Lessico


Aprile dolce dormire.

Sì, ma eterno.
Forse grazie all'elettrosmog.

Aprile dolce dormire

Forse è stato il pollo a far sì che aprile si smentisse e cominciasse a elargire non più un sonno ristoratore, bensì un sonno eterno. Infatti il pollo potrebbe essere stato una delle prime vittime di un insolito aprile 2007. Speriamo non sia accaduto altrettanto per alcuni esseri umani.

Passiamo alla cronologia degli avvenimenti. Abito alla periferia sudest di Valenza (AL) in aperta campagna e i miei vicini più vicini si trovano a 50 metri in linea d'aria. All'inizio di aprile 2007 – non ho annotato la data – in piena notte, forse intorno a mezzanotte, vengo destato da una musica a tutto volume. Mi alzo da letto e vado in bagno a fumarmi una sigaretta in attesa che il frastuono si attenui. La camera da letto è rivolta a est, il bagno a ovest. Mentre fumacchio sento che la musica cala di volume e allora mi dico: mi pare che questi pazzi turbatori della quiete notturna stiano mettendo giudizio e così adesso me ne torno a dormire.

Ma, giunto in camera da letto, il volume della musica è come quando mi sono svegliato. Allora apro la finestra e realizzo che non si tratta di un festino notturno, bensì della mia autoradio che strilla a tutto volume. Il bagno guarda a ovest, la macchina è posteggiata a est, praticamente sotto casa, sempre coi vetri alzati contro l'intrusione di zanzare e di qualsivoglia insetto.

Non ho altra soluzione che scendere e spegnere la radio. Sì, è facile pensarlo, ma difficile realizzarlo: sono costretto a staccare il frontalino in quanto il pulsante on/off è come se non esistesse più. Torno a letto e per il sonno mi affido ad aprile, che stavolta per fortuna non si smentisce.

Nei giorni seguenti la mia autoradio si dimostra pazzoide. Accensioni spontanee diurne e notturne, ingovernabilità del volume e delle stazioni che non si lasciano selezionare. Decido di staccare definitivamente il frontalino per non dovermi alzare nottetempo a tacitare l'intrusa.

Il pomeriggio di lunedì 16 aprile trovo un galletto di Cocincina nana bianca di non ancora un anno d'età in un nido di piccione allocato a circa 2 metri dal suolo. Il galletto mi mostra la coda, lo tocco, ma non si muove. È morto. Non ha neanche fatto in tempo a girarsi verso l'esterno del nido come gli sarebbe stato naturale. Eppure stava bene se è riuscito a volare fin lassù. Lo seppellisco, così come faccio per tutti i miei polli defunti.

Venerdì 20 aprile torno dalla città e l'amico Franco Omodeo mi dice che mentre si trovava nel deposito attrezzi, dove ci sono anche le gabbie metalliche per chiocce e pulcini, si è girato di scatto in quanto ha avvertito un improvviso sbanattare. La chioccia, che avevo battezzato maculata per il suo piumaggio, un'ottima chioccia, anche lei di non ancora un anno d'età, aveva gli ultimi sussulti e stava improvvisamente morendo davanti ai suoi attoniti pulcini e all'attonito Franco.

Per fortuna i pulcini sono già cresciutelli, il clima è mite e non hanno bisogno della chioccia elettrica che se ne sta inattiva da più di 10 anni, annullando così un dispendio energetico. Però di notte e per 15 giorni debbo coprirli con una bassa scatola di cartone debitamente forata.

E dico a Franco: qui onda ci cova. Il galletto e la chioccia non erano consanguinei (come invece è il caso di padre e figlio Combattenti della Sonda, il padre morto improvvisamente alcuni anni prima davanti ai miei occhi), ambedue i nuovi defunti erano giovincelli e arzilli, senza alcun segno di malesseri premonitori. Poi, maculata, era sì protetta da una pseudo gabbia di Faraday (in quanto sprovvista di piedi isolanti), ma questa sua gabbia - mi chiedo - è in grado di proteggere da agenti che mandano in tilt un cuore? Perché, se avessi dovuto stilare il suo certificato di morte, avrei scritto: morte improvvisa verosimilmente cardiogena. Ma, come suggerisce Alfonso Balmori di Valladolid, forse la gabbia in cui si trovava maculata ha addirittura amplificato le onde elettromagnetiche anziché attenuarle.

Decido di telefonare alla Polizia Postale di Alessandria che in passato ha collaborato in modo encomiabile per proteggere il mio computer contro virus, vedi caso, elettronici. Espongo la sequenza dei fatti: autoradio, galletto e chioccia, aggiungendo che il mio vicino Massimo Lenti ha avuto problemi rimasti del tutto inspiegabili con la lavatrice elettrica - incomprensibili per lui, rappresentante della Ariston, figuriamoci per me - e che l'altro mio vicino, Flavio Casorati, ha avuto una baraonda tale nei dispositivi d'allarme da dover ricorrere ad assistenza tecnica, essendo andati completamente in tilt. Massimo ha la lavatrice 50 metri a sud della mia abitazione, la casa di Flavio sorge 50 metri a nord. Ma tengo a puntualizzare alla Polizia che non sto telefonando per salvare la mia autoradio, che pur essendo vecchiotta è ottima. Magari vorrei salvare altri polli, soprattutto espongo il dilemma: se qualcosa di identico possa essere accaduto, o peggio, stia ancora accadendo agli esseri umani.

Interpello in merito il Dr Mario Ivaldi, valenzano di nascita, alessandrino di adozione, per gran parte del giorno transfuga a Casale Monferrato dove è primario della Divisione di Cardiologia. Mario mi dice che l'argomento è un classico busillis e che non esiste una risposta certa. Io ribatto che in caso di fulmini ci hanno sempre consigliato di rifugiarci in auto, nella gabbia di Faraday a 4 ruote, e che la mia maculata si trovava in una gabbia di Faraday non proprio coi fiocchi, ma con maglie di 1 cm per lato, e che la mia autoradio protetta dalla struttura della carrozzeria - ma collegata all'antenna - non è morta, ma ha dato segni di pazzia incontrollabile e che continua ad averli.

Il 18 luglio porto la mia Polo diesel per l'annuale bollino blu. Raccomando a Cesare, titolare della concessionaria VW di Valenza, che qualora la mia autoradio si accendesse, di rimuoverla. L'officina VW si trova in una valle nei pressi della stazione ferroviaria, verso nordovest, a circa 3 km in linea d'aria da dove abito, e abito a 254 m slm contro i 110 dell'officina, e guardando verso sud posso bearmi della vista di una selva di antenne ripetitrici che svettano alla distanza di circa 1 km in linea d'aria.

Le antenne a circa 1 km a sud della mia abitazione

Niente. In officina la radio non si accende e quindi non viene rimossa. Alla sera recupero la Polo e il giorno dopo la musica si scatena da sola. Torno da Cesare e faccio asportare l'autoradio. E qui entra in ballo l'amico Mario Corbellini, espertissimo chirurgo elettrico ed elettronico, da tempo informato sulla sequenza dei fatti, il quale non esita ad affermare categoricamente che la pazzia della mia radio è dovuta a onde elettromagnetiche che fanno impazzire non solo gli apparecchi radiofonici.

Mario porta la radio nella sua cantina dove ha una delle cose che più lo soddisfano in questa vita per certi versi miserabile: il suo laboratorietto elettronico amatoriale, dove compie miracoli a tutto spiano. Smonta la mia radio, la pulisce, la studia, la collega all'alimentazione e sta a vedere se anche da lui fa la pazza. Nulla di nulla. Il laboratorietto oltre a essere in cantina si trova in città, a 125 m slm.

Il 5 agosto Mario mi porta l'aggeggio che pare abbia messo giudizio e lo collochiamo sotto la mia tettoia, una struttura completamente chiusa e metallica, salvo la fonte di luce che è affidata a pannelli termicamente isolanti in materiale plastico. Tutto tace. Le settimane passano e la diagnosi rimane in sospeso. Poi ci pensa un temporale. La notte fra il 30 e il 31 agosto i fulmini e i tuoni tengono svegli tutti. Scendo verso le 6 del mattino e mi trovo senza luce nell'abitazione. Cerca che ti ricerca, arrivo a capo del perché: è scattato il salvavita della casa, mentre quello del deposito attrezzi è in funzione. Innesco il salvavita e l'autoradio, sempre sotto la tettoia, emette suoni. Ne parlo con Mario e anche lui è d'accordo sul fatto che una scarica elettrica celeste più intensa del solito ha fatto scattare il salvavita e che contemporaneamente ha attivato la radio.

Con Mario presente, in modo da correggermi qualora raccontassi delle bestialità, telefono alla Polizia Postale. Hanno tutto annotato, date ed eventi da me riferiti. Li aggiorno a partire dal bollino blu e circa il fulmine attivatore, e loro mi pongono una specifica domanda: è morto qualche altro pollo? Io me ne ero dimenticato. Spremo i neuroni e mi sovviene del galletto, battezzato secutor in quanto ti veniva dietro a farti compagnia, trovato morto l'8 agosto, quindi 3 settimane prima del temporale, ma senza segni di aggressione. Avevo pensato a una morte per fame: da giorni non lo vedevo andare a nutrirsi nei punti chiave e si era innamorato di una gallinetta errabonda. Anche secutor non aveva ancora un anno d'età e non era imparentato con le prime due vittime.

Alla Polizia dico: sì, è morto secutor, e nessun animale l'ha aggredito. Chiudiamo la conversazione con l'intesa di risentirci. E ci risentiremo. Infatti nel frattempo Mario ha studiato una soluzione: mettere un pulsante on/off supplementare, in modo tale che, interrotto il collegamento con la batteria dell'auto, io non sia costretto ad alzarmi di notte per tacitare la pazza.

Lo schema stilato da Mario Corbellini

Decidiamo di lasciare due fili esterni da inserire nel pulsante, ricolloco la radio in macchina, le settimane passano e non si accende, ma da Alessandria giunge una notizia assai interessante. Si tratta di un articolo in prima pagina del trisettimanale Il Piccolo di lunedì 29 ottobre 2007 intitolato Alta criticità per le 'onde', corredato da una mappatura della provincia di Alessandria circa il rischio elettromagnetico. Ecco l'articolo fornitomi da Franco Omodeo.

La letteratura, per quanto ne so, non parla di morti improvvise del pollo per agenti elettromagnetici. A quanto pare anche quella umana è assai confusa. Ma Mario Ivaldi dovrà arrivare a un dunque. Lo pretendono non i miei tre polli, né la mia autoradio, lo esigono i poveri abitanti di questa Terra tecnologicamente sempre più avanzata e sempre più ammalata. Lo spunto decisivo per questa ricerca, finalmente, è stato offerto dal Piccolo.

