Conrad Gessner

Historiae animalium liber III qui est de Avium natura - 1555

De Gallo Gallinaceo

trascrizione di Fernando Civardi - traduzione di Elio Corti

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¶ Animalia. Κώκαλον, {vetustum} <vetusta> et species gallinacei, Hesychius et Varin. Κώκαλος etiam nomen proprium est, Varin.[1] Persae etiam corvos alectoridas vocant, Hermolaus nescio quo authore. Pausanias quidem in Boeotia gallinaceos quosdam coraxos, id est atro corvorum colore esse scribit[2]. Upupam etiam ἀλεκτρυόνα et γέλασον vocant, Hesych. et Varinus. Cancer Heracleoticus vulgo apud Italos gallus marinus, gallo de mare, nominatur, quod eius chelae cristam galli referant, Pet. Bellonius[3]. Piscis quidam ad Oceanum Germanicum, gobiis congener, ex pictura conijcio, vulgo Seehan, id est gallus marinus vocitatur[4].

Animali. Køkalon è pure un'antica razza di pollo, Esichio e Guarino. Cocalo è anche un nome di persona, Guarino. I Persiani chiamano alektorídes anche i corvi, Ermolao Barbaro, non so in base a quale fonte. In realtà Pausania il Periegeta scrive che in Beozia ci sono dei polli coraxoí, cioè che  hanno il colore nero dei corvi. L'upupa la chiamano anche alektryóna e ghélason, Esichio e Guarino. Il granchio di Eraclea viene volgarmente detto dagli Italiani gallus marinus, gallo di mare, in quanto le sue chele ricordano la cresta del gallo, Pierre Belon. Un pesce dello stesso genere dei ghiozzi che si trova nei pressi dell’Oceano Germanico – Mare del Nord, viene volgarmente detto Seehahn, cioè, gallo marino, e ritengo che lo chiamino così in base alla screziatura.

¶ Gallus matricis, id est mola matricis, Sylvaticus[5]. Amatus Lusitanus lib. I. Curationum Medicinalium[6] meminit mulieris quae geminos utero gestans quinto mense abortivit, et tertio a primo abortu die, frustum quoddam carnis emisit, galli cristae cum rostro gallinaceo simile.

¶ Il gallo uterino – il gallo materno, cioè la mola uterina - mola materna, Matteo Silvatico. Amato Lusitano - alias João Rodriguez do Castelo Branco – nel I libro del Curationes Medicinales fa menzione di una donna la quale, mentre portava in utero dei gemelli, abortì al quinto mese, e tre giorni dopo il primo aborto espulse un pezzo di carne simile a una cresta di gallo con un becco da pollo.

¶ Icones. Asis (regio puto sic dicta) puerum delphino insidentem numis insculpebat, Dardanis gallorum pugnam, Pollux lib. 9. et Caelius[7]. Persarum rex Artaxerxes Cyri iunioris percussori ex Caria, virtutis praemium contribuit, uti in prima acie gallum aureum in hastae gestaret apice[8]. Nam Câras omnes Persae ἀλεκτρυόνας dicunt, id est gallos, propter cristas quas in galeis surrectas habent, Caelius.

Raffigurazioni. Gli Asiatici (ritengo che Asis è la cosiddetta regione asiatica) imprimevano sulle monete un ragazzo seduto su un delfino, i Dardani - i Troiani - vi raffiguravano un combattimento di galli, Giulio Polluce nel libro IX dell'Onomastikón e Lodovico Ricchieri. Artaserse II re dei Persiani a quel tale della Caria che aveva ferito Ciro il Giovane conferì come premio per la sua bravura di portare nei primi ranghi dello schieramento un gallo d’oro sulla punta della lancia. Infatti i Persiani chiamano tutti quanti i Carii alektryónas, cioè galli, a causa  dei cimieri eretti che hanno sugli elmi, Lodovico Ricchieri.

