Lessico
Eschine di Sfetto
da Veterum illustrium philosophorum etc. imagines
(1685)
di Giovanni Pietro Bellori (Roma 1613-1696)
Filosofo ateniese, discepolo di Socrate, del demo di Sfetto, del quale non sono note con esattezza le date di nascita e di morte: forse 430 – 360 aC.
Eschine compose una serie di dialoghi, sette dei quali erano considerati autentici dagli antichi e di cui restano solo frammenti. Essi erano: Milziade, Callia, Assioco, Aspasia, Alcibiade, Telange, Rinone. In essi egli cercò di rappresentare il più fedelmente possibile la figura umana e intellettuale del maestro.
Un dialogo dal titolo Assioco fu composto anche da Platone. Gli interlocutori sono Socrate, Assioco e Clinia.
Grazie al sito dedicato agli scrittori greci in Sicilia possiamo disporre di alcune notizie biografiche che vengono riportate anche da Sir William Smith (1813-1893) Dictionary of Greek and Roman antiquities (Boston, 1870) che ci spiega pure quale fosse l'origine del nome del demo cui apparteneva Eschilo.
da
www.liberliber.it
Eschine di Sfetto - Raffaello Scuola di Atene
Eschine estasiato e innamorato mentre ascolta Socrate. Secondo altre interpretazioni (De Vecchi - 1979) si tratterebbe invece di Agatone.
La Scuola di Atene (1509-10) fa parte del ciclo di affreschi dipinti da Raffaello per la Stanza della Segnatura nei Palazzi Vaticani. L'opera, che raffigura anche Aristotele e Platone insieme ad altri filosofi dell'antichità, appartiene al periodo della maturità artistica del pittore. La grandiosa concezione e il possente impianto prospettico, uniti allo straordinario fascino della rievocazione di uno fra i momenti più alti nella storia della civiltà occidentale, fanno di questo affresco uno dei più celebri capolavori del Rinascimento.
Il filosofo di Sfetto si formò alla scuola di Socrate; dei dialoghi a lui in passato attribuiti solo sette parrebbero da lui effettivamente composti: Milziade, Callia, Assioco, Aspasia, Alcibiade, Telauge, Rinone. Fu tra i discepoli socratici tra quelli che più fedelmente indirizzarono il loro pensiero alla dottrina del maestro. Di lui così parla Diogene Laerzio:
"Dicono anche che [Platone] fu geloso di Eschine, perché godeva buona reputazione presso Dionisio. Quando Eschine giunse spinto dall'indigenza alla corte del tiranno, dicono che fu negletto da Platone, ma fu aiutato da Aristippo. Idomeneo sostiene che i discorsi che Platone attribuisce nel carcere a Critone che vuol persuadere Socrate alla fuga sono di Eschine, ma Platone li attribuì a Critone per malevolenza verso Eschine". (Vite dei filosofi; III, 36)
E ancora ci affidiamo a Diogene Laerzio per altre notizie:
"Eschine, figlio di Carino, il salsicciaio, secondo altri di Lisania, fu Ateniese. Sin dalla giovine età fu pieno di zelo. E per questo non si allontanò mai da Socrate, il quale soleva dire: 'Solo il figlio del salsicciaio ci sa onorare'. (...) I dialoghi di Eschine che sono improntati al carattere socratico sono sette: in primo luogo Milziade (e appunto per questo è piuttosto debole), poi Callia, Assioco, Aspasia, Alcibiade, Telauge, Rinone. Dicono che per bisogno venne in Sicilia da Dionisio e che mentre fu negletto da Platone fu invece presentato a Dionisio da Aristippo e che offrì alcuni dialoghi a Dionisio, dal quale ricevette doni. Quando poi venne ad Atene non osava tenere scuola, ché allora fioriva la fama di Platone e di Aristippo. Faceva bensì lezioni a pagamento e scriveva discorsi giudiziari per chi fosse stato ingiustamente incolpato. A questo alludeva Timone dicendo: 'La forza pur persuasiva di Eschine'. Poiché era oppresso dalla povertà dicono che Socrate gli abbia detto di prendere in prestito da lui e di diminuire gli alimenti. Anche Aristippo sospettava della autenticità dei suoi dialoghi. Si racconta che mentre Eschine teneva a Megara una lettura dei dialoghi, Aristippo l'abbia schernito con queste parole: 'Onde a te questi, o ladro!'