarti così mi rispondeva:
Gentil.mo
Dott. Corti,
Escludo
al cento per cento che si tratti di un gallo fossile. La sua ipotesi
mi pare invece la più probabile. Credo possibile si tratti di fossili
piritizzati, probabilmente pesci su rocce scistose nere e forse le
scaglie, nella disarticolazione dell'ittiolite, hanno potuto ricordare
a quegli antichi scienziati l'effige di un gallo. La pirite e i
minerali "luccicanti" in genere, hanno sempre in passato
stimolato la fantasia. Ne sono un esempio le ammoniti piritizzate
(conosce il mio lavoro sulle ammoniti nella storia della geologia? È
apparso su Museologia Scientifica, vol.XI, n.1/2 del 1994)
La
ringrazio della fiducia e le faccio i miei più sinceri complimenti
per il suo interessantissimo lavoro.
Cordiali
saluti
carlo
sarti
[sic!]
Per
poter approfondire l'argomento, ecco di seguito rame, pirite e i testi
di Agricola, Gessner e Aldrovandi. Buona lettura.
Rame
Elemento
con peso atomico 63,54 e numero atomico 29, ha
simbolo Cu dal latino cuprum, cioè di Cipro, in
quanto già in epoca preistorica erano noti il ferro e il rame di
quest'isola dove ancor oggi oltre alle piriti di ferro e di rame si
estraggono amianto, cromite, gesso, sale. Il rame è un elemento
relativamente scarso nella litosfera dato che ne costituisce appena lo
0,01%, ma si rinviene per la maggior parte concentrato in giacimenti
relativamente ricchi, ciò che ne facilita l'estrazione. I minerali
del rame più importanti dal punto di vista tecnico sono quelli
solforati, nei quali il metallo è contenuto sotto forma di
calcopirite, di bornite e di calcosina, sempre mescolate con forti
quantità di pirite e di altri solfuri di metalli pesanti. I cristalli
del rame, benché non eccessivamente rari, sono solitamente aggruppati
tanto da rendere difficile il riconoscimento delle forme, che
solitamente sono quelle del cubo e dell'ottaedro. Normalmente lo si può
rinvenire sotto forma di laminette o di formazioni dendritiche. Il suo
colore originale è rosso dorato, ma esposto agli agenti atmosferici
si macchia subito di una patina verde o azzurra.
Pirite
La
pirite è un minerale costituito da solfuro di ferro - FeS2
- cristallizzato nella classe diacis-dodecaedrica del sistema
monometrico. Per via
del color oro era nota in passato come l'oro degli stolti. Nella pirite il ferro può essere sostituito in piccola
quantità da cobalto, nichel e rame, e possono trovarsi altri elementi
come oro, wolframio, molibdeno. La pirite ha grandissima importanza
economica: viene usata per l'estrazione dello zolfo nei Paesi poveri
di questo elemento, ma viene soprattutto utilizzata come prodotto di
partenza per la produzione dell'acido solforico, mentre le ceneri di
pirite trovano impiego in campo siderurgico.
Georgius
Agricola o Georg Bauer
De la natura de le cose fossili, e che da la terra si cavano
Libri X, 1546
(Vinegia, Michele Tramezzino, 1550)
Libro
I – Onde ritorneremo à le cose fossili: de le quali non sono poche
quelle, che con linee, che tra se discorrono, e spesso di colore
variano, rappresentano effigie di varie cose; come {ii} <il>
leucophthalmo rappresenta un'occhio humano; l'egophthalmo, un occhio
di capra; il licophthalmo, uno occhio di lupo; l'astroite, effigie di
stelle; la pietra eislebana, effigie di pesci, cio è del luzzo, de la
perchia, del passero marino: questa istessa pietra mostrerà ancho
talhora la effigie di questi animali, del gallo, e de la salamandra: [...].
Libro
X – È simile à lo Spino (se non è quello istesso) una pietra
fissile cavata à le radici del monte Meliboco in Eisleba, in
Mannefeldo, in Hosteda: ella è negra, bituminosa, participante di
rame, e cavandosi primieramente da i pozzi si cumula insieme in un
luogo, e se ne fa un tumuletto [...]. E le cruste di queste tali
pietre ritrovate à le radici del monte Meliboco, per alcune scintille
di pyrite di colore oro, che vi si veggono à le volte attaccate, e
discorrevi, rappresentano varie spetie d'animali; come tra gli pesci,
il passero marino, il luzzo, la perchia: tra gli augelli, il gallo; à
le volte le salamandre: anzi ve ne è stata ancho ritrovata una, che
rappresentava l'effigie del Papa con la sua barba, e con la mitra con
le tre corone distinte in capo; e fu questa vista da molti: Ve ne è
stata ancho ritrovata una, che rappresentava nostra S. co'l figliuolo
tra le mani.
