Unicorno
fu un cavallo
imitato anche dal gallo
Una rapida cavalcata tra unicorni reali e fantastici
Homo
cornutus
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Ai nostri tempi, nel ducato francese di Humières - 150 km a nord di Parigi, regione Nord-Pas-de-Calais (Lilla) - quest'uomo con un corno d'ariete spuntato sul lato destro della fronte, e che si chiamava Frantz Trouilli, di ottima costituzione fisica, dotato di alta statura e di ottima forza, campagnolo, vestito di pelli di lupo rivoltate, nato nella minuscola contea di Mézières – forse Mézières-sur-Seine alla periferia nordovest di Parigi (ci sono ben 17 Mézières in Francia) - visse quasi sempre nei boschi, e riferì che tuttavia fino all'età di sette anni non presentò mai alcuna traccia di corno: infatti a partire da quell'età cominciò a spuntargli un corno sulla testa che era aguzzo come quello di un ariete. Ma in quel tempo in cui fu scovato aveva 35 anni, come si è potuto dedurre dall'aspetto. Fu trovato per il motivo seguente. Il signor Laverdin, per ragioni di caccia, si recava spesso in un bosco: ma una volta, dopo esservi entrato, e avendo visto delle frotte di contadini, e sospettando che fossero dei predoni, ordinò che venissero tutti quanti catturati all'istante: ma allora l'uomo cornuto, compagno e alleato, primo tra tutti a fuggire, si nascose nella macchia. Però, tirato fuori con la forza e condotto davanti al signore, si rifiutava di scoprire il capo per non rendere manifesta l'imponente deformità. Finalmente, dopo che il copricapo venne tolto dai servi e dai funzionari del signore, non senza grande meraviglia degli spettatori venne scorto un corno sulla testa priva di capelli, fatta eccezione per alcuni peli di cui era ricoperto l'occipite. Allora il signor Laverdin ordinò di condurlo immediatamente al mai sconfitto re delle Gallie che non si trovava molto distante, dal quale venne poi condotto a Parigi affinché venisse visto da tutti. |
Buceros
rhinoceros
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Aldrovandi non conosceva direttamente quest'uccello. Gli avevano inviato due raffigurazioni ma solo della testa: una proveniva da Venezia e gli era stata mandata da Passarotto Passarotti figlio del famoso pittore bolognese Bartolomeo Passarotti, l'altra giungeva da Padova grazie a Gioacchino Iuvenio di Lipsia, un giovane sul quale si potevano nutrire grandi speranze, incomparabilisque circa simplicium medicamentorum indagationem doctrinae, ac diligentiae, quem nobis in Cretam proficiscentem immatura mors eripuit. La famiglia dei Bucerotidi - i cui primi esemplari sono reperibili tra i fossili di circa 15 se non addirittura di 40 milioni di anni fa, come il presunto Bucerotide Geiseloceros robustus delle dimensioni di un corvo - comprende 55 specie e 74 sottospecie il cui areale copre gran parte dell'Africa sub-sahariana e si estende verso oriente sino alle foreste del Sudest asiatico e alle isole Salomone. Tutti hanno un enorme becco e alcuni generi sono caratterizzati anche da un grande casco o elmo o corno, che nel Buceros rhinoceros termina con un unico apice rivolto all'insù come se fosse il corno di un rinoceronte. Becco e casco dei Bucerotidi sono leggerissimi poiché sono vuoti oppure riempiti soltanto da una rete ossea spugnosa, ad eccezione del Rhinoplax vigil che possiede un corno compatto. Il calao rinoceronte vive nella penisola Malese, a Sumatra, Borneo e Giava. Si nutre in prevalenza di frutti che crescono sugli alberi della foresta vergine e integra la dieta con rane, lucertole, uccellini, lumache e insetti. Aldrovandi fornisce queste misure per il suo calao rinoceronte: Caput, si relationibus virorum illorum aliorumque fide dignissimorum standum est, notandae erat, ac insolentis magnitudinis, duorum scilicet propemodum dodrantum, cirrhis ornatum nigris, altis, deorsum spectantibus. Rostrum quatuor propemodum dodrantes longum, recurvum, non tamen rapacium more, sed instar arcus cuiuspiam. Cornu e fronte enascitur, et supinae rostri parte adhaeret, magnae equidem molis, ut quod prope frontem palmum unum latum sit, Rhinocerotis cornu non dissimile, sed in fine recurvum. Impossibile trovare sia nel web che in svariati testi di ornitologia le reali dimensioni del becco e del corno. L'unico dato disponibile è quello relativo alla lunghezza totale dell'uccello, che nel maschio può raggiungere 120 cm e nella femmina 90 cm. |
