Conrad Gessner

Historiae animalium liber III qui est de Avium natura - 1555

De Gallina

trascrizione di Fernando Civardi - traduzione di Elio Corti

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Phasiani non modo e Media accersebantur: sed villaticae quoque gallinae ovis e phasiano mare conceptis copiam illorum praebebant, Ptolemaeus apud Athenaeum[1].

I fagiani erano fatti venire non solo dalla Media: ma anche le galline da cortile ne offrivano in abbondanza attraverso le uova fecondate da un fagiano maschio, Tolomeo VII in Ateneo.

¶ Exclusio ovorum absque incubatione. Si aut tempus sit bene temperatum, aut locus, in quo ova manent, tepidus, concoquuntur et avium ova, et quadruped<i>um oviparorum sine parentis incubitu. haec enim omnia in terra pariunt, concoquunturque ova tepore terrae. nam si quae quadrupedes oviparae frequentantes fovent quae {a}ediderint ova, custodiae gratia potius id faciunt, Aristot.[2] Et alibi[3], Incubitu avium ova excludi naturae ratio est: non tamen ita solum ova aperiuntur, sed etiam sponte in terra, ut in Aegypto obruta fimo pullitiem procreant. Et Syracusis potator quidam, ovis sub storea in terra positis, tandiu potabat, donec ova {a}ederent foetum. Iam vero et cum in vasis quibusdam tepidis (ἀλεεινοῖς) essent coniecta, sponte ova pullos prompsere. Caeterum Albertus pro recitatis iam postremis philosophi verbis, ita habet: Ovis positis in vasis calidis, superposita stupa calida, leni calore fovente et non adurente extrahuntur pulli. et praecipue calore vitali alicuius animalis, ut si in sinu hominis teneantur: aut si forte sub fimo calido ponantur, aut sub cineribus lente calefactis, aut aliquo huiusmodi. Ova quaedam et citra incubitum sponte naturae gignunt, ut in Aegypti fimetis. Scitum de quodam potore reperitur, Syracusis tandiu potare solitum, donec cooperta terra foetum {a}ederent ova. Quin et ab homine perficiuntur, Plinius[4].

Schiusa delle uova senza incubazione. Se le condizioni meteorologiche sono alquanto miti oppure se il luogo in cui si trovano le uova è tiepido, non solo le uova degli uccelli giungono a maturazione senza che vengano covate da chi le ha deposte, ma anche quelle dei quadrupedi ovipari. Infatti tutti questi animali partoriscono per terra, e le uova si riscaldano grazie al tepore della terra. Infatti se alcuni dei quadrupedi ovipari, visitandole spesso, scaldano le uova che hanno deposto, lo fanno soprattutto per difenderle, Aristotele. E in un punto scrive così: È una regola della natura che le uova degli uccelli si schiudano con la cova: tuttavia le uova si aprono non solo in questo modo, ma anche spontaneamente nella terra, come in Egitto dove danno luogo a una nidiata di pulcini dopo essere state coperte con letame. E a Siracusa un beone, dopo aver collocato delle uova in terra sotto a una stuoia, continuava a bere fin tanto che le uova non davano alla luce il feto. Ma anche quando erano poste in vasi tiepidi (aleeinoîs) hanno dato alla luce i pulcini da sole. Inoltre Alberto, invece delle ultime parole testé riferite del filosofo, si esprime così: I polli vengono fatti nascere da uova messe in recipienti caldi con sopra della stoppa calda, riscaldando con del calore moderato e che non scotta. E soprattutto con il calore naturale di qualche animale, come se fossero tenute nel grembo di un essere umano: oppure se magari vengono poste sotto a dello sterco caldo, oppure sotto a ceneri lievemente riscaldate, o in un qualche modo siffatto. Alcune uova invece si schiudono naturalmente e spontaneamente senza incubazione, come nei letamai dell’Egitto. È risaputo che un bevitore a Siracusa era solito bere fintanto che le uova coperte di terra non si schiudevano. Anzi, vengono portate alla schiusa anche dall'essere umano, Plinio.

Et rursus, Livia Augusta ovum in sinu fovendo exclusit, (ut referetur infra in h.) inde fortasse nuper inventum ut ova in calido loco imposita paleis igne modico foverentur, homine versante pariter, ut stato tempore illinc erumperet foetus. Si gallina non incubet, hac industria complures habebis pullos. qua die incubanti gallinae ova subijcis, eadem stercus gallinaceum accipiens id ipsum contere, cribraque ac denique in vasa inijce ventricosa, pennas illi gallinarum circumpone. posthaec autem, figura recta imponito ova, sic ut pars mucronata superne tendat, ac dein rursus ex eodem fimo tandiu illis inspergito, donec undique inducta videantur. At, ubi duos aut tres dies primos sic intacta esse ova permiseris, singulis postea diebus illa convertito, cavens ne contingantur mutuo, ut videlicet ex aequo incalescant. post vigesimam autem diem, dum sub gallina ova excludi incipiunt, invenies ea quae in alveis sunt circumfracta. Ob quam nimirum caussam etiam inscribunt diem qua supponuntur, ne dierum numerus ignoretur. Vigesima igitur die putamen extrahens, pullos in cophinum coniicito, eos alens delicatissime. Ascisce etiam gallinam, quae moderabitur omnia, Democritus in Geoponicis, Andrea a Lacuna interprete.

