Il lavoro linguistico di Lawrence Carpenter pubblicato nel 1985 ci spiega come le protoforme *wallpa e *atawallpa, che significano pollo, si sono sviluppate in 25 linguaggi o dialetti quechua.
L’asterisco sta ad indicare la ricostruzione derivante dalle evidenze attuali. Il lavoro di Carpenter è altamente tecnico, ma è reso comprensibile da Robert Langdon nella sua monografia centrata sul pollo diffuso nell’area del Pacifico.
Salvo una sola eccezione, tutti i linguaggi che riflettono la protoforma *atawallpa sono parlati in Columbia e nell’Ecuador settentrionale, mentre quelli che riflettono *wallpa sono presenti nella parte meridionale dell’Ecuador, in Perù e in Bolivia.
Fig. IX. 18 - Localizzazioni approssimative odierne delle comunità di lingua Quechua con i loro termini impiegati per denominare il pollo. Nella cartina sono segnati anche Valdivia e altri complessi di vasellame datati fra 4000 e 3400 anni fa e i percorsi che possono aver seguito nella loro diffusione. (da Betty Meggers, modificata)
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Tale eccezione è rappresentata dal Quechua dell’Argentina del nord che riflette *atawallpa invece di *wallpa come ci dovremmo aspettare. Carpenter è dell’avviso che questo comportamento anomalo si possa spiegare con l’abitudine degli Inca di trasferire un’intera comunità da una parte all’altra del loro impero.
Carpenter non aveva presente il vasellame trovato a Valdivia e il suo studio linguistico si è rivelato una conferma del fatto che, quando dal Giappone si veleggiò per l'Ecuador trasportando lo stile delle ceramiche di Jomon, a bordo c’erano anche i polli.
I naviganti che si sparpagliarono verso nord adottarono un nome, mentre quelli che si diressero a sud si servirono per il pollo di un nome diverso. Questa è la deduzione di Langdon.
Scindendo in due *wallpa e *atawallpa, si ottengono le radici dalle quali hanno preso corpo i vocaboli:
*wallpa proviene da due antiche parole sudamericane:
wa = uccello
allpa = terra, suolo
Ancor oggi in Quechua allpa significa la stessa cosa, cioè suolo, terra, e si trasforma in un toponimo peruviano: Pucallpa - città sul fiume Ucayali - composto quasi certamente da puka = rosso e allpa = terra.
Allpa possiede il suo correlato Aymará callpa = suolo, ed esistono degli eco in località centroamericane come Tegucigalpa - capitale dell’Honduras -, Juticalpa, anch’essa città dell’Honduras, e così via.
D’altronde wa, oppure hua o gua, a partire dall’arrivo dei conquistadores, non è attestato in Quechua col significato di uccello. È tuttavia evidente che un tempo deve aver posseduto questo significato in una forma antica di linguaggio, dal momento che in parecchi idiomi sudamericani ricorre frequentemente per denominare alcuni uccelli.
Ecco un esempio di vocaboli ornitologici in Quechua [1] :
waku -
chachalaca
wallpa - pollo
waman
-
falco
wachwa
o washwa
- oca o bernaccia delle Ande - Chloephaga melanoptera
waqar
- airone
wanu
- guano
C’è da chiedersi se warate usato nella parte settentrionale del Sudamerica per indicare
il Chiurlo delle pietre -
riportato da Whitley - non abbia la stessa
etimologia.
Vediamo come si dice tacchino in due aree americane:
guajolote - Messico
guanajo - Cuba
Schorger
dà un'altra interpretazione al fatto che a Cuba il tacchino venga denominato guanajo:
Colombo, durante il suo quarto viaggio, scoprì un gruppo di isole del Golfo
dell’Honduras, Islas de la Bahía
[2]
, e
denominò una di queste Guanaja, detta anche Guanaxa e Guanaca; qui potrebbe
aver visto il tacchino chiamato guanajo a ricordo dell’isola appena
scoperta.
Senza dubbio la parola che si ricollega in modo più evidente alle radici wa, hua o gua col significato originario di uccello, è guano, costituito dagli escrementi degli uccelli marini. La forma quechua odierna è wanu, dove la seconda sillaba deriva dalla protoforma *nuxu col significato di immondizia.
Possiamo arguire che il significato originario di *wallpa deve essere stato uccello della terra, uccello che vive al suolo - non uccello indigeno -, termine appropriato, adottato da un popolo che non aveva mai visto prima un pollo domestico.
E bisogna dedurre che *wallpa non era il sostantivo usato per il pollo da parte di coloro che l’avevano introdotto nei nuovi territori, bensì un nome dovuto alle popolazioni sudamericane.
A onor del vero dobbiamo addurre una tesi antitetica, sostenuta da Enrico Campanile in Linguistica storica:
«È falso che un lessema presente in una certa area linguistica implichi la presenza del relativo oggetto; la prova classica dell’infondatezza di questo presupposto è data dalle lingue slave che possiedono tutte il lessema per l’elefante - slon - quantunque mai l’elefante sia esistito in area slava.»
