Ulisse Aldrovandi
Ornithologiae tomus alter - 1600
Liber
Decimusquartus
qui
est
de Pulveratricibus Domesticis
Libro
XIV
che tratta
delle domestiche amanti della polvere
trascrizione di Fernando Civardi - traduzione di Elio Corti - revisione di Roberto Ricciardi
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Secundo
itaque ab incubatu die, luteum observavi deferri ad cacumen, aliquo
pacto alteratum, et in medio quasi subalbidum: cuius rei in primis
Aristoteles non meminit. In aliqua vero parte albuminis, quae pariter
erat alterata, semen Galli apparebat, quod tres illas videbatur obtinere
qualitates, quales iam ante diximus. |
-
Embrione di pollo
- Al secondo giorno
dall’inizio dell’incubazione osservai che il tuorlo si spostava
verso il polo acuto, presentandosi in qualche modo alterato e al centro
quasi bianchiccio: cosa di cui innanzitutto Aristotele
non fece menzione. In una parte dell’albume, che ugualmente era
alterata, appariva il seme del gallo, in quanto mostrava di possedere
quelle tre caratteristiche di cui abbiamo già detto prima. |
Tertia
die ablato putamine in parte
ovi obtusa, vidi albumen, et reliquam substantiae ovi partem in
superiori putamine separatam. Recesserat autem albumen aliquantulum a
putamine, quemadmodum fieri videmus in ovis omnibus, quae minus recentia
sunt. Hinc Plinius[1]
ova schista appellat tota lutea, quae triduo incubatu tolluntur. Vocat
autem schista, teste Hermolao, quia dividantur, et discedat vitellus a
candido. |
Il
terzo giorno, dopo aver rimosso il guscio sul lato ottuso dell’uovo,
vidi l’albume e la restante parte della sostanza dell’uovo dislocata
verso la parte superiore del guscio. Infatti l’albume si era un
pochino distanziato dal guscio come vediamo accadere in tutte quelle
uova che sono meno recenti. Da ciò Plinio
denomina uova schista – divise - quelle tutte gialle che
vengono rimosse al terzo giorno d’incubazione. Stando a Ermolao
Barbaro,
le chiama schista – divise - perché si dividono e si separa
il vitello dal bianco. |
Videbam
item manifeste admodum membranas illas tres, quas
ovis inesse ex Alberto dixi, et ex Aristotele etiam colligitur: neque
verum est, quod secunda earum sit recenter genita. Si enim illud ita
esset, minime in ovis nondum incubatis conspiceretur. Inest autem et his,
ut etiam vidi, sed albior in incubatis caloris causa. Eadem die vitellus
videbatur versus ovi partem acutam: atque hoc est, quod dicebat
Philosophus[2].
Effertur per id tempus luteus
humor ad cacumen, ubi est ovi principium, nam ibi est maior calor,
et vis spermatis. Apparebat etiam in albumine exiguum velut punctum
saliens, estque illud quod Philosophus cor statuit. Ex eo vero evidenter
admodum videbam enasci venae trunculum, et ab hoc duos alios ramulos
proficisci, qui meatus illi fuerint sanguiferi, quos ad utranque tunicam
ambientem vitellum, et albumen protendi ille dixerat. Sum autem omnino
eius sententiae, ut eiusmodi vias credam esse venosas, ac pulsatiles,
sanguinemque in iis contineri puriorem, principalium membrorum
generationi, iecoris nempe, et pulmonis, similiumque idoneum: adeo ut
recte dixerit Philosophus[3],
tertia die signa apparere, an ova
foecunda sint futura: licet eiusmodi observatio in maiorum avium,
utpote Cycnorum, Anserum, ac id genus aliarum ovis locum minime habeat.
In eiusmodi enim, ut idem Philosophus testis est, paulo tardius ea signa
apparent. |
E
così pure potevo vedere molto chiaramente quelle tre membrane che si
trovano dentro le uova come ho detto citando Alberto
e come si può cogliere anche da Aristotele: e non è vero che la
seconda sia generata di recente. Se infatti così fosse, non la si
potrebbe assolutamente osservare in uova non ancora incubate.