Aldrovandi fornisce delle misure precise in dodranti e pertanto facciamo il calcolo in cm utilizzando il dodrante sia del piede inglese che del piede bolognese, nonché il palmo romano, e secondo i seguenti valori.Nelle misure di lunghezza per dodrante si intendono ¾ di piede. Piede
inglese o foot, valore internazionale unificato Piede bolognese = 38 cm 1
dodrante di piede inglese = 22,86 cm Le misure in cm relative al calao rinoceronte di Aldrovandi dovrebbero essere le seguenti: testa:
circa 2 dodranti dice Aldrovandi becco:
circa 4 dodranti dice Aldrovandi corno
nei pressi della fronte |
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Verosimilmente a Ulisse hanno fornito misure un po' esorbitanti a proposito di testa e becco, oppure c'è stato un qui pro quo interpretativo. Non si può escludere che la lunghezza del becco di Aldrovandi – 91,4/114 cm - corrisponda invece alla lunghezza totale del corpo e che la lunghezza della testa – 45,72/57 cm - corrisponda a quella della testa sommata a quella del becco. La larghezza del corno – 7,2 cm - potrebbe anche corrispondere al vero. Un conforto sulla verosimiglianza di questi complicati calcoli ci viene dal congenere Buceros bicornis che nella sottospecie homrai - la cui lunghezza totale del maschio è pari a quella del calao rinoceronte, cioè 120 cm - presenta un becco maschile che può raggiungere i 29,5 cm. |
Diceros
e Rhinoceros
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La più comune specie africana è il rinoceronte nero - Diceros bicornis - diffuso nell'Africa centrale. Lungo più di 3 metri e alto circa 1,70 m al garrese, pesa circa 1,8 t; ha due corni disuguali, pelle spessa, grigiastra e senza pieghe. Caratteristica è l'appendice mobilissima e prensile del labbro superiore adatta a raccogliere fogliame e ramoscelli. Il rinoceronte unicorne dell'India - Rhinoceros unicornis o Rhinoceros indicus - ha il corpo molto massiccio lungo fino a 4 m e alto fino a 1,80 m con un peso fino a 4 t. La pelle robustissima forma vaste placche rigide. Ha un solo corno che nel maschio può giungere fino a 60 cm di lunghezza. Diffuso in passato nelle regioni forestali, ha subito un notevole declino numerico in seguito alla distruzione del suo habitat e alla caccia, causata dalla credenza delle straordinarie doti afrodisiache e medicinali del suo corno. |
Xiphias
gladius
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La pelle è nuda e la colorazione è blu-nera sul dorso, biancastra sul ventre. Forte nuotatore, il pescespada è probabilmente il più veloce tra tutti i pesci. Le sue carni sono molto pregiate ed è pertanto oggetto di intensa pesca. In Italia meridionale viene ancora praticato un sistema di pesca antichissimo con grandi fiocine a mano e barche appositamente attrezzate. |
Naso
unicornis o Naso brevirostris
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La specie più nota è l'Unicorno – Naso unicornis o Naso brevirostris – che può raggiungere i 60 cm di lunghezza. Esso reca tra gli occhi un robusto corno lungo circa 8 cm e diretto in avanti, che in altre specie congeneri è invece ridotto a una sorta di grosso bernoccolo frontale. Allo stadio adulto la colorazione è verdastra, salvo le carene del peduncolo di colore nero. È diffuso nell'Oceano Pacifico e Indiano, dove vive nutrendosi di alghe in acque poco profonde, tra gli scogli e le formazioni coralline.
