Lessico
Etruschi
Cartina
con i maggiori centri etruschi
ed espansione della civiltà etrusca nel corso dei secoli
Gli Etruschi sono un popolo dell'Italia antica affermatosi, in un'area denominata Etruria corrispondente alla Toscana, dall'Umbria fino al fiume Tevere e al Lazio settentrionale, con propaggini in Campania e verso la zona padana dell'Emilia-Romagna, a partire dall'VIII secolo aC. Nella loro lingua si chiamavano Rasena o Rasne, in greco Tyrrënoí (ionico e attico antico Tyrsënoí; dorico Tyrsanoí, entrambi col significato di "Tirreni" e poi "Etruschi", abitanti della Tyrrënía, "Etruria").
La civiltà etrusca, discendente della cultura villanoviana, fiorì a partire dal X secolo aC e fu definitivamente inglobata nella civiltà romana entro la fine del primo secolo avanti Cristo (alla fine di un lungo processo di conquista e assimilazione culturale che ebbe inizio con la data tradizionale della conquista di Veio da parte dei Romani, nel 396 aC.
Storia degli studi
Il Medioevo e il Rinascimento
Sebbene la memoria degli antichi Tusci riaffiorasse sporadicamente nelle cronache del tardo Medioevo toscano, fu con il Rinascimento che si cominciò a guardare alle testimonianze del mondo etrusco come espressioni di una civiltà definita e distinta da una generale "antichità classica". Idea che fu favorita anche dai governanti di Firenze (Medici soprattutto), diventati dal '400 padroni di gran parte della Toscana e interessati a farsi riconoscere da tutte le potenze europee (papato e impero, per primi) signori di uno Stato toscano presentato come continuatore della "gloriosa Etruria". Sporadici ritrovamenti di tombe e reperti alimentarono, nel XV e XVI secolo, gli scritti fantastici di Annio da Viterbo. Sarà con Leon Battista Alberti e con Giorgio Vasari che si darà avvio a una parziale teorizzazione dell'arte e dell'architettura etrusca (importante, a metà del Cinquecento, il rinvenimento della Chimera di Arezzo). Nel corso del XVI secolo il richiamo dell'antica Etruria spostò l'attenzione dalla Tuscia laziale alla Toscana propria, dove trovò terreno fertile e propizio per il suo sviluppo, culminando nel Settecento in quel movimento di studi antiquari e ricerche che prenderà il nome di Etruscheria.
Il Settecento e l'Ottocento: l'Etruscheria e l'Archeologia Filologica.
Infatti, proprio il XVIII secolo può essere considerato come secolo della
scoperta dell'Etruria. Il primo tentativo di sintesi delle conoscenze
etruscologiche dell'epoca risale all'opera De Etruria Regali di Thomas
Dempster, del 1619, ma pienamente valorizzata solo nel secolo successivo. A
quest'opera fecero eco quelle di Giovanni Battista Passeri (Picturae
Etruscorum in vasculis, 1775), di Scipione Maffei (Ragionamenti sopra
gl'Itali primitivi, 1727), di Anton Francesco Gori (Museum Etruscum,
1743) e di Mario Guarnacci (Origini italiche, 1772). Già dal 1726 era
stata fondata l'Accademia Etrusca di Cortona, che divenne il centro principale
di questa attività erudita coi fascicoli delle sue Dissertazioni
(1735-1795). Fuori Italia va ricordata l'opera del francese
Anne-Claude-Philippe de Caylus (Recueil d'antiquités égyptiennes, étrusques,
romaines et gauloises, 1762). Più che per il valore scientifico delle congetture
e delle conclusioni, l'etruscheria rimane importante per la passione e la
diligenza delle ricerche e della raccolta del materiale archeologico, ancor
oggi di valore in caso di monumenti perduti.
L'etruscheria settecentesca culmina con la pubblicazione del Saggio di lingua etrusca e di altre antiche d'Italia dell'abate Luigi Lanzi nel 1789: è una piccola "summa" delle cognizioni sull'Etruria, in tutti i campi (epigrafia, lingua, storia, archeologia, arte). Il Lanzi mostra già di possedere un metodo più sicuro e conoscenze più vaste; giustamente egli attribuisce alla Grecia i vasi fino ad allora ritenuti "etruschi" e traccia una prima, apprezzabile periodizzazione della storia dell'arte etrusca sulla scorta della greca. Si può in sostanza affermare che questo studioso sia il fondatore della moderna etruscologia.
L'Ottocento si era aperto con una intensissima attività di ricerca sul campo, soprattutto nella zona dell'Etruria meridionale, con decisive scoperte a Tarquinia, Vulci, Cerveteri, Perugia, Chiusi ed altre località. Cominciano inoltre a formarsi i nuclei di importanti collezioni italiane (degli attuali Museo archeologico nazionale di Firenze e Museo Gregoriano Etrusco di Roma) e straniere (dagli scavi di Luciano Bonaparte quella del Museo del Louvre e dagli scavi di Giampietro Campana quella del British Museum). Neanche gli studi sull'Etruria, però, rimangono immuni dal rinnovamento iniziato da Winckelmann e che porterà dalla fase settecentesca erudita a quella filologica ottocentesca. Risultato ne sono le opere sulla topografia dei monumenti redatte da viaggiatori, archeologi e architetti stranieri, quali William Gell (The Topography of Rome and its Vicinity, 1846) e George Dennis (The Cities and Cemeteries of Etruria, 1851); in Italia si occupò di topografia Luigi Canina (Antica Etruria marittima, 1851). Non si ferma neppure la pubblicazione di raccolte sistematiche di monumenti, opere d'arte e cataloghi di collezioni, come quella del Museo Gregoriano Etrusco (nel 1842); si iniziano, altresì, raccolte dedicate a singole classi di reperti, come i vasi (E. Gerhard, Auserlesene Vasenbilder, 1858) e gli specchi (Eduard Gerhard, Etruskische Spiegel, 1867). Il confronto con l'arte greca porta, di norma, a un giudizio negativo nei confronti dell'arte etrusca, giudicata come una forma di artigianato d'imitazione; tale posizione sarà teorizzata in modo esplicito nella prima sintesi sull'arte etrusca che sarà pubblicata solo verso la fine del secolo da J. Martha (L'art Étrusque, 1889). Anche gli studi epigrafici continuano, per mano di studiosi soprattutto italiani, quali Ariodante Fabretti, che nel 1867 pubblica il Corpus Inscriptionum Italicarum (C.I.I.). È a quest'altezza cronologica che gli studiosi cominciano a porsi il problema dell'origine degli Etruschi in modo critico, senza l'esclusivo ausilio delle fonti letterarie antiche, e di conseguenza anche il problema della lingua degli Etruschi in relazione al gruppo delle lingue indoeuropee.