¶ In Apollinis Delphici templo chirotechnae (id est opifices manuarii) frigida quaedam et curiosa fecerunt, ut qui manui Apollinis gallinaceum imposuit, ut horam matutinam et tempus instantis ortus designaret, Plutarchus in libro Cur Pythia non amplius carmine respondeat.

Nel tempio di Apollo di Delfi i chirotechnae (cioè gli operai che usano le mani) hanno fatto alcune cose insulse e curiose, come quello che mise sulla mano di Apollo un gallo affinché indicasse il mattino e il momento dell’imminente sorgere del sole, Plutarco nel libro Cur Pythia non amplius carmine respondeat o Sugli oracoli pitici.

¶ Lapis Eislebanus aliquando galli effigiem refert, Georg. Agricola. In arce Eleorum Minervae simulacrum est, cuius galeae gallinaceus insidet, Pausanias[9]. vide infra in h.

Talora la pietra di Eisleben riporta la raffigurazione di un gallo, Georg Bauer. Sull'acropoli degli abitanti di Elide c'è una statua di Minerva, sul cui elmo sta appollaiato un gallo, Pausania il Periegeta. Vedi più avanti al paragrafo h.

¶ Athenienses Anterotis aram constituerunt, in qua pueri nudi et formosi signum inerat, in ulnis geminos sustinentis generosos gallos, et se in caput impellentis, quibus Timagoram et {Meletum} <Meletem>[10], seu Melitum[11] (utrunque enim legimus) qui amore perierunt, significabant. Historia notissima apud Pausaniam et Suidam: quanquam nonnihil inter se {e}varient, ille in Attica, hic in dictione Melitus, Gyraldus. Gestat autem puer gallinaceos: quod una cum duobus gallis, quos a Melito sibi dono datos ulnis gestabat, ex arce Athenis se praecipitasset. Pausanias aliter hanc historiam referens, gallinaceorum quoque non meminit.

¶ Gli Ateniesi eressero l’altare di Anteros sul quale si trovava la rappresentazione di un fanciullo nudo e avvenente che sosteneva sugli avambracci una coppia di galli di razza, e che si gettava giù a capofitto, coi quali indicavano Timagora e Melete, o Melito (infatti troviamo scritti ambedue i nomi) i quali morirono per amore. La storia è arcinota in Pausania e nel lessico Suida, quantunque discordino alquanto tra loro: Pausania in Attica, il lessico Suida alla voce Mélitos, Giglio Gregorio Giraldi. Infatti il fanciullo porta i galli: in quanto si sarebbe precipitato in Atene dall’acropoli insieme ai due galli che portava sugli avambracci e che gli erano stati dati in dono da Melito. Pausania riferendo diversamente questa storia non fa menzione anche dei galli.

¶ In excelsarum turrium apicibus gallinacei icon ex orichalco conflata, et inaurata plerunque, imponi solet, lamina ad ventum versatili. Vide Emblema Alciati quod in fine historiae galli recitabitur.

Sulle sommità delle torri più alte viene abitualmente collocata la figura di un gallo fusa in ottone, e per lo più dorata, applicata su una lamina girevole al vento. Vedi l'emblema di Andrea Alciato - Vigilantia et custodia - che verrà riportato alla fine della trattazione del gallo.

¶ Propria .Auctor {Nicander}[12] <Aelianus> est, Secundum, qui pincerna regius fuit in Bithynia, a gallo amatum eximie cui nomen foret Centaurus, Caelius. 

Nomi propri. L'autore è Nicandro Eliano: Un servitore, che fu coppiere del re in Bitinia - Nicomede, fu amato in modo straordinario da un gallo il cui nome era Centauro, Lodovico Ricchieri.

¶ Alectryon nomen proprium viri Iliados ρ. non servat ο. magnum in obliquis, {ἠλεκτρύων} <Ἠλεκτρύων> vero paroxytonum servat, Eustathius[13]. Υἱὸν Ἀλεκτρυόνος μεγαθύμου, Homerus[14].