La pazza si è rimessa a fare la pazza. Venerdì 16 novembre esco di casa alle 9 del mattino e trovo la radio accesa. Potrei averla dimenticata accesa, ma il fatto che è selezionata una stazione radio diversa da quella abituale mi mette subito in allarme. Impossibile gestirne le stazioni, continua a sputare il CD quando lo spingo dentro nonostante l'ascolto sia impostato sulla modulazione di frequenza. Il tutto continua in questo modo per 1,6 km, quando raggiungo la strada principale, che si trova a 125 m slm ed è protetta dalla selva di antenne grazie alla collina che ho appena disceso. La radio sta buona fino alla rotonda di Viale Santuario, poi ricomincia a impazzire anche dentro al parcheggio del supermercato UNES. La lascio sfogare come vuole. Finita la spesa mi reco in via Carlo Camurati da mia mamma, spengo la radio. Se ne sta buona. Quando riparto per casa, non l'accendo. Voglio vedere se strada facendo si accende da sola. Nulla, fino al mio cancello: qui si accende da sola, diventa ingovernabile, sputa il CD, debbo rimuovere il frontalino per poterla spegnere e poi ce lo rimetto. Dopo mezz'ora che sono in casa, eccola di nuovo accesa. E ingovernabile. Anche stavolta debbo togliere il frontalino per spegnerla. Alle 13 e 30, stufo dell'ennesima autoaccensione, stacco il collegamento con la batteria dell'auto. Domani è un altro giorno e si vedrà.

Ma sia sabato che domenica la pazza è ingovernabile: il volume non è modificabile, le stazioni radio non si lasciano selezionare, continua solo a riprodurre il CD. La farò rimuovere e vedremo se è la pazza a essere ammalata oppure se sono agenti esterni che sono nuovamente piombati sull'area in cui vivo.

Il mio galletto paraparetico con gli esiti neurologici

 

Filmato del galletto paraparetico

Nessun pollo è morto. Però da circa 50 giorni mi prendo cura dell'alimentazione di un galletto che presenta lo stesso disturbo agli arti inferiori dei polli di un video segnalatomi dal Dr Alfonso Balmori, un video che riguarda la città di Volturino in provincia di Foggia.

La selva di antenne di Volturino

I polli di Volturino sintomatologicamente sovrapponibili al mio galletto

Il filmato di Volturino

La diagnosi differenziale circa l'eziologia di questo disturbo motorio del mio galletto non è affatto semplice. Debbo basarmi sui sintomi clinici. Negli anni passati ebbi modo di osservare parecchi soggetti affetti dalla forma subacuta della pseudopeste, o malattia di Newcastle, causata da un Paramyxovirus, che scomparve nel nulla somministrando a tutti i miei polli il vaccino specifico nell'acqua da bere.

In quelli colpiti da pseudopeste era possibile osservare tutti i sintomi neurologici elencati da Giampaolo Asdrubali in Patologia aviare (1986): barcollamento, atassia, convulsioni, opistotono, torcicollo, con frequenti esiti letali vista l'impossibilità di bere e di nutrirsi. Nel mio galletto con soli disturbi della deambulazione è osservabile solamente una variabile turba motoria a carico delle zampe, che ne so, magari una in flessione e l'altra in estensione, con dita spastiche in flessione oppure paralitiche. L'appetito è ottimo, nessun opistotono né convulsioni. All'inizio pensai alla pseudopeste dal momento che non avevo preso provvedimenti profilattici, ma successivamente dovetti ricredermi. Innanzitutto per il decorso clinico, ma soprattutto per il fatto che solo lui, nel suo gruppo di una ventina di pulciotti, presentò questa sintomatologia. Se fosse stata di origine virale non ci sarebbe riuscito neppure Sant'Antonio Abate a preservare i suoi conviventi, che non si ammalarono mai. Dovetti separarlo per motivi di aggressività nei suoi confronti e per permettergli così di nutrirsi adeguatamente.

Stamane, mercoledì 21 novembre, il Dr Mario Ivaldi ha aderito al mio invito di spremersi le meningi per vedere se può citare qualche caso cardiologico strano oppure inspiegabili malfunzionamenti di pacemaker cardiaci. Ha accettato l'invito, ma era alquanto pensieroso.

Stamane, domenica 2 dicembre 2007, decido di riaccendere la radio in quanto il galletto, che ancora ieri stava in piedi ma con le dita della zampa sinistra flesse, oggi non presenta più questo sintomo. Uscito da casa di mia mamma che abita in città, collego la radio: si lascia maneggiare alla perfezione e così continua a fare anche quando raggiungo il cancello di casa mia e poi il cortile.

Viene a farmi visita Mario Corbellini, gli sintetizzo le mie idee sul fatto che il galletto non ha avuto una virosi, che oggi cammina bene, che la radio cammina altrettanto bene. La pazza aveva suscitato in me un'avversione patologica, ecco perché non la riaccesi per ben 2 settimane. Ma per addurre le mie motivazioni eziologiche ho bisogno di dati obiettivi, documentabili solo attraverso un apparecchio che quantifichi le onde elettromagnetiche. Così incarico Mario di acquistarne uno, salvo costi un capitale. E dico a Mario: galletto e radio stanno bene; non sarà che la Polizia, dopo aver ricevuto il mio elaborato, ha dato un giro di vite alle emittenti che campeggiano al mio orizzonte? Ma questa domanda alla Polizia non mi permetterò mai di farla. Ho bisogno di un misuratore.

A posteriori mi viene un sospetto, motivo per cui debbo a ogni costo effettuare delle misurazioni. Il sospetto riguarda la possibilità che sotto la mia tettoia metallica le onde vengano concentrate, così come forse si concentrarono per far morire la chioccia che viveva in una gabbia metallica nel deposito attrezzi. Fatto sta che, quando separai il galletto dai suoi compagni, lo misi in una gabbietta metallica e lo ospitai sotto la tettoia. Se per i primi giorni il galletto smaniava ma non troppo, col passare dei giorni cominciò ad avere delle fasi di ipermotilità sia alle ali che alle zampe handicappate, tanto da sanguinare a carico delle dita della zampa destra che si erano impigliate nella gabbia. Allora decisi di metterlo appena fuori casa sotto alle ortensie durante le ore diurne, per rimetterlo in tettoia e nella gabbia durante quelle notturne. Ma, appena così sistemato per la notte, cominciava a smaniare, tanto da disturbarmi pur con la porta chiusa. Mi procurai una scatola di cartone per la notte, ma il comportamento era identico. Pensavo a una motivazione psicologica, che cioè si sentisse imprigionato. Allora mi adeguai e lo misi a dormire fra le ortensie, col rischio che qualche aggressore se lo portasse via. Ciò per fortuna non accadde, si adattò a vivere in questo ridotto territorio, finché dovetti metterlo con due chiocce e relativi pulcini in quanto gli altri polli avevano scoperto il suo cibo e continuavano a razziarlo.

Ma credo che la psiche del galletto non c'entrasse assolutamente nel farlo sentire in prigione. Penso che si trattasse di un aumento delle onde elettromagnetiche che un soggetto come lui riusciva a percepire come estremamente irritanti per il suo apparato nervoso.

Filmato del galletto paraparetico

La deambulazione di questo galletto dal piumaggio barrato migliorò col volgere dei mesi, tanto che mi fu possibile filmarlo quando la sua zoppia era quasi risolta. Ma non mi è stato possibile documentare eventuali suoi successivi miglioramenti, perché lo uccise una faina durante l'eccidio avvenuto nella notte fra martedì 4 marzo e mercoledì 5 marzo 2008.

Il galletto barrato vittima della faina

A posteriori mi rendo conto che non posso tralasciare di parlare dell'anitra Claudette. Quando il 26 aprile 2004 la acquistai insieme ad altre due, non l'avevo battezzata con questo nome, in quanto divenne Claudette - zoppetta - solo l'anno successivo. Le tre sorellastre uscivano volentieri dal loro recinto anche se dotato di vasca da bagno, in quanto andavano a curiosare a dritta e a manca alla ricerca di qualcosa da cincischiare con l'attivissimo becco. Una mattina noto che una delle tre è un po' claudicante e penso si tratti di una distorsione al piede, in quanto la pavimentazione del loro recinto presenta alcune irregolarità e fessure.

Claudette nel 2005 quando già era Claudette

Dopo pochi giorni costei non zoppicava più, mentre cominciò a zoppicare la futura Claudette. Anche per lei pensai a una distorsione, ma il giorno seguente non solo presentava una paralisi bilaterale degli arti inferiori, o posteriori che dir si voglia: anche la coda non si muoveva più. La ricoverai vicino a casa in una gabbia appoggiata sull'erba al fine di nutrirla e dissetarla senza che dovesse compiere movimenti di deambulazione, peraltro impossibili.

Col passare dei giorni la deambulazione pian piano si ripresentò, ma in modo assai disordinato. Invece la coda rimase immobile: solo a distanza di alcuni mesi riprese a muoversi un po', e allora pensai a una possibile origine virale con lesione del midollo spinale, come accade nella poliomielite umana. Claudette riprese a uscire dal recinto, ma il suo vagabondare era insignificante se paragonato a quello delle colleghe. La forma paraparetica si stabilizzò e Claudette era in grado di uscire dalla vasca da bagno in cui ogni tanto la mettevo. Ma la vasca da bagno le fu fatale, non credo per motivi neurologici, in quanto ve la trovai annegata il 18 settembre 2009 nonostante il giorno precedente fosse la solita Claudette paraparetica. Solo dopo l'esperienza coi polli mi è venuto il dubbio che Claudette, così come la sua compagna, sia stata una delle prime vittime del mio elettrosmog.

L'elettrosmog di Alfonso Balmori Martínez

Schieramento di antenne per telefonia cellulare – cellsite antennae
www.howardforums.com

Possible effects of electromagnetic fields
Alfonso Balmori - 2005

Ecco cosa pensa dell'elettrosmog il Dr Alfonso Balmori di Valladolid nel suo lavoro intitolato Possible Effects of Electromagnetic Fields from Phone Masts on a Population of White Stork (Ciconia ciconia) - Electromagnetic Biology and Medicine, 24: 109–119, 2005. Ne riporto i brani che penso siano di nostro maggiore interesse, sottolineando il fatto che gli effetti nocivi possono dipendere da una predisposizione genetica dell'animale - io aggiungo: forse anche dell'uomo – e non certo da fattori psicosomatici. Certe terminologie risulteranno di difficile comprensione, per cui ho deciso di chiudere questa mia ricerca con un lungo elaborato sull'elettromagnetismo nella speranza di rendere meno tenebrosa questa branca della scienza.

