Ulisse Aldrovandi
Ornithologiae tomus alter - 1600
Liber
Decimusquartus
qui
est
de Pulveratricibus Domesticis
Libro
XIV
che tratta
delle domestiche amanti della polvere
trascrizione di Fernando Civardi - traduzione di Elio Corti - revisione di Roberto Ricciardi
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Antequam tamen ad reliqua me conferam, pauculos hosce Politiani[1] versus ceu epilogi loco, nempe de eisdem agentes adijciam. Ait autem: Vocibus interea crebrum {singultit}
<singultat> acutis |
Tuttavia,
prima di dedicarmi ai rimanenti argomenti, aggiungerò come epilogo
questi pochi versi di Poliziano,
che naturalmente trattano delle stesse cose. Infatti dice: La
compagna mentre sta partorendo più volte singhiozza con suoni
penetranti, e naturalmente l’anziana donna subito dopo prende quelle
uova e vi segna la data, ed esamina la sempre accesa lucerna: e
rispettando il periodo della luna crescente, non appena una gallina è
chioccia le mette a covare in numero dispari, e dopo averle maneggiate
lentamente, con abilità ascolta se all’interno il pulcino ancora
incapace di volare sta pigolando, e se col molle becco ha bucato il
tenero guscio, e se sta tentando di uscire. |
EDUCATIO.
VICTUS. |
ALLEVAMENTO
- ALIMENTAZIONE |
Quamvis
nulla non mulier Gallinaceum genus sciat educare: sunt tamen nonnulla
praecepta a diligentissimis antiquis Geoponicis praescripta, quae illas
non tantum, sed forte eruditos etiam latent. Qui itaque fructum ex his avibus percipere volet, fidum in primis
aliquem eligat oportet. Nisi enim, qui curam habet Gallinarum, fidem
domino servet, nullus ornithonis quaestus vincet impensas. Eiusmodi
altor, qui nempe in Gallinarium scandit, et ova colligit, et quae
incubantur, manibus versat, Gallinarius curator, vel custos recte
dicetur. |
Nonostante
tutte le donne sappiano allevare i polli, tuttavia esistono alcuni
insegnamenti stabiliti dagli antichi scrupolosissimi geoponici
che sono ignoti non solo a esse, ma forse anche agli esperti in materia.
Pertanto colui che vorrà trarre vantaggio da questi volatili, è
innanzitutto necessario che scelga qualche persona affidabile. Infatti
se colui che si prende cura delle galline non mantiene la parola data al
padrone, nessun guadagno derivante dal pollaio supererà le spese.
Siffatto allevatore, che naturalmente si arrampica sul pollaio, e che
raccoglie anche le uova, e che rigira con le mani quelle che sono in
incubazione, verrà giustamente chiamato sovrintendente o custode del
pollaio. |
Cum
vero pulli maiorem quam adultiores curam requirant, itaque de his prius
dicemus: qui[2]
iam exclusi singulis <nidis> Gallinarum
statim subtrahendi sunt, subijciendique {alii} <aliae>, quae {paucioribus
incubat} <paucos habet>, sed et huius rursus quae fovet, ova vel
nondum concreta, et formata, aliis quarum ova eiusdem temporis sunt,
supponi debent, ut una cum illis calefacta animentur. Columella[3]
ea, qua excluduntur die, singulos tollere prohibet, sed una die in
cubili sinere iubet cum matre, et aqua ciboque abstinere, donec caeteri
excludantur, et postera die, cum iam grex fuerit effoetus, hoc modo
deponere: Cribro vitiario[4],
vel etiam loliario, quod iam fuerit in usu, pullos superponi, deinde
pulegii surculis fumigari, quoniam ea res, pituitam quae celerrime
teneros interficit, prohibere videatur. Posthac caveae iuxta
eundem cum matre includendi sunt, et farre hordaceo cum <aqua>
incocto,
vel adoreo farre vino resperso modice alendi. Nam maxime cruditas
vitanda est, et {obhoc} <ob
hoc> tertia die cavea cum matre retinendi sunt,
priusque quam emittantur, ad recentem cibum singuli tentandi, ne quid
habeant in gutture, nam si vacua non est ingluvies, cruditatem
significat; abstinerique debent, donec concoquant. Dum adhuc teneri sunt,
non est permittendum longius evagari, sed circa caveam continendi sunt,
et farina hordacea pascendi, donec iam robustiores evaserint. |
Dal
momento che i pulcini richiedono maggiore attenzione rispetto ai
soggetti più adulti, per questo motivo parleremo in primo luogo di
loro: quelli che sono già nati sono da togliere immediatamente dai
singoli nidi delle galline e sono da mettere sotto a un’altra che ne
possiede di meno, ma a sua volta anche le uova di costei che sta
scaldando i pulcini, se non si sono ancora sviluppate e formate, debbono
essere messe sotto ad altre galline le cui uova sono dello stesso
periodo, affinché riscaldate insieme a esse possano vivificarsi.