. Policrito di Mende nel primo dei suoi libri Su Dionisio afferma che Eschine visse assieme al tiranno sino alla sua caduta e visse sino al ritorno di Dione a Siracusa, e che con lui era anche il tragico Carcino. Si tramanda anche una epistola di Eschine a Dionisio. Era ben esercitato nell'arte retorica, come risulta dalla difesa che egli fece del padre dello stratego Feace e da quella di Dione. Imitò particolarmente Gorgia di Lentini. Lisia scrisse contro di lui un discorso che intitolò Sicofantia, da cui risulta che fu anche oratore". (Vite dei filosofi; II, 60, 63)
da
Dictionary of Greek and Roman antiquities
Aeschines (Αἰσχίνης), an Athenian philosopher and rhetorician, son of a sausage-seller, or, according to other accounts, of Lysanias (Diog. Laert. ii. 60; Suidas, s. v. Αἰσχίνης), and a disciple, although by some of his contemporaries held an unworthy one, of Socrates. From the account of Laertius, he appears to have been the familiar friend of his great master, who said that "the sausage-seller's son only knew how to honour him." The same writer has preserved a tradition that it was Aeschines, and not Crito, who offered to assist Socrates in his escape from prison.
The greater part of his life was spent in abject poverty, which gave rise to the advice of Socrates to him, "to borrow money of himself, by diminishing his daily wants." After the death of his master, according to the charge of Lysias (apud Athen. xiii. p. 611, e. f.), he kept a perfumer's shop with borrowed money, and presently becoming bankrupt, was obliged to leave Athens. Whether from necessity or inclination, he followed the fashion of the day, and retired to the Syracusan court, where the friendship of Aristippus might console him for the contempt of Plato. He remained there until the expulsion of the younger Dionysius, and on his return, finding it useless to attempt a rivalry with his great contemporaries, he gave private lectures. One of the charges which his opponents delighted to repeat, and which by association of ideas constituted him a sophist in the eyes of Plato and his followers, was that of receiving money for his instructions. Another story was invented that these dialogues were really the work of Socrates; and Aristippus, either from joke or malice, publicly charged Aeschines with the theft while he was reading them at Megara. Plato is related by Hegesander (apud Athen. xi. p. 507, c.) to have stolen from him his solitary pupil Xenocrates.
The three dialogues, Περὶ ἀρετῆς, εἰ διδακτόν - Ἐρυξίας ἤ περὶ πλούτου - Ἀξίοχος ἤ περὶ Θανάτου, which have come down to us under the name of Aeschines are not genuine remains: it is even doubted whether they are the same works which the ancients acknowledged as spurious. They have been edited by Fischer, the third edition of which (8vo. Lips. 1786) contains the criticisms of Wolf, and forms part of a volume of spurious Platonic dialogues (Simonis Socratici ut videtur dialogi quatuor} by Bo'ckh, Heidel. 1810.
The genuine dialogues, from the slight mention made of them by Demetrius Phalereus, seem to have been full of Socratic irony. Hermogenes, Περὶ Ἰδεῶν, considers Aeschines as superior to Xenophon in elegance and purity of style. A long and amusing passage is quoted by Cicero from him. (De Invent, 1. 31; Diogenes Laertius, ii. 60-64, and the authorities collected by Fischer.) [B. J.]
Sphettus (Σφηττός), a son of Troezen, who, with his brother Anaphlystus, emigrated from Troezene to Attica, where two demi were named after him. (Paus. ii. 30. § 8 ; Steph. Byz. s.v.) [L.S.]