Ulisse Aldrovandi
Ornithologiae tomus alter - 1600
Liber
Decimusquartus
qui
est
de Pulveratricibus Domesticis
Libro
XIV
che tratta
delle domestiche amanti della polvere
trascrizione di Fernando Civardi - traduzione di Elio Corti - revisione di Roberto Ricciardi
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ANATOMICA |
DATI
ANATOMICI |
[199]
Galenus[1]
Gal<l>inaceos ossium consistentiam, laxam, cavam, et levem
habere testatur. Πρόλοβος,
ut ait Suidas, avium ingluvies est, quae ab aliquibus Φύοσα dicitur. Haec autem in his
avibus, teste Aristotele[2]
ventriculo praeposita est. Appendices habe<n>t infra, qua desinunt
intestina. Atque ita intelligenda sunt verba Plinii[3]
alioqui satis obscura. Gallinae
ultra ventriculum habent ingluviem. Pellicula[4]
ceu cortex quidam intra ventriculum gallinae stercori destinata, echinus[5]
ab aspredine Graecis appellatur. Huius pelliculae, cum apud Medicos in
primis, tum etiam ad lac coagulandum usus est. Sunt qui magna fraude
medicamentarios institores nobis imponere dicant, quia ex ventriculo,
quo nihil in alitibus istis carnosius est, panniculos detractos, et
exiccatos pro ingluvie vendant: hanc autem esse causam, cur nemo hodie
cognoscatur, qui se feliciter in ventriculo roborando pelliculis istis
usum profiteatur: inter quos Gyb. Longolius, non ex ventriculo, sed ex
primo cibi in Gallinis receptaculo, quod stomac<h>um, et ingluviem
vocat, hanc membranam decerpendam sentit. Atqui veteres hanc vim non
ingluviei, aut stomacho, id est, ori ventriculi <galli gallinaeve,
sed ipsius ventriculi,> quem κοιλίαν proprie
vocant, interiori membranae tribuerunt. Nam et Dioscorides[6]
κοιλίαν nominat de hac membrana agens, et Galenus[7]
post κοιλίαν,
id est, ventriculum Mergi, statim huius membranae meminit, intus
adverbium ponens, pro eo, quod est in ventriculo. Uno tanto in loco
Galli gulam[8]
(scribitur autem Graece etiam γούλαν)
una cum larynge iis auxiliari,
qui strata permingunt, legimus,
tertio nempe parabilium libro[9],
sed qui falso illi ascribitur. Plinius[10]
etiam ventris membranam vocavit. Gallicum vulgus, quod tanquam parergon
interiectum esto, inquit Laurentius Ioubertus[11],
Gallinarum ventriculum, si bene memini, periè vocat a petris, quas
patria lingua peiras dicunt: quoniam raro absque lapillis reperitur. |
Galeno
afferma che i polli hanno una struttura delle ossa che è delicata, cava
e leggera. Come dice il lessico Suida,
il prólobos è il gozzo degli uccelli, che da alcuni è detto phýosa.
Ora, in questi uccelli, testimone Aristotele,
esso si trova prima dello stomaco. Inferiormente presentano delle
appendici, là dove finiscono le anse intestinali. E le parole di Plinio,
del resto abbastanza difficili da capire, sono da intendere nel modo
seguente: Le galline, oltre allo stomaco, hanno l’ingluvie.
Quella pellicola o specie di scorza che si trova all’interno dello
stomaco della gallina e che è destinata a produrre lo sterco, per la
sua ruvidezza viene detta dai Greci echînos
– porcospino.
