Lessico
Giovan Camillo Maffei
La tavoletta votiva del soldato cieco Valerius Aper, citata da
Aldrovandi a pagina 289 di Ornithologia II (1600), con ogni probabilità era conservata a
Napoli, dove un ramo dei Maffei di Solofra si era impiantato per poter sostenere, con la residenza nella capitale,
l’arte del battiloro a Solofra.
Artis
gymnasticae libri sex di Girolamo Mercuriale
Liber
primus - De principiis medicinae
Contenuto della tavoletta votiva in marmo conservata presso i Maffei
rinvenuta nel tempio di Esculapio
a Roma sull’Isola Tiberina
in cui si parla di Valerio Apro che guarì dalla cecità
grazie a Esculapio e al sangue di un gallo bianco.
I Maffei erano importanti rappresentanti della borghesia artigiana impegnati in varie attività artigianali e mercantili tra cui l’arte del battiloro con una bottega che lavorava il metallo anche con un marchio proprio. Un battiloro riduce l'oro e altri metalli preziosi in lamine o foglie sottilissime battendoli con un martelletto, a scopo essenzialmente decorativo.
Solofra è oggi un centro in provincia di Avellino, in una conca boscosa
dei Monti Picentini, noto fin da epoca medievale, e in particolare dagli inizi
del sec. XVI, come centro di attività conciarie legate all'allevamento
locale. Uno dei rappresentanti dei Maffei, figlio di Antonio, fu Giovan
Camillo Maffei, che era
medico, e che a causa di studi sul modo di imparare a cantare ha degli
addentellati con il collega coevo Girolamo Mercuriale che si
era dedicato allo stesso argomento. È quindi assai verosimile che la
tavoletta fosse in posseduta dalla sua famiglia.
Giovan
Camillo Maffei, medico e filosofo aristotelico appartenente alla seconda metà
del secolo XVI, non esercitò solo l’arte di Esculapio,
ma ampliò i suoi studi introducendovi le sue competenze di musico e filosofo.
Dette infatti impostazione scientifica a un metodo già conosciuto
empiricamente e cioè l’uso della musica nella cura di alcune malattie
approdando a quelle intuizioni su cui oggi si poggia una parte della medicina.
Nel Cinquecento questo argomento trovò pratica applicazione e interesse da parte di medici e scienziati. Scrisse Scala naturale, overo Fantasia dolcissima intorno alle cose occulte e desiderate nella Filosofia che ebbe ben quattro edizioni a Venezia (1563, 1584, 1600, 1607) che testimoniano la diffusione del trattato negli ambienti della scuola aristotelica padovana. L’ultima edizione fu sempre a Venezia del 1781.
L’opera è un compendio delle parti del mondo descritte seguendo Aristotele.
L’autore espone il sistema cosmico secondo principi del filosofo di Stagira.
Tratta delle comete, delle meteore, dei noti dei corpi celesti, allargando le
sue osservazioni a tutti gli ambiti dalla meteorologia alla botanica, dalla
zoologia all’alchimia. È trattato ampiamente il mondo
della natura come quando esamina la natura dei pesci del Mar Rosso, la virtù
dell’acqua, le caratteristiche della neve e della grandine.
Mauro Uberti riferisce
qualche altra piccola nota biografica relativa a Camillo Maffei: [...] Il medico,
filosofo, cantante e liutista Camillo Maffei nel suo «... discorso della
Voce...» affronta problemi di fisiologia e terapeutica vocali ancora secondo
gli insegnamenti della medicina galenica, ma, soprattutto, «... del Modo d'apparare
di cantar di garganta senza Maestro...». Dall'intera lettera si ricava che
egli tratta del canto da camera e che a questo si riferiscono le poche
indicazioni tecniche fornite. Egli dice, per esempio, che «il luogo dove i
passaggi si formano, è quello istesso, nel quale si forma la voce; cioè la
cartilagine chiamata cimbalare...».
Questa, e le notizie che
seguono, sono tratte da un lavoro di Mauro Uberti - Caratteri
della tecnica vocale in Italia dalla lettera sul canto di Camillo Maffei al
trattato di Manuel Garçia - Associazione Corale Goriziana «C. A.
Seghizzi» - Gorizia - XV
Convegno Europeo Sul Canto Corale - La situazione
attuale degli studi e della ricerca sulla tecnica vocale e sulla didattica
della vocalità con particolare riferimento al canto corale - Atti e documentazioni - pp.
23-53.
[...]