E così prosegue: Livia Drusilla – o Giulia Augusta – fece schiudere un uovo scaldandolo tra le mammelle (come si dirà più avanti nel paragrafo h), e forse da ciò recentemente si è scoperto come le uova disposte sulla paglia in un luogo caldo vengono riscaldate con poco fuoco, mentre un uomo contemporaneamente le rigira, di modo che al momento stabilito ne fuoriesca il feto. Se una gallina non cova, dandoti da fare come segue otterrai moltissimi pulcini. Quel giorno in cui metti sotto le uova a una gallina che cova, nello stesso giorno prendendo dello sterco di gallinacei trituralo e passalo al setaccio e infine mettilo in vasi panciuti, e metti intorno allo sterco delle penne di gallina. Successivamente ci metterai sopra le uova in posizione dritta, in modo tale che la parte appuntita sia rivolta in alto, e quindi in aggiunta le cospergerai con lo stesso letame fintanto che non si presenteranno ricoperte da ogni parte. Ma dovrai permettere che i primi due o tre giorni le uova vi rimangano così senza essere toccate, successivamente tutti i giorni le dovrai rigirare, facendo attenzione che non si tocchino fra loro, evidentemente affinché si riscaldino in modo uniforme. Dopo il ventesimo giorno, quando sotto la gallina le uova cominciano a schiudersi, cercherai quelle incrinate per tutta la loro circonferenza che si trovano nei recipienti concavi. Appunto per questo motivo prendono anche nota del giorno in cui vengono messe a cova, affinché il numero dei giorni non rimanga sconosciuto. Pertanto al ventesimo giorno togliendo il guscio metterai i pulcini in una cesta grande, nutrendoli con mangime molto minuto. Prenditi anche una gallina, che dirigerà ogni cosa, Bolos di Mendes nei Geoponica tradotto da Andrés Laguna.

qui Graecam vocem γάστρας vasa ventricosa interpretatur, Cornarius ventriculos: Hieronymus Cardanus qui hunc locum in libros de subtilitate transcripsit, pulvinaria, his verbis: Pulvinaria duo reple stercore gallinarum tenuissime trito, inde plumas gallinarum annecte consuendo utrique molles ac densas. ova vero capite tenuiore supra extante, colloca super alterum pulvinar. deinde reliquum superpone in loco calido. permitteque immota duobus diebus, post vero ad vigesimam usque diem illa sic verte, ut undique aequaliter foveantur, inde stata die, quae iuxta vigesimam primam est, pipillantes iam ex ovo sensim educito. Ego etsi hoc etiam modo ova excludi posse existimem: video tamen aliud sensisse Democritum verbis eius Graecis perpensis, et placet gastran vas ventricosum verti, ut primum in tale vas intelligamus fimum inijciendum, tum super fimo imponendas plumas, (ut ἐπίβαλλε potius quam περίβαλλε legatur:) in plumis ova: postremo rursus fimum addendum donec contegantur ova. Erat et gaster[5] vas, et gastra[6] fictilis Dioscoridi. sed et gasterium[7] vocat Aristophanes, servatque adhuc nomen, Caelius. huiusmodi est quod corrupta voce guiscardum[8] appellant Itali, ut quidam in Lexicon Graecolatinum retulit. Scaphos cavitatem navis vocat Thucydides, quam, inquit interpres, gastéra dicimus, Caelius.