Il Novecento
Il periodo più recente della storia degli studi etruschi si apre con l'intensificarsi di ricerche archeologiche sistematiche e controllate, grazie anche all'intervento di organi responsabili ufficiali dopo l'unità d'Italia. Si arricchiscono e consolidano le conoscenze sulle fasi più antiche dell'Etruria, cioè il periodo villanoviano (la necropoli di Villanova, presso Bologna, era stata scoperta da Giovanni Gozzadini nel 1856). Si scava a Marzabotto, a Orvieto e a Falerii, dove emergono i complessi templari con le loro decorazioni architettoniche. Le imprese di scavo più significative saranno sia nei centri maggiori Caere, Veio, Tarquinia, Populonia e altrove, che nei centri minori dell'interno Acquarossa presso Ferento e Poggio Civitate di Murlo, nel senese, e costieri Spina sull'Adriatico, Gravisca sul Tirreno e Pyrgi, dove nel 1964 vennero ritrovate le preziose lamine d'oro inscritte. Gli scavi venero condotti con sempre maggiore attenzione e controllo scientifico, tramite i rilevamenti stratigrafici e i metodi geofisici di prospezione (fotografia aerea, prospezioni chimiche, fisiche ed elettromagnetiche del terreno) in modo da offrire il maggior numero possibile di osservazioni e dati.
Accanto all'incremento dei vecchi musei di Roma e Cortona, nascono ora i grandi musei con collezioni etrusche, come il Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia a Roma, il Museo Topografico dell'Etruria di Firenze e il Museo di Spina a Ferrara, insieme a importanti raccolte locali a Tarquinia, Perugia, Chiusi, Bologna, Marzabotto, Arezzo, Adria (Rovigo) e altrove. Anche all'estero si rafforzano le collezioni dei grandi musei come la Ny Carlsberg Glyptotek di Copenhagen.
Prosegue intanto la pubblicazione dei materiali archeologici per singole classi di monumenti: terrecotte architettoniche (A. Andrén, Architectural Terracottas from Etrusco-Italic Temples, 1940), sarcofagi (R. Herbig, Die jüngeretruskischen Steinsarkophage, 1952), ceramiche dipinte (John Beazley, Etruscan Vase-Painting, 1947), oltre a un rinnovato approccio critico nei confronti della descrizione topografica dei luoghi (H. Nissen, Italische Landeskunde, 1902 e A. Solari, Topografia storica dell'Etruria, 1920).
Origini degli Etruschi
Sulla loro origine e provenienza è fiorita una
notevole letteratura, non solo storica e archeologica. Le notizie che ci
provengono da fonti storiche sono infatti discordanti. Secondo lo storico
greco di nome Erodoto, gli Etruschi, popolo dalla cultura più evoluta
rispetto alle altre etnie italiane, proverrebbero dall'Asia Minore salpando,
dal porto di Smirne, a seguito di una carestia. Recenti studi condotti da
ricercatori dell'Università di Pavia, che hanno comparato il DNA di diversi
toscani con quello di altre popolazioni, confermerebbero tale versione.
Secondo Virgilio, gli Etruschi di Corito(Cortona)-Tarquinia erano
imparentati con i Troiani. Dal racconto di Livio si potrebbe invece dedurre che essi venissero dal
nord. Una terza tradizione, riportata dallo storico Dionigi di Alicarnasso, li
considererebbe un popolo di origine autoctona. Gli studiosi hanno valorizzato
ora l'una ora l'altra tradizione, avvalorandola con considerazioni provenienti
da diversi ambiti disciplinari.
La Necropoli di Populonia
Secondo alcuni si sarebbe trattato di un'immigrazione, in Toscana, di gruppi isolati dall'Asia Minore, che, attratti dalle ricche miniere di ferro della regione, si sarebbero inseriti, influenzandola, nella civiltà villanoviana: i Villanoviani, conoscitori del ferro, sarebbero giunti nel territorio dal nord, ovvero dall'opposta sponda adriatica, all'alba del 1000 aC ca., sovrapponendosi a loro volta agli abitanti insediati nella regione fin dall'età neolitica. Lo sfruttamento delle miniere e i commerci furono all'origine della fioritura e sviluppo della civiltà etrusca tra l'VIII e il VII secolo aC. Le molte affinità presenti nei costumi, nella lingua, nell'arte e nella religione degli Etruschi con il mondo egeo-anatolico, possono tuttavia essere dovute anche ai contatti commerciali portatori anche di forti influssi culturali.
Una diversità è comunque rappresentata dal trattamento riservato al genere femminile (vedi la successiva sezione): si sa ad esempio che presso gli Etruschi le donne potevano partecipare ai banchetti con gli uomini.