¶ Alettrione - Ἀλεκτρυών, nome proprio di un uomo nel canto XVII dell'Iliade, non conserva l'omega nelle forme flesse, invece Ëlektrýøn – Elettrione - che è parossitono la conserva, Eustazio di Tessalonica. Yiòn Alektryónos megathoúmou – Il figlio di Alettrione il coraggioso, Omero.

¶ Electryon memoratur Amphitryonis {pater et filius} <patruus et frater>[15] Alcei, ut testis est Hesiodus in Aspide.

¶ Si menziona Elettrione zio di Anfitrione e fratello di Alceo, come è testimone Esiodo nello Scudo.

¶ Alector filius fuit Argeae filii Pelopis et Hegesandrae filiae Amiclae (τῆς Ἀμύκλα,) cuius filia Iphiloche vel Echemelus (Ἐχέμηλος) Megapenthi filio Menelai nupta fuit, Eustathius. Fuit et alius Alector filius Epei regis Elidis, etc. Eustathius in secundum Iliados[16].

¶ Alector fu un figlio di Argeo figlio di Pelope e di Egesandra che era figlia di Amicla (tês Amýkla), la cui figlia - di Alector - Ifiloche, o Echemela (Echémëlos), fu sposa di Megapente figlio di Menelao, Eustazio di Tessalonica. Anche un altro Alector, figlio di Epeo re di Elide, etc.,  Eustazio nel II libro ad Iliadem.

¶ Adaeus quidam Philippi militum peregrinorum dux, {ἀλεκτρυὼν} <Ἀλεκτρυὼν> cognominabatur. Meminit eius Heraclides Comicus his versibus: Ἀλεκτρυόνα τὸν τοῦ Φιλίππου παραλαβὼν | Ἀωρὶ κοκκύζοντα, καὶ πλανώμενον | Κατέκοψεν· οὐ γὰρ εἶχεν οὐδέπω λόφον. | Ἕνα κατακόψας μάλα συχνοὺς ἐδείπνισε | Χάρης Ἀθηναίους. ut Athenaeus citat libro 12. nam hic Chares (inquit Eustathius) Athenienses in foro epulis excepit, cum sacrificaret epinicia propter pugnam prospere contra Philippi peregrinos milites gestam. dicit autem illum intempestive cecinisse (ἀωρὶ κοκκύσαι) eo quod pugnam intempestive aggressus sit: et nondum cristam habuisse, hoc est inermem adhuc periculo se exposuisse. Vide infra in proverbio Philippi gallus.

Un certo Adeo, comandante dei soldati stranieri di Filippo II, veniva soprannominato Alektryøn. Ne ha fatto menzione Eraclide il Comico con questi versi: Alektryóna tòn toû Philíppou paralabøn | Aørì kokkýzonta kaì planømenon | Katékopsen; ou gàr eîchen oudépø lóphon. | Héna katakópsas mála sychnoùs edeípnise | Chárës Athënaíous. – Catturato il Gallo di Filippo mentre cantava anzitempo, lo fece a pezzi mentre stava gironzolando; infatti non aveva ancora la cresta. Carete, dopo averne tagliata una invitò a pranzo moltissimi Ateniesi. - Come cita Ateneo nel libro XII. Infatti questo Carete (dice Eustazio di Tessalonica) ospitò gli Ateniesi a pranzo nell’agorà, dal momento che offriva in sacrificio i canti funebri a causa della battaglia espletata con esito favorevole contro le truppe straniere di Filippo. Infatti dice che lui - Alektryøn - cantò fuori tempo (aørì kokkýsai) dal momento che intraprese anzitempo la battaglia: e non aveva ancora addosso la cresta - il pennacchio dell’elmo, e cioè, si espose al pericolo senza essersi prima protetto. Vedi oltre – a pagina 410 - a proposito del proverbio Il gallo di Filippo.