Ma, assiomi della linguistica come quello di Campanile, possono offrire il fianco a critiche di non poco conto. D’accordo che gli Slavi non avevano mai avuto l’elefante, però il termine ha una sua giustificazione che risale addirittura ad Aristotele.
Lo afferma Carl Darling Buck: slon deriverebbe dallo slavo ecclesiastico sloniti, che significa appoggiarsi, e questo termine non rifletterebbe altro che la credenza popolare avvalorata da Aristotele secondo la quale, essendo incapace di flettere le zampe, l’elefante è costretto ad appoggiarsi agli alberi per dormire, credenza che si è tramandata attraverso il Medioevo fino ai tempi moderni.
Per cui, Enrico Campanile deve far ben attenzione prima di sentenziare. La sua affermazione farebbe vacillare l’ipotesi di una presenza certa del pollo precolombiano in America del sud basata su meri dati linguistici relativi ad animali o a oggetti.
D’altro canto, anche gli Italiani così come gli Slavi non hanno mai avuto per casa l’elefante, salvo quello di Annibale, e hanno sempre usato questa parola che è di origine egiziana, e sulla cui etimologia non è il caso di annoiarvi. Inoltre, l'assioma di Campanile non esclude assolutamente la tesi opposta.
Il segmento ata che compone *atawallpa, è una corruzione di atau
che vuol dire buona fortuna,
per cui in origine tutta la parola doveva significare
uccello terricolo della buona sorte |
nel senso che
sei fortunato se possiedi un simile uccello |
È ovvio, a prima vista, che parole come *wallpa e *atawallpa debbono essere rimaste immodificate per 5.000 e più anni. Un esempio del fenomeno dell’invariabilità di certi vocaboli è offerto dalla parola indoeuropea *ghans-, oca, che suona così in varie lingue attuali:
Derivati della protoforma indoeuropea *ghans- |
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goose |
inglese |
gans |
tedesco, olandese |
ganso |
spagnolo, portoghese |
hansa- |
sanscrito |
gås |
svedese |
gus |
russo |
guska |
serbocroato |
anser |
latino |
chan, chen |
greco, forma dorica - forma classica |
chena |
greco moderno |
Possiamo quindi dedurre che la
base dei linguaggi di origine comune muta molto poco nel volgere dei millenni.
Anche se il latino anser è rimasto nella terminologia scientifica - per esempio andatura anserina, quella sculettante e arrapante di Marilyn Monroe che, per sua e nostra fortuna, aveva una lussazione bilaterale dell’anca -, anser non ha generato l’italiano oca, che deriva dal tardo latino auca usato nelle favole di Aviano (tra il IV e il V sec. dC). In una glossa da un manoscritto dell’XI secolo troviamo anser est occa, per un precedente *avica o aucella, diminutivo di avis, uccello. È inimmaginabile quali metamorfosi riescano a subire le parole!
La geografia della parte occidentale del Sudamerica può essere vista come un’imponente barriera contro le modificazioni linguistiche, più potente rispetto alle barriere geografiche dell’Europa e dell’Asia occidentale. Se da un lato fattori linguistici di disturbo possono aver raggiunto l’area andina solo attraverso il Pacifico, bisogna tener presente che gran parte delle valli andine abitabili sono protette da una formidabile chiostra di cime innevate.
Visto sotto questo profilo, si capisce come i riflessi della protoforma *wallpa nel sud dell’Ecuador, in Bolivia e in Perù siano molto più conservativi di quelli della protoforma *atawallpa nelle aree più a nord. Mentre la parte nord dell’Ecuador è accessibile da est attraverso i numerosi tributari del Rio delle Amazzoni, si pensa che alcune valli del Perù siano rimaste disabitate fino all’arrivo di genti che parlavano il Quechua.
Si può inoltre notare che il dialetto Salasca dell’Ecuador settentrionale - nel quale i riflessi di *atawallpa differiscono più ampiamente dalla protoforma rispetto a qualsiasi altro linguaggio - è parlato da una tribù di Indiani che gli Inca costrinsero a trasferirsi dalla Bolivia all’attuale territorio poiché opponevano resistenza alla conquista. Questi Indiani sono distinguibili da quelli appartenenti alle altre tribù ecuadoriane sia per i tratti fisici che per i costumi.
[1] Come mi ha fatto giustamente notare il Dr Pier Luigi Cuzzolin - linguista presso l’Università di Pavia - in questo caso il Quechua viene meno alla regola dell’SOV - S = soggetto, O = oggetto, V = verbo - e, appartenendo questa lingua al gruppo SOV, ciò che specifica deve precede e non seguire quanto è specificato. In altre parole, wanu dovrebbe dirsi nuwa.
[2] Islas de la Bahía: arcipelago del Mar delle Antille, nel golfo dell'Honduras, al largo delle coste settentrionali dell'Honduras. Le isole più importanti sono: Roatán, Guanaja e Utila.