Aldrovandi ovunque
Anche sulla Luna
Con
la consulenza di Livia Marchioni
bolognese DOC
e di suo marito Leslye Haslam
nicaraguense di nascita ma bolognese
d'adozione
nonché
del Brigadier Generale
Antonio Torregrossa
Ovunque
il guardo io giro
Ulisse Aldrovandi ammiro
su
ispirazione di Pietro Trapassi
grecizzato in Metastasio
bolognese per sangue materno
Il Quartiere Santo Stefano è un quartiere del Comune di Bologna. Nacque dalla fusione di tre precedenti quartieri: Colli, Galvani e Murri, che oggi costituiscono le zone statistiche in cui il quartiere si articola. Il nome richiama all'arteria storica e viaria principale del quartiere, l'antica Strada Santo Stefano (oggi Via Santo Stefano - Via Augusto Murr i- Via Toscana). Attuale presidente del Quartiere (2008) è Andrea Forlani (PD).
Istituti culturali e scuole: Liceo Galvani, liceo Ginnasio Statale "Luigi Galvani" - Scuola media "Rolandino de' Passeggeri" - Associazione culturale Italo-britannica, scuola di lingua inglese con corsi di lingua per bambini, ragazzi e adulti. - Associazione culturale e Sportiva Parco Giardini Margherita PGM Bologna corsi e attività per tutte le classi di età in aule attrezzate a Bologna Centro G. Q.re Santo Stefano Comune di Bologna.
Da
sinistra
Basilica dei Santi Vitale e Agricola
Basilica del Santo Sepolcro
Chiesa del Crocifisso dove è sepolto Ulisse Aldrovandi
All'ombra delle due Torri inizia la Via Santo Stefano, fiancheggiata da bellissimi edifici ornati in cotto e variamente decorati; lasciato a destra l'angusto spiazzo ove si affaccia la Loggia della Mercanzia, e percorso un breve tratto, ci troviamo in una piccola piazza triangolare che porta lo stesso nome del protomartire cristiano e nella quale si alza l'imponente complesso romanico costituito in origine da ben sette chiese; ora le chiese, collegate da cortili e da chiostri, sono soltanto quattro. Sul sagrato, antichissime tombe in pietra grezza dormono all'ombra di tranquilli cipressi.
www.belpaese.it
La Basilica di Santo Stefano è il complesso di edifici sacri più suggestivi di Bologna. Si trova nell'omonima piazza ed è conosciuto anche come il complesso delle "Sette Chiese". La tradizione indica San Petronio come progettista della basilica, che avrebbe dovuto ricalcare il Santo Sepolcro di Gerusalemme, edificata sopra un preesistente tempio dedicato a Iside.
Tutti i restauri del complesso di Santo Stefano si possono collocare in un periodo che va dal 1870 al 1930 e sono caratterizzati dalla volontà di riportare l'intero complesso alle forme originarie, quelle medievali, liberandolo da tutti gli interventi che erano avvenuti nei secoli successivi.
Le origini degli edifici sono comunque molto antiche: la chiesa di San Giovanni Battista o del Santo Crocifisso risale all'VIII secolo, la chiesa del Santo Sepolcro forse al V secolo e ristrutturata nel XII secolo. In una cella sormontata da un altare con pulpito era situata la tomba di San Petronio, vescovo di Bologna dal 431 al 450 e protettore della città. Ora essa è stata trasferita nella Basilica di San Petronio.
Anche la chiesa dei Santi Vitale e Agricola protomartiri della Chiesa Bolognese - (festa il 4 novembre) risale al V secolo, ma fu rifatta nell'VIII secolo e successivamente nell'XI secolo; essa conserva i sarcofagi dei due martiri. Attraverso il "cortile di Pilato", portico del Duecento, si raggiunge la chiesa della Trinità o del Martyrium (XIII secolo). I numerosi restauri eseguiti verso il 1880 e nei primi decenni del XX secolo hanno mutato il volto antico del complesso e ridotto a quattro le tradizionali "Sette Chiese".
Chiesa del Crocifisso
Foto di Livia Marchioni- 28 ottobre 2006
La Chiesa del Crocifisso è di origine longobarda e risale all'VIII secolo. Con l’arrivo e lo stabilirsi dei Longobardi a Bologna (727-728), il complesso stefaniano si arricchì di una nuova significativa costruzione, la chiesa del Crocefisso, in origine dedicata a San Giovanni Battista, quella che prospetta sulla piazza e costituisce il più evidente biglietto da visita del gruppo di chiese retrostanti. I Longobardi occuparono Bologna quasi due secoli dopo la loro entrata in Italia, quando ormai erano cristiani e avevano già abbandonato l’eresia ariana. (www.ottovolante.org)
È costituita da una sola navata con volta a capriata che termina con il presbiterio a cui si accede tramite una scalinata, al centro della quale si trova il Crocifisso, opera di Simone de' Crocifissi risalente al 1380 circa. Vi si trova anche la tomba della famiglia Aldrovandi.