L’utilizzo di questa pellicola avviene non solo soprattutto da parte
dei medici, ma anche per far coagulare il latte. Vi sono alcuni pronti
ad affermare che i commercianti di farmaci ce la propinano ricorrendo a
una grossa frode, in quanto dopo averle fatte essiccare ci vendono come
gozzo le membrane dallo stomaco, rispetto al quale in questi uccelli non
c’è nulla di più carnoso: e che questo in effetti è il motivo per
cui oggi non si conosce nessuno che dichiari di fare uso con esito
positivo di queste membrane per rinvigorire lo stomaco: tra i quali
Gisbert Longolius
è dell’avviso che nelle galline questa membrana vada staccata non
dallo stomaco, ma dal primo ricettacolo del cibo, che egli chiama
stomaco e gozzo. Ma gli antichi attribuirono questo potere non al gozzo
o allo stomaco ghiandolare - il proventricolo, cioè alla parte iniziale
dello stomaco del gallo o della gallina, bensì alla membrana interna
dello stomaco propriamente detto che correttamente chiamano koilían – cavità, cioè
lo stomaco muscolare o ventriglio. Infatti anche Dioscoride
cita la koilían quando parla di questa membrana, e Galeno dopo la koilían, cioè lo stomaco dello smergo,
subito menziona questa membrana, mettendo l’avverbio intus
- dentro, per il fatto che si trova dentro allo stomaco. Solo in un
passo leggiamo che la gola del gallo (infatti in greco si scrive anche goúlan)
insieme alla laringe giova a coloro che bagnano il letto con l’urina,
e precisamente nel terzo libro del De
remediis parabilibus, ma
che erroneamente viene a lui attribuito. Anche Plinio la chiamò
membrana dello stomaco. Laurent Joubert
dice che in Francia la gente comune, e lo si consideri come
un’aggiunta secondaria, se ben ricordo chiama lo stomaco delle galline
periè dalle pietre, che nella loro lingua dicono peiras: dal momento che raramente lo si trova senza pietruzze. |
Alexander
Myndius[12]
apud Athenaeum Gallinaceis testes sub iecore esse dixit, et revera
mulierculae nostrae eos castraturae digitos admodum profunde in inflicto
prope anum vulnere infigunt. Albertus faeminis supra caudam esse tradit,
et exteriori parte corporis: maribus vero interius, ubi aliis animalibus
renes siti sunt. Plinius[13]
alibi calculi remedia recensens, inter alia lapillorum quorundam meminit,
qui in Gallorum vessica reperiuntur: quasi vero aves vesicam habeant.
Recentiores quidam teste Ornithologo[14],
non ex Gallo mare, sed castrato (quem Gallinacei nomine imperite
intelligunt[15])
hunc lapidem haberi putant, et Germanice interpretantur, kapunenstein, hoc est,
Capi lapidem, sed qua in parte reperiatur, minime addunt. Forte tales
lapillos Plinius intellexerit, quos semper in harum avium ventriculo
reperiri paulo ante diximus. |
In
Ateneo
Alessandro di Mindo
disse che nei galli i testicoli si trovano sotto al fegato, e in verità
le nostre donne quando stanno per castrarli conficcano le dita molto in
profondità nella ferita praticata in vicinanza dell’ano. Alberto
riferisce che nelle femmine - l’ovaio - si trova prima della coda e
nella parte periferica del corpo: ma nei maschi i testicoli si trovano
più internamente, là dove negli altri animali sono situati i reni. In
un punto Plinio, esaminando le proprietà medicamentose di una
pietruzza, tra altre cose fa menzione di certi calcoli che vengono
rinvenuti nella vescica dei galli: come se gli uccelli possedessero
davvero una vescica. Alcuni autori più recenti, testimone
l’Ornitologo, ritengono che questa pietra si ottiene non dal gallo
maschio, ma da quello castrato (che erroneamente definiscono col nome di
gallo), e che in tedesco traducono con Kapunenstein, cioè,
pietra del cappone, ma non aggiungono affatto in quale parte venga
rinvenuta. Forse Plinio ha voluto riferirsi a quelle pietruzze, che
poc’anzi abbiamo detto essere sempre rinvenute nello stomaco di questi
uccelli. |
Nos
in commune{m} virorum studiosorum, atque maxime eorum, qui
naturae arcana perscrutantur, aliquot Gallinas Excellentiss. M. Antonio
Ulmo secandas exhibuimus, ut admirabile naturae in generandis ovis