Un'indagine linguistica
Una teoria formulata dal linguista Massimo Pittau vedrebbe gli Etruschi provenire dalla Lidia, in accordo con il racconto di Erodoto. Tale migrazione, tuttavia sarebbe avvenuta per tappe, prima in Sardegna, dove avrebbe dato origine alla civiltà nuragica, intorno al XIII secolo aC, e quindi sulle coste tirreniche dell'Italia centrale, dove la civiltà etrusca si sarebbe sviluppata a partire dal IX secolo aC. La teoria di Pittau si basa sulla supposta derivazione della lingua sarda e di quella etrusca dall'antica lingua lidia.
Un'ipotesi basata sulla filologia
Secondo lo studioso Giovanni Ugas, gli Etruschi sarebbero piuttosto di origine autoctona, con la sovrapposizione di colonizzazioni sarde durante il I millennio aC; la migrazione, intorno al XII secolo aC sarebbe pertanto avvenuta a più riprese piuttosto da occidente verso oriente, e non il contrario. Ciò sarebbe confermato dalle citazioni nei documenti egizi dei Tereš o Turša (Tyrsenoi o "Tirreni") tra i Popoli del Mare, tra i quali sono compresi anche i Shardana, o Sardi: lo stesso termine "Tyrsenoi" in lingua greca potrebbe significare "costruttori di torri", che dimostrerebbe l'affinità fra la civiltà nuragica e quella etrusca.
L'analisi
di Massimo Pallottino:
formazione vs. provenienza.
Non meno importante è l'opinione di Massimo Pallottino, il quale ha sottolineato, nell'introduzione del suo manuale Etruscologia (Milano, 1984), come il problema dell'origine della civiltà etrusca non vada incentrato sulla provenienza, quanto piuttosto sulla formazione. Egli evidenziò come, per la maggior parte dei popoli, non solo dell'antichità ma anche del mondo moderno, si parli sempre di formazione, mentre per gli Etruschi ci si è posti il problema della provenienza. Secondo Pallottino, la civiltà etrusca si è formata in un luogo che non può che essere quello dell'antica Etruria; alla sua formazione hanno indubbiamente contribuito elementi autoctoni e elementi orientali (non solamente lidii o anatolici) e greci, per via dei contatti di scambio commerciale intrattenuti dagli Etruschi con gli altri popoli del Mediterraneo. Nella civiltà etrusca che andava formandosi, lasciarono quindi la propria impronta i commercianti orientali (si pensi agli elementi orientali nella lingua etrusca o al periodo artistico cosiddetto orientalizzante) e i coloni greci che approdano nel Meridione d'Italia nell'VIII sec. aC (l'alfabeto stesso adottato dagli Etruschi è chiaramente un alfabeto di matrice greca, e l'intera civiltà artistica etrusca ricalca facendoli propri i modelli artistici dell'arte greca). I critici dell'impostazione di Pallottino sostengono che, nell'apparente sensatezza, non consideri il peso relativo dei vari contributi: il contributo orientale (lidio o comunque egeo-anatolico) sarebbe stato invece preponderante, perché arrivato nella penisola incontrò genti più arretrate.
Recenti
acquisizioni
dalla genetica delle popolazioni
Nel giugno del 2007, Alberto Piazza, genetista dell'Università di Torino, nella conferenza annuale della Società europea di genetica umana a Nizza, ha presentato i risultati di un'analisi innovativa compiuta utilizzando il DNA degli abitanti viventi da almeno tre generazioni nei centri di Murlo e Volterra, siti archeologici tra i più importanti. Mettendo a confronto i dati raccolti con quelli del Nord Italia, della Sicilia, della Sardegna, della Turchia e dell'isola di Lemnos in Grecia, si evince, nelle parole dell'autore, che il codice genetico «degli individui di Murlo e Volterra è molto più simile a quello dei Turchi. In particolare una precisa variante genetica è stata trovata nel campione di Murlo e solo nelle persone provenienti dalla Turchia». Certamente nel completare le ricerche effettuate, l'equipe degli studiosi guidati dal professor Piazza analizzeranno il DNA degli individui di altri centri toscani e valuteranno la presenza di continuità genetica tra gli antichi Etruschi e i Toscani dei nostri tempi". Sarebbe l'ennesima conferma dell'attendibilità di Erodoto, proveniente ancora una volta da una metodologia scientifica d'avanguardia.
Insediamenti
Tomba
etrusca della Montagnola
VII sec. aC - Sesto Fiorentino
Numerose erano le città etrusche, tra le quali erano importanti, nella zona meridionale, Cerveteri, Tarquinia (all'epoca chiamata Tarchna), Vulci, Tuscania, Veio, Volsinii e Sovana; in quella centrale Chiusi, Cortona, Arezzo, Perugia, Roselle, Vetulonia, Populonia; in quella settentrionale Pisa, Fiesole, Volterra, governate prima da re, poi da oligarchie. Tali città si raggruppavano talora in confederazioni o leghe di natura religiosa. Arricchendosi poi col tempo grazie ai prodotti delle terre circostanti, coltivate specialmente a frumento e ai fiorenti allevamenti animali, e sfruttando le miniere e i traffici, riuscirono ad affermarsi rapidamente, espandendosi, tra il VII e il V secolo aC, a nord nella valle Padana, dove si affermarono specialmente le città di Felsina (Bologna), Mutna (Modena) Mantua (Mantova) e Misa (Marzabotto); collegate, verso l'Adriatico, con Spina, mediatrice degli influssi del mondo greco, e propizianti da nord il ricco commercio dell'ambra e dello stagno; a sud nel Lazio notevole è il tempietto rinvenuto in Alatri e conservato nel museo di Villa Giulia a Roma; sul mare, invece, serrata fu la competizione con le marinerie cartaginesi e greche. Anche se Roma non fu mai in stabile dominio etrusco, tuttavia la dinastia dei Tarquini, re di provenienza etrusca, riflette il prestigio e l'importanza delle città etrusche meridionali, con numerose tracce incancellabili lasciate nella religione, negli usi, in istituti ed edifici di Roma, largamente confermate anche dall'archeologia.