Tomba
della famiglia Aldrovandi
Foto di Gian Battista Vai - 31 gennaio 2003
Sulla
lapide - salvo errori e omissioni - si legge
Trinitati
Nicolao Aldrovando Attavo Petro Avo
Equitibus et Iureconsultis
Ac Nicolao Patri
Patriciis et Sixdecemviris
Rari Exempli Viris
Io Franciscus et Sebastianus
Instauraver et Sibi
Anno m d kl April
Restauri - I restauri della chiesa di San Giovanni Battista, detta del Crocifisso, riguardano sia la facciata che l’interno.La chiesa è formata da tre parti principali: una navata, la cripta e il presbiterio sopraelevato, che nelle epoche precedenti erano state prima divise e considerate come corpi indipendenti, epoca tardo gotica, poi riunite, epoca barocca. All’interno fu sostituita la grande scala seicentesca che collegava il presbiterio alla navata e furono abbattuti i muri laterali con le relative cappelle e aperte le arcate di accesso alla cripta. All’esterno, nel 1876, il conte archeologo Giovanni Gozzardini diede inizio ai lavori con la stretta collaborazione con l’architetto Raffaele Faccioli per il ripristino del presunto disegno romanico. Furono riaperte le quattro monofore e fu inserito un rosone circolare al centro al posto della grande finestra quadrangolare. Nel 1920 l’architetto Collamarini continuò i lavori nella chiesa del Crocifisso secondo il progetto di Faccioli. (http://schedearchitettura.blogspot.com)
Foto
di Giuseppe Calzolari
cognato di Livia Marchioni
Cripta
Sotto la Chiesa del Crocifisso vi è la Cripta suddivisa in cinque navate con colonne di diversa fattura; in fondo a essa, in un'urna riposta su un altare, sono custoditi i resti dei Santi Vitale e Agricola.
Basilica
dei Santi
Vitale e Agricola
La
facciata neoromanica del XIX secolo
della basilica dei Santi Vitale e Agricola a Bologna.
Foto di Giovanni Dall'Orto - 9 febbraio 2007
Per
i dati relativi alla Basilica
si veda la voce del lessico dedicata ai due Santi
Basilica del Santo Sepolcro
Pulpito
È la costruzione più antica del complesso, detta anche Calvario. Al suo interno ci sono 12 colonne di marmo nero e laterizio mentre al centro si trova un'edicola che custodisce le reliquie di San Petronio, qui rinvenute verso la metà del XII secolo.
Cortile di Pilato
Iscrizione nel cortile di Pilato
Al Cortile di Pilato, così chiamato per ricordare il lithóstrotos (pavimentato di pietre, da líthos, pietra+ strotós, ricoperto), luogo dove fu condannato Gesù, si accede uscendo dalla Basilica del Sepolcro. Il cortile è delimitato a nord e a sud da due porticati in stile romanico con caratteristiche colonne cruciformi in mattone e reca al centro una vasca in pietra calcarea poggiata su un piedistallo, il cosiddetto "Catino di Pilato".
Cortile e Catino di Pilato
Il Catino di Pilato è un'opera longobarda risalente al 730-740 e reca un'iscrizione sotto il bordo di cui si riporta la trascrizione più accreditata:
« + VMILIB(us) VOTA SVSCIPE D(omi)NE DDNNR LIVTPRAN ET ILPRAN REGIB(us) et D(om)N(o) BARBATV EPISC(opo) S(an)C(te) HECCL(esie) B(o)N(onien)S(i)S HIC IHB SVA PRECEPTA ORTVLERVNT VNDE VNC VAS IMPLEATVR IN CENAM D(omi)NI SALVAT(ori)S ET SI QVA MVNAC MINVERIT D(eu)S REQ(uiret) »
Gallo di San Pietro
Sotto il porticato, al centro di una finestra, su una colonna, c'è un gallo di pietra risalente al XIV secolo, chiamato "Gallo di Sam Pietro" per ricordare l'episodio evangelico del rinnegamento di Gesù. Sempre sotto il porticato è possibile osservare alcune lapidi mortuarie tra le quali una, con al centro un paio di forbici, appartenente a un sarto.
Chiesa del Martyrium
Chiamata anche chiesa della Santa Croce o del Calvario o della Trinità ha un'origine incerta. Probabilmente originariamente fu utilizzata come luogo dove deporre i corpi dei martiri Vitale e Agricola (da cui martyrium), poi successivamente, con l'avvento dei Longobardi, sarebbe divenuta Battistero. Dopo molteplici ristrutturazioni attualmente si presenta divisa in 5 navate. Dal tempo delle Crociate e fino al 1950, nella cappella centrale era custodita una reliquia della Santa Croce.