Le antenne per telefonia cellulare - scrive Balmori - emettono una frequenza di 900 o 1800 MHz, con impulsi a frequenze molto basse, generalmente note come microonde (300 MHz – 300 GHz), simili allo spettro dei radar. Le torri cellulari abitualmente hanno 3 settori, con 3 antenne che coprono un angolo di 120 gradi ognuno. Sebbene abbiano molte e varie potenze d'uscita, a una distanza di 50 metri la densità della potenza è di circa 10 W/cm2, mentre a distanze di 100 m a livello del suolo è superiore a 1 W/cm2 (osservazione personale). Tra 150 e 200 metri la densità di potenza del lobo principale vicino al suolo è tipicamente di qualche decimo di 1 W/cm2. Il lobo è la porzione del diagramma vettoriale di radiazione di un'antenna radio in un dato piano.

Durante la loro vita gli organismi viventi sono esposti a livelli variabili di campi elettromagnetici (radiofrequenze) a seconda della distanza dalle stazioni base dei cellulari, della presenza di strutture passive che amplificano le onde (per esempio, le strutture metalliche) o che fanno da schermo (edifici o altri ostacoli), del numero di chiamate che intercorrono fra le trasmittenti e la loro posizione rispetto all'orientamento dell'antenna.

Gli animali sono molto sensibili ai complessi elettrochimici che comunicano con il loro ambiente attraverso impulsi elettrici. Attraverso le membrane cellulari e i fluidi corporei esistono correnti ioniche e differenze di potenziale elettrico. I campi elettromagnetici intrinseci derivanti dalle strutture biologiche sono caratterizzati da certe frequenze specifiche che possono venire ostacolate dalla radiazione elettromagnetica attraverso l'induzione e provocando una modifica nelle loro risposte biologiche. Animali esposti al campo elettromagnetico possono soffrire di un deterioramento della salute, di modifiche sia del comportamento che dell'esito positivo della riproduzione.

La radiazione in microonde di bassa intensità pulsata dalle antenne per telefonia cellulare produce delle tenui influenze atermiche negli organismi viventi, perché questa radiazione è capace di produrre risposte biologiche attraverso il vettore di microonde e la bassa frequenza delle pulsazioni dal Sistema Globale per le Comunicazioni Mobili (GSM). Esistono delle "finestre" attraverso le quali i campi elettromagnetici producono effetti biologici a frequenze specifiche (effetto finestra). Alcuni effetti si manifestano esclusivamente con una certa densità di potenza, mentre altri si manifestano dopo una certa durata dell'irradiazione, il che indica effetti cumulativi a lungo termine. Durante un'esposizione protratta gli effetti possono cambiare da stimolanti a inibitori, dipendendo dalla forma della pulsazione, dalla durata, dallo sviluppo, dalla differenziazione e dalla condizione fisiologica o stato di salute dell'organismo ricevente, e dalla sua predisposizione genetica. Queste onde sembrano causare effetti diversi e anche contrari, dipendendo dalla loro frequenza, dall'intensità, dalla modulazione, dalle pulsazioni o tempo di esposizione. Le onde pulsate (in esplosioni) e certe modulazioni di frequenza basse, producono una grande attività biologica. Le relazioni dose-effetto (atermiche) sono non lineari.

La ricerca ha mostrato tali effetti sugli organismi viventi a livello molecolare e cellulare, sui processi immunitari, nel DNA, sul sistema nervoso, cardiaco, endocrino, immunitario e riproduttivo, modificazioni del sonno e alterazioni della risposta elettrica cerebrale (EEG), aumento della pressione arteriosa e cambiamenti del ritmo cardiaco, nonché un aumento della permeabilità della barriera ematoencefalica.

L'obiettivo di questo studio è stato quello di investigare se le antenne per telefonia cellulare provocassero in uccelli selvatici effetti simili agli studi di laboratorio e agli studi eseguiti su persone esposte a questa radiazione.

È probabile che ogni specie, nonché ciascun individuo, mostri una diversa suscettibilità alla radiazione, dal momento che la suscettibilità dipende dalla predisposizione genetica e dallo stato fisiologico e neurologico degli organismi viventi irradiati.

Gli organismi di piccola taglia (bambini, uccelli, piccoli mammiferi ecc.) sono in particolar modo vulnerabili, così come l'assorbimento di microonde della frequenza usata in telefonia mobile è maggiore a causa del cranio più sottile di un uccello, per cui la penetrazione della radiazione nel cervello è maggiore.

Gli effetti di microonde atermiche sugli uccelli sono ben conosciuti da più di 35 anni. Alcuni autori ottennero effetti benefici nella produzione di uova di insetto e negli uccelli esposti, ma trovarono che la mortalità era raddoppiata. In esperimenti sulla gallina insorsero problemi di salute e un deterioramento del piumaggio, mentre nelle autopsie compaiono leucosi e tumori del sistema nervoso centrale. Giarola e Krueger ottennero una grande riduzione del tasso di crescita e anche una riduzione delle ghiandole surrenali in polli esposti. Kondra ottenne un aumento di frequenza dell'ovulazione di uccelli esposti, e una maggiore produzione di uova ma di peso minore, proponendo che la ghiandola pituitaria veniva stimolata. Altri autori hanno anche ottenuto degli effetti che riducono il tasso di crescita in polli e ratti, riduzione nella produzione di uova in galline esposte a microonde di frequenze e intensità diverse, aumento della fertilità e un deterioramento della qualità del guscio dell'uovo a certe frequenze. È stato pure riscontrato un aumento della mortalità embrionale nei polli. Questi effetti da microonda sono atermici. Recentemente è stato pure dimostrato che le microonde usate in telefoni cellulari producono una risposta atermica in molti tipi di neuroni del sistema nervoso negli uccelli e che esse possono nuocere alla barriera ematoencefalica come è stato osservato nei ratti.

Nel Regno Unito, dove i livelli di radiazione permessi sono 20 volte più alti di quelli della Spagna, recentemente si è verificata una riduzione di molte specie di uccelli urbani in coincidenza con l'aumento delle installazioni di antenne per telefonia cellulare. Anche se questo tipo di contaminazione è attualmente considerato da alcuni esperti come il più serio, non sono stati mai stati sviluppati sistemi di ispezione né controlli al fine di evitare i loro effetti nocivi su organismi viventi. Alcuni dei meccanismi biologici degli effetti di queste onde sono ancora ignoti, anche se gli effetti atermici sugli organismi sono stati sufficientemente documentati. L'industria telefonica potrebbe trarre vantaggio dalla complessità dei processi biologici e fisici implicati, riuscendo così a dar vita a un'atmosfera etichettabile come innocua ricorrendo alla ripetuta affermazione dell'inesistenza di effetti dannosi negli organismi viventi. Per questa ragione i resoconti relativi agli animali sono di valore speciale, dal momento che in questo caso non si può certo addurre che gli effetti negativi sono di tipo psicosomatico.

Altre ricerche di Alfonso Balmori

Posibles efectos de las ondas electromagnéticas
utilizadas en la telefonía inalámbrica
sobre los seres vivos

Aves y telefonía móvil

The urban decline of the house sparrow

L'elettrosmog di Volturino & company

Se dovessimo addurre altri dati negativi da elettrosmog, sia veritieri che presunti, dovremmo affrontare la scomparsa delle api nonché gli effetti negativi sul mondo vegetale.

¿Pueden afectar las microondas pulsadas emitidas por las antenas de telefonía
a los árboles y otros vegetales?
Alfonso Balmori - 2004

Los tres tilos - I tre tigli
Volker Schorpp - 2007

Ci limitiamo a citare quanto è stato rilevato a Volturino in provincia di Foggia, cercando di non farci cogliere dall'angoscia: incremento delle patologie tumorali e della cataratta nonché turbe del sistema nervoso che sfociano in insonnia, ansia e cefalea per quanto riguarda l'Uomo. Per gli animali, il video di Vulturino parla da sé: turbe motorie in polli, agnelli, vitelli, gatti e conigli, ingovernabilità e attivazione di apparecchi elettrici.

Video di Volturino

Carlo Vulpio ha scritto un articolo su Volturino  & company per il Corriere della Sera del 27 marzo 2000 e credo valga la pena leggerlo.

Maxi inchiesta contro l'elettrosmog - Il magistrato ha sul suo tavolo centinaia di cartelle cliniche che vengono da molte città. C'è anche il fascicolo degli abitanti di Volturino dove sono nati agnelli deformi. «In vicende come queste occorre sempre prevenire le possibilità teoriche del danno». A Venezia migliaia di segnalazioni da tutta Italia. Casson: più collaborazione tra Procure.

Dal nostro inviato a Venezia - Migliaia di segnalazioni, esposti, denunce. E migliaia di cartelle cliniche, scaricate a pacchi in Procura e trasportate al secondo piano, nell'ufficio del sostituto procuratore Felice Casson. Documenti che giungono da tutta Italia e raccontano di malattie da elettrosmog. Sterilità, cataratta, cardiopatie. Ma anche leucemia, soprattutto leucemia infantile. La procura veneziana rischia si essere sommersa da tutte queste storie drammatiche e a volte incredibili. Da Assisi alla Valle del Chianti, da Ferrazzano a Volturino, da Agrigento a Torino, a Milano, a Venezia: l'alta tensione, i tralicci, i ripetitori radio-tv e dei cellulari, additati come un solo «nemico invisibile», che mette in pericolo la vita e la salute delle persone.

Ci sono scuole nuove e belle costruite proprio sotto le linee dell'alta tensione, che per evitare rischi ai bambini sono state chiuse. Come è accaduto a Mirano, nella terraferma veneziana, il paese in cui il Tar, dopo le proteste e i ricorsi dei genitori, ha obbligato l'Enel ad abbassare il limite massimo di esposizione ai campi elettromagnetici a 0,2 microtesla (come prevede la legge regionale del Veneto, la sola Regione per ora ad aver legiferato in tal senso). E ci sono anche persone che vivono accanto o addirittura dentro le centrali, come a Mestre. Qui, il signor Gianni Baù, dipendente Enel che abita nella palazzina dell'ente, costruita all'interno della sottostazione mestrina, 132 mila volts, non dorme la notte chiedendosi se fanno più male i ripetitori dei telefoni cellulari (traliccio accanto a casa) o l' alta tensione della centrale (un parco di valvole, fili e cabine che ammira ogni mattina quando apre la finestra). «Meno male - risolve il problema Baù - che tra un paio di mesi vado in pensione». «Non è psicosi, i campi elettromagnetici fanno male, e molto. Ed è gravissimo che non si faccia nulla, anche quando - sostiene Daniela Dussin, presidente del Conacem, il coordinamento nazionale per la tutela dai campi elettromagnetici - venti milioni di italiani sono esposti a campi che superano la soglia di rischio, fissata dalla più recente ricerca scientifica in 0,2 microtesla».