¶ Alectryon quidam adolescens Marti acceptus fuit, quem Mars aliquando cum Venere concubiturus in domo Vulcani pro vigile secum ducebat, ut si quis appareret, Sol oriens praesertim, indicaret. ille vero somno victus cum Solis ortum non indicasset, Mars a Vulcano deprehensus et irretitus est. qui postea dimissus, Alectryoni iratus in avem eum mutavit una cum armis quae prius gerebat, ita ut pro galea cristam haberet. Itaque memor deinceps huius rei alectryon, etiam nunc ales, id tempus quo Sol prope ortum est, quo scilicet Vulcanus domum reverti solebat, cantu designat. Fabulam memorant Lucianus[17], et ex eo interpretatus Caelius Rhodiginus, et Aristophanis Scholiastes, et Eustathius in octavum Odysseae[18], et Varinus. Alectryonem aliquando Martis ministrum et militem fuisse etiamnum testantur, crista, animositas, calcaria, ut rhetor quidam scripsit. ἀλλὰ τοῦτο τῆς ὕστερον μυθοποιητικῆς οὐ σεμνόν ἐστι λάλημα, Eustathius. Alectryon olim tyrannidem gessit, et Persis primus imperavit, etiam ante Darium et {Megabyzum} <Megabazum>[19]: unde etiamnum ab illo imperio Persica avis appellatur, Pisthetaerus apud Aristoph. in Avibus[20]. Ubi Scholiastes, Forte etiam in praecedentibus (inquit) alectryóna vocat Medium avem. nam Persas quoque Medos vocabant. Mox autem subdit {Epops} <Euelpis>, Hinc est nimirum quod adhuc instar magni regis, cyrbasiam (tiaram) in capite solus avium rectam gerens. Quanquam enim (inquit Scholiastes) Persae omnes tiaram ferrent, solis tamen regibus erectam ferre fas erat: caeteris complicata erat vel in frontem prona vergebat, ut Clitarchus tradit. Adeo vero praepotens (inquit Caelius) et formidolosum fuisse illud imperium aiunt, ut nunc quoque avibus id genus diluculo praecinentibus, prosiliant ad opera omnes ceu mulctam veriti.

Alettrione, un adolescente, fu amico intimo di Marte, e Marte quando stava per andare a letto con Venere in casa di Vulcano talora lo portava con sé per fargli fare da sentinella, affinché avvisasse se fosse apparso qualcuno, soprattutto il Sole quando sorgeva. Ma, vinto dal sonno, non avendo dato l'avviso del sorgere del Sole, Marte fu catturato da Vulcano e avvolto in una rete. Successivamente liberato, adirato nei confronti di Alettrione lo mutò in un uccello insieme alle armi che prima portava, cosicché al posto del cimiero si ritrovò una cresta. Così a partire da quel momento, memore di questo avvenimento, alectryon – il gallo, ancor oggi un uccello, indica col canto quel momento in cui il Sole è prossimo a sorgere, cioè quando Vulcano era solito rientrare a casa. Raccontano questa favola Luciano e Lodovico Ricchieri che l'ha tradotta dal suo testo, e il commentatore di Aristofane, ed Eustazio di Tessalonica nel commento al libro VIII dell'Odissea, e Guarino. Che Alettrione sia stato un tempo ministro e soldato di Marte lo testimoniano ancora oggi la cresta, la combattività e gli speroni, come scrisse un retore. Allà toûto tês hústeron mythopoiëtikês ou semnón esti lálëma - Ma questo successivo contenuto della favola non è degno di fede, Eustazio. Un tempo Alettrione regnò da tiranno, e fu il primo a essere a capo dei Persiani, anche prima di Dario e di Megabazo: per cui ancora adesso in base a quel governo il gallo viene denominato uccello persiano, Pistetero negli Uccelli di Aristofane. A questo proposito il commentatore dice: Forse nelle composizioni precedenti chiama l'alectryøn anche uccello della Media. Infatti chiamavano i Persiani anche Medi. E subito Evelpide aggiunge: Ecco perché ancora adesso è il solo tra gli uccelli a portare sul capo la cyrbasia (la tiara) ritta come il gran re. Infatti (dice il commentatore) anche se tutti i Persiani portavano una tiara, solo ai re era permesso di portarla dritta: per le altre persone era ripiegata oppure ricadeva sulla fronte, come tramanda Clitarco di Colofone. Lodovico Ricchieri dice: riferiscono che quell'impero fu a tal punto potente e terribile che ancora adesso quando gli uccelli di questo genere cantano all'alba, tutti si precipitano al lavoro come se temessero una punizione.