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Monoceros
Clusii
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Pesci
sega |
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Serrapesce sega fantasticoCosì recita il Der Ältere PhysiologusDe Serra - In demo mere ist einez, heizzet serra, daz hebet vile lange dorne an imo. Sosez div schef gesihet, so rihted ez vf sine uedera unde sinen zagel vnde uuil die segela antderon. Denez so eine vuile geduot, so vuird ez sa môde unde globet sih. Daz mere bezeihchenet dise uuerelt, du schef bizeichenent die heiligen boten, die dir uberuoren unde vberuundan alliu diu uuideruuartdiu giuuel dirro uuerelde; diu serra bizeichenet den, der dir ist unstades muodes, der dir eine uuile schinet annen rehden uuerchan unde aber an dien nieht neuollestet.Tutto chiaro, vero!? Sarebbe benvenuta una traduzione del brano. Io non me la sento di cimentarmi! |
Pesce
sega
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Nessun pesce sega possiede lo sfiatatoio: infatti Madre Natura l'ha dotato di branchie che si trovano nella parte inferiore del corpo prossime all'attaccatura delle pinne pettorali. Lacépède - alias Bernard Germain Étienne de Laville-sur-Illon comte de Lacépède (1756-1825) - a pagina 290 del I volume della sua Histoire naturelle des poissons (1798) asserisce che gli antichi naturalisti e qualche autore moderno avevano collocato questo pesce fra i cetacei dal momento che vive nel loro stesso ambiente. Ecco spiegato perché possiamo battezzare il Pristis di Rondelet mezzasega. Possiamo anche essere praticamente certi che né Rondelet, né Gessner, né Aldrovandi videro mai un pesce sega vivo o morto. |
Pesce
sega
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Pesce
sega
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Pesce
sega vero
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Le corrette osservazioni di Charles de l'Écluse sono riportate a pagina 696 del De piscibus et de cetis. Secondo Clusius sul lato ventrale il Pristis presenta la bocca nonché cinque branchie poste su ambo i lati e che il disegnatore non ha tuttavia riprodotto: in ventre [...] vicinae erant quinae utrinque angustae oblongiusculaeque branchiae, icon autem accepta nullas expressas habebat. [...] binos vero oculos in prona capitis parte habebat, binas nares in supina et infra illas oris scissuram. - Perfetto! Clusius e il suo pesce sega sono promossi. |
Pristis
pristis
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Anche la bocca è ventrale con piccoli denti disposti a mosaico. Le pinne dorsali sono due, di forma triangolare, le pettorali e le ventrali sono molto ampie, la caudale è ben sviluppata e asimmetrica. La colorazione è olivastra sul dorso, bianca sul ventre. La robusta sega serve a scavare nella sabbia per stanare gli invertebrati di cui si nutre. |
Piscis
Utilis
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Ambroise Paré (1510/1517-1590) fu invece un provetto chirurgo francese, tanto da essere nominato protochirurgo di re Carlo IX. Forse varrebbe la pena ribattezzare il pesce Utile in Utilitarista dal momento che si approfitta della sega di qualche Pristis pristis defunto conficcandosela in testa, come i paguri si approfittano dei gusci altrui per cercare riparo al proprio addome molliccio entro conchiglie vuote di gasteropodi. Per saperne di più su Thevet, molto di più, basta conoscere il francese e cliccare qui . Ne vale la pena! |
Un
altro travestito
Il famosissimo Monoceros si traveste da Narvalo
Monodon
monoceros Linneo
1758