artificium indagaremus. Is itaque vir praestantissimus diligentissima
sectione naturales partes examinans, novem iconibus omnia in iis
observatione digna complexus est: quarum tres subsequenti pagina pictae
ad uteri conformationem quodammodo, reliquae ad ovorum generationem
pertinent: quas post suo etiam loco daturi sumus. Quod ergo ad uterum
spectat, forma eius plurimum a viviparorum animalium utero differt, cum
hic unum duntaxat foramen habeat extrinsecus respiciens, alter vero
oviparorum duplex obtineat foramen, infernum, per quod ovum ad externa
respiciens egreditur iam perfectum: alterum internum, et supernum, per
quod ovum ingreditur iam sub septo transverso inchoatum seu conceptum ad
formam perfectam suscipiendam: cuius positum, substantiam, figuram,
consensum, nunc declarabimus. |
A
vantaggio di tutti gli studiosi, e soprattutto di coloro che indagano i
misteri della natura, ho fornito all'eccellentissimo Marco Antonio Olmo
alcune galline per essere sottoposte a dissezione, al fine di scoprire
la meravigliosa abilità della natura nel generare le uova. Perciò
quest’uomo molto straordinario, esaminando i segmenti naturali
attraverso una dissezione molto diligente, ha incluso in nove immagini
tutte le cose che in essi erano degne di nota: tre delle quali,
riprodotte nella pagina seguente, riguardano in qualche modo la
conformazione della pancia, le altre la generazione delle uova: e queste
le presenteremo successivamente al momento opportuno. Dunque, per quanto
riguarda l’ovidutto, la sua forma differisce moltissimo dall’utero
degli animali vivipari, dal momento che questo possiede una sola
apertura che guarda all’esterno, l’altro, cioè quello degli
ovipari, ha una duplice apertura, una rivolta verso il basso, attraverso
la quale esce l’uovo ormai ultimato rivolto verso l’esterno:
l’altra interna e rivolta verso l’alto attraverso la quale entra
l’uovo ancora in abbozzo o fecondato sotto il setto trasverso, allo
scopo di assumere la forma definitiva: e ora ne renderemo nota la
posizione, la struttura, l’aspetto, i rapporti. |
Uteri
itaque totius (intelligimus nunc uterum proprie dictum, et eius
extensionem) positus est in parte sinistra ad spinam, cum intestina ipsa
obtineant dextram abdominis regionem, et centrum. Exitus vero est in
superna parte ad spinam desinente, cum inferiorem partem teneat podex ad
ventrem positus. Utraque vero foramina cum intestinorum tum uteri adeo
in proximo sitam membraneam substantiam obtinentia coniunguntur, ut
arctissime conniventia sensum ipsum fallere quandoque possent, ut ex
subiecta icone videre licet. Quam rem pariter adiunctae binae aliae non
parum etiam explicant, ut ex adiectis literis est videre. Podicis itaque
atque uteri foramina invicem ita, ut dictum, est, proxima cute, ac
musculo subiecto communiter obteguntur: quod praeputium nymphas ex
similitudine dicere possumus. Correspondet enim cutis haec Gallinae
podicem, ac uteri os obtegens, cuti glandem penis virilis cooperienti
[201] et cutaneis faeminarum. |
Dunque,
l’ubicazione di tutto quanto l’utero (ora ci riferiamo all’utero
propriamente detto e al suo prolungamento) si trova nel lato sinistro
presso la colonna vertebrale, mentre le anse intestinali occupano la
parte destra e il centro dell’addome. Lo sbocco si trova nella parte
superiore, la quale va a finire nei pressi della colonna, mentre
l’ano, che si trova verso la pancia, costituisce la parte inferiore.
Ambedue le aperture sia dell’intestino che dell’ovidutto, dotate di
una formazione membranosa situata nelle loro vicinanze, si congiungono a
tal punto che chiudendosi in modo molto serrato talora potrebbero
ingannare la vista, come è possibile vedere dalla figura che sta più
avanti. E questa situazione la spiegano molto bene le altre due
illustrazioni che l’accompagnano, come è possibile vedere dalle
didascalie annesse. Perciò gli orifizi anale e uterino, come si è
detto, sono talmente vicini fra loro che vengono ricoperti
congiuntamente dalla cute e dal muscolo sottostante: e questo prepuzio
per similitudine possiamo chiamarlo ninfe - piccole labbra della vulva.