Ma per chi vende telefonini, oppure opera nel settore radiotv, le onde elettromagnetiche non sono più pericolose di un fulmine durante un temporale: devi proprio beccarne uno sulla testa per dire che fa male. È anche vero, d'altra parte, che gli studi in corso, soprattutto epidemiologici, non sono ancora in grado di dirci una parola definitiva sullo stato delle cose. Ma la domanda dei quasi diecimila che si son rivolti al pm di Venezia, Felice Casson, va oltre. E possiamo sintetizzarla così: «Fino a quando non si è certi dell'innocuità di una tecnologia, o almeno dell'assenza di effetti tanto dannosi, perché usarla?». È stata forse proprio da questa domanda che è partita la prima, grossa inchiesta sull' elettrosmog in Italia.

Seguita da un'altra indagine, aperta a Torino dal pm Raffaele Guariniello, che per i campi elettromagnetici prodotti sul Colle della Maddalena ha inviato 86 avvisi di garanzia (per «getto pericoloso di cose») ai responsabili legali di Rai e Mediaset. A Venezia invece Casson ha inviato tre avvisi di garanzia ad altrettanti alti dirigenti Enel - Salvatore Machì, Domenico Cappelleri ed Edorado Gambardella - per omicidio e disastro colposi, lesioni e rifiuto di atti d'ufficio. Casson finora ha visionato settemila cartelle cliniche e scoperto quasi trecento casi di leucemia, di cui la metà infantili. Trenta casi riguardano persone che vivevano proprio sotto i tralicci. «Non potevamo far altro che lavorare come per le morti "strane" al Petrolchimico di Porto Marghera - spiega Casson, riferendosi ai morti e ai malati provocati da una sostanza che si chiama cloruro di vinile monomero -. Attenzione però. Nessuno sostiene che ci sia un nesso di causa-effetto, questo lo stabiliranno i periti. Ma accertarlo è un lavoro lungo e complesso, non impossibile».

Al pm di Venezia, le ultime carte arrivate (130 segnalazioni di patologie varie) sono quelle del comitato di Volturino, in provincia di Foggia, dove da tempo una selva di tralicci abusivi (che da anni non si riesce a far rimuovere nonostante l'acclarato status di opere fuorilegge) bombarda di onde elettromagnetiche il paese, dove oltre alle malattie denunciate dalla popolazione, sono nati persino agnelli deformi. «Su questi temi - sostiene Felice Casson - la tutela dev'essere maggiore che in campo penale. Occorre prevenire anche le possibilità teoriche di un danno. Ma questo non è compito del magistrato. Senza fare nuove superprocure però, a cui non credo, noi magistrati potremmo lavorare meglio se su questi argomenti ci scambiassimo periodicamente informazioni. E questo sarebbe tanto più fecondo per una materia come l'elettrosmog, che potremmo definire "in movimento". Per l'amianto o l'uranio impoverito delle officine aeronavali il discorso è già un po' diverso...». Carlo Vulpio - pagina 17- Corriere della Sera - 27 marzo 2000.

A scuola di elettromagnetismo

Elettricità

Elettricità, elettrone, elettrico: sono tutti termini derivati dal greco antico ëlektron che identificava l'ambra, a sua volta derivato da ëléktør, il sole splendente, per il suo colore che può essere come quello del sole. L'ambra, detta succinum in latino, è una resina fossilizzata prodotta da una conifera ormai estinta (Pinus succinifera) del periodo dell'Eocene (da 55 a 38 milioni di anni fa) appartenente all'era del Cenozoico, resina fossilizzata di colore variabile dal giallo chiaro al bruno rossiccio che per strofinamento si carica negativamente, attirando a sé tutto ciò che è carico positivamente, come peli, polvere, carta. L'ambra è costituita da carbonio (78%), ossigeno (11%), idrogeno (10%) e zolfo (1%). Fu l'astronomo e fisico irlandese George Stoney (1826 -1911) a introdurre nel 1891 il termine elettrone come unità fondamentale della quantità di elettricità. L'elettrone è il costituente della corrente elettrica nei materiali solidi conduttori.

Magnetismo

Un magnete - o calamita - è un corpo che genera un campo magnetico. Il nome deriva dal greco Mágnës (líthos), cioè, pietra di Magnesia, da Magnesia al Sipilo (odierna Manisa), antica città dell'Asia Minore, nella Lidia, ai piedi del monte Sipilo, una località nota sin dall'antichità per gli ingenti depositi di magnetite, minerale ferroso con il più alto tenore di ferro (72,5%) e con le più intense proprietà magnetiche esistente in natura, la cui formula chimica è espressa in due modi: Fe3O4 oppure FeO (wüstite) x Fe2O3 (ematite).

Se un magnete è libero di muoversi, esso assume un particolare orientamento rispetto alla direzione di un campo magnetico esterno. Un magnete esercita azioni attrattive e repulsive in presenza di altri magneti e attira a sé pezzettini di ferro. In un magnete si distinguono sempre due regioni magnetizzate, alle due estremità, di segno opposto, chiamate poli, separate da una zona centrale che è detta neutra.

Dinamo

Dinamo è la forma contratta di dynamo-elektrische Maschine, termine proposto nel 1867 dall'ingegnere tedesco Werner von Siemens (Lenthe, Hannover, 1816 - Berlino 1892 / fondatore nel 1847della Siemens AG) e che si rifà al greco dýnamis, forza. Per produrre dell'elettricità a corrente alternata basta la dinamo di una bicicletta, impropriamente detta dinamo in quanto una dinamo deve produrre solo corrente continua; oppure la dinamo di un'autovettura se vogliamo ottenere una corrente continua. Entrambi questi dispositivi sono capaci di trasformare in energia elettrica l'energia meccanica fornita da un motore. Nella sua forma più semplice una dinamo consiste di una spira metallica posta su un albero in movimento rotatorio (rotore) immersa in un campo magnetico generato da una coppia di magneti immobili, i quali costituiscono lo statore. Ma il più semplice di tutti i generatori elettrici è il disco di Faraday, costituito essenzialmente da un disco di rame montato in modo tale che una parte di esso si trovi fra i poli di un magnete a ferro di cavallo, e dunque percepisca il campo magnetico da essi generato. Quando il disco viene messo in rotazione, il campo magnetico induce una corrente elettrica fra il centro e il bordo del disco, che può essere utilizzata per alimentare un circuito.

Elettrosmog

Smog è un vocabolo inglese che deriva dalla fusione di smoke = fumo e fog = nebbia: indica la nebbia cui sono commisti fumi di fabbrica e residui di combustione. Per elettrosmog si intende l'inquinamento elettrico e magnetico in bassa frequenza prodotto da tralicci di elettrodotti o trasformatori a 50Hz, e l'inquinamento in alta frequenza da antenne, trasmettitori, telefonini cellulari, radar e ripetitori.

Atomi

Atomo deriva dal greco átomos = inscindibile, indivisibile, in quanto in passato si supponeva che la realtà fisica fosse costituita da particelle indivisibili, concetto successivamente smentito dalla bomba atomica. La materia che ci circonda e quella del nostro organismo sono costituite da atomi. Gli atomi sono a loro volta formati da particelle più piccole: i protoni e i neutroni che formano il nucleo atomico, oltre agli elettroni che si muovono intorno al nucleo. Protoni ed elettroni sono dotati di una proprietà fondamentale: la carica elettrica, positiva per i protoni, negativa per gli elettroni. I neutroni sono neutri dal punto di vista elettrico, cioè non sono dotati di carica elettrica, e sebbene siano fondamentali per la struttura della materia, possiamo d’ora in poi evitare di parlarne al solo scopo di semplificare la nostra analisi.

Anche gli atomi sono abitualmente neutri, in quanto le cariche positive dei protoni bilanciano esattamente le cariche negative degli elettroni. Questa neutralità degli atomi viene meno quando essi sono privati di uno o due elettroni necessari a pareggiare i conti con i protoni, o addirittura ospitano qualche elettrone di troppo: in questi due casi gli atomi vengono denominati ioni - dal greco ión = ciò che va o che viene - e sono dotati di carica elettrica, positiva nel primo caso, negativa nel secondo.

Le particelle dotate di carica elettrica interagiscono fra loro, esercitando forze l’una sull’altra. Per esempio, un elettrone e un protone si attraggono reciprocamente, per cui gli elettroni nel loro movimento attorno al nucleo atomico (contenente protoni) non se ne allontanano troppo, e l’atomo resta stabile.

Campo elettrico

L’attrazione tra particelle dotate di carica elettrica di segno opposto - o la repulsione quando le cariche hanno lo stesso segno - è più esattamente descritta utilizzando il concetto di campo, che ha soppiantato il concetto di interazione a distanza. Invece di dire che una particella esercita un’azione su un’altra, possiamo immaginare ciò che avviene nel modo seguente: la prima particella elettricamente carica genera nello spazio circostante un campo elettrico, mentre la seconda particella, trovandosi nel campo elettrico generato dalla prima, è sottoposta a una forza di attrazione. Questo discorso vale anche al contrario, trattandosi di un’interazione: la seconda particella genera infatti a sua volta un campo elettrico nello spazio circostante, ed è questo campo elettrico a esercitare una forza sulla prima particella.

Un’importante grandezza fisica associata al campo elettrico è il potenziale elettrico, connesso all’energia che il campo elettrico cede alle cariche elettriche quando esse si spostano da un punto all’altro dello spazio: la differenza di potenziale tra due punti è detta tensione, la cui unità di misura è il volt (V) dal nome del fisico Alessandro Volta (Como 1745-1827).

Il campo elettrico, la cui unità di misura è il volt/metro (V/m), permette quindi di descrivere le interazioni tra particelle dotate di carica elettrica.

