Ulisse Aldrovandi
Ornithologiae tomus alter - 1600
Liber
Decimusquartus
qui
est
de Pulveratricibus Domesticis
Libro
XIV
che tratta
delle domestiche amanti della polvere
trascrizione di Fernando Civardi - traduzione di Elio Corti - revisione di Roberto Ricciardi
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Die
iam decimo[1]
pullus totus perspicuus est,
et membra omnia patent. Caput grandius toto corpore est. Oculi capite
grandiores haerent: qui fabis maiores per id tempus eminent nigri,
nondum cum pupilla. Quibus si cutem detrahas, nihil solidi videris, sed
humorem candidum rigidumque admodum refulgentem ad lucem, nec quicquam
aliud, ita oculi, et caput. Iam vero, et viscera eo tempore patent, et
alvi, intestinorumque natura perspicua est. Venae etiam illae a corde
prospicientes iam sese iuxta umbilicum constituunt. Ab ipso autem
umbilico vena oritur duplex: altera tendens ad membranam, ambientem eam,
qua pullus operitur, et eam, quae vitellum, humoremque interiectum
continet[2].
Dum enim pullus paulatim increscit, vitellus seorsum in duas partes
secatur, quarum altera locum tenet superiorem, altera inferiorem: et
medius humor candidus continetur. Nec partem inferiorem a vitello liquor
deserit albus, qualis ante habebatur. Decimo die albumen exiguum iam, et
lentum, crassum, pallidulum novissime inest. Sunt enim locata quaeque
hoc ordine. Prima, postremaque ad testam ovi membrana posita est, non
testae ipsius nativa, sed altera illi subiecta. Liquor in ea
<candidus est>. Deinde
pullus continetur obvolutus membrana, ne in humore maneat. Mox pullo
vitellus subiacet, in quem alteram ex venis prorepere dictum est, cum
altera albumen ambiens petat. Cuncta autem ambit membrana cum humore
specie saniei. Tum vero membrana alia circa ipsum foetum, ut dictum est,
ducitur arcens humorem: sub qua vitellus alia obvolutus membrana, in
quem {umbelicus} <umbilicus> a corde, ac vena maiore oriens pertinet,
atque ita efficitur, ne foetus alterutro humore attingatur. |
«Ormai
al decimo giorno il pulcino è tutto quanto visibile e sono visibili
tutte le parti del corpo. Il capo è più grande di tutto il resto del
corpo. Gli occhi continuano a essere più grandi del resto della testa:
più grandi rispetto alle fave, in questo periodo sono prominenti e di
colore nero, non ancora forniti di pupilla. Se ne asporti il
rivestimento, non scorgerai nulla di solido, bensì un liquido
bianchissimo e consistente assai risplendente alla luce, e null’altro,
così sono gli occhi e la testa. Ma in quel periodo sono già visibili
anche i visceri, e la conformazione dello stomaco e delle anse
intestinali è riconoscibile. Anche quelle vene che si diramano dal
cuore ormai si dispongono vicino al cordone ombelicale. E dallo stesso
cordone ombelicale si originano due vene: una delle due si dirige a
quella membrana – allantoide - che avvolge quella con la quale è
avvolto il pulcino – amnios, e che avvolge quella che contiene il
tuorlo e il liquido frapposto. Infatti, mentre il pulcino va
gradualmente accrescendosi, il tuorlo si suddivide distintamente in due
parti, una delle quali occupa lo spazio superiore, l’altra quello
inferiore: e in mezzo è contenuto un liquido bianchissimo. E l’albume
non viene a mancare nella parte inferiore rispetto al tuorlo, così come
era in precedenza. Al decimo giorno l’albume è ormai scarso e
appiccicoso, denso, e infine tendente all’opaco. Ogni cosa si trova
disposta in questo ordine. Addossate al guscio dell’uovo si trovano
una prima e una seconda membrana che non è quella appartenente al
guscio, ma l’altra che è sottostante alla prima. In essa si trova del
liquido bianchissimo. Quindi è contenuto il pulcino avvolto da una membrana affinché
non rimanga nel fluido. Quindi al disotto del pulcino si trova il tuorlo
verso il quale si è detto dirigersi una delle due vene, mentre
l’altra si dirige verso l’albume circostante. Tutte queste cose le
avvolge una membrana con un liquido dall’aspetto viscoso.