¶ Cornelius Gallus, poetae veteris nomen. ¶ Gallus, gentile a Gallia. ¶ Est et Gallus fluvius Phrygiae, cuius aqua furorem [405]  inducit.

¶ Cornelio Gallo, nome di un antico poeta. ¶ Gallo, sta per straniero originario della Gallia. ¶ Gallo è anche un fiume della Frigia, la cui acqua rende folli.


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[1] In Hesychii Dictionarium (Venetiis in Aedibus Aldi & Andreae Soceri Mense Augusto MDXIIII) troviamo Κώκαλον, παλαιὸν καὶ εἶδος ἀλεκτρυῶνος, che a mio avviso non andrebbe tradotto con vetustum et species gallinacei, bensì con vetusta et species gallinacei, che in italiano suona: Køkalon è pure un'antica razza di pollo. Pertanto si emenda il testo di Gessner del quale non conosciamo la fonte, salvo trattarsi di una sua traduzione assai discutibile dal punto di vista sintattico. § Per la citazione di Guarino, così recita il lessico Suida: Κώκαλος, ὄνομα κύριον. Tradotto in italiano suonerebbe: Køkalos, nome di una persona che ha potere. In effetti il mitico re della Sicilia si chiamava Cocalo.

[2] L’aggettivo greco koraxós significa del colore del corvo, di colore nero. Il sostantivo kórax, genitivo kórakos, denota il corvo. - Pausania Periegesi della Grecia IX, Beozia, 22. 4. “Here [in Tanagra] there are two breeds of cocks, the fighters and the blackbirds, as they are called. The size of these blackbirds is the same as that of the Lydian birds, but in colour they are like crows [like a crow - kòraki = to a crow], while wattles and comb are very like the anemone. They have small, white markings on the end of the beak and at the end of the tail.” (translation by W.H.S. Jones) - “Qui [a Tanagra] ci sono due razze di galli, i combattenti e i merli, come sono chiamati. Le dimensioni di questi merli sono le stesse di quelle degli uccelli [dei polli, delle galline] della Lidia, ma nel colore essi sono simili a un corvo[kòraki], mentre i bargigli e la cresta sono molto simili all’anemone; essi posseggono dei piccoli segni bianchi sulla punta del becco e all’estremità della coda.” (traduzione Elio Corti) - Ἔστι δὲ καὶ γένη δύο ἐνταῦθα ἀλεκτρυόνων, οἵ τε μἁχιμοι καὶ οἱ κόσσυφοι καλούμενοι. Τούτων τῶν κοσσύφων μέγεθος μὲν κατὰ τοὺς Λυδούς ἐστιν ὄρνιθας, χρόα δὲ ἐμφερὴς κόρακι, κάλλαια δὲ καὶ ὁ λόφος κατὰ ἀνεμώνην μάλιστα· λευκὰ δὲ σημεῖα οὐ μεγάλα ἐπὶ τε ἄκρῳ τῷ ῥάμφει καὶ ἐπὶ ἄκρας ἔχουσι τῆς οὐρᾶς.

[3] Se Gessner non conosceva il granchio orso di Rondelet corrispondente all'omonimo di Aristotele e al granchio di Eraclea di Belon con le chele a cresta di gallo (quasi certamente la Calappa granulata, sottordine Brachyura), il perché potrebbe risiedere nel fatto che il De piscibus marinis di Guillaume Rondelet veniva pubblicato nel 1554, quindi solo un anno prima del suo trattato di ornitologia, per cui Gessner non aveva magari avuto il tempo di sfogliarlo e di rendersi conto dell'erronea nomenclatura di Belon.