Espansione e declino
Testa di canopo da Chiusi (VI secolo aC.)
Canopo è il vaso funerario egizio che prende il nome da Canopo, antica città dell'Egitto nei pressi dell'attuale Abukir. Per la somiglianza formale con quelli egizi sono detti canopi gli ossuari etruschi con lineamenti umani, in bronzo e in terracotta, prevalentemente da Chiusi (650-500 aC). In un primo tempo al collo dell'ossuario, che spesso è su un tronetto, veniva applicata una maschera bronzea, poi il coperchio assunse forma di testa umana.
Il massimo di prosperità e di espansione fu raggiunto dagli Etruschi verso la metà del VI secolo aC, tanto che, verso il 540 aC, alleati dei Cartaginesi, sconfissero, nella battaglia di Alalia, davanti alla Corsica, i Focesi di Marsiglia, potentissimi sul mare. In questo periodo, gli Etruschi riuscirono a stabilire la loro egemonia su tutta la Penisola Italica, sul Mar Tirreno e, grazie all'alleanza con Cartagine, sul Mediterraneo Occidentale. L'arresto della loro espansione cominciò invece sul finire del secolo e fu seguito da declino nel V secolo aC. Prima fu Roma a liberarsi dalla loro supremazia con la cacciata, verso il 510 aC, dei Tarquini; poi se ne liberarono i Latini, che, sostenuti da Aristodemo di Cuma, ad Ariccia, nel 506 aC, li sconfissero in battaglia. In questo modo, gli avamposti degli Etruschi in Campania rimasero isolati e si indebolirono dopo la sconfitta navale che essi subirono a Cuma nel 474 aC, andando del tutto perduti nel 423 aC con la conquista di Capua da parte dei Sanniti. Al nord la discesa dei Galli travolse i centri etruschi della pianura Padana all'inizio del V secolo aC. Nel 396 aC Roma conquistava Veio estendendo la sua influenza su tutta l'Etruria meridionale. Per più di due secoli gli Etruschi, su iniziativa dell'una e dell'altra città, ostacolarono l'ulteriore espansione romana. Nel 295 aC, coalizzati con gli Umbri, i Galli e i Sanniti, furono sconfitti dai Romani nella battaglia di Sentino: nel giro di qualche decennio furono completamente assoggettati da Roma che li incluse, mediante trattati particolari, nella serie dei suoi alleati nella penisola, finché non concesse loro la cittadinanza romana dopo la Guerra Sociale del 90 aC, mediante la lex Julia dell'89 aC.
Economia
Plinio il Giovane ci dà una descrizione dell’Etruria dalla sua residenza di Città di Castello:
“Una piana vasta e spaziosa è cinta da montagne che hanno sulla sommità boschi antichi di alto fusto, la selvaggina vi è abbondante e varia, ai loro piedoni, da ogni lato, si estendono, allacciati tra loro in modo da coprire uno spazio lungo e largo; al limite inferiore sorgono boschetti, le praterie cosparse di fiori producono trifoglio e altre erbe aromatiche tenere, essendo tutti quei terreni irrigati da sorgenti inesauribili. Il fiume attraversa la campagna e siccome è navigabile porta alla città i prodotti dei terreni a monte, almeno in inverno e primavera, perché in estate è in magra. Si prova un piacere grandissimo a contemplare l’insieme del paesaggio oltre la montagna perché ciò che si vede non sembrerà una campagna, ma un quadro di paesaggio di grande bellezza. Questa varietà, questa disposizione felice, ovunque tu posi lo sguardo, lo rallegra.”
Vari poeti hanno spesso decantato l’Etruria come un territorio opulento, fertile e ricco, per l’abbondanza di fauna, la ricchezza dei raccolti e delle vendemmie. Questo non valeva per alcune aree costiere e interne: l’attuale maremma e la Val di Chiana erano infatti malsane e paludose, fonti di continue epidemie malariche e difficili da coltivare, per questo i re etruschi investirono molte risorse al fine di avviare una completa bonifica dei loro territori e di quelli vicini; la stessa Roma subì un'importante opera di risanamento attraverso opere di canalizzazione e drenaggio, creazione di cisterne e fogne.
Produzione cerealicola
L’Etruria diventa un'importante produttrice di cereali già nel V secolo aC. Roma mostra una forte dipendenza dal grano prodotto dagli Etruschi, specialmente da quello di Chiusi e Arezzo. Da Plinio il Vecchio si viene a conoscenza che tra i grani prodotti vi era il siligo usato principalmente per la produzione di pane, focacce e pasta tenera. Ovidio, meglio conosciuto per scritti come l'Ars amatoria, descrive le proprietà delle farine etrusche e le consiglia, data la loro finezza, come cipria per abbellire i volti delle donne romane.
Viticoltura
Pur non potendo datare esattamente l’inizio dell’attività viticola da parte degli Etruschi, si può supporre che prese piede agli inizi dell’età del ferro, anche se certamente la vite era già conosciuta in epoche precedenti. Di tale attività le popolazioni italiche fecero una vera e propria impresa commerciale tanto che Varrone cita in un suo scritto:
”Non è l’Italia così ricca di alberi da sembrare un giardino? Forse che la Frisia, da Omero detta vitifera… in quale terra un jugero rende 10 o anche 15 cullei di vino, come alcuni luoghi d’Italia?”