Quindi, come si è detto, c’è una seconda membrana disposta intorno
allo stesso feto che lo protegge dal liquido: al di sotto di questa
avvolto dall’altra membrana si trova il tuorlo verso il quale si
dirige il cordone ombelicale che nasce dal cuore e dalla vena maggiore,
e ne consegue che il feto non viene toccato da nessuno dei due fluidi. |
Vicesimo
die iam pullus, si quis
putamine secto solicitet, movet sese, pipitque aliquantulum, et iam ab
eo die plumescit, quoties ultra vicesimum exclusio proferatur. Ita
positus est, ut caput supra crus dextrum admotum ilibus, alam supra
caput positam habeat. Quin etiam membrana, quae pro secundis habetur,
post ultimam testae membranam, ad quam alter umbilicus pertendit,
evidens per id tempus est, pullusque in eadem iam totus locatur. Et
altera quoque membrana, quae et ipsa vicem secundarum praestat,
vitellumque ambit, ad quem alter umbilicus procedit, latius patet.
Oritur umbilicus uterque a corde, et vena maiore, ut dictum est. Fit
autem per id tempus, ut umbilicus alter, qui in secundas exteriores
fertur, compresso iam animante absolvatur: alter, qui adit vitellum, ad
pulli tenue intestinum annectatur. Iam et pullum ipsum multum humoris
lutei subit: atque in eius alvo faecis aliquid subsidit luteum.
Excrementum etiam album eodem tempore pullus emittit, et in alvo quiddam
album consistit. Demum vitellus paulatim absumitur totus membrorum
haustu, ita ut si pullo decimo die post excluso rescindas alvum,
nonnihil adhuc vitelli comperias. |
Al
ventesimo giorno ormai il pulcino, se uno lo sollecita dopo aver rotto
il guscio, si muove e pigola un pochino, e già a partire da tale giorno
inizia a ricoprirsi di piumino tutte le volte che la schiusa si protrae
al di là del ventesimo giorno. È posizionato in modo tale da avere la
testa sopra la zampa destra che è accostata al fianco e l’ala che è
disposta sopra alla testa. In questa fase è ben visibile anche la
membrana, considerata come placenta, che si trova dopo la membrana più
interna del guscio, alla quale si dirige uno dei due cordoni ombelicali,
e il pulcino si trova ormai tutto quanto al suo interno. E anche
l’altra membrana, anch’essa con funzioni di placenta e che circonda
il tuorlo, verso la quale si dirige l’altro cordone ombelicale, è più
ampiamente visibile. Ambedue i cordoni prendono origine dal cuore e
dalla vena maggiore, come si è detto. A questo punto accade che quel
cordone ombelicale che si porta alla placenta più esterna si stacca
dall’essere vivente che ormai sta nello stretto: l’altro, che va
verso il tuorlo, rimane attaccato all’intestino tenue del pulcino. Ora
parecchio tuorlo penetra nel pulcino stesso: e nel suo intestino rimane
un qualche residuo giallo. Nello stesso periodo il pulcino emette anche
una secrezione bianca e nell’intestino è presente un qualcosa di
bianco. Infine tutto il tuorlo viene gradualmente consumato in quanto
viene utilizzato dalle varie parti del corpo, tant’è che se tu
tagliassi l’intestino dieci giorni dopo che il pulcino è nato,
troveresti ancora qualche traccia di tuorlo. |
Umbilico
vero absolvitur pullus, ne<c> quicquam praeterea haurit. Totus
enim humor, qui in medio continebatur, absumptus iam est. Tempore autem
supra dicto pullus dormit quidem, sed non perpetuo, quippe qui excitetur
interdum, et movens se respiciat, atque pipiat. Cor etiam eius cum
umbilico, ut spirantis reflat, et palpitat. Sed avium ortus ad hunc
modum ex ovis agitur. Huc usque ille. |
Il
pulcino si stacca dal cordone ombelicale e non riceve più nulla.