Il quale traduce la parola greca gástras - vasi a largo ventre - con vasa ventricosa, Janus Cornarius con ventriculos, pance: Gerolamo Cardano, che ha trascritto questo passo nei suoi libri del De subtilitate, con cuscini, e con queste parole: Riempi due cuscini con sterco di gallina ridotto in polvere: quindi applica ad ambedue i cuscini, cucendole, delle piume di gallina morbide e folte. Sopra a uno dei due cuscini colloca le uova ma con l’estremità più piccola che sporga verso l’alto. Quindi mettici sopra l’altro in un luogo caldo. E lascia che non vengano mosse per due giorni, poi fino al ventesimo giorno girale in modo tale che possano riscaldarsi da ogni lato in modo uniforme, quindi il giorno stabilito, che corrisponde a circa il ventunesimo, farai uscire delicatamente dall’uovo i soggetti che già pigolano. Sebbene io ritenga che le uova possono schiudersi anche in questo modo, tuttavia mi pare che Bolos di Mendes, dopo che le sue parole greche sono state esaminate con maggior attenzione, abbia voluto intendere un’altra cosa, e sono dell’avviso di tradurre gástran con vas ventricosum - vaso panciuto, in quanto intendiamo dire che per prima cosa in tale vaso bisogna metterci il letame, quindi sopra al letame bisogna porre delle piume (si legga epíballe - metti sopra - piuttosto che períballe - metti intorno) e nelle piume le uova: per ultimo bisogna aggiungere ancora del letame fintanto che le uova non sono ricoperte. Anche il gastër era un recipiente, e gástra per Dioscoride era un vaso panciuto di terracotta. Ma Aristofane lo chiama anche gastérion, e ne conserva ancora il nome, Lodovico Ricchieri. Corrisponde a ciò che gli Italiani chiamano guiscardo usando una parola alterata, come qualcuno ha riportato nel lessico greco-latino. Tucidide chiama skáphos la parte cava di una nave, che, dice il traduttore, chiamiamo gastéra - cavità, Lodovico Ricchieri.

Τὸ μὴν ἔδαφος τῆς νεώς κύτος, καὶ γάστρα καὶ ἀμφιμήτριον ὀνομάζεται, Pollux. Eustathius gastra vocem factam ait ab accusativo gastéra per syncopen: et vulgo ab idiotis sic vocari fundum navis. Idem apud Homerum gastram tripodis interpretatur cavitatem tripodis aut fundum eius, Hesychio gastra, posterior pars femoris est. Γάστρα, ἡ εἰς κύτος γεvνηθεῖσα τοῦ λαιμοῦ, Varinus. est autem locus, ut suspicor, corruptus.

Tò mën édaphos tês neøs kýtos, kaì amphimëtrion onomázetai – In effetti il fondo della nave è detto sia cavità, sia pancia, sia amphimëtrion - una cosa che circonda la cavità uterina, Giulio Polluce. Eustazio di Tessalonica dice che il termine gástra è derivato da gastéra - accusativo di gastër, ventre/stomaco – attraverso una sincope: e che comunemente dagli ignoranti viene così chiamato il fondo della nave. Parimenti in Omero la gastra tripodis viene intesa come la cavità di un tripode – un vaso a tre piedi – o il suo fondo, per Esichio di Alessandria gástra corrisponde alla parte posteriore della coscia - cavo popliteo. Gástra, hë eis kýtos gennëtheîsa toû laimoûgástra, quella - parola - creata per designare la cavità della gola - retrofaringe, Guarino. Ma, come sospetto, si tratta di una definizione non corrispondente al vero.

Fertur in quadam regione inveniri homines, qui furnos ita temperate calefaciant, ut eorum calor par sit calori gallinae incubantis, et in furno seu clibano ponere quam plurimas plumas, et mille gallinacea ova, quae post viginti dies nascantur ac erumpant, Crescentiensis. In Aegypto circa Alcairum ova arte excluduntur: Clibanum parant cum multis foraminibus, quibus ova diversa gallinarum, anserum, et aliarum avium imponunt. tum fimo calido integunt clibanum: et si opus fuerit, ignem circumquaque faciunt: sic ova suo quaeque tempore maturescunt, ut serpentium apud nos per se in fimo calido, Tragus. Apud Aegyptios magna est copia pullorum gallinaceorum. nam apud eos gallinae sua ova non incubant, sed ea in clibanis tepore sensim adhibito ita foventur, ut mirabili arte compendioque pulli intra paucos dies progignantur simul et educantur, Paulus Iovius lib. 18. historiarum sui temporis.

Si dice che in una località si trovano degli uomini che scaldano i forni in un modo così mite che la loro temperatura è equivalente al calore della gallina che sta covando, e che nel forno, o klíbanos in greco, mettono moltissime piume, e mille uova di gallina, che dopo venti giorni nascono e si schiudono, Pier de' Crescenzi. In Egitto nei dintorni del Cairo le uova vengono fatte schiudere con abilità: Preparano un forno con molti fori sui quali posano diversi tipi di uova, di galline, di oche e di altri uccelli. Quindi ricoprono il forno con letame caldo, e se si rendesse necessario accendono un fuoco all’intorno, così ciascun uovo giunge a maturazione quando è il suo momento, come accade presso di noi per quelle di serpente che maturano da sole sul letame caldo, Tragus - Hieronymus Bock. Presso gli Egiziani si trova una grande abbondanza di polli. Infatti presso di loro le galline non covano le proprie uova, ma nei forni, con un tepore usato con moderazione, vengono così riscaldate che con mirabile abilità e accorciamento dei tempi nel giro di pochi giorni vengono fatti nascere i pulcini, e allo stesso tempo vengono allevati, Paolo Giovio nel 18° libro di Historiarum temporis sui libri XLV.