Conseguenza di ciò è che, almeno fino a Garçia - il quale si propone lo
scopo scientifico di descrivere il meccanismo della «voix sombrée» in
un'epoca nella quale sia l'anatomia che la fisiologia sono già alquanto
avanzate - non abbiamo descrizioni valide o complete sull'argomento. A Camillo
Maffei (il suo «Discorso...» [Maffei,
G.C., Delle lettere del S.or Gio. Camillo Maffei da Solofra Libri due: doue
tra gli altri bellissimi pensieri di Filosofia, e di Medicina, u'è un
discorso della Voce e del Modo, d'apparare di cantar di Garganta, senza
maestro..., Napoli, Amato 1562. Edizione moderna in: Bridgman, N., «G.C.M.
et sa lettre sur le chant», Revue de musigologie, XXXVIII, 1956, pp.
10-34.], che ho
scelto come punto di partenza per questa descrizione, è del 1562), che pure
era medico e scriveva con gli stessi intendimenti, per fare un lavoro
altrettanto valido manca soprattutto il metodo scientifico e, benché già in
possesso delle necessarie conoscenze anatomiche (il grande trattato del
Vesalio, per
esempio, è del 1543), ad eccezione di poche cose, tuttavia importanti, non
riesce neppure a descrivere tutto quello che pure ha sotto gli occhi.
Leonardo, che, ricordiamo, era morto nel 1519, aveva già visto, descritto e
disegnato in fonetica molto di più. Tuttavia non è il caso di accanirsi
contro il povero Maffei dal momento che una descrizione sistematica delle
tecniche vocali romantiche e post-romantiche, che abbia contemporaneamente
valore musicologico e fisiologico, è ancora oggi tutta da fare.
[...]
Sull'entità della potenza di voce adottata nelle cappelle ci viene aperto uno
spiraglio interessante dal medico Girolamo Mercuriali (1530-1606) che, nel
1569, con i suoi Artis gymnasticae apud antiquos celeberrimae, nostris
temporibus ignoratae, libri sex, ancora fedele ai precetti della medicina
galenica, tratta a due riprese «Della costrizione del fiato» e «Della
vociferazione...». Per quanto nel titolo dia per «ignorata» l'arte ginnica
ai suoi tempi e nella dedica al cardinale Alessandro Farnese [Valentano
1520-Roma 1589: fu cardinale di grande valore e aspirò invano al soglio
pontificio], del quale era medico personale, si vanti di aver preso a
occuparsi di «cosa nuova e da pochi forse pensata» il numero delle
successive edizioni induce a pensare che le pratiche fisioterapiche di cui
tratta rifacendosi all'autorità dei medici antichi (Ippocrate,
Erasistrato
, Dioclo,
Erofilo
, Celso
, ecc.)
non venissero soltanto descritte, ma anche applicate. Del resto già il Maffei
- pochi anni prima, come abbiamo visto - attestava espressamente: «Buono anco
rimedio [à far buona voce] è il tenere una piastra di piombo nel stomaco, si
come anco il medesimo Nerone
facea». Comunque, per quanto riguarda il fiato e
la vociferazione, il Mercuriali dice che analogamente a quanto si fa oggi in
clinica, nella riabilitazione funzionale respiratoria «I medici... usavano un
doppio tipo di costrizione: una con la quale tutti i muscoli del torace
rilasciati venivano immobilizzati... l'altra nella quale anche i muscoli
dell'addome venivano costretti;... in tutti e due i casi facevano uso di certe
fasce, cingendo con le quali il torace, le coste e il ventre più agevolmente
conseguivano lo scopo». Gli scopi, in realtà, erano molteplici. Fra questi
«Celso approvava l'esercitarsi nello scioglimento della lingua a fiato
trattenuto così come Ezio
in ogni
sconvolgimento vocale». Ma poi soggiunge: «Per nessun motivo devono
esercitarsi a trattenere il fiato coloro che patiscono di ernia... perché...
si formano ernie di difficile guarigione come con frequenza suole avvenire ai
suonatori di strumenti a fiato ed ai cantori...». E più avanti ancora: «Non
di meno è opportuno tener sempre a memoria quel detto di Avicenna
secondo
il quale è pericoloso emettere una gran voce a lungo perché sovente accade
che dai predetti esercizi di voce derivino numerose ernie e altre crepature,
come possono assicurare i sacerdoti o i cantori di oggi». La raffigurazione
di quattro putti costretti da fasce respiratorie, presente nell'edizione del
1601, e queste ultime considerazioni lasciano adito alla supposizione che i
cantori da cappella cantassero al limite delle loro possibilità fisiche e che
l'irrobustimento della voce fosse oggetto di metodi particolari.