Infatti tutto il liquido che era contenuto nell’uovo è già stato
assorbito. Nel suddetto periodo il pulcino sì che dorme, ma non in
continuazione, dal momento che ogni tanto si sveglia e muovendosi dà
un’occhiata intorno e si mette a pigolare. E il suo cuore insieme al
cordone ombelicale si solleva come in un soggetto che respira, e
palpita. Orbene la nascita degli uccelli dalle uova si svolge in questo
modo.» Fin qui Aristotele. |
Quae
quidem Plinius male
intellixisse videri potest, dum sanguineam illam guttam, quam cor esse
dixit Aristoteles, et in albumine consistere, medio vitelli inesse
scribat: Contradicit autem in eo non Aristoteli tantum[3]
ac quotidianae experientiae, sed sibi ipsi, dum animal ex albumine
corporari dicat, principium vero vitae, nempe cor, in vitello inesse
sibi persuadeat: scribit vero in hunc modum[4]:
Omnibus ovis medio vitelli parva
inest velut sanguinea gutta, quod esse cor avium existimant, primum in
omni corpore id gigni opinantes: in ovo certe gutta salit, palpitatque.
Ipsum animal ex albo liquore ovi corporatur. Cibus eius in luteo est.
Omnibus intus caput maius toto corpore: oculi compressi capite maiores.
Increscente pullo candor in medium vertitur, luteum circumfunditur.
Vicesimo die, si moveatur ovum, iam viventis intra putamen vox auditur.
Ab eodem tempore plumescit, ita positus, ut caput supra dextrum pedem
habeat, dexteram vero alam supra caput. Vitellus paulatim deficit.
Hactenus Plinius Aristoteli in plurimis consentiens. |
Ci
si può rendere conto che Plinio
ha frainteso queste cose, dal momento che quella goccia di sangue, che
Aristotele disse essere il cuore e trovarsi nell’albume, egli scrive
trovarsi nel bel mezzo del tuorlo. A tale proposito contraddice non solo
Aristotele e l’esperienza quotidiana, ma se stesso, dal momento che
dice che un essere vivente prende corpo dall’albume, mentre è
convinto che il principio della vita, appunto il cuore, si trova nel
tuorlo: infatti scrive così: Al centro del tuorlo di ogni
uovo si trova come una piccola goccia di sangue che si crede sia il
cuore degli uccelli, in quanto si ritiene che questo venga generato per
primo in qualunque organismo: nell’uovo sicuramente quella goccia si
solleva e palpita. L’animale stesso prende corpo dal liquido bianco
dell’uovo. Il suo alimento si trova nel tuorlo. All’interno
dell’uovo tutti i pulcini hanno la testa che è più grande
dell’intero corpo: gli occhi chiusi sono più grandi della testa. Man
mano che il pulcino cresce il bianco passa al centro e il giallo si
dispone all’intorno. Al ventesimo giorno, se l’uovo viene scosso, già
si sente dentro al guscio la voce dell’essere vivente. A partire dallo
stesso momento comincia a mettere il piumino, ed è disposto in modo
tale da avere la testa sopra alla zampa destra e l’ala destra sopra
alla testa. Il tuorlo diminuisce gradualmente. Fin qui Plinio,
concordando con Aristotele in moltissimi punti. |
Contra
Galenus[5]
id quod in ovo primum apparet, caput pulli esse existimat. Si igitur
pueri generatio in utero eodem modo sese habeat, ut in ovo, quod
doctissimis verbis docere Hippocratem medicorum {coriphaeum}
<coryphaeum> supra ostendimus, et ex sanguinea illa gutta cor
generetur, quod ex palpitatione, quae solius cordis passio est,
Aristoteles, Pliniusque probant, et ego meis oculis vidi, non video,
quomodo Galeni doctrina defendi queat, dum iecur primum nasci putat.