Chiostro
Il
chiostro risale ai seoli XI-XII
Il portico ospita il lapidario dei Caduti bolognesi
Qui
Ulisse Aldrovandi
nacque e morì
Foto di Antonio Torregrossa - 9 marzo 2007
Ecco cosa dettò Ulisse a un amanuense quando aveva 64 anni, cioè intorno al 1586: "Ulisse Aldrovando nacque in Bologna nobilissima città de la Gallia Cisalpina l'anno 1522 a dì 11 settembre a hore 11 in Mercurdì, giorno dedicato da la santa chiesa a' SS. Proto e Jacinto martiri. Il padre fu Teseo Aldrovando, huomo delle lettere humane et eloquenza volgare molto intelligente, che prima fu eletto tra' secretarii dell'illustre Senato di Bologna; indi a poco fu creato segretario maggiore dell'istesso Senato; morse d'anni 33. La madre fu Veronica nata d'Antonio Marescalchi, nobile famiglia, [...]." Si spense prima di compiere 83 anni, e precisamente il 4 maggio 1605.
Circa la sua data di morte le fonti antiche sono discordanti. Giovanni Nicolò Pasquali Alidosi ne fissava la morte il 4 maggio e poi la tipografia spostava l'anno di 3 secoli, dal 1605 al 1905. Giovanni Fantuzzi lo faceva morire il 10 maggio 1605. Per non parlare della Catholic Encyclopedia che, pur avendo come fonte l'opera di Fantuzzi, lo fa morire addirittura il 10 novembre, e del 1607: "Italian naturalist, b. at Bologna, 11 Sept., 1522; d. there 10 Nov., 1607." La diatriba è stata risolta grazie alle ricerche di Antonio Torregrossa.
Ricerca di Antonio Torregrossa
Ecco la ricerca di Antonio Torregrossa. In data 30 agosto 2007 scriveva questa e-mail all'Unione Bolognese Naturalisti:
Spett.le Unione Bolognese Naturalisti,
Mi rivolgo alla Vostra cortesia, ringraziandovi anticipatamente fin d'ora, per avere notizia certa del giorno della morte del grande medico e filosofo bolognese Ulisse Aldrovandi, in quanto nelle "memorie della vita di Ulisse Aldrovandi" per le stampe di Lelio dalla Volpe del 1774 viene riportato il giorno 10 maggio 1605, mentre nella raccolta dei Dottori Bolognesi "dall'anno 1000 per tutto marzo del 1623" edita da Nicolo Pasquali Alidosi viene indicato il giorno 4 maggio 1605.
Distinti
saluti e ringraziamenti.
Antonio Torregrossa
Dopo pochi giorni Antonio Torregrossa riceveva il tanto desiderato riscontro e così mi scriveva:
Gent.mo Dottor Corti,
Le invio una nota degna di credito circa la data della morte di Ulisse Aldrovandi.- A disposizione per quanto potrò, La saluto cordialmente.
Antonio Torregrossa
Gent.mo Sig. Torregrossa,
ll Prof. Zaffagnini, autore di articoli sull'Orto botanico bolognese (vedasi articolo su Natura e Montagna "Memorie degli antichi orti botanici" e un secondo prossimamente comparirà su Strenna storica bolognese), da me interpellato, mi ha risposto come segue:
"Per quanto riguarda la data della morte di Ulisse Aldrovandi, questa è il 4 maggio 1605. Il giorno della morte è stato confermato da Oreste Mattirolo che ha consultato il Libro dei Morti (ab anno 1577 ad an. 1682) della Parrocchia di Santo Stefano, oggi conservato nell'Archivio parrocchiale di San Giovanni in Monte. La notizia si trova in: Oreste Mattirolo - L'opera botanica di Ulisse Aldrovandi (1549-1605). Bologna, Regia Tipografia - Fratelli Merlani, 1897; reperibile all'Archiginnasio."
Cordiali
saluti
Anna Letizia Zanotti
(Unione Bolognese Naturalisti - Presidente)
Le foto di Antonio Torregrossa
Ed ecco la casa degli Aldrovandi o del Vivaro che si trova al n° 1 di Via de' Pepoli, già Via del Vivaro, a due passi da Piazza Santo Stefano in cui si sbuca appena svoltato l'angolo, mentre dall'altro lato finisce in Via Castiglione. Dal 1815 al 1817 la casa ebbe l'onore di ospitare anche Gaetano Donizetti (Bergamo1797-1848) dato che il suo maestro Simone Mayr, consapevole del talento dell'allievo, lo mandò a completare la formazione a Bologna presso Padre Stanislao Mattei (Bologna 1750-1825) che ebbe come allievi anche Rossini, Pacini e Morlacchi. Donizetti fu ospite in questa casa di Tommaso Marchesi insegnante presso il Liceo Musicale bolognese. Le immagini che seguono sono di Antonio Torregrossa, da lui scattate tra il 9 marzo 2007 e 24 ottobre 2008.