Columella
vieta che, nel giorno in cui si schiudono, i singoli pulcini vengano
tolti, ma prescrive che vengano lasciati per un giorno insieme alla
madre nel nido, e che debbono astenersi dall’acqua e dal cibo finché
non sono nati anche gli altri, e il giorno seguente, quando ormai la
nidiata sarà tutta nata, di sistemarli in questo modo: i pulcini vanno
messi sopra a un setaccio per le veccie
oppure per il loglio
che è già stato usato, quindi va loro fatto un suffumigio con
ramoscelli di puleggio - Mentha pulegium, mentuccia - in quanto
sembra che questa pratica impedisca la pipita
che uccide molto rapidamente i soggetti in tenera età. In seguito vanno
rinchiusi in una gabbia insieme alla madre accanto al medesimo puleggio
e sono da nutrire con moderazione con farina di orzo
cotta con acqua o con farina di frumento
cosparsa di vino. Infatti bisogna evitare il più possibile
un'indigestione, e perciò debbono essere tenuti nella gabbia insieme
alla madre fino al terzo giorno, e prima di essere lasciati andare alla
ricerca di cibo fresco, vanno palpati uno per uno per assicurarsi che
non abbiano nulla nel gozzo; infatti se l’ingluvie non è vuota
significa che non hanno digerito: e debbono astenersi dal cibo finché
non abbiano completato la digestione. Mentre sono ancora piccolini non
bisogna permettere che se ne vadano in giro troppo lontano, ma bisogna
tenerli intorno alla gabbia e nutrirli con farina di orzo finché non
saranno diventati più robusti. |
Varro[5]
quindecim primis diebus mane subiecto
pulvere, ne scilicet tenellis rostris noceat terra dura exhibet polentam,
cum nasturtii semine, et aquam prohibet, ne tum deinde in eorum corpore
turgescat. {Dydimus} <Didymus[6]>
porri[7]
folia tenerrima cum caseo musteo contusa illis exhibet. Hordeum vero
exactis duobus (sex ut habet codex Graecus, sed interpres mendum[8]
suspicatur) mensibus offerri iubet. Democritus vermes laudat ex stercore
asinino, vel {bovino} <equino>[9]
genitos: quare id in capacia vasa colligi, inijcique vult. Nam decem
diebus exactis nascuntur pullorum nutricationi percommodi. Sunt qui, ut
multum, et cito crescant, testas, e quibus emerserunt, tunica interiore
dempta, contritas, cum sale, et ovo cocto duro immisceant, et pullis
primi alimenti loco apponant. Verum nostrae mulieres tanta diligentia
non utuntur, et simul atque omnes exclusi sunt, mox vel saltem post
biduum simul cum matre evagari sinunt, obviumque quidvis exhibent. Audio
tamen apud Belgas primis octo, aut decem diebus caveae matrem includi,
ne pulli longius abeant, et simul cum illa cibum sub cavea capiant,
habereque ligneum quoddam vas vix palmum altum, in quo multa, plerunque
vero duodecim cava sunt, et in his aquam pro potu imponi, ne si in ea
incidant pulli submergantur. |
Varrone
nei primi quindici giorni dà da mangiare al mattino della polenta
d’orzo con semi di nasturzio
mettendoci sotto della polvere, ovviamente affinché la dura terra non
sia di nocumento ai becchi delicati, e proibisce l’acqua affinché poi
non gonfi all’interno del loro corpo. Didimo - un geoponico - dà loro
da mangiare delle foglie molto tenere di porro
pestate insieme a formaggio fresco. Ma passati due mesi (sei mesi, come
riporta il codice greco, ma il traduttore sospetta si tratti di un
errore) prescrive che si dia dell’orzo. Bolos di Mendes
loda i vermi nati da sterco d’asino oppure di cavallo: per cui prescrive
che esso venga raccolto e messo dentro a grossi recipienti. Infatti,
trascorsi dieci giorni, nascono dei vermi che sono molto adatti per
nutrire i pulcini. Alcuni, affinché crescano parecchio e in fretta,
dopo aver rimosso la membrana interna, mescolano i gusci triturati dai
quali sono usciti con sale e uovo duro cotto, e li danno da mangiare ai
pulcini come primo alimento. A dire il vero le nostre donne non si
prodigano con altrettanto impegno, e non appena sono nati tutti,
permettono loro di andare in giro con la madre subito o perlomeno dopo
due giorni, e mettono loro davanti da mangiare qualunque cosa. Tuttavia
mi giunge notizia che presso i Belgi la madre viene tenuta chiusa in una
gabbia durante i primi otto o dieci giorni, affinché i pulcini non se