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Varie sono le teorie elaborate circa la funzione di questo dente. Secondo talune esso servirebbe al narvalo per spezzare il ghiaccio e portarsi così in superficie per poter respirare. Secondo altre verrebbe usato come arpione per catturare le prede sul fondo marino.Se si tiene conto che le femmine non presentano questa caratteristica anatomica, è invece assai più probabile che il corno svolga nel comportamento sociale o sessuale un ruolo analogo a quello delle corna dei cervidi, della criniera del leone o della livrea nuziale di certi anatidi. In passato il narvalo è stato sottoposto a una violenta caccia a causa dell'avorio di cui è costituito il dente e del pannicolo adiposo che forniva un olio assai apprezzato. Ma oggi questa specie può fare le rituali scaramucce in piena tranquillità dal momento che ha perso gran parte della primitiva importanza economica e magica. Sì, era il corno del narvalo a essere spesso propinato come corno miracoloso del Monoceros. |
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Uno dei primi a travestirsi da narvaloUnicorno dal Der Ältere PhysiologusDe unicorni - So heizzit ein andir tier rinocerus, daz ist einhurno, un ist uile lucil un ist so gezal, daz imo niman geuolgen nemag, noh ez nemag ze neheinero uuis geuanen uuerdin. So sezzet min ein magitin dar tes tiris uard ist. So ez si gesihit, so lofet ez ziro. Ist siu denne uuarhafto magit, so sprinet ez in iro parm unde spilit mit iro. So chumit der iagere unde uait ez. Daz bezeichenet unserin trotin Christin, der dir lucil uuas durih di deumuti der menischun geburte. Daz eina horin daz bezeichenet einen got. Also demo einhurnin niman geuolgen nemag, so nemag ouh nehein man uernemin daz gerune unsiris trotinis, noh nemahta uone nehenigemo menislichemo ougin geseuin uuerdin, er er uon der magede libe mennesgen lihhamin finc, dar er unsih mite losta.Anche in questo caso una traduzione sarebbe auspicabile e gradita. |
Unicorno di Conrad GessnerGessner ci tiene a precisare nella didascalia che si tratta di una raffigurazione del Monoceros ancora piuttosto frequente ai suoi tempi, ma non può assicurare che corrisponda alla realtà:Figura
haec talis est, qualis a pictoribus fere hodie pingitur, Reca proprio un bel corno! E con scanalatura elicoidale destrogira, proprio come il dente del narvalo!
Monoceros dalla Historia animalium I (1551) di Conrad Gessner |
Unicorno di Ulisse AldrovandiAnche il Monoceros di Aldrovandi si traveste con un dente di narvalo. Ulisse ne parla diffusamente nel De quadrupedibus solidipedibus (1639), ma riporta il travestito solamente nel frontespizio. Ed essendo un solidipes ha gli zoccoli da cavallo e non da caprone come quello di Gessner. Nell'apposito capitolo, che si snoda per ben 32 pagine contro le sole 5 pagine e mezza di Gessner, il Monoceros non viene corredato da alcuna raffigurazione.In questa lunga disquisizione si fissano i presupposti atti a smantellare una volta per tutte questo animale fantastico. Uno dei primi suoi detrattori fu Alberto Magno (ca. 1200-1280). Egli affermò che in mare viveva un animale dotato di un solo corno chiamato monoceros. Monoceros presente nel frontespizio del De quadrupedibus solidipedibus (1639) di Ulisse Aldrovandi |
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Un altro detrattore del Monoceros fu l'olandese Jan van Gorp (1519-1573). Infatti sospettava che quel corno di Anversa fosse di un pesce e che provenisse dall'Islanda, fors'anche da mari situati più a nord. Nel De monocerote di Aldrovandi trova posto anche la traduzione latina del Discorso contra la falsa opinione dell'alicorno (1566) di Andrea Marini (Mori TN ?-1570), il quale oltre a citare Alberto Magno afferma che tutti i corni in possesso degli Inglesi sono di animali marini e che sembra molto strana una cosa: tutti noi conosciamo questo corno, ma come mai non sappiamo come è fatto l'animale che lo genera? Inoltre non disponiamo di alcun scrittore classico e degno di fede che abbia avuto la fortuna di vedere dal vivo tale animale. E poi - prosegue stavolta Ulisse - visto che di questo corno si decantano doti miracolose, come mai né Ippocrate né Galeno l'hanno usato? Iam vero apud Hippocratem et Galenum de cornu unicornis ne verbum quidem unum, qui tamen tot sententiis cornu cervinum commendarunt. Pierre Belon (1517-1564) pensava che talora potesse trattarsi dei canini superiori a crescita continua del tricheco "quem Galli Rohart, Septentrionalis maris accolae Morss appellant". Oggi in francese il tricheco è detto morse. |
