Ulisse Aldrovandi

Ornithologiae tomus alter - 1600

Liber Decimusquartus
qui est 
de Pulveratricibus Domesticis

Libro XIV
che tratta delle domestiche amanti della polvere

trascrizione di Fernando Civardi - traduzione di Elio Corti - revisione di Roberto Ricciardi

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Sic enim et biceps nascetur serpens, [226] et animal omne, quod ovo excluditur: si tale evenerit, non mediocris erit admirationis, saepius enim monstra in prolificis animalibus, et multiparis, quam in minus foecundis, et {imperfectioribus} <in perfectioribus> animalibus nascuntur: in aliis vero facilitas generationis pr<a>evalet: unde in vilioribus animalibus facilius monstra {proveniunt} <prodeunt>, quam in nobilibus. Haec itaque omnia Porta[1], qui etiam docet[2], quomodo Gallus, vel capus in mortuae, vel educere pullos Gallinae nolentis locum succedat. Iubet autem illi ostendi pullos, et blande manibus dorsum pertractando praeberi cibum, ut manibus edere assuescat, et cicur fiat. Mox pectus deplumando urticis perfricari atque ita paucis interiectis horis adeo optime pullos recepturum promittit, et cibum eis exhibiturum, ut vix unquam mater Gallina tale fecerit. Verum ipsemet Aristoteles[3] Gallos nonnullos visos esse testatur, qui cum forte faemina interiisset, ipsi officio matris fungerentur, pullos ductando, fovendo, educando, ita ne de caetero, vel cucu<r>rire, vel coire appeterent. Et Aelianus[4] Galli laudes prosequens{;}<,> Matrice Gallina, <i>nquit, extincta, ipse incubat; et pullos ex ovis excludit, ac tum silentio utitur. Idem etiam testatur Plinius[5], Narrantur, inquiens, et mortua Gallina mariti earum visi succedentes invicem, et reliqua foetae more facientes, abstinentesque se a cantu. Quae cum ita sint, Gallos aliquando absque {homiuum} <hominum> opera, Gallinarum officio functos fuisse manifesto constat.

Infatti in questo modo nascerà anche il serpente a due teste e qualunque animale che nasce da un uovo: se una simile cosa si sarà verificata, essa non sarà degna di scarsa meraviglia, in quanto le creature mostruose nascono più spesso tra gli animali prolifici e multipari rispetto agli animali meno fecondi e più perfetti: nei primi infatti prevale la facilità con cui generano: per cui negli animali di rango inferiore nascono con maggior facilità dei mostri rispetto a quanto accade in quelli di rango superiore. E così tutte queste cose le riferisce Giambattista Della Porta, il quale ci informa anche di come un gallo o un cappone subentri a una gallina che è morta oppure che non vuole allevare i pulcini. Infatti egli si raccomanda che gli vengano mostrati i pulcini, e mentre delicatamente con le mani gli si tocca il dorso, di offrirgli del cibo, affinché si abitui a mangiare dalle mani e diventi mansueto. In seguito, spiumandogli il petto, di sfregarlo con ortiche e garantisce che così, dopo poche ore, accoglierà così bene i pulcini, e fornirà loro il cibo, che quasi mai una gallina madre si sarebbe comportata così. In verità lo stesso Aristotele è testimone del fatto che si sono visti alcuni galli i quali, se per caso era morta la femmina, essi stessi si assumevano il compito della madre guidando, riscaldando, allevando i pulcini, tant’è che non si curavano d’altro, né di cantare né di accoppiarsi. Ed Eliano, continuando le lodi del gallo, dice Quando muore una gallina che depone, lui stesso cova, e fa uscire i pulcini dalle uova, e allora se ne sta in silenzio. Anche Plinio riferisce la stessa cosa dicendo Si narra anche che dopo la morte di una gallina si sono visti i loro maschi darle il cambio e compiere come una puerpera le cose rimaste da fare e astenersi dal canto. Stando così le cose, risulta chiaramente che talvolta i galli, senza l’intervento degli esseri umani, si sono assunti il compito delle galline.

Quod si vero nec Gallina nec Gallus excubare ova velint, nondum desperandum est: nam praeterquam quod uterque immutari possit: possunt etiam in primis ab homine perfici, teste Plinio[6], qui Liviam Augustam ait ovum in sinu fovendo exclusisse, ut postea dicemus, et ante etiam diximus[7], indeque fortasse nuper inventum esse, ut ova in calido loco imposita paleis igne modico foverentur, homine versante pariter, ut stato tempore illinc erumperet foetus. Sed vetus Aristotelis praeceptum est, si aut tempus sit bene temperatum, aut locus in quo ova manent, tepidus, non avium tantum ova concoqui sine parentis incubitu, sed quadruped<i>um oviparorum etiam. Et alibi[8] ita scribit: Incubitu avium ova excludi naturae ratio est: non tamen ita solum ova aperiuntur, sed etiam sponte in terra, ut in Aegypto obruta fimo pullitiem procreant.