Molti Greci apprezzavano il vino Etrusco: Dionisio di Alicarnasso indicava come eccellente quello dei Colli Romani, altri preferivano i vini prodotti nell’area del Vino Nobile di Montepulciano, del Brunello e di tutta l’area dell’odierno Chianti per il loro aroma e per il loro rosso brillante. Sempre molto conosciuti, anche per far capire l’entità e l’importanza della produzione viticola, erano i vini di Luni, Adria, Cesena, il rosato di Veio, i vini dolci d’Orvieto, Todi e Arezzo, famosi all’epoca per essere particolarmente forti. Sempre agli Etruschi si devono i primi studi sulle coltivazioni di vite, gli innesti, la creazione di ibridi, la disposizione degli impianti, tanto da essere apprezzati come validi coltivatori in tutto il bacino del Mediterraneo.
L’Olivo
Gli Etruschi sarebbero stati consumatori d’olio d’oliva di provenienza greca, ma non produttori. La coltivazione dell’ulivo sarebbe stata infatti ancora sconosciuta ai tempi di Tarquinio Prisco 616 aC Esportata in Calabria e poi in Sicilia ad opera dei Greci, l'olivicoltura, avrebbe preso piede sempre più a Nord a opera dei Romani. Solo durante la decadenza delle lucumonie, infatti, si inizia a trovare traccia dei primi impianti nel territorio dell'Etruria. Questo, in verità, non esclude che l'olicoltura fosse praticata anche precedentemente, come sembrerebbe più probabile. Fu solo dopo la fusione del popolo Etrusco con quello Romano che si ebbe una vera ed ampia diffusione della pianta d'ulivo, tale espansione degli impianti era indotta sia dall'alto valore commerciale dell'olio che dal clima favorevole trovato dalla pianta d'ulivo in Toscana, Umbria e alto Lazio.
Produzioni tipiche
Arretinum: pale, bacili, falci, scuri, elmi, scudi,
mole, bestiame vario.
Bolsena: vino, sculture in bronzo, ceramica e buccheri.
Cere: buccheri, oreficeria, argento lavorato, frumento, bronzo lavorato, carni
di maiale e cinghiale lavorato.
Clusium: ceramiche e buccheri, vasi, legname, vino, bacili.
Perusia: sculture in bronzo, vino, legname di pino, castagno ed abete.
Populonia: ferro e bronzo grezzo, tessuti, armi, elmi.
Roselle: lance, spade, coltelli, elmi, scudi, legno d’abete, tegole e
tubature in terracotta.
Tarquinia: vino, olio, lino, materiali per la concia delle pelli, tufi
speciali (tufo nenfro proveniente però dalla zona di Tuscania)
Veio: ceramiche, terrecotte, carni lavorate.
Vetulonia: oreficeria, bronzo, metalli lavorati, minerali grezzi, alcune
suppellettili.
Volterra: pece, cera, mica, legno d’abete, frumento.
Vulci: decorazioni suppellettili e statue in bronzo, ceramiche.
Aspetti culturali
La famiglia e il ruolo della donna
Il
famoso Sarcofago degli Sposi
Museo di Villa Giulia - Roma
La famiglia etrusca era composta da un padre, una madre, figli e nipoti. La donna etrusca, al contrario di quella greca o romana, partecipava attivamente prendendo parte ai banchetti, ai simposi, ai giochi ginnici e alle danze. Alcuni storici riferiscono che: "mentre a Roma, il pater familias era l'uomo, in Etruria era la donna" (F. Altheim). Per i Romani, in Etruria esisteva una sorta di matriarcato, probabilmente a loro incomprensibile al punto da giungere a calunniare la donna etrusca. Malgrado questo, essa continuava a prendere parte alla vita di tutti i giorni.
La donna inoltre aveva una posizione di rilievo tra gli aristocratici etruschi poiché quest'ultimi erano pochi e spesso impegnati in guerra. Spettava alla donna, in caso di morte dell'uomo, il compito di assicurare la conservazione delle ricchezze e la continuità della famiglia: attraverso di lei avveniva anche la trasmissione dell'eredità. La donna, inoltre, era libera di poter partecipare a banchetti, feste e cerimonie senza doverne pagare delle conseguenze. Le donne nobili avevano il privilegio di indossare abiti un po' più raffinati e di sfoggiare numerosi tipi di gioielli, scelti tra i più pregiati. Gli Etruschi, dato che erano un popolo matriarcale, usavano dare il cognome della donna al bambino appena nato.
L'alimentazione di base
L'ingrediente base per l'alimentazione etrusca fu per molto tempo la farina di farro, un tipo di grano facilmente coltivabile. Prima di essere usati come cibo, i chicchi di farro dovevano essere torrefatti per togliere loro la gluma (una specie di pellicina che li ricopre) ed eliminare l'umidità.
Con la farina di farro venivano preparate pappe e farinate, bollite con acqua e latte. L'alimentazione degli Etruschi prevedeva, oltre ai cereali, anche varie specie di legumi, come lenticchie, ceci e fave. Un'alimentazione basata soltanto su cereali e legumi aveva un valore nutritivo molto ridotto e doveva perciò essere integrata con cibi con maggiori calorie, come la carne di maiale, la selvaggina, il cinghiale, la carne di pecora e tutti i prodotti derivati dal latte. Molto apprezzato era anche il pesce, in particolar modo presso Populonia e Porto Ercole.
Una curiosità: gli Etruschi conoscevano la forchetta, ne sono state rinvenute identiche a quelle odierne, cioè con i 4 denti incurvati ma con un fusto sottile cilindrico e una pallina in cima. Si suppone però che l'uso non fosse individuale bensì servisse a fermare la carne per tagliarla nel piatto di portata.
L'abbigliamento
Urna etrusca policroma - Museo Archeologico di Perugia
Nell'abbigliamento etrusco, i principali tessuti erano la lana, generalmente molto colorata, e il lino, usato nel suo colore naturale. Gli Etruschi usavano abiti adatti per entrambi i sessi, accanto ad altri tagliati espressamente per uomo o per donna.