Infatti questa cute che ricopre l’ano e la bocca uterina della gallina
corrisponde alla cute che ricopre il glande del pene maschile e alle
formazioni cutanee delle femmine - prepuzio del clitoride. |
[1] Galen De Usu Partium XI. (Lind, 1963)
[2] Historia animalium II,17,508b: Gli uccelli presentano differenze, riguardo alle parti interne, sia fra sé stessi sia rispetto agli altri animali. Alcuni presentano infatti, anteriormente allo stomaco [prima dello stomaco?], un gozzo (così ad esempio il gallo, il colombaccio, il colombo, la pernice): il gozzo è una vasta cavità formata dalla pelle, nella quale si trova il cibo non concotto [prima che sia iniziato il processo digestivo] subito dopo l’ingestione. Nel punto in cui si diparte dall’esofago il gozzo è piuttosto stretto, poi si allarga, e si restringe di nuovo laddove sbocca nello stomaco. Il più degli uccelli hanno lo stomaco carnoso e indurito [stomaco muscolare o ventriglio] che presenta all’interno una pelle robusta, separabile dalla parte carnosa. (traduzione di Mario Vegetti)
[3] Naturalis historia XI,200: Aves quoque geminos sinus habent quaedam: unum quo mergunt recentia ut guttur, alterum in quem ex eo dimittunt concoctione maturata, ut gallinae, palumbes, columbae, perdices. - Alcuni uccelli hanno anche due cavità: una, nella quale introducono ciò che hanno appena ingoiato, come lo è il gozzo, l’altra nella quale ne inviano il contenuto una volta che il processo digestivo è stato condotto a termine, come è il caso delle galline, dei colombacci, dei piccioni e delle pernici.
[4] Il passo iniziale è ricavato dal geoponico Berizio presente nella selezione delle opere geoponiche fatta compilare da Costantino VII Porfirogenito (oggi presente in Geoponica sive Cassiani Bassi Scholastici) e possiamo arguirlo dal testo che segue tratto da Gessner. - Come al solito il testo di Gessner viene malamente rimaneggiato e decurtato da Aldrovandi e, ciò che è peggio, viene personalizzato: in questo modo la serietà dell’Ornitologo rimane integra, ma non lo è altrettanto la comprensibilità dell’anatomia del pollo. - Conrad Gessner, Historia Animalium III (1555), pag. 397: Pellicula ceu cortex quidam intra ventriculum gallinae stercori destinata, echinus ab aspritudine Graecis appellatur, et lactis coagulandi vim habet, Berytius apud Constantinum. haec vis alioqui propria tribuitur ruminantium adhuc lactentium ventriculis, quos et coagula nominant. Vide plura in Echino terrestri G. ab initio de nomine huius particulae. Magna fraude medicamentarii institores nobis imponunt, qui ex ventriculo, quo nihil in alitibus istis carniosus est, panniculos detractos et siccatos pro ingluvie vendunt. et haec est causa cur nemo hodie mihi cognoscatur, qui se feliciter in ventriculo roborando, pelliculis istis usum profiteatur: Gyb. Longolius, non ex ventriculo, sed ex primo cibi in gallinis receptaculo, quod stomachum et ingluviem vocat, hanc membranam decerpendam sentiens. Atqui ego veteres hanc vim non ingluviei aut stomacho, id est ori ventriculi galli gallinaeve, sed ipsius ventriculi, quem koilían proprie vocant, interiori membranae, tribuisse asseruerim. Nam et Dioscorides koilían nominat de hac membrana agens lib. 2. cap. 43. tum ab initio, tum in fine eius capitis. quanquam adiecta in fine a quibusdam adulterina existimantur. Et Galenus libro 11. de simplicibus post coelian, id est ventriculum mergi statim huius membranae meminit, intus adverbium ponens pro eo quod est in ventriculo. Uno tantum in loco (libro tertio Parabilium, qui Galeno falso adscribitur) galli gulam una cum larynge (scribitur autem Graece etiam goúlan) iis auxiliari qui strata permingunt, legimus. Tunica interior gallinarum lixivio calido hora una maceratur, ter lavatur, deinde vino ter maceratur, et ter lavatur: iterum lixivio, post vino, et siccatur clibano ex quo panis extractus est, Sylvius ex Bartolomaeo Montagnana. Ventris gallinaceorum membrana quae abiici solet, inveterata et in vino trita auribus purulentis calida infunditur, Plin.