I Pepoli costituirono un'antica e illustre famiglia bolognese. Le prime notizie sicure intorno a essa risalgono al sec. XI, ma la sua importanza andò sviluppandosi solo dal sec. XIII quando dai traffici e dalle attività bancarie assurse alla maggior potenza cittadina. Seguaci della fazione dei Geremei (famiglia guelfa bolognese in rivalità con quella ghibellina dei Lambertazzi dal 1217) e poi capi di quella che dal loro stemma fu detta Scacchese, i Pepoli ebbero straordinarie ricchezze e vissero a lungo con fasto regale, ma, liberalissimi, profusero i loro capitali in elargizioni di ogni sorta.
Tra i loro rappresentanti più noti: Romeo (m. Avignone 1323) tentò di diventare signore della città, ma fu costretto alla fuga e all'esilio dall'insurrezione del popolo (1321) guidato dai Maltraversa; Taddeo (m. 1347), suo figlio, fu signore di Bologna; Giacomo (m. 1367) e Giovanni (m. 1367) dopo tumultuose vicende vendettero la signoria di Bologna all'arcivescovo Giovanni Visconti di Milano (1350); Guido (1560-1599) fu cardinale (1589) e governatore di Tivoli; Cesare (1563-1617), capitano al servizio degli Spagnoli e luogotenente generale per i Veneziani, nel 1594 comprò il marchesato della Preda (Parma) ottenendone l'investitura da Ranuccio I Farnese; Cornelio (1708-1777), conte e senatore di Bologna, fu munifico protettore di artisti e letterato lui stesso; Alessandro, figlio del precedente, fu letterato (Venezia 1757-1796); Carlo (Bologna 1796-1881) fu patriota e letterato; Gioacchino Napoleone (Bologna 1825-1881) fu uomo politico; Ugo (1818-1896), Giovanni (1822-1871) e Achille (1824-1867), fratelli, si segnalarono durante la difesa di Roma nel 1849.
Ulisse con toupet
Olio su tela 790x620 già attribuito a Ludovico Carracci, il dipinto è da riferire al bolognese Bartolomeo Passarotti o Passerotti (Bologna 1529-1592), uno dei pittori direttamente coinvolti nella “bottega artistica” aldrovandiana. Una copia del ritratto di Ulisse Aldrovandi, oggi nella Biblioteca Universitaria di Bologna, fu eseguita nella prima metà del 1800 dal bolognese Pelagio Pelagi o Palagi (Bologna 1775 - Torino 1860). Come ricorda un cartellino apposto sul retro della tela, il dipinto, copiato da Pelagi per desiderio dei conti Marescalchi - che possedevano l'originale passato poi nella collezione Lochis e quindi all’Accademia Carrara - fu donato dal pittore ritrattista Ippolito Bentivoglio all'Orto Botanico bolognese il 9 febbraio 1877, per essere poi trasferito alla Biblioteca Universitaria.
Ulisse senza toupet
Il ritratto inserito nel primo volume dell'Ornithologia del 1599, e utilizzato più volte nelle successive edizioni delle opere aldrovandiane, è accompagnato dal distico composto dal fedelissimo discepolo Giovanni Cornelio Uterverio che non era certamente un detrattore di Ulisse, anzi, scrisse che tra Ulisse e Aristotele l'unica differenza non era l'ingegno, bensì il volto:
Non
tua, Aristoteles, haec est, sed Ulyssis imago:
Dissimilis vultus, par tamen ingenium.
Uterverio fu prefetto dell'Orto Botanico bolognese dal 1605 al 1619. Morì a Bologna nel 1619 e venne sepolto nella chiesa della Madonna di Galliera.
Ulisse dona la sua opera a Clemente VIII
L’immagine
è inserita nel frontespizio del primo volume dell'Ornithologia
Ulisse ne dona un esemplare al pontefice Ippolito Aldobrandini (Fano 1536 -
Roma 1605)
incisione di Theodor de Bry (1528-1598)
da Bibliotheca chalcographica di Jean-Jacques Boissard - 1669
La vignetta raffigura un bosco attraversato da un fiume alcova di sirenidi, in cui due putti – ai cui piedi sono conchiglie, coralli e stelle marine – leggono le opere di Gessner, Rondelet e Belon sotto una piramide in cui è inserito il ritratto di Ulisse Aldrovandi ripreso dall'incisione di Valesio.
Piazza
Aldrovandi
Bologna
Foto di Antonio Torregrossa
Antonio Basoli - Selciata di Strada Maggiore - 1832
Il nome attuale le fu dato nel 1874
Via
Aldrovandi
Roma
Una
scoperta di Fernando Civardi
Reportage fotografico e didascalie di Andrea Bertolazzi
1
Cartina della città di Milano. Particolare.