Un indumento solamente maschile era il perizoma, simile a dei calzoncini, mentre sia uomini che donne, specialmente se avanti negli anni, indossavano indifferentemente lunghe tuniche, talvolta abbinate a un cappello. Gli etruschi inoltre mostravano particolare interesse per le calzature, realizzate in cuoio o in stoffa ricamata. Molto eleganti erano dei sandali con la punta all'insù dall'aspetto orientale. Il sandalo con base in legno aveva una snodatura al centro che permetteva di piegare il piede. L'eleganza degli Etruschi era proverbiale: il motto "vestire all'etrusca" fu in voga fra i Romani per indicarne grande raffinatezza. Dai rinvenimenti si sa che ricamassero tessuti a filo d'oro.
Le donne, ma anche gli uomini, impreziosivano l'acconciatura e l'abito con gioielli di raffinata fattura (diademi, orecchini, braccialetti, anelli e fibule). I gioielli erano di bronzo, d'argento, d'elettro e d'oro. L'elettro era una lega molto usata d'argento e oro.
Eredità
Nonostante la perdita della politica, gli Etruschi continuarono però a esercitare anche in seguito una grande influenza in Italia, sul piano culturale, religioso e artistico. Roma, che sotto Augusto aveva fatto dell'Etruria la settima regione d'Italia, subì fortemente la loro influenza, che si fece sentire nelle istituzioni, nei modi di vita, nella lingua (le parole etrusche passate al latino sono innumerevoli, e alcune sono passate poi nella lingua italiana), nei gusti, nell'amore per il lusso e per i banchetti, le danze e la musica, come si trova attestato nelle pitture tombali. Lo spirito creativo del popolo etrusco (l'abile artigianato, la tecnica approfondita) riemergerà dopo molti secoli nella Toscana dell'età rinascimentale.
I Romani si avvalsero della cultura etrusca soprattutto per gli aruspici, i sacerdoti capaci di interpretare il destino attraverso la lettura delle viscere degli animali, del volo degli uccelli e dei fulmini. Inoltre i maestri degli alunni romani furono etruschi e greci, considerati i più colti.
I giochi gladiatori, l'arco, l'uso dell'arco trionfale, alcuni simboli religiosi come il pastorale (ancora oggi usato dalle chiese cristiane), il culto della Triade Capitolina, il simbolo del fascio littorio, il tempio tradizionale romano, lo stile architettonico detto tuscanico, sarebbero solo alcuni esempi di contributi della civiltà etrusca a quella romana.
Etruscan civilization is the modern English name given to the culture and way of life of a people of ancient Italy and Corsica whom the ancient Romans called Etrusci or Tusci. The Greek word for them was Tyrrhënoí from which Latin also drew the names Tyrrheni (Etruscans), Tyrrhenia (Etruria) and Tyrrhenum mare (Tyrrhenian Sea). The Etruscans themselves used the term Rasenna, which was syncopated to Rasna or Rasna.
As distinguished by its own language, the civilization endured from an unknown prehistoric time prior to the foundation of Rome until its complete assimilation to Italic Rome in the Roman Republic. At its maximum extent during the foundation period of Rome and the Roman kingdom, it flourished in three confederacies of cities: of Etruria, of the Po valley with the eastern Alps, and of Latium and Campania. Rome was sited in Etruscan territory. There is considerable evidence that early Rome was dominated by Etruscans until the Romans sacked Veii in 396 BC.
Culture that is identifiably and certainly Etruscan developed in Italy after about 800 BC approximately over the range of the preceding Iron Age Villanovan culture. The latter gave way in the seventh century to a culture that was influenced by Greek traders and Greek neighbors in Magna Graecia, the Hellenic civilization of southern Italy.
Language
An
Etruscan warrior head figure used as a cippus (grave marker)
in the necropolis Crocifisso del Tufo outside Orvieto
Knowledge of the Etruscan language is still far from complete. The Etruscans are believed to have spoken a non-Indo-European language; the majority consensus is that Etruscan is related only to other members of what is called the Tyrsenian language family, which in itself is an isolate family, that is, unrelated to other language groups by any known relationship. Since Rix (1998) it is widely accepted that the Tyrsenian family groups Rhaetic and Lemnian with Etruscan.
Etymology
No etymology exists for Rasna. The etymology of Tusci is based on a beneficiary phrase in the third Iguvine tablet, which is a major source for the Umbrian language. The phrase is turskum ... nomen, "the Tuscan name", from which a root *Tursci can be reconstructed. A metathesis and a word-initial epenthesis produce E-trus-ci. A common hypothesis is that *Turs- along with Latin turris, "tower", come from Greek týrsis, "tower." The Tusci were therefore the "people who build towers" or "the tower builders." This venerable etymology is at least as old as Dionysius of Halicarnassus, who said "And there is no reason why the Greeks should not have called them by this name, both from their living in towers and from the name of one of their rulers."
The Bonfantes (Bonfante 2002) speculate that Etruscan houses seemed like towers to the simple Latins. It is true that the Etruscans preferred to build hill towns on high precipices enhanced by walls. On the other hand if the Tyrrhenian name came from an incursion of sea peoples or later migrants (see below) then it might well be related to the name of Troy, the city of towers in that case.
Origins
The origins of the Etruscans are lost in prehistory. Several hypotheses exist, some of which are listed below. They are not necessarily mutually exclusive. Debate over origins was revived in the 17th century. Whether ancient or modern, theorists proceed mainly by looking for pattern matches between cultures; that is, given sets of cultural elements, {a, b, ...} of cultures {A, B, ...}, theorists look for groups of common elements and then hypothesize a connection between the corresponding cultures. The elements might be from any cultural aspects at all, from speech sounds to pot marks. No complete but many partial matches have been found.