[4] Accade l'esatto contrario di quanto avviene per il pollo dal piumaggio barrato. Nel caso del Seehan citato da Gessner il pesce, il ghiozzo (Gobius niger), diventa un gallo di mare screziato, speckled  o mottled in inglese. Nel caso della variante crele del piumaggio barrato del pollo, è invece il pollo a diventare un pesce, cioè il pollo sgombro, in quanto il termine crele fa proprio riferimento a un pesce, e precisamente allo sgombro comune - Scomber scombrus - che ha diversi sinonimi: scombro, lacerto, maccarello. Paragonando i due sgombri conosciuti – l'altro è lo sgombro spagnolo (Scomberomorus maculatus), che è maculato e non barrato - è proprio il maccarello a essere dotato della barratura trasversale migliore, e maccarello in tedesco suona in modo del tutto simile a crele, almeno nella grafia: Makrele. – Per ulteriori dati e per l'iconografia si veda Summa Gallicana III,4,6 al paragrafo Crele; III,1,5.8 al paragrafo Screziato/Speckled; III,4,5 al paragrafo Pomellato/Mottled.

[5] Matthaeus Silvaticus Opus Pandectarum Medicinae (Mantua, 1474, 1475; Venice, 1480, 1488, 1498, 1499, 1511; Turin, 1526; Leyden, 1534, 1541). The many editions indicate the popularity of this work and others cited by Aldrovandi. (Lind, 1963)

[6] Amatus Lusitanus: a pseudonym for João Rodriguez do Castello [Castelo] Branco, who wrote Curationum Medicinalium Centuria Secunda, Venice, 1552; idem, Centuriae Quatuor, etc., Basle, 1556; various editions: Venice, 1557; Leyden, 1564, 1570; Bordeaux, 1620; Venice, 1653; Index Dioscoridis, Antwerp, 1536; In Dioscoridis de medica materia libros quinque enarrationes, Strassburg, 1554; Venice, 1557; Leyden, 1558. See footnote below on P. A. Matthiolus’ edition of Dioscorides and its accompanying attack on Amatus Lusitanus. (Lind, 1963)

[7] Un'interpretazione sul perché i Troiani raffigurassero galli in combattimento sulle monete ci viene offerta da Aldrovandi a pag. 305 del II volume di Ornithologia (1600): [...] quod ideo fecisse eos Pierius Valerianus recte existimat, quoniam magnum pugnacitatis decus sibi antiquitus usurparent. Hinc honoratum semper apud Maronem Dardaniae nomen, cum secus Phryges fere semper ceu imbelles notentur.

[8] Già citato a pagina 402. Plutarco Artaxerses 10,3. - [10] Dinon then affirms that, after the death of Artagerses, Cyrus, furiously attacking the guard of Artaxerxes, wounded the king's horse, and so dismounted him, and when Teribazus had quickly lifted him up upon another, and said to him, "O king, remember this day, which is not one to be forgotten," Cyrus, again spurring up his horse, struck down Artaxerxes. But at the third assault the king being enraged, and saying to those near him that death was more eligible, made up to Cyrus, who furiously and blindly rushed in the face of the weapons opposed to him. So the king struck him with a javelin, as likewise did those that were about him. And thus Cyrus falls, as some say, by the hand of the king; as others by the dart of a Carian, to whom Artaxerxes for a reward of his achievement gave the privilege of carrying ever after a golden cock upon his spear before the first ranks of the army in all expeditions. For the Persians call the men of Caria cocks, because of the crests with which they adorn their helmets. (translated by John Dryden)

[9] Periegesi della Grecia VI, Elide II, 26,3.