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Come abbiamo puntualizzato, Aldrovandi non dà alcuna raffigurazione del Monoceros se non nel frontespizio. Invece il relativo capitolo termina con due splendidi corni - ambedue con scanalatura elicoidale destrogira - che appartenevano al Duca di Mantova e al re di Polonia Sigismondo, forse Sigismondo III al trono dal 1587 al 1632. E Gessner riferisce quanto ha scritto Antonio Brasavola (1500-1555): a Venezia nel tesoro di San Marco erano custoditi due corni integri, grandissimi e molto belli. Gessner è inoltre al corrente del fatto che nel tesoro del re di Polonia Sigismondo - forse Sigismondo II Augusto (figlio di Sigismondo I Iagellone) al trono dal 1548 al 1572 - ne erano custoditi due, ciascuno dei quali era fatto a spirale e in lunghezza eguagliava la statura di un uomo. Ma la bagarre non è ancora finita! |
Pirassouppi
di Thevet
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Tanto
per finire
unicorni e policorni mostruosi o fantastici
Canis
monstroso capite
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Camphruch
Camphur Camphurch
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Non ho parole
Monstrum
figura genitalis viri
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Parimenti, da un uovo di gallina, oppure, come altri affermano, dall'uovo di un gallo (ammesso tuttavia che i galli possano deporre siffatte uova, cosa di cui abbiamo disquisito nell'Historia serpentum), in un paesino - oggi con 27.324 abitanti - che si chiama Emmen e che si trova nei pressi di Lucerna celebre città degli Elvezi, è venuto alla luce un mostro con l'aspetto di un kur di uomo, dotato di un solo testicolo e di una testa quasi come quella di un cane nonché fornita di cresta doppia. Ciò avvenne, secondo il parere di Licostene - alias Conrad Wolffhart (1518-1561) - nell'anno del Signore 1488: come mostra la figura. |
Mi torna la parola
Pornografo
fu Aldrovandi
non Licostene
Monstrum ex ovo galli natumPer l'ennesima volta siamo costretti a entrare in conflitto con Aldrovandi, tacciandolo anche di pornografia. Come vedremo tra poco, dal telegrafico testo di Licostene non traspare alcuna allusione a un fantomatico kir-kar-kur schiuso da un uovo di Emmen.Anche un osservatore frettoloso può notare che in quest'immagine di Licostene le proporzioni tra mostro e uovo sono conservate, mentre Aldrovandi, oltre ad aver trasfigurato il testo di Licostene, ha senz'altro imposto ai suoi disegnatori di ricopiarne il disegno adattandolo però alla sua fantasia: dovevano far sì che l'uovo sembrasse un testicolo grazie a un'alterazione delle proporzioni tra uovo e neonato.Inoltre, il testicolo di Aldrovandi, oltre a essere più piccolo, è anche molto più inclinato rispetto all'uovo di Licostene.
Dal Prodigiorum ac ostentorum chronicon (1557) di Licostene |
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Pascal Gratz analizzando l'immagine di Aldrovandi ha pensato non a un kir-kar-kur, ma a uno dei possibili aspetti assunti dal basilisco che poteva nascere dall'uovo di un gallo. Forse Pascal ha ragione: magari è questa l'idea inespressa di Licostene, che senza dubbio era mille volte più serio del nostro Ulisse e non azzardava dire che questo mostro era un novello basilisco. Se Licostene avesse saputo di questa futura trovata pornografica di Aldrovandi, senz'altro avrebbe scritto: 1522 - Bononiae monstrum natum est, Ulysses Aldrovandus cognominatum. Dal Prodigiorum ac ostentorum chronicon di Conrad Wolffhart pagina 497 1488 – Iuxta Lucernam nobile Helvetiorum oppidum in villa quadam cui Emmen nomen est, ex ovo galli monstrum (cuius effigiem ex Sebastiani Brandi collectaneis mutuavimus) procreatum est. 1488 - Nei pressi di Lucerna, celebre città degli Elvezi, in un paesino che si chiama Emmen, da un uovo di gallo è nato un mostro (la cui immagine ho tratto dalle raccolte di Sebastian Brand). Sebastian Brand (Strasburgo 1458-1520) fu poeta e giurista di tutto rispetto. Ci scommetto il testicolo di Aldrovandi Infatti sono assolutamente certo di una cosa: se Gessner avesse avuto tra le mani il Prodigiorum ac ostentorum chronicon (1557) di Licostene quando stava per mandare in stampa la sua Historia animalium III (1555) dove si parla del gallo e della gallina, si sarebbe limitato a citare il telegrafico testo di Wolffhart e a riprodurne fedelmente l'immagine. Come