Ethnic formation hypothesis
In his own history of the Etruscan debate, Massimo Pallottino, the dominant Etruscologist of his times, distinguished between "provenance" and "ethnic formation." Theories of the former seek an origin. He divided those into "oriental", "northern" and "autochthonous." Formulating a different point of view on the same evidence, Pallottino says:
... we must consider the concept 'Etruscan' as ... attached to ... a nation that flourished in Etruria between the eighth and first centuries BC .... We may discuss the provenance of each of these elements but a more appropriate concept ... would be that of formation ... the formative process of the nation can only have taken place on the territories of the Etruscans proper; and we are able to witness the final stages of this process.
Autochthonous hypothesis
Dionysius of Halicarnassus asserted: Indeed, those probably come nearest to the truth who declare that the nation migrated from nowhere signal, but was native to the country, since it is found to be a very ancient nation and to agree with no other either in its language or in its manner of living.
With this passage Dionysius launched the autochthonous theory, that the core element of the Etruscans, who spoke the Etruscan language, were of "the earth itself"; that is, on location for so long that they appeared to be the original or native inhabitants. They are therefore the owners of the Villanovan culture.
Picking up this theme, the Bonfantes (2002) state: ... the history of the Etruscan people extends ... from c. 1200 to c. 100 BC. Many sites of the chief Etruscan cities of historical times were continuously occupied from the Iron Age 'Villanovan period on. Much confusion would have been avoided if archaeologists had used the name 'Proto-Etruscan' .... For in fact the people ... did not appear suddenly. Nor did they suddenly start to speak Etruscan.
An additional elaboration conjectures that the Etruscans were: ... an ethnic island of very ancient peoples isolated by the flood of Indo-European speakers.
Lydian immigration hypothesis
Herodotus records the legend that the Etruscans came from Lydia in Asia Minor: This is their story: [...] their king divided the people into two groups, and made them draw lots, so that the one group should remain and the other leave the country; he himself was to be the head of those who drew the lot to remain there, and his son, whose name was Tyrrhenus, of those who departed. [...] they came to the Ombrici, where they founded cities and have lived ever since. They no longer called themselves Lydians, but Tyrrhenians, after the name of the king's son who had led them there.
In reply, Dionysius of Halicarnassus, who read Herodotus, states: For this reason, therefore, I am persuaded that the Pelasgians are a different people from the Tyrrhenians. And I do not believe, either, that the Tyrrhenians were a colony of the Lydians; for they do not use the same language as the latter, nor can it be alleged that, though they no longer speak a similar tongue, they still retain some other indications of their mother country. For they neither worship the same gods as the Lydians nor make use of similar laws or institutions, but in these very respects they differ more from the Lydians than from the Pelasgians.
Sea peoples hypothesis
The Etruscans or Tyrrhenians may have been one of the sea peoples of the 13th-14th century BC.
Genetic evidence - A team of geneticists from different universities in Italy and Spain undertook the first genetic studies of the ancient Etruscans, based on mitochondrial DNA from 80 bone samples taken from tombs dating from the seventh century to the third century BC in Etruria. This study finds that they were more related to each other than to the general population of modern Italy. Recent studies suggested a Near East origin.
This team of scientists did not use genetic testing to estimate total population numbers, however they referenced a second work that did give an estimate. Based upon that estimate, the pool contained between about 150,000 to 200,000 women. Dividing these numbers by the 36 cities in the three Etruscan leagues obtains an average of between 4167 and 6944 women per community. Selecting an arbitrary family size of four gives a most approximate Etruscan population of 600,000 to 800,000 persons in about 36 communities of an average between 16,668 and 27,776 persons each. These populations are sufficiently dense and sufficiently urban to have accomplished everything the Etruscans were supposed to have accomplished.
The studies did show that the areas of historical Etruscan occupation share a relatively high concentration of y-haplogroup G with Anatolians. This evidence is not specific to any period or calendar date, and might reflect contiguous populations or significant migration far back in the stone age.
Another team of Italian researchers has shown that the mtDNA of cattle (Bos taurus) in modern Tuscany is different from that of cattle normally found elsewhere in Italy, and even in Europe as a whole. Their mtDNA is, in fact, similar to that of cattle typically found in the Near East. Many tribes who have migrated in the past have typically taken their livestock with them as they moved. This bovine mtDNA study suggests that at least some people whose descendants were Etruscans did in fact make their way to Italy from Anatolia or other parts of the Near East. The study gives no clue as to when they might have done so. But this study quickly came under attack. Working with ancient DNA is extremely difficult, because most bones from archaeological sites have been carelessly handled. Extensive contamination with modern human DNA can swamp the signal of what little ancient DNA may still survive. Hans-Jürgen Bandelt, a geneticist at the University of Hamburg in Germany, wrote that the DNA recovered from the Etruscan bones showed clear signs of such problems.
Prehistory
As the Villanovan Culture prevailed over the Etruscan range at the dawn of their history, it must have been theirs. That it was exclusively theirs over its time span is less certain, and whether Etruscan culture preceded it is completely unknown.
History
Etruscan musician - Tomb of the Triclinium - Tarquinia
Etruscan history is the written record of Etruscan civilization compiled mainly by Greek and Roman authors. Apart from their inscriptions, from which information mainly of a sociological character can be extracted, the Etruscans left no surviving history of their own, nor is there any mention in the Roman authors that any was ever written. Remnants of Etruscan writings are often concerned with religion and rituals.
Religion
The Etruscan system of belief was an immanent polytheism; that is, all visible phenomena were considered to be a manifestation of divine power and that power was subdivided into deities that acted continually on the world of man and could be dissuaded or persuaded in favor of human affairs. Three layers are evident in the extensive Etruscan art motifs. One appears to be divinities of an indigenous nature: Catha and Usil, the sun, Tivr, the moon, Selvans, a civil god, Turan, the goddess of love, Laran, the god of war, Leinth, the goddess of death, Maris, Thalna, Turms and the ever-popular Fufluns, whose name is related in some unknown way to the city of Populonia and the populus Romanus. Perhaps he was the god of the people.