[10] Pausania Periegesi della Grecia Attica I,30,1. - Il nome greco di persona Mélës, Mélëtos, accusativo Mélëta, Melete in italiano, viene latinizzato da Giglio Gregorio Giraldi in Meletum anziché Meletem. Se la sua flessione latina corrisponde a quella del fiume della Ionia Meles, anche il nome di persona fa Meletem all’accusativo. La conferma l'abbiamo da Ludwig Dindorf alias Ludovicus Dindorfius (Lipsia 1805-1871), che pubblicò il Pausaniae descriptio Graeciae a Parigi nel 1845: al nominativo scrive Meles, all'accusativo Meletem. - Ecco il testo di Pausania in traduzione inglese, Description of Greece I, Attica, 30,1: Before the entrance to the Academy is an altar to Love, with an inscription that Charmus was the first Athenian to dedicate an altar to that god. The altar within the city called the altar of Anteros (Love Avenged) they say was dedicated by resident aliens, because the Athenian Meles, spurning the love of Timagoras, a resident alien, bade him ascend to the highest point of the rock and cast himself down. Now Timagoras took no account of his life, and was ready to gratify the youth in any of his requests, so he went and cast himself down. When Meles saw that Timagoras was dead, he suffered such pangs of remorse that he threw himself from the same rock and so died. From this time the resident aliens worshipped as Anteros the avenging spirit of Timagoras. (Description of Greece with an English Translation by W.H.S. Jones, Litt.D. in 4 Volumes. Volume 1. Attica and Corinth, Cambridge, MA, Harvard University Press; London, William Heinemann Ltd., 1918)

[11] Melitus corrisponde al greco Mélitos del lessico Suida.

[12] The reference to Nicander is a false one since there is no mention of Gallus in the latest edition of his Theriaca and Alexipharmaca by A. S. F. Gow and A. F. Scholfield (Cambridge University Press, 1953); both stories of Gallus and Centoarates are in Aelian. (Lind, 1963) - Infatti non è Nicandro, bensì Eliano, La natura degli animali XII 37, la fonte del gallo di nome Centauro: Un gallo di nome Centauro si innamorò del coppiere di un re (il re era Nicomede di Bitinia). Questa storia ci è stata tramandata da Filone. (traduzione di Francesco Maspero) – La causa prima dell'errata citazione è Lodovico Ricchieri. Mai fidarsi troppo!

[13] Eustazio, pag. 1120,12 (ad Iliadem XVII 602): Óti Alektryøn kýrion keîtai entaûtha ou phylássøn tò ø en tëi genikêi høs Ëlektrýøn.

[14] There is a marginal reference to Homer Iliad, Book 17; this must be to line 602: “great-hearted son of Alectryon,” the only reference in Homer to the word for chicken in Greek, although a proper name here. (Lind, 1963)

[15] Grande bagarre! Elettrione e Alceo erano fratelli, figli di Perseo. Anfitrione era figlio di Alceo, quindi era nipote di Elettrione, quindi Elettrione era zio di Anfitrione per via paterna – patruus in latino. Nello Scudo di Esiodo troviamo Elettrione Ἠλεκτρύων e sua figlia Alcmena, che talora va sotto il nome di Ἀλκμήνη, talora sotto quello di Ἠλεκτρυώνη, cioè Elettriona, la figlia di Ἠλεκτρύων. – Si emenda pater con patruus e filius con frater.

[16] s. v. Aléktør, ad Iliadem II 615, p. 303; ad Odysseam IV 3-10, p. 1479, 21. Vedi W. H. Roscher, Ausfuehrliches Lexikon der griech. u. roem. Mythologie, s.v. Alektor.

[17] Il sogno ovvero il gallo - Òneiros ë alektryøn.

[18] Omero Odissea 8,274 sgg. (Francesco Maspero, 1998)

[19] Gessner potrebbe aver dedotto l'errore da qualche testo come quello di Aldo Manuzio del 1498 che riporta: πρῶτον πάντων δαρείου καὶ μεγαβύζου.

[20] La notizia che un certo Alektryøn fu tiranno dei Persiani prima di tutti, anche di Dario I e di Megabazo, viene dalla commedia di Aristofane Gli uccelli, 483.