D’altronde in queste uova è presente, come già vidi, ma è più
bianca in quelle incubate a causa del calore. Nello stesso giorno il
vitello si trovava verso il polo acuto dell’uovo: e ciò è quanto
asseriva il Filosofo. In questo periodo l’umore giallo si porta
verso il polo acuto dove si trova il principio dell’uovo, infatti
qui c’è maggior calore e forza dello sperma. Nel contesto
dell’albume era anche visibile come un piccolo punto pulsante, ed è
ciò che il Filosofo stabilì essere il cuore. In verità, da esso, in
modo assai evidente, potevo veder spuntare il piccolo tronco della vena,
e da questo dipartirsi due altri piccoli rami, che saranno stati quei
dotti sanguigni che egli aveva detto dirigersi alle due tuniche che
avvolgono il tuorlo e l’albume. Infatti concordo pienamente con le sue
affermazioni dal momento che credo che tali dotti sono venosi, e
pulsanti, e che il sangue in essi contenuto è più puro, adatto alla
generazione degli organi principali, in particolare del fegato e dei
polmoni e di altre strutture simili: tant’è che il Filosofo disse
correttamente che al terzo giorno appaiono i segni se le uova saranno
feconde: sebbene non sia minimamente possibile effettuare una
siffatta osservazione in uova di uccelli di stazza maggiore come cigni,
oche e altri soggetti di questo tipo. Infatti in tali uccelli, come
anche il Filosofo è testimone, tali segni appaiono un po’ più
tardivamente. |
Quarta
die bina videbantur puncta, et
quodlibet eorum sese movebat: quae haud dubio cor, et iecur fuerint,
quae viscera in ovis triduo incubatis idem dixit. Apparebant item duo
alia puncta nigricantia, nempe oculi: et iam luteum manifeste ad acutam
ovi partem, ubi maior calor est, et spermatis vis sese receperat.
Trahitur autem a spermate illud pro carnis generatione, ut in omnibus
animantibus fit, quae sibi simile generant. |
Il
quarto giorno si potevano scorgere due punti e ognuno di essi si
muoveva: senza dubbio erano il cuore e il fegato, visceri che egli disse
essere presenti nelle uova incubate da tre giorni. Erano parimenti
visibili due altri punti nerastri, precisamente gli occhi: e ormai il
tuorlo si era ritirato in modo evidente verso il polo acuto dove il
calore è maggiore come pure la forza dello sperma. Infatti esso viene
attratto dallo sperma per la generazione della carne, come accade in
tutti gli esseri viventi che generano un essere simile a se stessi. |
Quinta
die non amplius punctum illud quod cor esse diximus, extra videbatur moveri, sed obtegi, ac cooperiri, et duo illi meatus
venosi evidentiores conspiciebantur, alter vero maior altero: nec verum
est, quod Albertus scripsit, apparere in tunica illa, quae albumen
includit: nisi forte id de tertia tunica, seu secundina dixerit, cui
evidenter venae insunt, nam alioqui in illa nullius venae vestigium
inerat. Harum venarum insita vi reliqua albuminis portio quasi in
palearem colorem immutatur. Videbantur etiam ramuli ad locum tendere, in
quo caput formatur, eo scilicet puriorem materiam, a qua caput, ac in eo
cerebrum fiat, una cum virtute formatrice deferentes. Erat autem capitis
fabrica valde rudis adhuc ac informis: oculi vero conspectiores, atque
ervi quasi magnitudine. |
Il
quinto giorno, quel punto che abbiamo detto essere il cuore non sembrava
battere in modo maggiore, bensì che si nascondesse e venisse coperto, e
quei due dotti venosi apparivano più evidenti, in verità uno più
grande dell’altro: e non è vero quello che scrisse Alberto, che cioè
essi compaiono in quella tunica che avvolge l’albume: a meno che forse
lui volesse alludere alla terza tunica - allantoide, o del secondamento,
nella quale si trovano delle vene chiaramente visibili, del resto,
infatti, in quella avvolgente l’albume non c’era nessuna traccia di
vena. Per l’insita forza di queste vene la restante parte
dell’albume si trasforma quasi in color paglia. Si scorgevano anche
dei ramuscoli tendere verso quel punto dove si forma la testa,
recandovi, insieme alla forza formatrice, un materiale più puro, dal
quale si forma il capo e, al suo interno, il cervello. L’abbozzo del
capo era ancora molto rudimentale e informe: gli occhi, a dire il vero,
erano maggiormente visibili e quasi della grandezza di una lenticchia. |
Sequenti
dein die ablato superiori
partis obtusae putamine, eiectisque duabus prioribus tunicis, tertia
evidenter cernebatur venulis referta: de hac locutum fuisse Philosophum[4]
arbitror cum inquit: Membrana
etiam fibris distincta sanguineis: atque haec meo iudicio secundina
dici potest. Dein inter hanc, et quartam membranam, quae foetum
involvebat, humor erat aquosus: quem autumo serosam albuminis partem
esse, quae post natum foetum superest, tanquam ad generationem inepta.