Ma se né la gallina né il gallo vogliono covare le uova, non bisogna ancora perdere la speranza: infatti, a parte il fatto che possono scambiarsi l’uno con l’altra, innanzitutto possono essere portate alla schiusa anche dall’essere umano, testimone Plinio, il quale dice che Livia Drusilla - o Giulia Augusta - fece schiudere un uovo scaldandolo tra le mammelle, come diremo successivamente e già abbiamo detto in precedenza, e che forse da ciò recentemente si è scoperto come le uova disposte sulla paglia in un luogo caldo vengono riscaldate con poco fuoco, mentre un uomo contemporaneamente le rigira, di modo che al momento stabilito ne fuoriesca il feto. Ma è un antico insegnamento di Aristotele che se le condizioni meteorologiche sono alquanto miti oppure se il luogo in cui si trovano le uova è tiepido, non solo le uova degli uccelli giungono a maturazione senza che vengano covate da chi le ha deposte, ma anche quelle dei quadrupedi ovipari. E in un punto scrive così: È una regola della natura che le uova degli uccelli si schiudano con la cova: tuttavia le uova si aprono non solo in questo modo, ma anche spontaneamente nella terra, come in Egitto dove danno luogo a una nidiata di pulcini dopo essere state coperte con letame.

Cuius rei Diodorus Siculus[9] etiam meminit his verbis: Quaedam suo studio adinventa sunt, ut qui (loquitur autem de Aegyptiis) aves, aut Anseres nutriunt, praeter earum, quae apud alios homines habentur procreandi nomina, ut in numerum dictu mirabilem avium evadant: non enim ova incubant aves, sed ipsi ingenio, et naturali arte educant foetus.

Anche Diodoro Siculo ha fatto menzione di ciò con queste parole: Alcune cose sono state scoperte grazie al proprio impegno, come coloro che (sta parlando d’altronde degli Egiziani) allevano galline, o oche, oltre [...] di quelle, che presso altri uomini sono considerati metodi di riproduzione, in modo tale che abbiano come risultato un numero di volatili straordinario a dirsi: infatti non sono le galline a incubare le uova, ma essi stessi fanno nascere i pulcini con il loro talento e la loro abilità naturale.

De eisdem populis ita Paulus Iovius[10]: Apud Aegyptios magna copia est pullorum Gallinaceorum. Nam apud illos Gallinae sua ova non incubant: sed ea in clibanis, tepore sensim adhibito, ita foventur, ut mirabili arte compendioque pulli intra paucos dies progignantur, simul et educantur, quos illi non numero, sed mensura venales habent. Modiolum statuunt sine fundo, quem ut compleverint, tollunt. Et Tragus denique, In Aegypto, inquit, circa Alcairum ova arte excluduntur: clibanum parant cum multis foraminibus, quibus ova diversa, Gallinarum, Anserum et aliarum avium imponunt, tum fimo calido integunt clibanum, et si opus fuerit, ignem circumque faciunt, sic {ovo sua} <ova suo> quaeque tempore maturescunt.

A proposito di quelle stesse popolazioni così scrive Paolo Giovio: Presso gli Egiziani si trova una grande abbondanza di polli. Infatti presso di loro le galline non covano le proprie uova: ma nei forni, con un tepore usato con moderazione, vengono così riscaldate che con mirabile abilità e accorciamento dei tempi nel giro di pochi giorni vengono fatti nascere i pulcini, e allo stesso tempo vengono allevati, ed essi li giudicano adatti a essere venduti non in base al numero ma alle dimensioni. Collocano una secchia senza base, che portano via una volta che l’abbiano riempita. E infine Tragus - Hieronymus Bock - dice: In Egitto nei dintorni del Cairo le uova vengono fatte schiudere con abilità: preparano un forno con molti fori sui quali posano diversi tipi di uova, di galline, di oche e di altri uccelli, quindi ricoprono il forno con letame caldo, e se si rendesse necessario accendono un fuoco all’intorno, così ciascun uovo giunge a maturazione quando è il suo momento.