Campo magnetico

Le interazioni tra particelle elettricamente cariche si complicano quando queste sono in movimento. Questa situazione più complicata può essere descritta in modo semplice introducendo il concetto di campo magnetico: le particelle dotate di carica elettrica, quando sono in movimento, generano nello spazio circostante non solo un campo elettrico, ma anche un campo magnetico. L’effetto del campo magnetico è quello di esercitare forze su altre particelle cariche in movimento. Un caso particolare di movimento di cariche elettriche è quello dei conduttori elettrici percorsi da corrente elettrica, la cui unità di misura è l’ampère (A) dal fisico e matematico francese André-Marie Ampère (Lione 1775 - Marsiglia 1836).

Il campo magnetico, la cui unità di misura è l’ampère/metro (A/m), permette quindi di descrivere le interazioni tra correnti elettriche, o più in generale tra cariche elettriche in movimento.

Spesso viene utilizzata una grandezza a esso correlata, l’induzione magnetica, che tiene conto delle proprietà magnetiche della materia. L’unità di misura dell’induzione magnetica è la tesla (T) cosiddetta in onore dell'ingegnere elettrotecnico e inventore statunitense di origine iugoslava Nikola Tesla (Smiljan 1856 - New York 1943). Spesso si utilizza il suo sottomultiplo microtesla (μT), pari a un milionesimo di tesla.

Nei mezzi non magnetici quali l’aria e, con ottima approssimazione, il corpo umano, il campo magnetico e l’induzione magnetica sono legati da una semplice relazione di proporzionalità: 1 μT di induzione magnetica corrisponde a 0,8 A/m di campo magnetico.

Campi elettrici e magnetici variabili nel tempo

Il campo elettrico e il campo magnetico non sono solo dei comodi strumenti per descrivere l’interazione tra cariche e correnti elettriche, ma si comportano come dei veri e propri enti fisici. Ciò è reso ancor più evidente dal fatto che quando il campo elettrico e il campo magnetico variano nel tempo, essi interagiscono tra loro. In poche parole, senza entrare nei dettagli matematici della questione: un campo elettrico variabile nel tempo modifica la distribuzione spaziale del campo magnetico e, analogamente, un campo magnetico variabile nel tempo modifica la distribuzione spaziale del campo elettrico.

La variazione nel tempo dei campi elettrici e magnetici dà luogo a importanti fenomeni, per descrivere i quali è opportuno accennare al tipo di variazione temporale di maggiore interesse, cioè le oscillazioni periodiche. Si parla di oscillazioni periodiche quando le grandezze che oscillano nel tempo - in questo caso il campo elettrico e il campo magnetico - si ripetono identiche dopo un certo intervallo di tempo T, detto periodo.

Un parametro molto importante che caratterizza le oscillazioni periodiche è la frequenza, che indica nel nostro caso la rapidità con cui i campi oscillano nel tempo, ed è pari all’inverso del periodo T (f = 1/T). La frequenza si misura in hertz (Hz - dal fisico tedesco Heinrich Rudolf Hertz / Amburgo 1857 - Bonn 1894), dove 1 Hz corrisponde a un’oscillazione al secondo. Sono molto utilizzati i seguenti multipli dell’hertz: il kilohertz (kHz), pari a mille hertz, il megahertz (MHz), pari a un milione di hertz e il gigahertz (GHz), pari a un miliardo di hertz.

Al crescere della frequenza, il campo elettrico e il campo magnetico interagiscono sempre più intensamente fra loro, tanto da poter essere considerati come un unico ente fisico, il campo elettromagnetico.

Uno dei fenomeni importanti dovuti alla variabilità nel tempo dei campi, cui si accennava in precedenza, consiste nel fatto che il campo elettromagnetico non rimane immobile nello spazio, ma si propaga sotto forma di onde elettromagnetiche, allontanandosi, lungo la direzione di propagazione, dalla sorgente da cui si origina (per esempio, un’antenna lungo la quale oscillano delle correnti elettriche).

Si può tentare di visualizzare questo fenomeno pensando a ciò che avviene per le onde che si propagano sulla superficie dell’acqua di uno stagno nel quale venga gettato un sasso: fissando l’attenzione su un punto dell’acqua assistiamo a un’oscillazione periodica del pelo dell’acqua tra una posizione di massimo (cresta) e una posizione di minimo (valle). Se fotografiamo la situazione in un dato istante osserviamo una successione di creste e di valli, ma se guardiamo il fenomeno nel suo complesso e al variare del tempo, osserviamo che la successione di creste e di valli si allontana dal punto di origine dell’onda.

Analogamente in un’onda elettromagnetica il campo elettrico e il campo magnetico presentano dei picchi di intensità che si succedono nello spazio, e questa successione di picchi si allontana dalla sorgente. La distanza tra due picchi successivi, detta lunghezza d’onda (λ - lambda), è in relazione con la frequenza f per mezzo della seguente equazione: λ = c/f, dove c è la velocità della luce (ciò non deve stupire perché la luce stessa è una radiazione elettromagnetica). La lunghezza d’onda è quindi tanto minore quanto più alta è la frequenza.

Un'importante caratteristica della propagazione delle onde elettromagnetiche è che esse trasportano dell’energia e per questo si parla anche di radiazione elettromagnetica. L’energia trasportata da un’onda elettromagnetica è proporzionale al prodotto dell’intensità del campo elettrico e del campo magnetico.

È il caso di accennare brevemente al fatto che la fisica moderna descrive i fenomeni elettromagnetici secondo una descrizione classica e una  descrizione quantistica, a seconda di quale delle due descrizioni sia più appropriata per definire una particolare situazione. Secondo la descrizione quantistica, appropriata quando le frequenze sono molto più elevate di quelle trattate in questa sede (inferiori a 300 GHz), la radiazione elettromagnetica è preferibilmente considerata come un insieme di particelle (i fotoni) che muovendosi alla velocità della luce trasportano ognuna un’energia proporzionale alla frequenza. Quando la frequenza è molto elevata i fotoni sono in grado di ionizzare la materia che attraversano, e in questo caso si parla di radiazioni ionizzanti (sono radiazioni elettromagnetiche ionizzanti i raggi X, quali quelli utilizzati per le radiografie, e i raggi gamma, prodotti da materiali radioattivi).

Alle frequenze che ci interessano, i fotoni non solo hanno energie così basse che parliamo di radiazioni non ionizzanti, ma a queste basse energie è preferibile la descrizione classica e non è necessario descrivere il campo elettromagnetico in termini di fotoni.

Ma i campi elettromagnetici di interesse in questa sede non corrispondono neanche alla totalità delle radiazioni non ionizzanti. Infatti quest'ultime, al di sopra della frequenza di 300 GHz, comprendono la cosiddetta radiazione ottica, costituita da radiazione infrarossa, luce visibile e radiazione ultravioletta.

I campi elettromagnetici, non ionizzanti e non ottici, che sono i protagonisti di questa trattazione, vengono distinti sulla base della frequenza di oscillazione in:

1) campi elettrici e magnetici statici, che non variano nel tempo e quindi non oscillano (0 Hz);

2) campi elettrici e magnetici a frequenze estremamente basse (comprendenti la frequenza di 50 Hz con cui è distribuita l’energia elettrica nelle nostre case, ma più in generale si riferiscono alle frequenze che non superano i 300 Hz);

3) campi elettromagnetici a frequenza intermedia (tra 300 Hz e 10 MHz);

4) campi elettromagnetici a radiofrequenza e microonde (10 MHz - 300 GHz).

Effetti dell'elettromagnetismo sulla salute

L'elettrocardiogramma (ECG) è la registrazione dell'attività elettrica del cuore, così come l'elettroencefalogramma (EEG) è la registrazione dell'attività elettrica dell'encefalo, cioè del cervello, che è contenuto nella testa, kephalë in greco. I campi elettromagnetici interagiscono con le cariche elettriche presenti nel corpo umano, esercitando forze su di esse, e quindi provocano sempre in qualche misura una risposta, che può tradursi in un effetto biologico. Questo non implica necessariamente un effetto dannoso alla salute.

Come espresso dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, "un effetto biologico si verifica quando l'esposizione alle onde elettromagnetiche provoca qualche variazione fisiologica notevole o rilevabile in un sistema biologico", mentre "un effetto di danno alla salute si verifica quando l'effetto biologico è al di fuori dell'intervallo in cui l'organismo può normalmente compensarlo, e ciò porta a qualche condizione di detrimento della salute."

Gli effetti biologici e sanitari sono diversi a seconda della frequenza dei campi esterni che li inducono. L’importanza relativa di ciascun effetto cambia gradualmente con l’aumentare della frequenza e in alcune zone dello spettro elettromagnetico coesistono effetti diversi. Si possono comunque schematicamente individuare intervalli caratterizzati da meccanismi di interazione - e quindi effetti biologici e sanitari - specifici.

Ai fini della protezione si distinguono solitamente i seguenti tipi di campi: campi elettrici e magnetici statici (0 Hz), campi elettrici e magnetici a frequenza intermedia (300 Hz - 10 MHz), campi elettromagnetici a radiofrequenza e microonde (10 MHz - 300 GHz).

Gli unici effetti sanitari accertati sono di natura acuta (cioè immediati) e si verificano solo al di sopra di determinati livelli o soglie di esposizione. Su questi effetti si basano i limiti di esposizione raccomandati dalle più autorevoli organizzazioni internazionali.

Sono stati anche ipotizzati effetti a lungo termine che potrebbero derivare da esposizioni croniche a livelli di campo inferiori ai limiti, ma di questi effetti la ricerca non ha trovato indicazioni per ora etichettabili come convincenti, nella speranza che questa conclusione non sia dettata da interessi economici.

Effetti biologici dei campi elettromagnetici

Le risposte dell’organismo umano ai campi elettromagnetici dipendono in modo determinante dalla frequenza di questi ultimi. I meccanismi di interazione con i tessuti biologici e con gli organi variano infatti sostanzialmente nelle diverse regioni dello spettro elettromagnetico.

Schematicamente si possono distinguere quattro regioni:
- campi elettrici e magnetici statici
- campi elettrici e magnetici a frequenza estremamente bassa (ELF, Extremely Low Frequency)
- campi elettrici e magnetici a frequenza intermedia (IF, Intermediate Frequency)
- campi elettromagnetici a radiofrequenza e microonde (RF/MW, Radiofrequency/Microwaves).

Sono stati identificati, e sono ben compresi, alcuni meccanismi di interazione a livello macroscopico che danno luogo a risposte biologiche ben definite.

I campi magnetici statici possono provocare l’allineamento di molecole dotate di particolare struttura (magneticamente polarizzate o polarizzabili), mentre i campi elettrici statici, efficacemente schermati dalle cariche elettriche che si dispongono sulla superficie del corpo per effetto dei campi stessi, non penetrano nel corpo e provocano al più sensazioni superficiali.