Eam vero membranam innuere videtur Aristoteles a meatibus illis venarum
ortum ducere, quatenus scilicet vi fibrarum a venoso illo meatu ortarum
in palearem, vel sanguineum colorem immutatur. Cernebatur deinde totus
foetus moveri, et oculi iam maiores erant, quam in praeterita die: at
partes inferiores, thorax nempe, venter, et pedes, erant valde
imperfectae, nec discerni adhuc poterant, et rostrum erat muccosum: ut
recte dixerit Aristoteles[5]:
pars inferior corporis nullo
membro, a superiori distingui inter initia cernitur. Caput denique
tota inferiori corporis parte maius erat. |
Quindi
il giorno seguente – il sesto - dopo aver asportato la parte superiore
del guscio del polo ottuso, e dopo aver rimosso le prime due tuniche, si
poteva distinguere in modo evidente la terza tutta tappezzata di venuzze:
credo che il Filosofo abbia parlato di questa quando disse: Anche una
membrana costellata da fibre sanguigne, e questa, a mio parere, può
essere chiamata del secondamento. Quindi, tra questa e la quarta
membrana che avvolgeva il feto, si trovava un liquido acquoso: che penso
sia la parte sierosa dell’albume che rimane dopo la nascita del feto,
in quanto non adatta alla generazione. Invero sembra che Aristotele
indichi che tale membrana prende origine da quei dotti venosi, dato che
per la forza delle fibre nate da quel dotto venoso si trasforma in color
paglia o sanguigno. Poi, si vedeva tutto il feto muoversi, e gli occhi
erano ormai più grandi rispetto al giorno precedente: ma le parti
inferiori, e precisamente il torace, l’addome e le zampe erano
parecchio imperfetti, né si potevano ancora distinguere, e il becco
aveva un aspetto mucoso: come giustamente disse Aristotele: nelle
fasi iniziali attraverso nessun organo si riesce a distinguere la parte
inferiore del corpo da quella superiore. Infine, il capo era più
grande di tutta la parte inferiore del corpo. |
Septima
die aperta quarta tunica
foetum conspeximus parvum adhuc, ac indistinctum cum oculis tamen magnis,
triplicique in illis humore, crystallino nempe, vitreo, et aqueo. Aperto
capite iam cerebrum aperte cernebatur, minus vero reliquae partes. Unde
dicebat Philosophus[6].
Paulo post (intelligit meo
iudicio diem quintam usque ad nonam inclusive)
et corpus iam pulli discernitur, exiguum admodum primum, et candidum,
conspicuum capite, et maxime oculis inflatis, quibus ita permanet diu, {uti
nos conspeximus:} <uti
nos conspeximus:> et
sero, inquit, [218] decrescunt
oculi, et se ad ratam proportionem contrahunt; quod quidem
verissimum est: siquidem in quartadecima, aut quintadecima die
aliquantum resident diminuti propter caloris digestionem. |
Il
settimo giorno, dopo aver aperto la quarta tunica - amnios, abbiamo
visto il feto ancora piccolo e indistinto, tuttavia con gli occhi grandi
che contenevano un triplice umore, e precisamente il cristallino, il
vitreo e l’acqueo. Dopo aver aperto la testa si vedeva già
distintamente il cervello, le rimanenti parti in modo meno evidente. Per
cui il Filosofo diceva: Poco dopo (vuol dire, a mio giudizio, il
quinto giorno fino al nono incluso) si discerne già il corpo del
pulcino, dapprima molto piccolo, e candido, con la testa grossa, e con
gli occhi molto sporgenti coi quali rimane a lungo così, come ho
potuto osservare: solo tardivamente, egli dice, gli occhi
rimpiccioliscono e si restringono alla giusta dimensione; il che è
verissimo: infatti al 14° o al 15° giorno risultano abbastanza
diminuiti a causa della digestione da parte del calore. |
[1] Siccome incorreremo nel latino sitista di Plinio, premettiamo che l'aggettivo greco σιτιστός riferito agli animali significa ben nutrito, ingrassato; deriva dal verbo σιτίζω che significa nutrire. - La trasformazione di sitista in schista è dovuta a Ermolao Barbaro Castigationes Plinianae: ex libro vigesimonono ex capite iii: fiunt et tota lutea quae vocant sitista: Alii codices habent Sicista. Ipsum legendum fere arbitror Schista: quoniam ab incubatu exempta quasi dividantur et discedat vitellus a candido. Nam & luteum & candidum dicit Aristoteles de animalium generatione tertio, membranis inter sese distingu<u>ntur: & incubante ave concoquenteque animal ex alba parte ovi secernitur, augetur ex reliqua. – I nostri testi riportano abitualmente sitista, come risulta dal seguente