Verum in eo Iovius, et Tragus a Diodoro, et Aristotele discrepant, quod hi nulla clibani facta mentione, ova tantum fimo obrupta pullitiem procreare dicant: quare dicendum esset Aegyptios nunc diverso modo, quam solebant olim, pullos excludere, cum tamen talis exclusio celeriter absolveretur, ut vel ex hoc colligo, quod, ut Aristoteles pariter testis est, quidam potator Syracusis, ovis sub storea in terra positis, tamdiu potaret, donec ova foetum ederent. Iam vero, et cum in vasis quibusdam tepidis essent coniecta sponte sua pullos edidisse, idem Aristoteles[11] author est.

Invero, a questo proposito Giovio e Tragus sono in disaccordo con Diodoro e Aristotele, in quanto costoro senza alcun accenno a un forno dicono che le uova ricoperte solamente da letame generano una nidiata di pulcini: per cui bisognerebbe dire che attualmente gli Egiziani fanno nascere i pulcini in un modo diverso da quanto erano soliti fare un tempo, e che una tale schiusa si compirebbe con celerità, come deduco dal fatto che, come anche Aristotele è testimone, a Siracusa un beone, dopo aver collocato delle uova in terra sotto a una stuoia, continuasse a bere fin tanto che le uova non davano alla luce il feto. È lo stesso Aristotele a scrivere che anche quando vengono poste in vasi tiepidi hanno dato alla luce i pulcini da sole.

Si Gallina non incubet, inquit Democritus, hac industria complures habebis pullos. Qua die incubanti Gallinae ova subijcis, eadem stercus Gallinaceum accipiens, idipsum contere, cribraque ac denique in vasa inijce ventricosa, pennas illi{s} Gallinarum circumpone. Post haec autem figura recta imponito ova, sic ut pars mucronata superne tendat, ac dein rursus ex eodem fimo tandiu illis inspergito, donec undique inducta videantur. At ibi duos, aut tres dies primos sic intacta esse ova permiseris, singulis postea diebus illa convertito, cavens ne contingantur mutuo, ut videlicet ex aequo incalescant. Post vigesimam autem diem, dum sub Gallina ova excludi incipiunt, invenies ea, quae in alveis {suut} <sunt>, circumfracta. Ob quam nimirum causam etiam inscribunt diem, qua supponuntur, ne dierum numerus ignoretur. Vigesima itaque die putamen extrahens, pullos in cophinum conijcito, eos alens delicatissime. Ascisce etiam Gallinam, quae {modorabitur} <moderabitur> omnia. Haec Democritus, Andrea a {Lucana} <Lacuna> interprete, qui Graecam vocem γάστρας vasa ventricosa interpretatur: Cornarius ventriculos: Hieronymus Cardanus, qui hunc locum in libros suos de subtilitate transcripsit, pulvinaria, his verbis: Pulvinaria duo reple stercore Gallinarum tenuissime trito: inde plumas Gallinarum annecte consuendo utrique molles, ac densas. Ova vero capite tenuiore supra extante, colloca super alterum pulvinar. Deinde reliquum superpone in loco calido, permitteque immota duobus diebus: post vero ad vigesimam usque diem, illa sic verte, ut undique aequaliter foveantur: inde stata [227] die, quae iuxta vigesimam primam est, pipillantes iam ex ovo sensim educito.

Se una gallina non cova, dice Bolos di Mendes, con il seguente tipo di attività otterrai moltissimi pulcini. Quel giorno in cui metti le uova sotto a una gallina che cova, nello stesso giorno, prendendo dello sterco di pollo, trituralo e passalo al setaccio e infine mettilo in vasi panciuti, e metti intorno allo sterco delle penne di gallina. Successivamente ci metterai sopra le uova in posizione verticale, in modo tale che la parte appuntita sia rivolta in alto, e quindi in aggiunta le cospargerai con lo stesso letame fintanto che non si presenteranno ricoperte da ogni parte. Ma dovrai permettere che i primi due o tre giorni le uova vi rimangano così senza essere toccate, successivamente tutti i giorni le dovrai rigirare, facendo attenzione che non si tocchino fra loro, evidentemente affinché si riscaldino in modo uniforme. Dopo il ventesimo giorno, quando sotto la gallina le uova cominciano a schiudersi, cercherai quelle incrinate per tutta la loro circonferenza e che si trovano nei recipienti concavi. Appunto per questo motivo prendono anche nota del giorno in cui vengono messe a cova, affinché il numero dei giorni non rimanga sconosciuto. Pertanto al ventesimo giorno togliendo il guscio metterai i pulcini in una cesta grande, nutrendoli con mangime molto minuto. Prenditi anche una gallina, che governerà ogni cosa. Questo ha scritto Bolos di Mendes stando alla traduzione di Andrés Laguna, il quale traduce la parola greca gástras - vasi a largo ventre - con vasa ventricosa: Janus Cornarius con ventriculos, pance: Gerolamo Cardano, che ha trascritto questo passo nei suoi libri del De subtilitate, con cuscini, e con queste parole: Riempi due cuscini con sterco di gallina ridotto in polvere: quindi applica ad ambedue i cuscini, cucendole, delle piume di gallina morbide e folte. Sopra a uno dei due cuscini colloca le uova ma con l’estremità più piccola che sporga verso l’alto. Quindi mettici sopra l’altro in un luogo caldo e lascia che non vengano mosse per due giorni: poi fino al ventesimo giorno girale in modo tale che possano riscaldarsi da ogni lato in modo uniforme: quindi il giorno stabilito, che corrisponde a circa il ventunesimo, farai uscire delicatamente dall’uovo i soggetti che già pigolano.