mai? direte voi. Se però sarò io a essere preso in castagna avendovi raccontato panzane riguardo all'aldrovandogeno pseudo-kur di Licostene, allora dovrò rimetterci il testicolo di Aldrovandi - il che è il meno - oltre a qualcos'altro. E adesso ci scommetto quel qualcos'altro Tutta
la vicenda ha uno spiccato sapore machiavellico. una regola di sopravvivenza messa in risalto da Darwin e che giace agli antipodi del Vangelo. Ma essendo una regola incorruttibile e indispensabile, neppure l'uso e l'abuso quotidiano sono riusciti a logorarla. Figuriamoci se ci riuscirà la Chiesa! Aldrovandi ha tacciato Licostene di pornografia in modo alquanto subdolo e con un solo scopo: tenersi buoni i boia dell'Inquisizione che erano sempre pronti a titillarlo. Se vogliamo una dimostrazione che Ulisse proprio non ci teneva a rischiare di grosso e fare una volta per tutte la fine fatta poi da Galileo nel 1632, basta contare quante parole hanno dovuto comporre i tipografi per disquisire sulle implicazioni morali del gallo, quello che fa chicchirichì. Gessner, essendo protestante e serio, ne usa talmente poche che non varrebbe neppure la pena contarle. Ma siccome qualcuno ha insinuato che voglio proteggere Gessner, allora mi sono preso la rivincita e le ho contate 'ste benedette parole: sono 49, per un totale di 301 caratteri, spazi esclusi. Per Aldrovandi ne vale proprio la pena, visto che il sottoscritto si è imbarcato nell'affannosa avventura di tradurre il libro XIV del II volume di ornitologia, e ha quindi dovuto sorbirsele tutte quante, compresi i numerosi errori di citazione dei Padri della Chiesa. Si tratta di ben 5.565 parole, per un totale di 33.882 caratteri, spazi esclusi, parole che prima di me l'indefesso amanuense elettronico Fernando Civardi ha dovuto digitare desumendole dal testo del 1600. Quindi, per decantare i risvolti moraleggianti del gallo, Aldrovandi ha speso nientemeno che 1/26 delle parole che costituiscono tutto il testo greco del Nuovo Testamento, formato da 146.144 parole e 717.529 caratteri, sempre spazi esclusi. Insomma: una palese leccata nei confronti dell'Inquisizione. Se non fosse bastato il nauseante panegirico sul gallo, tacciare di pornografia il povero Licostene poteva far accumulare ulteriori crediti a proprio vantaggio. Infatti Conrad Wolffhart con la Chiesa Cattolica non se la passava proprio bene. Nel 1555 gli strali dell'interminabile Concilio di Trento colpirono anche lui. E basta consultare l'Index Auctorum et librorum qui ab officio S. Rom. & universalis inquisitionis caveri ab omnibus & singulis in universa Christiana Republica mandantur (Romae, ex Officina Salviana, 1559) per trovare anche Conradus Lycost<h>enes nell'elenco degli Auctores quorum libri & scripta omnia prohibentur. Se l'Inquisizione avesse avuto dei dubbi dottrinali nei confronti di Ulisse, questa fantasmagorica denuncia di pornografia perpetrata da Licostene faceva sì che il Bolognese si allineasse con le decisioni del Concilio sul contenuto di tutti gli scritti dell'Alsaziano. Mors tua vita mea! |
Finis - Basta - Stop - The end - Ende
Capreolus
polyceros
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Stemma reale di Sua Maestà Elisabetta II
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Il
supporto di destra dello stemma è un leone coronato che simboleggia
l'Inghilterra,
quello di sinistra è un unicorno che simboleggia la Scozia.
Secondo la leggenda un unicorno libero
era considerato un animale particolarmente pericoloso,
per cui l'unicorno araldico britannico è stato incatenato.
Elisabetta
II - Elizabeth Alexandra Mary
Londra, 21 aprile 1926
regina del Regno Unito dal 6 febbraio 1952
alla morte del padre Giorgio VI
Unicorno della pittrice Morena