Ruling over this pantheon of lesser deities were higher ones that seem to reflect the Indo-European system: Tin or Tinia, the sky, Uni his wife (Juno), and Cel, the earth goddess. In addition the Greek gods were taken into the Etruscan system: Aritimi (Artemis), Menrva (Minerva), Pacha (Bacchus). The Greek heroes taken from Homer also appear extensively in art motifs.
Architecture
The Etruscans made lasting contributions to the architecture of Italy, which were adopted by the Romans and through them became standard to western civilization. Rome itself is a repository of Etruscan architectural features, which perhaps did not originate with the Etruscans, but were channeled by them into Roman civilization. Some scholars also see in Urartean art, architecture, language and general culture traces of kinship to the Etruscans of the Italian peninsula.
Art
Close up detail on a wheel of the monteleone chariot, c. 530 BC.
Written Records
With the exception of the Liber Linteus, the only written records of Etruscan origin that remain are inscriptions, mainly funerary. The language is written in a script related to the primitive Euboean Greek alphabet. Etruscan literature is evidenced only in references by later Roman authors.
Theatre
Again, only Latin references are left of this area of Etruscan culture. One word is perhaps emblematic of this theatrical work - fersu (persona in Latin, person in English). This word, among others, passed into Latin.
Music
The instruments seen in Etruscan frescoes and bas-reliefs are essentially just different types of pipes, such as the plagiaulos (the pipes of Pan or Syrinx), the alabaster pipe and the famous double pipes, accompanied on percussion instruments such as the tintinnabulum, tympanum and crotales, and later by stringed instruments like the lyre and kithara.
Heritage at Rome
Those who subscribe to an Italic foundation of Rome, followed by an Etruscan invasion, typically speak of an Etruscan “influence” on Roman culture; that is, cultural objects that were adopted at Rome from neighboring Etruria. The prevalent view today is that Rome was founded by Italics and merged with Etruscans later. In that case Etruscan cultural objects are not a heritage but are influences.
The main criterion for deciding whether an object originated at Rome and travelled by influence to the Etruscans, or descended to the Romans from the Etruscans, is date. Many, if not most, of the Etruscan cities were older than Rome. If we find that a given feature was there first, it cannot have originated at Rome. A second criterion is the opinion of the ancient sources. They tell us outright that certain institutions and customs came from the Etruscans.
The question of the founding population
In 390 BC the city of Rome was attacked by the Gauls, and as a result may have lost many - though not all - of its earlier records. Certainly, the history of Rome before that date is not as secure as it later becomes, but enough material remains to give a good picture of the development of the city and its institutions.
Later history relates that some Etruscans lived in the Tuscus vicus, the “Etruscan quarter”, and that there was an Etruscan line of kings (albeit ones descended from a Greek, Demaratus the Corinthian) which succeeded kings of Latin and Sabine origin. Etruscophile historians would argue that this, together with evidence for institutions, religious elements and other cultural elements, prove that Rome was founded by Italics. The true picture is rather more complicated, not least because the Etruscan cities were separate entities which never came together to form a single Etruscan state. Furthermore, there were strong Latin and Italic elements to Roman culture, and later Romans proudly celebrated these multiple, 'multicultural' influences on the city.
Foundation of Rome
Rome is located on the edge of what was Etruscan territory. When Etruscan settlements turned up south of the border, it was presumed that the Etruscans spread there after the foundation of Rome, but the settlements are now known to have preceded Rome.
Etruscan walled town - Bagnoregio (Viterbo)
Etruscan settlements were frequently built on a hill — the steeper the better — and surrounded by thick walls. When Romulus and Remus founded Rome, they did so on the Palatine Hill according to Etruscan ritual; that is, they began with a pomoerium or sacred ditch. Then, they proceeded to the walls. Romulus was required to kill Remus when the latter jumped over the wall, breaking its magic spell (see also under Pons Sublicius).
The name of Rome is believed by some to be Etruscan, occurring in a
standard form stating “place from which”: Velzna-χ,
“from Velzna”, Sveama-χ,
“from Sveama”, Ruma-χ,
“from Ruma”. We do not know what it means however. If Tiberius is from θefarie, then Ruma would have
been placed on the Thefar river.
Populus Romanus
Under Romulus and Numa the people were said to have been divided into thirty curiae and three tribes. Very few words of Etruscan entered the Latin language, but the names of at least two of the tribes — Ramnes and Luceres — seem to be Etruscan. The last kings may have borne the Etruscan title lucumo, while the regalia were traditionally considered of Etruscan origin: the golden crown, sceptre, the toga palmata (a special robe), the sella curulis (curule chair), and above all the primary symbol of state power: the fasces. The latter was a bundle of whipping rods surrounding a double-bladed axe, carried by the king's lictors. Chance has thrown an example of the fasces into our possession: remains of bronze rods and the axe come from a tomb in Etruscan Vetulonia. Now that its appearance is known, the depiction of one was identified on the grave stele of Avele Feluske, who is shown as a warrior wielding the fasces.
The most telling Etruscan feature is the word populus, which appears as an Etruscan deity, Fufluns. Populus seems to mean the people assembled in a military body, rather than the general populace, however.
Etruscan cities
The range of Etruscan civilization is marked by its cities. They were entirely assimilated by Italic, Celtic or Roman ethnic groups, but the names survive from inscriptions and their ruins are of aesthetic and historic interest in most of the cities of central Italy.
Wikipedia
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e http://en.wikipedia.org/wiki/Etruscan_civilization)
il 9 maggio 2008.
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