[5] Il sostantivo greco maschile echînos identifica innanzitutto il riccio di terra o porcospino - Erinaceus europaeus. In seconda istanza identifica anche il riccio di mare, nome comune degli Echinodermi della classe Echinoidei; agli Echinodermi appartengono anche le stelle di mare, le oloturie, le ofiure e i crinoidi.
[6] Dioscorides De Materia Medica (ed. by M. Wellmann, Berlin, 1906-14), II, 43. (Lind, 1963) - lib. 2. cap. 43. (Gessner, 1555)
[7] Galen De
Simplicium Medicamentorum Temperamentis et Facultatibus in Medici
Graeci, XI
(ed. by C. G. Kuehn, Leipzig, 1821-33); first Paris edition, 1530;
another at Leyden, 1561. (Lind,
1963)
[8] Il latino gula deriva da una radice indoeuropea che significa divorare.
[9]
Galenus, De remediis parabilibus. (Gessner, 1555 - libro tertio Parabilium,
qui Galeno falso adscribitur)
[10] Naturalis historia XXIX,139: Ventris gallinaceorum membrana, quae abici solet, inveterata et in vino trita auribus purulentis calida infunditur, [...]
[11] Laurent Joubert, Disputatio de febribus putridis; in qua tria de febribus paradoxa L. J. excutiuntur (1580); cited by Aldrovandi as In Apologia pro paradoxis, 7. (Lind, 1963)
[12] Deipnosophistaí IX,47,392c.
[13] Plinio era ben conscio che gli uccelli non hanno vescica urinaria: Naturalis historia XI,208: Infra alvum est a priore parte vesica, quae nulli ova gignentium praeter testudinem, nulli nisi sanguineum pulmonem habenti, nulli pedibus carentium. inter eam et alvum arteria ad pubem tendentes, quae ilia appellantur. – Tuttavia in XXX,67 egli parla effettivamente di vesica dei polli e di ventriculus dei piccioni, ed è giocoforza dedurre che in questo caso vesica = ventriculus. Naturalis historia XXX,66-67: Iubent et vermes terrenos bibi ex vino aut passo ad comminuendos calculos vel cocleas decoctas ut in suspiriosis, easdem exemptas testis III tritasque in vini cyatho bibi, sequenti die II, tertio die I, ut stillicidium urinae emendent, testarum vero inanium cinerem ad calculos pellendos, item hydri iocur bibi vel scorpionum cinerem aut in pane sumi [vel si quis ut locusta edit], lapillos, [67] qui in gallinaceorum vesica aut in palumbium ventriculo inveniantur, conteri et potioni inspergi, item membranam e ventriculo gallinacei aridam vel, si recens sit, tostam, fimum quoque palumbinum in faba sumi contra calculos et alias difficultates vesicae, [...]. – Esatta è anche l’affermazione di Plinio: la testuggine – che dobbiamo intendere sia come tartaruga che come tartaruga di mare – è invece dotata di vescica urinaria: infatti essa è presente in tutti i Testudinati. Invece i coccodrilli – appartenenti anch’essi ai Rettili e anch’essi ova gignentes - non hanno vescica urinaria.
[14] Conrad Gessner, Historia Animalium III (1555), pag. 382: Alectorias vocant gemmas in ventriculis gallinaceorum inventas crystallina specie, magnitudine fabarum: quibus Milonem Crotoniensem usum in certaminibus invictum fuisse videri volunt, Plinius 37. 10. Ferunt in ventre galli alectorium, id est gallinaceum lapidem. Sed is sarda vel achate fingitur, in quo flammea macula appareat, nam de alectoria vero nihil comperti habeo, Cardanus. Plinius alibi inter remedia calculi, lapillorum meminit qui in gallorum vesica (quasi avis vesicam habeat) reperiantur. Recentiores quidam non ex gallo mare, sed castrato (quem gallinacei nomine imperite intelligunt) hunc lapidem haberi putant: et quidam lingua vernacula interpretatur Kapunenstein/id est caponis lapidem.
[15] Ne ha discusso a pagina 189.