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[1] Le correzioni al testo di Aldrovandi vengono fatte in base al testo originale di Della Porta, che in alcuni punti è diverso da quello riportato da Aldrovandi. Ecco il testo di Giambattista Della Porta tratto dalla prima edizione del Magiae naturalis, quella del 1558, che si componeva di soli 4 libri. Magiae naturalis II (1558), Monstra quomodo gignantur, & de vi mira putrefactionis .cap. XXIV - Pullus gallinaceus quaternis alis enascatur, quaternisque pedibus - Quod docet Aristoteles: Oua illa seligito, quae bina comperies retinere boleta, pellicula quadam non tenui intercursante, sed albumina continuentur, quae foecundiores saepè gallinae assolent parere, ex magnitudine cognosces, patetque intuentibus Soli exponendo, exuberante iam materia productum, ex plurium seminum commixtu, semenque habeat pullorum, glocienti gallinae iam excubanda supponas, vt suo insessu foueat ea, elapso iam debito tempore tales excludet foetus, pedibus, alisque quaternis, curabis vt commodè educentur. Si autem membrana disterminabitur, gemini discreti pulli generantur, sine vlla superuacua parte. Sic enim & biceps nascetur serpens, & animal omne, quod ouo excluditur: si tale euenerit, non mediocris erit admirationis: saepius enim monstra in prolificis animalibus, &  multiparis, quam in minus foecundis, & in perfectioribus animalibus, in aliis verò facilitas generationis praeualet: vnde in vilioribus animalibus facilius monstra prodeunt, quam in nobilibus. Sic quoque aliter generare possumus. (trascrizione di Laura Balbiani in http://homepages.tscnet.com/omard1)

[2] Giambattista Della Porta, The Fourth Book of Natural Magick (1584), Chapter XXVI - To hatch Eggs without a Hen. - A Cock fosters Chickens as the Hen does. For they would die, if none did keep them. But a cock or capon will perform what the hen should. Do but show him the chicken, and stroke him gently on the back, and give him meat out of your hands often, that he may become tame. Then pull the feathers off of his breast, and rub him with nettles. For in a few hours, not to say days, he will take care of the chickens so well and give them their meat, that no hens did ever do it as he will. (da http://homepages.tscnet.com/omard1)

[3] Historia animalium IX,49 631b 13-16: Ἤδη δὲ καὶ τῶν ἀρρένων τινὲς ὤφθησαν· ἀπολομένης τῆς θηλείας αὐτοὶ περὶ τοὺς νεοττοὺς τὴν τῆς θηλείας ποιούμενοι σκευωρίαν, περιάγοντές τε καὶ ἐκτρέφοντες οὕτως ὥστε μήτε κοκκύζειν ἔτι μήτ’ὀχεύειν ἐπιχειρεῖν. - E si sono visti persino alcuni maschi, essendo morta la femmina, prendersi essi stessi cura dei pulcini come la femmina, portandoli in giro e allevandoli cosicché non si mettono né a cantare e neanche ad accoppiarsi. - Iam vero mares quidam visi sunt amissa gallina, ipsimet apparatum ferre pullis: eos etiam circumducere et enutrire ita, ut non amplius cucuriant, aut veneri operam dent. (traduzione di Giulio Cesare Scaligero)

[4] La natura degli animali IV,29: Τῆς δὲ ὄρνιθος ἀπολωλυίας, ἐπῳάζει αὐτὸς, καὶ ἐκλέπει τὰ ἐξ ἑαυτοῦ νεόττια σιωπῶν· οὐ γὰρ ᾄδει τότε θαυμαστῇ τινι καὶ ἀπορρήτῳ αἰτίᾳ, ναὶ μὰ τόν· δοκεῖ γάρ μοι συγγινώσκειν ἑαυτῷ θηλείας ἔργα καὶ οὐκ ἄρρενος δρῶντι τηνικάδε. - Morta la gallina, egli stesso cova, e fa schiudere i propri figlioletti standosene in silenzio; perché non canta in quel periodo di tempo è dovuto a un qualche motivo strano e misterioso, per Zeus; infatti mi sembra sia consapevole che così sta svolgendo le mansioni di una femmina e non di un maschio.