I campi elettrici e magnetici ELF inducono all’interno del corpo campi elettrici e correnti elettriche che possono stimolare tessuti elettricamente eccitabili, in particolare quelli del sistema nervoso e i tessuti muscolari. Tali effetti di stimolazione sono possibili perché i campi e le correnti indotti all’interno del corpo, a causa di meccanismi di polarizzazione del materiale biologico attivi alle frequenze più basse, non penetrano all’interno delle cellule, creando delle consistenti differenze di potenziale elettrico (aggiuntive rispetto a quelle normalmente presenti) attraverso le membrane che racchiudono le cellule.

All’aumentare della frequenza, i campi e le correnti elettriche tendono a penetrare sempre più all’interno delle cellule, ossia nel citoplasma, impedendo il crearsi delle differenze di potenziale aggiuntive attraverso le membrane cellulari, rendendo così sempre più improbabile il verificarsi degli effetti di stimolazione, che sono praticamente impossibili alle radiofrequenze e alle microonde.

I campi elettromagnetici a radiofrequenza e le microonde trasportano energia elettromagnetica che viene assorbita dai tessuti corporei e trasformata in calore provocando, in definitiva, un aumento di temperatura dell’intero corpo o di sue parti a seconda delle modalità di esposizione. Gli effetti di questo processo sono legati all’aumento di temperatura piuttosto che all’azione dei campi elettromagnetici di per sé. Per questo motivo sono comunemente indicati come effetti termici. Nel caso dei campi elettromagnetici a frequenza intermedia possono essere attivi entrambi i meccanismi di stimolazione e di riscaldamento.

I campi elettromagnetici generati da sorgenti esterne interagiscono con le cariche e le correnti elettriche interne al corpo a qualunque livello di intensità; teoricamente, quindi, qualunque esposizione provoca delle risposte che possono tradursi in effetti biologici. Occorre tuttavia tenere presente che esistono correnti elettriche endogene connesse a funzioni vitali; è quindi plausibile attendersi risposte biologiche soltanto se le correnti indotte sono dello stesso ordine di grandezza, o superiori, rispetto a quelle fisiologiche.

Analoghe considerazioni valgono per gli effetti termici, osservabili solo se l’aumento di temperatura è superiore alle variazioni normalmente provocate da processi fisiologici (come l’attività fisica) o da altri agenti esterni, comprese le condizioni climatiche.

Esistono quindi delle soglie di osservabilità per gli effetti biologici, che tuttavia non sono ben definite. A bassi livelli di esposizione è infatti difficile discriminare i contributi endogeni da quelli dei campi esterni e le relative ricerche forniscono risultati incerti e contraddittori. Dal punto di vista della protezione, comunque, si assume che variazioni dei parametri fisici sopra elencati confrontabili con quelle associate ai normali processi fisiologici, non costituiscano un danno per la salute.

Gli effetti biologici chiaramente documentati non sono necessariamente nocivi: alcuni possono essere benefici, altri non avere conseguenze e altri infine provocare danni alla salute, traducendosi così in effetti sanitari.

La ricerca condotta nel corso di vari decenni, con la pubblicazione di migliaia di articoli scientifici, ha permesso di identificare chiaramente alcuni effetti sanitari. I dati indicano che tutti gli effetti accertati sono acuti (cioè si presentano come risposta immediata all’esposizione) e si osservano solo al di sopra di determinate soglie, ovviamente più alte delle soglie per gli effetti biologici. Essendo diversi i meccanismi di interazione, si hanno effetti acuti diversi per i campi statici, quelli ELF, quelli a frequenza intermedia e quelli a radiofrequenza e microonde.

È stata avanzata l’ipotesi che l’esposizione a campi di intensità inferiore alle soglie per l’insorgenza di effetti acuti, soprattutto se cronica, possa causare malattie degenerative e in particolare il cancro (effetti a lungo termine).

Nonostante il fatto che i meccanismi di interazione alla base di quest’ultima categoria di effetti siano plausibilmente differenti da quelli alla base degli effetti acuti, quanto discusso in precedenza in relazione alla diversa capacità dei campi di diversa frequenza di indurre campi e correnti all’interno di strutture e compartimenti cellulari di fondamentale importanza, quali la membrana e il citoplasma, mostra che ogni estrapolazione dei dati scientifici da un intervallo di frequenza all’altro è arbitraria e scientificamente scorretta. Pertanto, anche nel caso degli effetti a lungo termine è necessario considerare separatamente i diversi intervalli di frequenza.

La possibilità di effetti a lungo termine dell’esposizione a campi ELF o a campi a radiofrequenza e microonde è stata oggetto di un crescente numero di studi negli ultimi anni. Più limitate, anche per la rarità delle esposizioni, sono le ricerche sugli effetti a lungo termine dell’esposizione a campi statici e a campi a frequenza intermedia.

Effetti acuti dei campi a radiofrequenza e microonde

L’energia elettromagnetica associata ai campi ad alta frequenza viene assorbita dai tessuti biologici e convertita in calore. Questo meccanismo di interazione, ben documentato e compreso, è alla base dei cosiddetti "effetti termici" dei campi elettromagnetici.

Gli effetti termici sono legati all’aumento di temperatura (del corpo intero o di sue parti a seconda che l’esposizione sia generale o localizzata) piuttosto che ai campi elettromagnetici in se stessi. L’aumento di temperatura è contrastato dai meccanismi di termoregolazione come l’aumento della circolazione sanguigna, la sudorazione o la respirazione accelerata. Queste reazioni biologiche rallentano il processo di riscaldamento e riducono la temperatura, portando a un ristabilirsi dell’equilibrio termico.

Per la protezione del pubblico e dei lavoratori sono stati stabiliti a livello internazionale dei limiti di esposizione tali da limitare, anche nei soggetti più sensibili, l’aumento stabile della temperatura ben al di sotto di 1°C, una variazione inferiore a quelle associate ai normali processi fisiologici e quindi tollerabile dall’organismo anche per tempi prolungati.

Il tempo richiesto per raggiungere l’equilibrio termico è di qualche decina di minuti. Per questa ragione i limiti di esposizione non debbono essere intesi come istantanei, bensì come valori da non superare in media entro un arco di tempo definito che in genere è pari a 6 minuti.

Effetti a lungo termine dei campi a radiofrequenza e microonde

I possibili effetti a lungo termine dell’esposizione a livelli "sub-termici" di campi elettromagnetici a radiofrequenza e microonde, cioè a livelli tali da non dare luogo ad aumenti di temperatura dell’intero corpo esposto, o di sue parti, sono stati oggetto di numerose ricerche sia di tipo sperimentale, sia di tipo epidemiologico, incentrate in gran parte sulla loro eventuale cancerogenicità.

In ambito sperimentale, per citare gli studi più recenti pubblicati a partire dal 2000, sono disponibili i risultati di 6 studi a lungo termine su roditori, finalizzati a valutare eventuali effetti diretti di cancerogenesi per esposizioni controllate e in doppio cieco dell’intero animale, tutti negativi.

Sono stati anche indagati eventuali effetti di promozione della cancerogenesi o di co-cancerogenesi (ovvero di un eventuale effetto cancerogeno dei campi a radiofrequenza e microonde non da soli, ma in combinazione con cancerogeni noti) e la maggior parte di questi studi è risultata negativa. Anche gli studi di genotossicità, condotti su cellule umane o animali dopo esposizione ai campi in vivo o in vitro, si sono dimostrati per la maggior parte negativi, cioè non hanno dimostrato incrementi nella frequenza di rotture del DNA a singolo filamento, né di altri indicatori di danno genotossico (aberrazioni cromosomiche, scambi tra cromatidi fratelli, micronuclei) nei campioni esposti rispetto alla frequenza osservata nei campioni non esposti.

Alcuni studi sperimentali avevano segnalato la possibilità che l’esposizione a livelli sub-termici di RF potesse aumentare la permeabilità della barriera emato-encefalica (facilitando così il passaggio di eventuali composti cancerogeni dal sangue al cervello), ma molti studi successivi non hanno confermato questo sospetto.

Per quanto riguarda gli studi epidemiologici sugli effetti a lungo termine dei campi elettromagnetici a radiofrequenza e microonde, sono state effettuate soprattutto indagini sull’incidenza di tumori in gruppi di popolazione esposti in ambito professionale o residenziale, e studi sugli utilizzatori di telefoni cellulari.

Alcuni studi su lavoratori professionalmente esposti hanno indicato un aumento di alcune neoplasie, ma altri non hanno indicato alcuna associazione tra esposizione e patologie.

Le notevoli disomogeneità tra gli studi, e le differenze nell’esposizione, non consentono di effettuare meta-analisi per sintetizzare quantitativamente l’evidenza fornita da questi studi. Inoltre nessuno di questi studi fornisce indicazioni quantitative adeguate sull’intensità d’esposizione. La mancanza di utili indicazioni quantitative sull’intensità d’esposizione costituisce il limite fondamentale anche di alcuni studi geografici che sono stati condotti sulla frequenza di neoplasie tra i residenti in prossimità di antenne radiotelevisive.

Un significativo esempio delle incertezze che caratterizzano queste ricerche, e della necessità di valutarne con prudenza i risultati, è fornito dagli studi di alcuni autori britannici che hanno in un primo tempo confermato un segnalato aumento di leucemie e linfomi intorno a un’antenna televisiva, ma non hanno trovato alcun aumento di rischio quando l’indagine è stata estesa alle 20 maggiori antenne televisive del paese, aumentando la popolazione in studio e quindi la potenza statistica dell’indagine.

Nell’insieme, le indagini sinora condotte non forniscono indicazioni coerenti di un’associazione tra forme tumorali ed esposizioni ai campi elettromagnetici generati da trasmettitori radiotelevisivi. Per i limiti intriseci a tutte le analisi ecologiche (cioè basate su dati aggregati e non su dati individuali) non è ragionevole attendersi risultati più conclusivi da ulteriori indagini di questo tipo se non verranno almeno migliorati i metodi di stima dell’esposizione - al momento basati sulla distanza dall’emittente.

Gran parte della ricerca epidemiologica recente è stata dedicata alla valutazione dei possibili effetti cancerogeni dell’esposizione a RF da uso del cellulare. Nel 1997 un gruppo di esperti dell’UE raccomandò lo sviluppo di ricerche epidemiologiche di ampie dimensioni per indagare la possibilità di effetti a lungo termine associati all’uso dei telefonini. Sulla base di questa raccomandazione, la IARC ha avviato uno studio epidemiologico internazionale, noto come progetto INTERPHONE, che coinvolge numerosi Paesi (Australia, Canada, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Inghilterra, Israele, Italia, Giappone, Nuova Zelanda, Norvegia e Svezia).