Georgius
Agricola
Il Bermanno, ò de le cose metalliche, 1541
(Vinegia, Michele Tramezzino, 1550)
Vi
sono ancho infinite miniere di ferro, che mi è paruto di tacerle. Il
monte Meliboco poi è piu abondante di miniere di rame, e di piombo
negro; dove sono Eisleba, Manesfeldo, Hoesteda; ne' quali luoghi si fa
molto rame; [...].
Conrad
Gessner
De omni rerum fossilium genere, 1565
De
lapidibus qui aquatilium animantium effigiem referunt – Caput
xiiii
Lapis
Islebianus, e quo aes conflatur, niger, durus, laminae instar piscis
formam aeneis squamis conspicuam prae se ferens: aliquando &
aliorum animalium. ego duos singulis, unum vero geminis piscibus
insignem habeo ab amicis missos. Agricola Eislebianum lapidem vocat,
& imagines exprimere scribit piscium, Lucij, percae, Passeris
marini, de nat. fossil. lib i.
Ulisse
Aldrovandi
Musaeum metallicum, 1648
Liber
i - pagina 99 – Immo
aliquando aes purum, & figuratum, & absque figura repertum
est, sicuti lector in hac icone contemplari poterit: ubi apparent
grana cum multis angulis variarum figurarum hoc modo a natura formata,
in quibus quaedam parva puncta, veluti scintillae aureae micantes
conspiciuntur: quapropter hoc aes nativum figurae pangoniae a nobis
fuit appellatum.
Ratione
coloris, aes maxime variat, rubet enim, viret, flavescit, candicat,
aurescit, & interdum ad colorem purpureum, plumbeum, & nigrum
vergit. Quandoque in venis reperitur sui coloris, instar bractearum,
adhaerens lapidi duro coloris spadicei, vel invenitur in fluoribus
purpureis, in lapide duro candido, necnon in lapide scissili
Mansfeldio suum habens colorem: licet in hoc lapide interdum flavi
coloris observetur. Item aes nativum rubrum ab omnibus metallis
liberum apud mansfeldienses eruitur
Liber
i - pagina 101 – Sunt
autem hi lapides Ichthyomorphi circa Islebium frequentes. Immo haec
vena Islebiana quandoque gallinaceo, quandoque salamandrae, vel
serpenti assimilatur. Quapropter Munsterus
scriptis mandavit in Mansfeldia regione metallifera saxa quaedam
fissilia effodi squamis piscium aeris referta, aereque pregnantia,
cuius generis alia vix in toto terrarum orbe inveniuntur. Verum
debemus admirare puchrum naturae ludentis in his lapidibus spectaculum
dum in his variorum animantium icones adeo accurate effigiat, ut
penicillo delineatae esse videantur. Islebia est oppidum Comitum
Mansfeldensium in Saxonia, ubi talis lapis instar laminae durus, &
aere abundans, formam piscis habens aereis squamis conspicuam, qualis
in praesenti icone demonstratur.
Hic lapis aliquibus Spinos
Theophrasti
censetur: cum tamen hic in metallis Thraciae repertus non sit valde
gravis, cum lapides metalliferi insigni gravitate non careant Georgius
Agricola in saxo Islebiano effigiem Lucij, Percae, Passeris marini,
& similium animantium observasse fatetur.
Liber
ii - pagina 452 –
Ceterum multo plures sunt Lapides, qui aquaticas animantes
repraesentant, ut nos in progressu ostendemus. In mari Ormuz varii
Lapides figurati conspiciuntur, & praesertim illi qui plerumque
Scolopendras referunt. At Lapis Islebianus inter ceteros est valde
admirabilis, dum multis animantium speciebus imprimitur: Etenim
marinos Passeres, Percas, Lucios, gallos gallinaceos, quandoque
Salamandras, & similia animantia ostendit, quemadmodum Lector in
Primo libro huius Tomi, et potissimum in capite de Aere potest intueri.
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