Quominus enim huius partes agam, mihi obstat propria observatio. Ut enim
trivialis huius controversiae inter medicos, ac philosophos veritatem
indagarem, ex ovis duobus, et viginti, quae Gallina incubabat[6],
quotidie unum cum maxima diligentia, ac curiositate secui, et
Aristotelis doctrinam verissimam esse reperi: sed quia istaec observatio,
praeterquam quod scitu dignissima est, et ad praeteritorum explicationem
apprime idonea, et [217] voluptatem in se non mediocrem habeat, placuit
eam hoc loco, quo brevius fieri possit, inserere. |
Al
contrario Galeno
ritiene che la prima cosa ad apparire nell’uovo è la testa del
pulcino. Se pertanto la generazione di un bambino nell’utero si svolge
allo stesso modo che nell’uovo, cosa che abbiamo mostrato essere
insegnata con parole dottissime da Ippocrate
corifeo dei medici, e che da quella goccia di sangue si genera il cuore
in quanto Aristotele e Plinio lo dimostrano dal fatto che essa palpita,
cosa che è caratteristica del solo cuore e che io ho visto coi miei
occhi, non vedo come si possa voler difendere la dottrina di Galeno dal
momento che lui ritiene che il primo a nascere sia il fegato. È infatti
la mia stessa osservazione che mi impedisce di tenergli la parte. Al
fine di indagare la verità di questa dozzinale controversia tra medici
e filosofi, quotidianamente ho dissezionato con la massima diligenza e
curiosità un uovo delle 22 che una gallina stava incubando, e trovai
che l’insegnamento di Aristotele corrisponde perfettamente al vero: ma
poiché siffatta mia osservazione, oltre al fatto di essere oltremodo
degna di essere conosciuta e in sommo grado idonea a chiarire le
osservazioni del passato, contiene in sé non poco diletto, ho creduto
giusto inserirla a questo punto nel modo più sintetico possibile. |
[1] Aristotele, Historia animalium VI,3, 561a 26-562a 21: Giunto al decimo giorno il pulcino è ormai tutto quanto visibile in ogni sua parte. Esso ha ancora la testa più grande del resto del corpo, e gli occhi più grandi della testa; e tuttora privi della vista. In questo periodo gli occhi sono prominenti, più grandi di una fava e neri; se si asporta la pelle, vi si trova all’interno un liquido bianco e freddo, assai risplendente in piena luce, ma nulla di solido. Tale è dunque la situazione degli occhi e della testa. In questa fase anche i visceri sono ormai evidenti, sia la regione dello stomaco sia l’insieme degli intestini, e le vene che si vedono diramarsi dal cuore giungono ormai all’altezza dell’ombelico. Dal cordone ombelicale una vena si estende verso la membrana che avvolge il giallo (che dal canto suo in questo momento è fluido e più abbondante di quanto comporti la sua natura), e un’altra verso la membrana che racchiude sia la membrana in cui è contenuto il pulcino, sia quella del giallo, sia il fluido che si trova fra queste. Via via che il pulcino cresce, poco per volta una parte del giallo si sposta in alto, un’altra in basso, e in mezzo resta il fluido bianco; il bianco dell’uovo si trova sotto la parte inferiore del giallo, come lo era fin dall’inizio. Al decimo giorno il bianco si porta all’estremità, ed è ormai scarso, viscoso, denso e giallastro. Ogni parte si trova così disposta nel modo seguente: in primo luogo, all’estrema periferia presso il guscio c’è la membrana dell’uovo, non quella del guscio ma quella al di sotto di essa. In questa è contenuto un fluido bianco, poi il pulcino, e attorno a esso una membrana che lo isola, affinché non sia immerso nel fluido; sotto il pulcino è sito il giallo, a cui porta una delle vene menzionate, mentre l’altra va al bianco circostante. Il tutto è poi avvolto da una membrana che contiene un liquido sieroso. Poi c’è un’altra membrana, che già racchiude lo stesso embrione, come s’è detto, isolandolo dal fluido. Sotto di esso si trova il giallo avvolto in una diversa membrana (quella a cui porta il cordone ombelicale che si diparte dal cuore e dalla grande vena), in modo che l’embrione non sia immerso in nessuno dei due fluidi. Verso il ventesimo giorno, il pulcino ormai pigola muovendosi all’interno, se lo si tocca dopo aver spezzato il guscio, ed è già coperto di peluria, quando, dopo i venti giorni, ha luogo lo schiudimento dell’uovo. La testa è ripiegata sopra la gamba destra all’altezza del fianco, e l’ala è posta sopra la testa. In questa fase è ben visibile la membrana simile al corion, cioè quella che viene dopo la membrana più esterna del guscio