Percorrendo corso Buenos Aires da Piazzale Loreto verso Porta Venezia,
si incontra alla propria sinistra via Plinio.
Successivamente, via Plinio incrocia via Masera e da qui
è possibile scorgere alla propria sinistra via Aldrovandi (come in foto 7).
2
La targa sul lato sinistro di via Aldrovandi verso via Morgagni.
Non sono presenti altre targhe o monumenti a lui dedicati.
3
Via Aldrovandi da via Masera
4
Via Aldrovandi da via Masera.
Notare la Ferrari sulla destra in primo piano.
5
Via Aldrovandi con sbocco su via Masera
6
Via Aldrovandi fotografata da via Morgagni
7
Via Aldrovandi (a destra del palazzo, parallela allo sguardo)
ripresa dall'incrocio di via Plinio (sulla sinistra)
con via Masera (a destra dell'osservatore)
8
Via Aldrovandi fotografata da via Jan
9
Cartina della città di Milano. Particolare.
Via Aldrovandi è sottolineata in rosso.
Ulisse
tenta di accaparrarsi
Via Aldrovandi a Imola
Malignamente mi è insorto il sospetto che Ulisse si sia rivolto a qualche fattucchiera al fine di far sì che Via Aldrovandi a Imola venga pian piano accettata come Via Ulisse Aldrovandi, un tentativo che non avrebbe in sé nulla di eccezionale, visto ciò che Ulisse affermò a proposito del porphirio pentadattilo. che aveva ricevuto dalla Spagna, lui che asseriva categoricamente di non aver mai osservato uccelli pentadattili. E visto come riuscì a far trasfigurare dai suoi artisti un'illustrazione di Licostene - monstrum ex ovo galli natum - trasformandola in un pene umano eretto al solo scopo di screditare ulteriormente di fronte al Papa e all'Inquisizione l'insigne e diligente Conrad Wolffhart le cui opere nel 1559 erano state tutte quante messe all'indice. A tenergli compagnia c'era anche Conrad Gessner, assente invece il nostro Ulisse.
Per ora Ulisse non è riuscito nel suo intento toponomastico, nonostante grazie al web sia reperibile una cartina di Imola in cui Via Aldrovandi è associata al suo nome di battesimo. Per il momento il Comune di Imola non ha ceduto, né mai cederà, alle macchinazioni di Ulisse, come dimostrano la cartina ufficiale della città, il reportage fotografico di Giuseppe Calzolari del 29 novembre 2008 nonché la preziosa e-mail che ho ricevuto l'11 marzo 2009 dalla Dottoressa Chiara Sabattani che suona così.
Egregio Dr Corti, la informo che nella toponomastica imolese il cognome della via Aldrovandi non è mai accompagnato dal nome Ulisse. Questa notizia è presente sia nelle opere storiche di toponomastica (Urbanistica e toponomastica storica di Imola / Renata Regini – Imola - a cura della Cassa di Risparmio, 1962, p. 6), sia in quelle più recenti (Passato prossimo: storia dei nomi delle vie di Imola / Andrea Ferri, Liliana Vivoli. - Imola : La Mandragora, 2002, p.39). Anche nello stradario presente nel sito web del Comune di Imola il nome della via, situata nel centro storico imolese, è solo Aldrovandi. Viene naturale associare un cognome così noto in area bolognese con uno dei suoi componenti più illustri, ma non è il caso di Imola, come correttamente anche lei ha analizzato nella sua indagine.
Cordialmente
Dsa
Chiara Sabattani
Biblioteca Comunale di Imola (BO)
Etimologia
di Aldrovandi
Esperto nell'uso del brando
Brando: grossa spada a due tagli e lama larga da impugnarsi a due mani. Il cognome Aldrovandi è molto diffuso in Emilia nel reggiano, modenese e bolognese, nel mantovano nonché nel fiorentino. Il cognome ha inizialmente origini nobili e potrebbe essere stato l'identificativo di arimanni longobardi, cioè di uomini dell'esercito particolarmente esperti nell'uso del brando, divenuti poi un casato: gli Aldobrandi.
Aldobrandi
Varianti: Aldovrandi, Aldrovandi.
Alterati: Aldobrandini.
Abbreviati: Drovandi.
Cognome diffuso, ma ormai piuttosto raro, dalla Liguria. dove prevale la forma procopata (= tagliata sul davanti) Drovandi, alla Lombardia, all’Emilia dove ha notevole frequenza la forma metatetica (= con trasposizione di r dopo la d) Aldrovandi e alla Toscana. È la trasformazione in cognome di due antichi nomi di origine germanica in parte diversi, ma poi confluiti insieme per vari processi linguistici e storico-culturali:
1 - Aldeprando, di tradizione longobardica, oppure alamannica o bavarese, per la seconda rotazione consonantica (documentato nell'VIII secolo a Belluno come Alteprand e Aldeprand e in Toscana Alprand, e nel 990 a Genova come Aldeprando);
2 - Ildebrando, di tradizione franca, documentato dall'VIII secolo nella forma latinizzata Hildebrandus, che però in Toscana, dove è normale il passaggio di il- a al-, appare dal X secolo, ed è poi comunissimo, nella forma Aldebrandus, che si incrocia quindi e si fonde con il primo nome.