[5] Naturalis historia X,155: Narrantur et mortua gallina mariti earum visi succedentes in vicem et reliqua fetae more facientes abstinentesque se cantu.

[6] Naturalis historia X,154: Quin et ab homine perficiuntur. Iulia Augusta prima sua iuventa Tib. Caesare ex Nerone gravida, cum parere virilem sexum admodum cuperet, hoc usa est puellari augurio, ovum in sinu fovendo atque, cum deponendum haberet, nutrici per sinum tradendo, ne intermitteretur tepor; nec falso augurata proditur. Nuper inde fortassis inventum, ut ova calido in loco inposita paleis igne modico foverentur homine versante, pariterque et stato die illinc erumperet fetus.

[7] Ne ha parlato a pagina 207 e ne riparlerà a pagina 260.

[8] De generatione animalium III,2 752b: Il piccolo dunque nasce quando, come si è detto, l’uccello lo cova. Nondimeno anche quando la stagione è temperata o soleggiato il luogo in cui si trovano deposte, sia le uova degli uccelli sia quelle dei quadrupedi ovipari giungono a cozione. Tutti questi depongono le uova al suolo ed esse giungono a cozione per effetto del calore della terra; quanti poi dei quadrupedi ovipari sono soliti covare, lo fanno soprattutto a scopo di difesa. (traduzione di Diego Lanza) § Historia animalium VI,2 559a 30-559b 2: Le uova si schiudono in seguito alla cova da parte degli uccelli; possono tuttavia farlo anche spontaneamente al suolo, come in Egitto, se vengono immerse nel letame. (traduzione di Mario Vegetti)

[9] Bibliotheca historica I,74,4-5. – La successiva lacuna nel testo di Aldrovandi suona più o meno così: “fanno molte scoperte da se stessi, e ... per l’estremo impegno in queste attività gli allevatori di polli e di oche, oltre a far nascere i suddetti animali in modo naturale, così come si fa negli altri paesi, ne mettono insieme un numero indicibile per la loro particolare abilità. Infatti non fanno schiudere le uova con la cova degli uccelli, ma eseguendo loro stessi l’operazione artificialmente in modo sorprendente, con intelligenza e capacità non meno efficaci dell’azione della natura.”

[10] Historiarum temporis sui liber XVIII. (Aldrovandi)

[11] Historia animalium VI,2 559b 2-4: E dicono che a Siracusa un ubriacone, messe delle uova in terra sotto la sua stuoia, continuò a bere ininterrottamente per tanto tempo che fece schiudere le uova. Ed è anche capitato che delle uova, poste in vasi caldi, maturassero e si aprissero spontaneamente. (traduzione di Mario Vegetti)

Il testo è dedotto da pagina 429 di Gessner Historia animalium III (1555), dove non c'è illis (riferibile ai vasi panciuti) bensì illi (riferibile allo sterco, oppure avverbio di stato in luogo = in quel luogo là). Ecco il testo di Gessner trascritto da Aldrovandi parola per parola eccetto illis/illi: Si gallina non incubet, hac industria complures habebis pullos. qua die incubanti gallinae ova subijcis, eadem stercus gallinaceum accipiens id ipsum contere, cribraque ac denique in vasa inijce ventricosa, pennas illi gallinarum circumpone. § Gessner ha tratto il brano dalla traduzione dei Geoponica di Andrés Laguna (1541), sostituendo disseminans di Laguna con circumpone di Cornarius: [...] pennas illi gallinarum disseminans. § Janus Cornarius (1543) ha tradotto con eique, riferito allo sterco: [...] eique gallinarum pennas circumpone. § Dal testo originale pubblicato da Teubner (1994) si evince chiaramente che illi ed eique sono riferiti allo sterco. Infatti il testo greco suona così: τῇ δὲ κόπρῳ περίβαλε ὀρνιθίων πτερά. § Quindi si emenda illis di Aldrovandi con illi.