e a cui porta uno dei [562a] cordoni ombelicali (e il pulcino si trova allora avvolto tutt’intero in essa), come pure l’altra membrana, anch’essa simile al corion, che sta attorno al giallo e a cui va il secondo cordone; entrambi i cordoni erano connessi al cuore e alla grande vena. A questo punto il cordone ombelicale che raggiunge il corion esterno cade e si stacca dall’animale, mentre quello che porta al giallo è attaccato all’intestino tenue del pulcino: all’interno di questo si trova ormai molto giallo, che si deposita nel suo stomaco. In questa fase il pulcino emette inoltre residuo in direzione del corion esterno, e ne ha nello stomaco: il residuo emesso all’esterno è bianco, e pure all’interno v’è qualcosa di bianco. Da ultimo il giallo, che è andato sempre diminuendo, finisce per essere del tutto consumato e assorbito nel pulcino, tanto che, se si seziona il pulcino dopo ben dieci giorni dall’uscita dall’uovo, si trova ancora un poco di giallo rimasto attaccato all’intestino; però è separato dal cordone ombelicale e non ve n’è più nel tratto intermedio, perché è stato interamente consumato. Nel periodo di cui s’è detto prima, il pulcino dorme, ma se viene scosso si sveglia, guarda e pigola; e il cuore pulsa insieme con il cordone ombelicale come se respirasse. Lo sviluppo degli uccelli a partire dall’uovo presenta dunque questi caratteri. (traduzione di Mario Vegetti)
[2] Qui Aldrovandi decurta il testo di Aristotele e fa scomparire un vaso sanguigno, quello diretto al sacco del tuorlo. Ecco infatti come si esprime Aristotele in Historia animalium VI,3: Dal cordone ombelicale una vena si estende verso la membrana che avvolge il giallo (che dal canto suo in questo momento è fluido e più abbondante di quanto comporti la sua natura), e un’altra verso la membrana che racchiude sia la membrana in cui è contenuto il pulcino, sia quella del giallo, sia il fluido che si trova fra queste. (traduzione di Mario Vegetti) - Ma il colpevole dell'amputazione del testo è Teodoro Gaza alla cui traduzione (1498) corrisponde perfettamente il testo di Gessner in Historia animalium III (1555) pag 417, debitamente ricopiato da Aldrovandi.
[3] Historia animalium VI,3, 561a 6 e sgg.: Nelle galline, dunque, un primo segno compare dopo tre giorni e tre notti; negli uccelli più grandi di queste occorre più tempo, in quelli più piccoli meno. In questo periodo il giallo viene risalendo verso l’estremità appuntita, là dove si trova il principio dell’uovo e dove esso si schiude, e nel bianco appare il cuore, delle dimensioni di una chiazza sanguigna. (traduzione di Mario Vegetti)
[4] Naturalis historia X: [148] Omnibus ovis medio vitelli parva inest velut sanguinea gutta, quod esse cor avium existimant, primum in omni corpore id gigni opinantes: in ovo certe gutta ea salit palpitatque. Ipsum animal ex albo liquore ovi corporatur. Cibus eius in luteo est. Omnibus intus caput maius toto corpore, oculi conpressi capite maiores. Increscente pullo candor in medium vertitur, luteum circumfunditur. [149] Vicensimo die si moveatur ovum, iam viventis intra putamen vox auditur. Ab eodem tempore plumescit, ita positus, ut caput supra dextrum pedem habeat, dextram vero alam supra caput. Vitellus paulatim deficit. Aves omnes in pedes nascuntur, contra quam reliqua animalia. - Aldrovandi, contrariamente a Gessner, non cita quest'ultima frase, forse per non impegolarsi in una discussione con Plinio, una discussione che probabilmente non poteva sostenere, in quanto dubito molto assai che avesse mai osservato un uccello mentre nasce, contrariamente al mio amanuense elettronico – Fernando Civardi – che si beava della nascita dei suoi piccoli canarini. Io non ho mai visto nascere un uccello che non sia un pulcino di gallina, ma posso assicurare che il pulcino becca il guscio e ne fuoriesce con la testa e non con le zampe. Quando con l'approssimarsi della notte faccio l'ostetrico per evitare un aborto notturno, al pulcino lascio sempre il guscio che avvolge la metà inferiore del corpo per evitare, oltretutto, mortali emorragie. L'affermazione di Plinio della nascita di podice degli uccelli mi sembra alquanto strampalata. E Fernando mi dà ragione. – Conrad Gessner Historia animalium III (1555) pag. 417: Ab eodem tempore plumescit, ita positus: ut caput supra dextrum pedem habeat, dexteram vero alam supra caput. Vitellus paulatim deficit. Aves omnes in pedes nascuntur, contra quam reliqua animalia, Plin.