ne vadano troppo distante, e che ricevono il cibo insieme a lei al di
sotto della gabbia, e che hanno a disposizione un certo recipiente in
legno alto circa un palmo, nel quale si trovano molte cavità, per lo più
dodici, e che in esse viene messa dell’acqua da bere, affinché se i
pulcini vi cadessero dentro non anneghino. |
Quot
vero pullos una Gallina educare debeat, cuivis notum est, dum
quaeque suos tantum convocet. Quod si autem inter incubantes aliae plura
aliis incubent, pulli aliquot ei subijci poterunt, quae pauciores habet:
idque maxime faciendum, dum quae futura erat nutrix, nota est non bene
educare. Columella[10]
id omnino faciendum esse monet, dum mater suos, et alienos propter
similitudinem dignoscere non potest, nempe prima die. Cavendum
item ne plures quam triginta uni nutrici committantur. Negant
enim omnes fere Geoponici hoc numero ampliorem gregem posse ab una
nutriri. Sin autem Gallinarum aliqua suos deserat, timeasque ne ita
[229] deserti intereant, cura, ut Gallus, vel Capus nutricis munere
fungatur. Quod quomodo praestare possis, superiori capite[11]
ex Io. Baptista Porta ostendi. |
Ma
quanti pulcini una gallina debba allevare è noto a chiunque, purché
ciascuna raduni solamente i suoi. Ma se tra le galline che covano alcune
covano più uova di altre, si potranno mettere alcuni pulcini sotto a
quella che ne ha di meno: e soprattutto bisogna farlo quando quella che
avrebbe dovuto essere una futura nutrice è nota per non allevare bene.
Columella consiglia di farlo senz’altro quando a causa della
rassomiglianza la madre non è in grado di distinguere i propri da
quelli altrui, e cioè al primo giorno. Bisogna evitare che a una sola
chioccia ne vengano affidati più di trenta. Infatti quasi tutti i
geoponici affermano che una nidiata più grande di questo numero non può
venir allevata da una sola chioccia. Ma se qualcuna tra le galline
dovesse abbandonare i suoi pulcini, e tu temessi che, così abbandonati,
muoiano, fa in modo che un gallo oppure un cappone assolva al compito di
nutrice. In che modo ti sia possibile ottenerlo l’ho spiegato nel
capitolo precedente desumendolo da Giambattista Della Porta. |
[1] Rusticus, composto da Poliziano nel 1483-84.
[2] Inizia una ennesima
bagarre di rielaborazione da parte di Aldrovandi dell’equivalente testo di
Varrone citato anche da Gessner, con omissioni tali da renderlo
incomprensibile. – Varrone Rerum rusticarum III,9,13: Excusos
pullos subducendum ex singulis nidis et subiciendum ei quae habeat paucos;
ab eaque, si reliqua sint ova pauciora, tollenda et subicienda aliis, quae
nondum excuderunt et minus habent triginta pullos. Hoc enim gregem maiorem
non faciendum. - Conrad Gessner Historia Animalium III (1555),
pag. 429-430: Pullorum recens exclusorum cura. Excus{s}os
pullos subducendum ex singulis nidis, et subijciendum ei, quae habeat paucos.
Ab eaque si reliqua sint ova pauciora, tollenda, et subijcienda aliis, [430]
quae nondum excuderint, et minus habent triginta pullos. Hoc enim gregem
maiorem non faciendum, Varro.
[3]
De re rustica VIII,5,15-18:
Pullos autem non oportet singulos, ut quisque natus sit, tollere, sed uno
die in cubili sinere cum matre et aqua ciboque abstinere, dum omnes
excudantur. Postero die, cum grex fuerit effectus, hoc modo deponatur: [16]
cribro viciario vel etiam loliario, qui iam fuerit in usu, pulli
superponantur, deinde pulei surculis fumigentur. Ea res
videatur prohibere pituitam, quae celerrime teneros interficit. [17] Post
hoc cavea cum matre cludendi sunt, et farre hordeaceo cum aqua incocto vel
adoreo farre vino resperso modice alendi. Nam
maxime cruditas vitanda est. Et ob hoc iam tertia die cavea cum matre
continendi sunt, priusque quam emittantur ad recentem cibum, singuli
temptandi ne quid hesterni habeant in gutture. Nam nisi vacua est ingluvies,
cruditatem significat, abstinerique debent dum concoquant. [18] Longius
autem non est permittendum teneris evagari, sed circa caveam continendi sunt
et farina hordeacea pascendi, dum corroborentur; cavendumque ne a
serpentibus adflentur, quarum odor tam pestilens est ut interimat universos.