Il progetto, costituito da diversi studi nazionali caso-controllo basati su un protocollo comune, mira in particolare a valutare l’ipotesi che all’uso del cellulare sia associato un incremento dell’incidenza di tumori cerebrali (glioma e meningioma), del nervo acustico e delle ghiandole salivari. A questo studio l’Italia ha partecipato con un gruppo di ricerca dell’Istituto Superiore di Sanità.

Alcuni risultati di studi nazionali sono già stati pubblicati, ma per una valutazione più conclusiva è opportuno attendere le analisi dei dati globali. In attesa di questa analisi, si può fare riferimento ad alcune valutazioni d’insieme degli studi pubblicati fino ad ora, sia all’interno del progetto INTERPHONE sia indipendentemente da questo.

Tra il 1996 e il febbraio 2008 sono stati pubblicati i risultati di due studi di coorte su titolari di contratti di telefonia mobile e di numerosi studi caso-controllo sulla relazione tra uso del cellulare e incidenza di tumori negli organi più vicini a questa sorgente di campo elettromagnetico (15 studi sui tumori cerebrali, 10 studi sul neurinoma del nervo acustico, 4 studi sui tumori della parotide, 1 studio sul melanoma oculare) o in altre sedi (2 studi sui linfomi non-Hodgkin e 1 studio sul tumore del testicolo). La maggior parte di questi studi non evidenzia incrementi di rischio tra gli utilizzatori di cellulare, né riporta trend d’incremento con la durata o l’intensità d’uso. Tuttavia, sono stati sporadicamente segnalati incrementi del rischio di gliomi cerebrali e di neurinomi del nervo acustico tra gli utilizzatori di lunga durata (oltre 10 anni) e limitatamente a coloro che dichiaravano di usare il cellulare dallo stesso lato d’insorgenza del tumore (esposizioni ipsilaterali). Tali risultati potrebbero indicare un’associazione, ma potrebbero anche essere degli artefatti dovuti a distorsioni (recall bias).

Al momento sembra ancora valida la conclusione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, basata su una revisione dei dati scientifici svolta nell'ambito del Progetto internazionale CEM (Monaco, Novembre 1996), secondo cui non c'è nessuna evidenza convincente che l'esposizione ai campi a radiofrequenza e microonde abbrevi la durata della vita umana, né che induca o favorisca il cancro. La stessa revisione ha comunque anche evidenziato che sono necessari ulteriori studi, per delineare un quadro più completo dei rischi sanitari, specialmente per quanto concerne un possibile rischio di cancro connesso all'esposizione a bassi livelli di campo elettromagnetico.

Dati desunti da
Istituto Superiore di Sanità
Viale Regina Elena 299 - 00161 - Roma (I)
www.iss.it/elet/

Le conclusioni dello studio di Alfonso Balmori per animali diversi dall'uomo suonano in modo alquanto discorde da quanto espresso dall'Istituto Superiore di Sanità e sottolineano un fatto assai importante: si può categoricamente escludere intervento di fattori psicosomatici. Anche Angelo Gino Levis, biologo e docente di Mutagenesi ambientale presso la Facoltà di Scienze dell’Università di Padova, discorda palesemente dall'Istituto Superiore di Sanità e vale pertanto la pena conoscerne le affermazioni.

Opinioni a confronto

dalla rivista Silhouette Donna
anno 14 - numero 11 - novembre 2007- pagina 179
intervista di Elena Goretti

Angelo Gino Levis è biologo e docente di Mutagenesi ambientale presso la Facoltà di Scienze dell’Università di Padova, vicepresidente della APPLE (Associazione per la Prevenzione e la Lotta all’Elettrosmog) e oggi membro della Commissione Oncologica Nazionale.

- Perché, secondo lei, le posizioni ufficiali adottate fino a oggi dalle organizzazioni internazionali sono insufficienti o inadeguate?

- Perché si basano su esperimenti “viziati” nel metodo e nella valutazione. Ad esempio, per stabilire la quantità di energia elettromagnetica dannosa in quanto causa di eccessivo riscaldamento (l’unico tipo di effetto a breve termine preso in considerazione da queste organizzazioni) si fa riferimento a sperimentazioni eseguite negli anni ’50 da organizzazioni militari americane su manichini artificiali, detti fantasmi (ghosts), riempiti con un liquido simile a quello delle nostre cellule. Sulla base di esperimenti di questo tipo sono stati dunque stabiliti dall’OMS, dall’ICNIRP, dalla Comunità Europea e da altri Enti e Paesi, il tipo - e la quantità - di emissioni elettromagnetiche considerate sicure. I limiti di esposizione così stabiliti, rimasti invariati da più di 50 anni a dispetto del progredire delle conoscenze scientifiche sugli effetti dei campi elettromagnetici, proteggono sì dagli effetti termici immediati, ma non garantiscono alcuna protezione da eventuali alterazioni dei processi biochimici e bioelettrici del cervello, del cuore, dei muscoli e persino dei sistemi di interazione tra cellule, soprattutto dopo tempi molto prolungati di esposizione.

- Per capire meglio, quali sono queste “alterazioni”? E quali sono gli altri effetti dannosi emersi dagli studi scientifici?

- Ci sono decine e decine di studi condotti negli ultimi dieci anni e pubblicati nelle più qualificate riviste scientifiche da ricercatori “indipendenti”, cioè non finanziati dai gestori delle varie tecnologie in discussione, che evidenziano effetti altamente dannosi prodotti dalle onde elettromagnetiche sulla salute umana, sia a breve che a lungo termine: danni al sistema neuro-vegetativo, con cefalee sempre più forti, debolezza e apatia, perdita della memoria, vertigini; alterazioni nella produzione di melatonina o melanotonina, l’ormone che regola il ritmo sonno-veglia ma che è anche un potente agente antitumorale; dolori muscolari e articolari; riduzione dell’udito e della vista; calo della fertilità; ma soprattutto forme di degenerazione cellulare, con aumento dei radicali liberi e attivazione di processi cancerogeni, soprattutto a livello del cervello e dell’orecchio nel caso di uso prolungato di cellulari e telefoni cordless. Lo stesso fenomeno dell’elettrosensibilità è una chiara dimostrazione di come, a lungo andare, le onde elettromagnetiche danneggino l’organismo, fino a provocare malesseri e disturbi sempre più invalidanti.

- Quindi secondo lei anche l’uso dei cellulari può far male alla salute?

- Il telefono cellulare è certo una delle fonti elettromagnetiche potenzialmente più dannose se non viene usato con particolari cautele. Ci sono numerosi esperimenti sugli animali e su volontari umani che evidenziano come il fatto di tenere a stretto contatto la testa e l’orecchio con una fonte di onde ad alta frequenza come un telefono cellulare possa provocare alterazioni della membrana che separa il cervello dal flusso sanguigno e che quindi regola il metabolismo e la funzionalità delle cellule nervose, veri e propri danni ai neuroni, mutazioni del DNA delle cellule e, se il cellulare viene usato per mezz’ora al giorno e almeno per 10 anni, sia in grado di aumentare significativamente l’incidenza di tumori al cervello e al nervo acustico. I cellulari non sono pericolosi soltanto perché emettono onde ad alta frequenza, ma anche perché i sistemi introdotti con le tecnologie digitali (GSM, DCS, DECT, UMTS) utilizzano frequenze molto basse, potenzialmente altrettanto dannose. Per esempio i cellulari GSM e DCS e i cordless DECT funzionano con un sistema di “modulazione di frequenza”, cioè alternando onde ad alta e bassissima frequenza. Queste ultime sono “simili” alle frequenze biologiche del corpo umano (del cervello, del cuore, dei muscoli) e quindi capaci di alterare importanti meccanismi elettrochimici e fondamentali funzioni fisiologiche del nostro organismo.

- Questi studi vengono presi in considerazione dalle autorità sanitarie internazionali?

- Vengono qualche volta citati, ma mai presi in seria considerazione. Come giustificazione, le agenzie internazionali affermano che si tratta di studi singoli, non replicati a sufficienza o metodologicamente scorretti. In realtà il loro unico “difetto” è che producono risultati positivi, cioè prove che i CEM sono pericolosi per la salute umana. Per il resto, si tratta di studi seri, finanziati da enti pubblici e statali e replicati più e più volte. Al contrario, gli studi presi in considerazione dalle agenzie e dai comitati internazionali forniscono tutti risultati negativi, ma guarda caso si tratta per la gran parte di lavori finanziati da privati, tra cui figurano gli stessi gestori delle tecnologie interessate (compagnie elettriche, aziende radiotelevisive, compagnie di telefonia mobile, forze militari che utilizzano radar e altri sistemi di trasmissione a distanza). Arriverà anche per i campi elettromagnetici un momento in cui, nonostante le diverse opinioni sul tema, non si potrà più ignorare il problema, come è stato per il fumo, per l’amianto, per il cromo e per tanti altri inquinanti tossici per i quali si è dovuto attendere 10-20-30 anni per parlare di rischi reali e per dare il via a leggi e campagne di prevenzione e sensibilizzazione? Speriamo che non si debba aspettare così a lungo, cioè fino a quando un numero “sufficiente” di malati da elettrosmog indurrà le autorità sanitarie a un riconoscimento ufficiale dei danni provocati dai campi elettromagnetici e a una revisione delle leggi finalizzata alla sicurezza e alla prevenzione.

Risponde Paolo Vecchia, presidente dell’ICNIRP, che esprime la posizione delle autorità internazionali. Paolo Vecchia è presidente dell’ICNIRP, la Commissione Internazionale per la Protezione dalle Radiazioni Non Ionizzanti, considerata oggi la principale istituzione incaricata di definire le possibili interazioni delle radiazioni sulla salute e membro del Comitato Scientifico Consultivo del progetto Internazionale CEM (Campi Elettromagnetici) dell’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità).

- Qual’è la posizione dell’OMS e dell’ICNIRP sugli effetti delle onde sulla salute?