[5] De anatomia vivorum. (Aldrovandi) – Il De anatomia vivorum è la traduzione latina da un originale arabo, ma si tratta di un’opera spuria.
[6] Doveva trattarsi di una gallina di razza gigante che covava uova particolarmente piccole deposte da galline nane, e anche in questo caso 22 uova sarebbero troppe per una sola gallina gigante. A mio avviso Aldrovandi non si cura assolutamente di dire il vero quando espone dati scientifici né si prende la briga di rendere il dovuto onore a uno dei più importanti collaboratori in questo suo studio di embriologia: l'olandese Volcher Coiter. La conferma alla mia prima asserzione – così come per la seconda – è merito di Sandra Tugnoli Pattaro grazie al suo "Osservazione di cose straordinarie – Il De observatione foetus in ovis (1564) di Ulisse Aldrovandi" (Bologna, 2000). A pagina 21 cita uno stralcio del De natura pueri di Ippocrate: "Prendete venti uova o più, e mettetele a covare sotto due galline o più; [...]", che a pagina 52 della traduzione dal greco di Janus Cornarius del 1546 suona così: "Etenim si quis ova viginti aut plura, quo pulli ex ipsis excudantur, gallinis duabus aut pluribus subijcere velit, [...]". Da ciò possiamo dedurre che ai tempi di Ippocrate (460 - ca. 370 aC) le galline riuscivano a covare un numero di uova pari a quello delle loro colleghe del XXI secolo. È biologicamente scontato che nel 1564 le galline di Aldrovandi avevano le stesse doti di quelle di Ippocrate e delle nostre. Ciò implica una mancanza di precisione scientifica da parte di Aldrovandi, contrariamente a quanto dimostrato da Ippocrate, nonché da Marcello Malpighi (1628-1694) quando adduce la fonte materiale dei suoi due lavori sull'embrione di pollo (1672). Per il primo esperimento Malpighi afferma: "Descrivo ora i cambiamenti da me osservati in uova covate da una tacchina o da una gallina nostrana nel pieno dell'estate." Quindi Malpighi aveva a disposizione una gallina e una tacchina che avevano iniziato a covare contemporaneamente. Per il secondo esperimento: "In un uovo covato da una tacchina nello scorso mese di luglio[…]". E anche in questo caso non abbiamo nulla da ridire, in quanto le tacchine accolgono sotto di sé comodamente 25-30 uova abituali di gallina. E se Aldrovandi è così superficiale riguardo a un dato alla portata di tutti, cosa racconterà nei suoi studi di embriologia che alla portata di tutti non sono? Studi che appunto non condusse da solo, anche se da buon egocentrista afferma quotidie unum cum maxima diligentia, ac curiositate secui. Infatti Sandra Tugnoli scrive a pagina 10: "Invero, come risulta dai documenti, la questione si presenta nei termini seguenti. Sebbene nell'inedito e nell'Ornithologia non menzioni collaboratori, Aldrovandi non effettuò l'indagine in oggetto isolatamente, bensì insieme con un'équipe di studiosi, entro la quale verosimilmente il ruolo di anatomista venne svolto precipuamente da Volcher Coiter, ma promotore dell'indagine fu Aldrovandi, suo maestro." – Una massima dice: Unicuique suum. In questo modo meriti e demeriti vanno a chi di dovere. Credo che Aldrovandi tendesse a mettere in pratica un'altra massima di vita: Quel che è mio è mio, e quel che è tuo è mio. Insomma: con le 22 uova covate da una sola gallina il nostro Ulisse diventa per l'ennesima volta inaffidabile. Egli progettò il trattato di ornitologia il 22 novembre 1587, il secondo volume uscì dalla topografia nel 1600, mentre le sue osservazioni sull’embrione di pollo risalivano al 1564, quando potrebbe non aver annotato e quindi dimenticato il numero di chiocce usate. Se nel 1600 voleva essere veramente scientifico, doveva solo scrivere: “...che forse una sola gallina stava covando.”