Il secondo elemento è identico in tutti e due i nomi: *branda-, "incendio, fuoco", e in usi estensivi e figurati "che ha il bagliore del fuoco" e quindi "spada", in quanto è lucente (di qui, attraverso il francese antico brant, il termine italiano, letterario, brando).
In Aldeprando il primo elemento è *alda- "esperto, saggio"; in Ildebrando è invece hildio-"battaglia", con il significato. quindi di "spada della battaglia".
Dizionario
dei cognomi italiani
Emidio De Felice - 1992
Arimanni
Dal longobardo hariman, dal germanico heer - esercito mann – uomo: uomo dell'esercito. Presso i Longobardi gli arimanni erano guerrieri che dipendevano direttamente dal re e che difendevano i punti chiave del regno. Erano inoltre considerati i liberi per eccellenza e si ricorreva alla loro sentenza nei giudizi. Avevano assegnati dal re terre, pascoli e altri beni inalienabili ed ereditari per il loro sostentamento.
Via
Aldrovandi
da via Mazzini a via Quaini
La presenza in Imola della famiglia Aldrovandi, di origine bolognese, è attestata almeno dal secolo XII. Il cognome è di chiara origine longobarda, ed è assai diffuso in territorio bolognese e romagnolo nei secoli X-XII. Nell’area della via attuale una contrada e una via Aldrovandorum sono menzionate in un atto del 26 gennaio 1033, con il quale la contessa Guilla dona suoi beni alla chiesa di San Lorenzo di Imola. È presumibile che in quell’area fossero ubicati fabbricati di proprietà della famiglia. Tra i molti suoi esponenti menzionati dalle fonti in età medievale si possono ricordare Aldrevandinus iudex (1214), Aldrevandus Prepositi (1217) e Aldrevandus notarius (1228). Nei secoli successivi gli Aldrovandi sono citati più raramente, mentre il toponimo, sia come contrada che come via, compare in molte fonti posteriori, senza soluzione di continuità sino a oggi. (Andrea Ferri)
Passato
Prossimo
Storia dei nomi delle vie di Imola
di Andrea Ferri e Liliana Vivoli
Editrice La Mandragora - Imola – 2002
Torre
Aldrovandi
Via Aldrovandi 14
Spicca con la sua mole austera questa torre che è l'unica rimasta delle molte che distinguevano le dimore aristocratiche nelle città medievali, a Imola come altrove. Risale all'XI secolo e fu parzialmente abbattuta tra i secoli XIII e XIV. L'attuale sopraelevazione risale invece all'inizio del '900. L'edificio, di proprietà privata, non è visitabile.
www.comune.imola.bo.it
Reportage
fotografico
di Giuseppe Calzolari
I Longobardi a Bologna
Nell'alto Medioevo, fino all'XI secolo, Bologna fu un centro abitato abbastanza modesto rispetto alle contemporanee città di Pavia, centro amministrativo longobardo dell'Italia del nord, e Ravenna, testa di ponte dell'impero bizantino in Italia, e persino rispetto a Cremona, Mantova e Verona L'antica città romana era stata distrutta nel 728 dal re longobardo Liutprando (?-744) e una parte considerevole della vecchia area abitata, il cui reticolo stradale ad angoli retti è ancora riconoscibile nella parte centrale della città odierna, restò per secoli "rovinata e disabitata". Tuttavia, anche per i Longobardi Bologna dovette rivestire particolare rilevanza per la sua posizione, ubicata come è all'incrocio di tanti importanti itinerari e per di più al confine, verso l'Esarcato, dei loro domini. Accadde così che, mentre parte dell'antica città restava disabitata, a oriente di essa, nella zona suburbana attorno alla basilica di Santo Stefano, sorse un importante borgo longobardo. Le due città, la latina e la longobarda, convissero fianco a fianco; né la prima perse mai del tutto la sua identità, dato che per un certo periodo Bologna ebbe due vescovi, uno latino e l'altro longobardo. Il dominio longobardo durò circa cinquant'anni, fino al 774, anno della sconfitta dei Longobardi da parte dei Franchi. Bologna tornò così a dipendere dalla sede romana e, a quanto pare, vi furono restaurati gli antichi costumi della città latina. (Museo della Specola – Bologna)
Con l’arrivo e lo stabilirsi dei Longobardi a Bologna (727-728), il complesso stefaniano si arricchì di una nuova significativa costruzione, la chiesa del Crocefisso, in origine dedicata a San Giovanni Battista, quella che prospetta sulla piazza e costituisce il più evidente biglietto da visita del gruppo di chiese retrostanti. I Longobardi occuparono Bologna quasi due secoli dopo la loro entrata in Italia, quando ormai erano cristiani e avevano già abbandonato l’eresia ariana. Bologna rimase longobarda fino all'anno 774, quando Carlo Magno la restituì a papa Adriano I.