Id vitatur saepius incenso cornu cervino vel galbano vel muliebri capillo,
quorum omnium fere nidoribus praedicta pestis summovetur.
[4] Anche se si tratta di grafia medievale-umanistica, la stessa imprecisione - vitiario invece di viciario - viene riportata da Conrad Gessner in Historia Animalium III (1555), pag. 430: Cribro vitiario, vel etiam loliario, qui (quod) iam fuerit in usu, pulli superponantur: deinde pulegii surculis fumigentur. Ea res videtur prohibere pituitam, quae celerrime teneros interficit.
[5] Rerum rusticarum III,9,13: Obiciendum pullis diebus XV primis mane subiecto pulvere, ne rostris noceat terra dura, polentam mixtam cum nasturtii semine et aqua aliquanto ante factam intritam, ne tum denique in eorum corpore turgescat; aqua prohibendum.
[6] Didimo di Alessandria, vissuto presumibilmente nel sec. VI dC, la cui opera - Περὶ γεωργίας ἐκλογαί - servì come fonte alla Geoponica che ci è stata tramandata, per esempio, dal codice marciano 524 (della Biblioteca Marciana o biblioteca nazionale di Venezia), sotto il nome di Cassiano Basso (in realtà una compilazione bizantina del sec. X, realizzata per iniziativa dell’imperatore Costantino VII Porfirogenito). La prima edizione moderna, con traduzione latina e commento, si deve a I.N.Niclas, 1781. § L'aggettivo greco dídymos significa duplice, doppio, nonché gemello. Il plurale sostantivato indica non solo due fratelli gemelli, ma anche i testicoli. Infatti l'epididimo è quella formazione allungata situata sulla parte postero-superiore del testicolo che costituisce la porzione iniziale delle vie spermatiche, per poi continuarsi nel condotto deferente.
[7] Vedi il lessico alla voce Aglio e Cipolla. - Dell’impiego del porro di Taranto ne parla Columella quando detta le regole alimentari dei pulcini di pavone. Il porro di Taranto è il Porrum sectivum di De re rustica XI 3.30 (cfr. anche X 371), di cui si mangiavano solo le foglie, e veniva indicato per le affezioni polmonari, per la gola e per la tosse: Nerone ne faceva una cura regolare, all’olio, per la sua voce (cfr. Plinio, XIX 108). Ecco il testo di Columella relativo ai pulcini di pavone, De re rustica VIII,11,14: Sed cum erunt editi pulli, similiter ut gallinacei primo die non moveantur, postero deinde cum educatrice transferantur in caveam. Primisque diebus alantur hordeaceo farre vino resperso, nec minus ex quolibet frumento cocta pulticula et refrigerata. Post paucos deinde dies huic cibo adiciendum erit concisum porrum Tarentinum et caseus mollis vehementer expressus. nam serum nocere pullis manifestum est.
[8] Il codice greco di Didimo potrebbe essere stato esatto, cioè indicare 6 mesi e non 2. Infatti Columella a proposito dei pulcini di pavone, che vanno nutriti come quelli di gallina, dice che l’orzo lo si dà loro al sesto mese quando si smette di nutrirli con cavallette (De re rustica VIII,11,15): Lucustae quoque pedibus ademptis utiles cibandis pullis habentur. Atque his pasci debent usque ad sextum mensem, postmodum satis est hordeum de manu praebere.
[9] Sia la traduzione dei Geoponica di Andrés de Laguna (1541) che quella di Janus Cornarius (1543) riportano sterco d'asino o di cavallo: asininum praeterea, sive equinum stercus (Laguna), asininum sive equinum stercus (Cornarius). Se non bastasse, il testo greco è equivalente: ὀνείαν ἢ ἱππείαν κόπρον (Geoponica sive Cassiani Bassi Scholastici De Re Rustica Eclogae - recensuit Henricus Beckh - Teubner – Stoccarda e Lipsia – 1994). È pertanto d'obbligo emendare questo ennesimo svarione di Aldrovandi.
[10] De re rustica VIII,5,7: Pulli autem duarum aut trium avium excusi, dum adhuc teneri sunt, ad unam quae est melior nutrix transferri debent, sed primo quoque die, dum mater suos et alienos propter similitudinem dinoscere non potest. Verumtamen servari oportet modum, neque enim debet maior esse quam triginta capitum. Negant enim hoc ampliorem gregem posse ab una nutriri.
[11] A pagina 226.