¶ Pullorum recens exclusorum cura. Excus{s}os pullos subducendum ex singulis nidis, et subijciendum ei, quae habeat paucos. Ab eaque si reliqua sint ova pauciora, tollenda, et subijcienda aliis, [430]  quae nondum excuderint, et minus habent triginta pullos. Hoc enim gregem maiorem non faciendum, Varro[9].

Cura dei pulcini appena nati. Bisogna togliere i pulcini appena nati dai singoli nidi e vanno messi sotto a quella chioccia che ne ha pochi. Ma se le uova che rimangono sono piuttosto poche,  bisogna togliergliele e metterle sotto ad altre galline che ancora non ne hanno fatte schiudere e che hanno meno  di trenta pulcini. Infatti non si deve fare una covata più numerosa di questa, Varrone.


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[1] Deipnosophistaí XIV,69,654c. – La citazione è tratta dal XII libro delle Memorie - Ὑπομνήματαdi Tolomeo VII Evergete II.

[2] De generatione animalium III,2 752b: Il piccolo dunque nasce quando, come si è detto, l’uccello lo cova. Nondimeno anche quando la stagione è temperata o soleggiato il luogo in cui si trovano deposte, sia le uova degli uccelli sia quelle dei quadrupedi ovipari giungono a cozione. Tutti questi depongono le uova al suolo ed esse giungono a cozione per effetto del calore della terra; quanti poi dei quadrupedi ovipari sono soliti covare, lo fanno soprattutto a scopo di difesa. (traduzione di Diego Lanza) § The chick then, as has been said, comes into being by the incubation of the mother; yet if the temperature of the season is favourable, or if the place in which the eggs happen to lie is warm, the eggs are sufficiently concocted without incubation, both those of birds and those of oviparous quadrupeds. For these all lay their eggs upon the ground, where they are concocted by the heat in the earth. Such oviparous quadrupeds as do visit their eggs and incubate do so rather for the sake of protecting them than of incubation. (translated by Arthur Platt – 1910)

[3] Historia animalium VI,2 559a-559b: Le uova si schiudono in seguito alla cova da parte degli uccelli; possono tuttavia farlo anche spontaneamente al suolo, come in Egitto, se vengono immerse nel letame. E dicono che a Siracusa un ubriacone, messe delle uova in terra sotto la sua stuoia, continuò a bere ininterrottamente per tanto tempo che fece schiudere le uova. Ed è anche capitato che delle uova, poste in vasi caldi, maturassero e si aprissero spontaneamente. (traduzione di Mario Vegetti)

[4] Naturalis historia X,153-154: Quaedam autem et citra incubitum sponte naturae gignunt, ut in Aegypti fimetis. Scitum de quodam potore reperitur Syracusis tam diu potare solitum, donec cooperta terra fertum ederent ova. [154] Quin et ab homine perficiuntur. Iulia Augusta prima sua iuventa Tib. Caesare ex Nerone gravida, cum parere virilem sexum admodum cuperet, hoc usa est puellari augurio, ovum in sinu fovendo atque, cum deponendum haberet, nutrici per sinum tradendo, ne intermitteretur tepor; nec falso augurata proditur. Nuper inde fortassis inventum, ut ova calido in loco inposita paleis igne modico foverentur homine versante, pariterque et stato die illinc erumperet fetus.

[5] Il sostantivo femminile γαστήρ significava per lo più ventre/pancia/stomaco, talora cavità.

[6] Il sostantivo femminile γάστρα significava pancia/rigonfiamento, m anche vaso panciuto/marmitta.

[7] Thomas Cooper Thesaurus Linguae Romanae et Britannicae: Gaster, vel Gasterium. A certaine vessell. Gastrimargia. Gluttonie: ingurgitation. (http://archimedes.mpiwg-berlin.mpg.de)

[8] In un italiano del 2007 secondo l'Accademia della Crusca (www.accademiadellacrusca.it) la parola guiscardo, 'astuto, scaltro', deriva dall'antico francese guischart di analogo significato. Nei dialetti siciliano e calabrese è presente anche la forma biscardu (cfr. anche l'italiano biscardo) con lo stesso significato. § Per www.santiebeati.it il nome di persona Guiscardo deriva dall'antico sassone Visichart, latinizzato in Guiscardus, e significa "forte, robusto". § Per il web il nome di persona Guiscardo deriva dal nome normanno Wiscard o Whiskard, formato da viska, scaltrezza, e hardhur, forte.

[9] Rerum rusticarum III,9,13: Excusos pullos subducendum ex singulis nidis et subiciendum ei quae habeat paucos; ab eaque, si reliqua sint ova pauciora, tollenda et subicienda aliis, quae nondum excuderunt et minus habent triginta pullos. Hoc enim gregem maiorem non faciendum.