- Le onde elettromagnetiche producono effetti immediati sulla salute, come un aumento della temperatura corporea, ma con i livelli di emissione attualmente vigenti questi effetti sono praticamente inesistenti. Certo, per i campi elettromagnetici emessi dalle linee elettriche ad alta tensione è necessario un discorso a parte, visto che alcune ricerche hanno rilevato un aumento dei casi di leucemia nei bambini che vivono nei pressi degli elettrodotti, pur non avendo trovato poi riscontri scientifici negli esperimenti di laboratorio. Per ciò che riguarda i cellulari e le onde ad alta frequenza, invece, la situazione è molto più tranquillizzante, perché la grandissima maggioranza degli studi presi in considerazione non indica l’esistenza di danni per la salute. Con una recente revisione dei dati scientifici, l’OMS - la massima istituzione mondiale a difesa della salute - ha concluso che, sulla base degli studi attuali, non c’è nessuna evidenza convincente che l’esposizione a campi elettromagnetici dei cellulari abbrevi la durata della vita umana né che induca o favorisca il cancro.

- Insomma, i limiti suggeriti dall’OMS consentono alla gente di vivere immersi nei campi elettromagnetici senza rischi nell’immediato. Come risponde, allora, a chi afferma che si tratta di limiti datati, basati su esperimenti obsoleti?

- Tutte le ricerche effettuate negli ultimi anni hanno confermato la validità dei limiti di emissione indicati dall’ICNIRP. Si parla di numerosissimi studi, tutt’altro che obsoleti, per i quali la Comunità Europea ha speso negli ultimi 10 anni 250 milioni di euro. Anche se i valori limite per i campi elettromagnetici sono stati stabiliti nel 1984, sono poi stati riconfermati più volte, dapprima nel 1988, sulla base di esperimenti e ricerche sempre più aggiornate. La stessa Comunità Europea si è riproposta si verificare periodicamente la validità di questi limiti, tramite lo SCHENR, il Comitato europeo sui Rischi Emergenti e Recentemente Identificati, che nell’aprile di quest’anno ha di nuovo confermato con una relazione piena di riferimenti scientifici la validità dei limiti di emissioni elettromagnetiche attualmente vigenti.

- E se i danni emergessero sul lungo termine, cioè dopo 10-20 anni di esposizione?

- Per verificare questa ipotesi oggi esistono diversi studi che controllano lo stato di salute di un folto numero di persone che usano il cellulare nel lungo periodo. Uno di questi è lo studio Interphone che coinvolge ricercatori di 13 Paesi e una popolazione statistica di migliaia di utenti di telefonia mobile. Dai primi risultati dopo 3 anni di studi in Danimarca, Germania, Giappone, Norvegia, Svezia e Inghilterra non si osserva un incremento dei tumori in relazione all’uso prolungato e giornaliero del cellulare. Lo stesso vale per un importante altro studio avviato dal 1999 da un gruppo di ricercatori danesi su un gruppo di utenti di cellulari, da cui è emerso, in due analisi successive, come né dopo 5 anni né dopo 10 anni c’è stato un incremento di tumori intracranici. Con questi dati possiamo ragionevolmente concludere che anche con 10 anni di esposizione continuativa alle radiofrequenze dei cellulari, non ci siano specifici rischi per la salute. Lo stesso vale per le antenne radio-base dei telefonini che danno luogo a esposizioni molto più basse e sono ormai considerate da tutta la comunità scientifica internazionale incapaci di provocare danni per la salute.

- Come interpreta, dunque, la sindrome da elettrosensibilità?

- L’OMS ha dedicato uno specifico convegno al problema dell’elettrosensibilità e riconosce come reali, in molti casi se non tutti, i sintomi accusati dalle persone che si dichiarano elettrosensibili. Il problema è che tutte le volte che vengono sottoposte a studi controllati, dove l’emissione di onde avviene senza avvertimento, queste persone non sono in grado di riconoscere quando il campo magnetico è attivo o spento e lamentano disturbi in maniera indipendente dalla presenza di onde. Non trovando alcuna correlazione tra esposizione e sintomi, si deve ritenere quindi che questo fenomeno non dipenda tanto dall’azione dannosa del CEM sulla loro salute, quanto da altri fattori, non esclusa una paura tale delle onde emesse da ripetitori, antenne, cellulari tale da scatenare realmente disturbi. Una sorta di “effetto nocebo”, in cui si attribuisce a un agente esterno innocuo la capacità di danneggiare l’organismo e si finisce per somatizzare realmente dolori in tutto il corpo.

- Ma, per attenuare questa paura, non potrebbe essere utile suggerire alcune misure di precauzione o un uso più contenuto del cellulare?

- Ribadisco che anche se la scienza non può fornire la certezza assoluta dell’innocuità dei campi elettromagnetici, i dati scientifici finora disponibili non indicano danni alla salute. Imporre delle misure di precauzione per prevenire un rischio ipotetico non ha dunque senso. È però indubbio che, se si riduce l'esposizione, anche l'ipotetico rischio si riduce. Pertanto, alcune persone possono decidere di usare l’auricolare durante le telefonate, o di ridurre la durata delle chiamate. Queste sono scelte individuali che vanno giudicate positivamente se aiutano a ridurre gli stati d’ansia. È significativo, in questa prospettiva, l’atteggiamento verso l’uso del cellulare da parte di bambini e adolescenti. Un gruppo di esperti inglesi ha raccomandato, in nome della precauzione, di dissuadere i figli dall’uso del telefonino per chiamate non essenziali, ma molti genitori continuano a far usare il cellulare perché nel loro bilancio di benefici e rischi la possibilità di controllare i loro figli è evidentemente più importante della remota possibilità di un danno alla salute.

Una bagarre senza fine

Ovviamente Paolo Vecchia è affiancato da altre persone che la pensano come lui. Credo valga la pena leggere due lavori del CICAP (Comitato Italiano per il Controllo delle Affermazioni sul Paranormale) presenti nel web:

Fobie elettromagnetiche – di Paola Parodi
L'allarme ripetitori - di Andrea Ferrero
www.cicap.org/piemonte/cicap.php?section=articoli&tipo=tema&tema=elettrosmog

In Fobie elettromagnetiche Paola Parodi non può tralasciare un'altra bufala che in certi ambienti va per la maggiore: i nodi di Hartmann. E scrive quanto segue: «Tutto questo polverone sulle terribili onde magnetiche mi porta a soffermarmi sui famigerati nodi di Hartmann, dei quali ho accennato in precedenza. Riassumendo a grandi linee, si tratta di una teoria elaborata negli anni Cinquanta dal tedesco Ernst Hartmann (Mannheim 1915 - Katzenbach 1992), secondo la quale esiste un campo patogeno terrestre, sovrapposto e (secondo interpretazioni successive) fuso con quello magnetico, che si manifesterebbe in una serie di linee avvolgenti l'intero pianeta. Tali linee, incrociandosi, formerebbero maglie rettangolari di dimensioni 2 x 2,5 m, delimitate a loro volta da bande larghe 21 cm: i cosiddetti Nodi di Hartmann non sarebbero altro che le intersezioni di tali bande. Secondo Hartmann la permanenza prolungata in corrispondenza dei nodi (ad esempio a causa dell'errata posizione del letto o delle poltrone), può provocare disagi psicologici e fisici (ansia, irritabilità, cefalee o addirittura l'insorgenza di tumori).»

Chi volesse penetrare più a fondo in questa branca del paranormale – che tuttavia non intacca le affermazioni di Alfonso Balmori – non ha che da leggere l'avvincente ricerca di Roberto Vanzetto dal titolo I nodi di Hartmann e le geopatologie (2004), quei nodi che vengono relegati da Wikipedia nel Paranormale.

I nodi di Hartmann e le geopatologie

Roberto Vanzetto - 2004

Fine delle trasmissioni
7 aprile 2010

Api a rischio di estinzione

Un gruppo di ricercatori sostiene che le radiazioni elettromagnetiche delle reti dei telefonini cellulari stia interferendo in modo pesante con il comportamento delle api, mettendone a rischio la futura sopravvivenza. In gergo tecnico il fenomeno, registrato dapprima negli Stati Uniti e adesso anche in Europa, è definito Colony Collapse Disorder (CCD) e si verifica quando le api improvvisamente scompaiono dagli alveari, abbandonando la regina e le uova insieme a poche operaie non ancora mature. Confuse dalle onde elettromagnetiche le api infatti non riuscirebbero più a ritrovare la strada per tornare al proprio alveare, condannandolo in breve tempo alla sua estinzione.

Secondo altri studiosi, responsabili sarebbero i pesticidi neonicotinoidi a base di imidacloprid, come il Gaucho della Bayer. Lo ha dichiarato Giorgio Celli, docente nell’Istituto di entomologia agraria Guido Grandi presso l’Università di Bologna e coordinatore del gruppo di ricerca sulle alternative ai pesticidi in agricoltura, nel commentare il recente studio tedesco (2006) condotto da Jochen Kuhn dell'Università di Landau. Secondo Kuhn esisterebbe la possibilità di una correlazione tra l’abbandono degli alveari e la presenza di terminali mobili nella zona. In base alla ricerca tedesca le onde elettromagnetiche dei telefonini farebbero infatti perdere l’orientamento dei preziosi insetti rendendoli incapaci di fare ritorno in alveare. “La teoria è plausibile – ha aggiunto Celli – perché da tempo sappiamo che le api e molti altri insetti percepiscono il magnetismo terrestre e sono quindi sensibili alle onde elettromagnetiche. Ma sono certamente i neonicotinoidi la causa principale. È possibile poi che le onde elettromagnetiche possano in qualche modo contribuire, ma solo marginalmente."


Famiglia Cristiana
n° 50 - 2007

Confermata la relazione tra asma bronchiale
e campi elettromagnetici

Doctor33 – 10 ottobre 2011

L’esposizione materna a campi elettromagnetici durante la gravidanza aumenta il rischio di asma bronchiale nel nascituro e il legame è dose-dipendente, secondo uno studio realizzato da un gruppo di ricercatori del Kaiser Foundation Research Institute di Oakland (USA) guidato da De-Kun Li.

L’indagine - uno studio prospettico - ha messo in relazione i livelli di esposizione in gravidanza ai campi elettromagnetici, rilevati dalle stesse madri durante la gestazione tramite un misuratore di radiazioni, con la diagnosi di asma effettuata in 626 bambini.

I risultati hanno evidenziato che per ogni incremento di 1 milliGauss (mG) nell’esposizione materna si registra un aumento del 15% del rischio di sviluppare l’asma. Il che equivale a dire che, diviso il gruppo in fasce identificate dai livelli medi di esposizione, i bambini nati da madri collocate nel gruppo a più alta esposizione (livello medio nelle 24 ore >2,0 mG) presentano un rischio 3,5 volte più alto di sviluppare la patologia rispetto ai figli di madri collocate nel gruppo a minore esposizione (=/<0,3 mG). Inoltre, il rischio aumenta ulteriormente se la madre ha a sua volta una storia clinica di asma e se il bambino è primogenito.

www.doctor33.it