Quattro vie d’approccio sono
attualmente utilizzate per determinare il fenotipo e il genotipo HLA: la prima
è fondata sulla sierologia, la seconda studia l’alloreattività cellulare,
la terza consiste nello studio diretto dei geni HLA con RFLP, la quarta si
serve dell’ibridazione utilizzando oligonucleotidi di sintesi o ancora più
direttamente con determinazione della sequenza nucleotidica dopo
amplificazione genica.
Consistono nel valutare la
reattività di anticorpi di specificità conosciuta contro linfociti del
soggetto studiato. La tecnica di tipizzazione è di regola la
linfocitotossicità, nella quale i linfociti sono incubati in piastre a
micropozzetti con gli anticorpi anti-HLA in presenza di complemento. La
citotossicità è valutata dopo aggiunta di un colorante vitale (eosina) o di
coloranti fluorescenti (acridina arancio, che colora le cellule vitali, e
bromuro d’etidio, che colora le cellule morte). Gli anticorpi provengono da
sieri di donne multipare, di soggetti trasfusi o, più raramente, da volontari
deliberatamente immunizzati. I sieri devono spesso essere adsorbiti per
poterli rendere specifici. In alcuni casi si comincia ad utilizzare degli
anticorpi monoclonali prodotti con la tecnica degli ibridomi. La tecnica è
realizzata sull’insieme dei linfociti nel caso di antigeni di classe I, o su
preparazioni linfocitarie arricchite di linfociti B per gli antigeni di classe
II. I metodi maggiormente impiegati utilizzano biglie magnetiche accoppiate ad
un anticorpo monoclonale anti-DR, o un passaggio su fibre di nylon.
La reazione linfocitaria mista
può essere utilizzata per la tipizzazione della regione D. La tecnica è
complessa e i suoi risultati non si sovrappongono strettamente a quelli della
tipizzazione sierologica di DR. La reazione può essere sensibilizzata
utilizzando delle reazioni secondarie. Mediante il test PLT (Primed
Lymphocyte Testing) si valuta la capacità delle cellule testate a
stimolare una reazione secondaria di proliferazione nelle cellule
precedentemente ipersensibilizzate contro cellule di fenotipo conosciuto.
Questo metodo resta indispensabile per verificare l’uguaglianza tra donatore
e ricevente di trapianto di midollo, e in caso di uguaglianza apparente dopo
tipizzazione DR, DQ e DP.
Lo studio è fondato sull’analisi,
con la tecnica di Southern, di frammenti di DNA ottenuti dopo digestione con
enzimi di restrizione. Questi frammenti sono separati con elettroforesi e
ibridizzati con sonde specifiche dei loci DR, DQ e DP.
È ormai possibile determinare
precisamente ogni allele di classe II mediante ibridazione dopo amplificazione
del genoma secondo la tecnica della Polymerase
Chain Reaction o PCR.
Con l’aiuto di un innesco specifico di ciascun locus (DRB, DOA, DQB, DPB),
si amplifica un frammento di DNA corrispondente al 2° esone. Il prodotto di
amplificazione è successivamente depositato su più membrane secondo la
tecnica del dot blot. Ogni membrana
è quindi ibridizzata con una sonda oligonucleotidica marcata, specifica di un
allele o di una combinazione di un dato allele. La possibilità di utilizzare
le sonde fredde rende questo metodo realizzabile di routine dove tende a
sostituire la sierologia, grazie alla sua maggiore affidabilità e al suo
grado di precisione migliore.
Nel ratto, il locus maggiore di istocompatibilità è il locus RT-1, ancora chiamato H-1 o Ag-B. Esistono anche, come nel topo, dei sistemi minori di istocompatibilità che spiegano, per esempio, il rigetto di innesti cutanei fra ratti Lewis e Fisher, che portano entrambi l’antigene RT-1. I sistemi maggiori di istocompatibilità sono stati identificati, e cominciano ad essere conosciuti, anche in numerose specie fra cui il cane (DLA), la cavia (GPLA), l’hamster (Hm-1), la capra (GLA), il montone (OLA o ShLA), la mucca (BoLA), il cavallo (ELA), lo scimpanzé (ChLA), il macaco Reso [1] (RhLA), il maiale (SLA), il coniglio (RLA) e lo xenopo [2] .
Nel Pollo il locus del gruppo sanguigno B
corrisponde al locus maggiore di istocompatibilità.
[1] In passato il suo nome scientifico era Rhesus rhesus.
[2] Lo Xenopo liscio, o Xenopus laevis, è un anuro arcaico fortemente adattato alla vita acquatica che deve il nome al fatto di avere la pelle perfettamente liscia e così viscida che è praticamente impossibile trattenerlo tra le mani. È originario dell’Africa ed è allevato in laboratorio da quando si è scoperto che, iniettando nella femmina urina di donna incinta, la femmina di questo Pipide depone le uova entro un arco di tempo variabile da 5 a 24 ore, fornendo una prova inequivocabile di uno stato di gravidanza che risale ad alcune settimane.