brano della Naturalis historia XXIX, 45: Utilia sunt et cervicis doloribus cum anserino adipe, sedis etiam vitiis indurata igni, ut calore quoque prosint, et condylomatis cum rosaceo; item ambustis durata in aqua, mox in pruna putaminibus exustis, tum lutea ex rosaceo inlinuntur. Fiunt et tota lutea, quae vocant sitista, cum triduo incubita tolluntur. Stomachum dissolutum confirmant pulli ovorum cum gallae dimidio ita, ne ante II horas alius cibus sumatur. Dant et dysintericis pullos in ipso ovo decoctos admixta vini austeri hemina et pari modo olei polentaeque. - Nella Naturalis historia Plinio usa schistos per indicare un minerale in xxix,124, xxxiii,84 e in xxxvi,144,145 e 147. L’aggettivo schistos,-a,-on significa fissile, cioè che si può fendere, che si può dividere facilmente, derivato dal greco schízø = scindo, divido; viene usato da Plinio in xxx,74, in xxxi,79 e in xxxiii,88 riferito all’allume. Il sostantivo maschile schistos significa limonite, minerale ferroso che nella varietà pulverulenta, nota con il nome di ocra gialla, viene usata come pigmento colorante (terra di Siena). Ma Plinio usa l’aggettivo schistos per indicare anche una cipolla che, come lo scalogno - Allium ascalonicum -, possiede un bulbo composto da bulbilli aggregati i quali possono essere separati e quindi usati uno a uno per riprodurre la pianta, come accade per l’aglio comune o Allium sativum. Ecco il brano di Plinio in cui parla della cipolla di Ascalona e della cipolla schista in Naturalis historia xix: [101] Alium cepasque inter deos in iureiurando habet Aegyptus. Cepae genera apud Graecos Sarda, Samothracia, Alsidena, setania, schista, Ascalonia, ab oppido Iudaeae nominata. Omnibus etiam odor lacrimosus et praecipue Cypriis, minime Cnidiis. Omnibus corpus totum pingui tunicarum cartilagine. [102] E cunctis setania minima, excepta Tusculana, sed dulcis. Schista autem et Ascalonia condiuntur. Schistam hieme cum coma sua relincunt, vere folia detrahunt, et alia subnascuntur iisdem divisuris, unde et nomen. Hoc exemplo reliquis quoque generibus detrahi iubent, ut in capita crescant potius quam in semen. - Plinio usa schistos anche per indicare un modo di preparare il latte in xxviii,126: Medici speciem unam addidere lactis generibus, quod schiston appellavere. Id fit hoc modo: fictili novo fervet, caprinum maxime, ramisque ficulneis recentibus miscetur additis totidem cyathis mulsi, quot sint heminae lactis. Cum fervet, ne circumfundatur, praestat dyathus argenteus cum frigida aqua demissus ita, ne quid infundat. Ablatum deinde igni refrigeratione dividitur et discedit serum a lacte. - Insomma: com'era prevedibile, nessuna traccia in Naturalis historia delle uova schista citate da Aldrovandi in quanto furono ideate da Ermolao Barbaro. Anche Conrad Gessner riporta le uova schista come notizia dovuta a Plinio in Historia Animalium III (1555), pag. 420: Fiunt et tota lutea quae vocant schista, cum triduo incubata tolluntur, Plin. - Viene da pensare che anche Gessner abbia fatto affidamento sulla castigatio di Ermolao Barbaro.
[2] Historia animalium VI,3, 561a 9-12: In questo periodo il giallo viene risalendo verso l’estremità appuntita, là dove si trova il principio dell’uovo e dove esso si schiude, e nel bianco appare il cuore, delle dimensioni di una chiazza sanguigna. (traduzione di Mario Vegetti)
[3] Historia animalium VI,3, 561a 6 e sgg.: Nelle galline, dunque, un primo segno compare dopo tre giorni e tre notti; negli uccelli più grandi di queste occorre più tempo, in quelli più piccoli meno. (traduzione di Mario Vegetti)
[4] Historia animalium VI,3, 561a 15-16.: E una membrana provvista di fibre sanguigne racchiude ormai in questa fase il giallo, a partire dai condotti venosi. (traduzione di Mario Vegetti)
[5] Historia animalium VI,3, 561a 21-22: Nella zona inferiore del corpo non si distingue all’inizio chiaramente alcuna parte, se la si confronta con quella superiore. (traduzione di Mario Vegetti)
[6] Historia animalium VI,3, 561a 17-21: Poco tempo dopo incomincia a differenziarsi anche il corpo, all’inizio piccolissimo e bianco. Si distingue chiaramente la testa, e in essa gli occhi che sono molto prominenti; questo stato perdura a lungo, perché essi diventano piccoli e si contraggono molto tardi. (traduzione di Mario Vegetti)