www.ottovolante.org
Imola
Imola (Jômla in romagnolo), città Medaglia d'oro al Valor Militare per attività partigiana, è un comune di circa 67.301 abitanti della provincia di Bologna. La città, circa a mezza strada tra Bologna e Forlì, è tradizionalmente considerata l'ingresso occidentale della regione storico-geografica della Romagna. Imola è situata lungo la Via Emilia, nel punto in cui la valle appenninica del fiume Santerno sfocia nella Pianura Padana.
Storia
Un primitivo insediamento si formò in età eneolitica su un'altura della sponda opposta del fiume Santerno in località Castellaccio, mentre il centro attuale fu fondato nei primi decenni del sec. II aC e ampliato nell'82 aC da Lucio Cornelio Silla, da cui il nome Forum Cornelii. La città divenne un centro di agricoltura e commercio. Secondo Paolo Diacono, nel 412 Imola fu teatro del matrimonio di Ataulfo, re dei Visigoti, con Galla Placidia, figlia dell'imperatore Teodosio il Grande.
Il nome Imola deriva dalla locuzione Castrum Imolas, usata per la prima volta nel VII secolo dai Longobardi, che lo assegnarono alla fortezza (l'attuale Castellaccio, costruzione attribuita al longobardo Clefi, successore di Alboino); successivamente il nome passò alla città stessa. Nella Guerra Gotica (535-553) e dopo l'invasione dei Longobardi (nel 574 a opera di Clefi), la città fu governata alternativamente dai Bizantini e dai Longobardi. Infatti, anche se conquistata dai Longobardi nel 574, Imola non rimase sempre sotto il loro dominio, in quanto la frontiera che divideva il regno longobardo dall'Esarcato di Ravenna era rappresentato da Modena.
L'esarcato era il territorio dipendente da un esarca, dal greco éxarchos = comandante, colui che fa iniziare, derivato da ex = da + árchø = essere il primo, comandare, guidare; era il titolo degli ufficiali di grado non elevato dell'esercito imperiale d'Oriente. I Longobardi nel 727 rioccuparono, ma questa volta stabilmente, il territorio imolese grazie a Liutprando (morto a Pavia nel 744) che nel 726 si era già impadronito di molte città dell'Esarcato e il cui regno fu il più lungo di tutti quelli longobardi in Italia, che sotto di lui toccarono l'apogeo della loro parabola storica.
In Italia l'esarcato fu istituito per consolidare la difesa del Paese progressivamente invaso dai Longobardi a datare dal 568, un'invasione che ebbe termine nel 774 per opera di Carlo Magno, dopo che l’ultimo re longobardo, Desiderio, aveva rinnovato le aggressioni contro i territori romani. Così, insieme all'Esarcato di Ravenna, Imola passò sotto l'autorità papale di Adriano I. Nel IX secolo fu coraggiosamente difesa contro i Saraceni e gli Ungari da Fausto Alidosi. Nel X secolo Troilo Nordiglio acquisì grande potere. Nei primi secoli dopo il Mille si susseguirono guerre contro i Ravennati, i Faentini e i Bolognesi, così come lotte interne da parte dei Castrimolesi (da Castro Imolese, castello di Imola) e i Sancassianesi (da San Cassiano). Nello stesso periodo venne redatto il primo Statuto comunale della città.
Nella disputa tra Papa e Imperatore, Imola fu generalmente ghibellina, sebbene essa ritornò spesso al Papa (per esempio nel 1248). Diverse volte i Signori locali tentarono di ottenere il controllo della città (gli Alidosi nel 1292, Maghinardo Pagani nel 1295). Papa Benedetto XII consegnò la città e il suo territorio a Lippo II Alidosi, il quale venne insignito anche del titolo di vicario pontificio. Il potere rimase nella famiglia Alidosi fino al 1424, quando il condottiero Angelo della Pergola, "capitano" per Filippo Maria Visconti, ne ottenne il controllo. Nel 1426 la città fu riannessa alla Santa Sede e il legato pontificio (più tardi Cardinale) Capranica inaugurò un nuovo regime negli affari pubblici.
In seguito essa fu guidata da diversi condottieri, ad esempio i Visconti, dai quali derivano diverse fortezze di confine. Nel 1434, 1428 e 1470 Imola fu conferita agli Sforza che erano diventati signori di Milano. Essa fu portata ancora sotto l'autorità papale quando fu concessa in dote sotto Caterina Sforza, la moglie di Girolamo Riario, nipote del papa Sisto IV. Riario fu insignito del controllo sul Principato di Forlì e Imola. Questo portò diversi vantaggi a Imola, che fu abbellita con splendidi palazzi e luoghi d'arte. Il controllo dei Riario comunque fu breve, dal momento che Papa Alessandro VI privò Ottaviano, figlio di Girolamo, del potere e il 25 novembre 1499 la città si arrese a Cesare Borgia. Alla sua morte, due fazioni, quella di Galeazzo Riario e quella della Chiesa, concorsero al ruolo di controllo della città. La Chiesa ebbe la meglio e nel 1504 Imola fu sottomessa a papa Giulio II. L'ultima traccia di queste contese fu un'aspra disputa tra le famiglie Vaini e Sassatelli.
Nel 1797 le forze rivoluzionarie francesi stabilirono un governo provvisorio a Imola; nel 1799 essa fu occupata dagli Austriaci; nel 1800 fu annessa alla Repubblica Cisalpina. Dopo ciò condivise le fortune della regione Romagna. Imola è tra le Città decorate al Valor Militare per la Guerra di Liberazione perché è stata insignita della Medaglia d'Oro al Valor Militare per i sacrifici delle sue popolazioni e per la sua attività nella lotta partigiana durante la seconda guerra mondiale. Imola è famosa per avere dato i natali al grande politico Andrea Costa (1851-1910).
Economia
Imola è una città a forte sviluppo industriale. Nel corso degli anni sessanta nacquero a Imola e nel circondario innumerevoli industrie, prevalentemente metalmeccaniche, ceramiche e di laterizi. Renato Bacchini fu uno dei più importanti fautori dello sviluppo dell'industria imolese privata del dopoguerra. Egli fu il fondatore del Gruppo Benati (macchine movimento terra), della Cerim (ceramiche), dell'Avicola Selice (alimentare) e il continuatore di molte altre attività industriali già presenti sul territorio. Le maggiori aziende private attuali sono l'IRCE (cavi elettrici) e la Case (gruppo FIAT),che alla fine degli anni "80 rilevò gli stabilimenti e la produzione del Gruppo Benati. La peculiarità della struttura economica imolese è la fortissima presenza di cooperative. Le maggiori sono la SACMI (impianti per l'industria ceramica e del packaging), la Cooperativa Ceramica di Imola (ceramiche), la Cefla (varie attività industriali), la CESI (edilizia) e la 3elle (infissi in legno).
Sport
La città è sede dell'autodromo Enzo e Dino Ferrari, dove si disputava il Gran Premio della Repubblica di San Marino di Formula 1, la cui, finora, ultima edizione ha avuto luogo nel 2006. L'autodromo Enzo e Dino Ferrari è tristemente famoso per la morte del campione brasiliano Ayrton Senna e dell'esordiente Roland Ratzenberger. La morte di Ayrton Senna fu assai criticata perché la legge italiana stabilisce che non si possono disputare manifestazioni sportive dopo la morte di un atleta durante la competizione. Infatti, Ratzenberger era morto sul circuito il sabato prima della gara durante le qualifiche (30 aprile 1994), mentre Senna morì durante la gara, il 1º maggio 1994; per aggirare la legge fu dichiarato che Roland Ratzenberger era deceduto in ospedale anziché sull'autodromo. Il 3 giugno 1992 la decima tappa del Giro d'Italia 1992 si è conclusa a Imola con la vittoria di Roberto Pagnin.
Gli
eccidi di Pozzo Becca e Via Aldrovandi
Scritto il 30-05-2007
C’è una cosa che mi sta dando troppo fastidio in questo periodo, per quanto riguarda il comportamento della destra imolese. La vicenda che riguarda il ricordo dell’eccidio di via Aldrovandi e il collegato Pozzo Becca. Allego qui sotto un articolo di Valerio Baroncini del Carlino di Imola e uno di Massimo Mongardi del Domani per riassumere questa vicenda. Insieme a qualche fotografia, da ingrandire facendoci clic sopra, dei corpi ritrovati sul fondo del Pozzo.
Il Resto del Carlino Imola - maggio 2007
Eccidi
partigiani, i familiari si costituiscono parte civile
Via Aldrovandi e Cologna Veneta: svolta nell’inchiesta.
A distanza di 62 anni hanno deciso di costituirsi parte civile. E in questo modo si sbloccherà l’inchiesta, aperta da anni, sull’eccidio dei loro familiari tra Cologna Veneta e via Aldrovandi. L’episodio che il 25-26 maggio del 1945 ha scosso Imola torna a galla: è lo storico Marco Pirina, studioso dell’associazione Silenter loquimur, a svelare l’ennesima svolta di una vicenda intricatissima. «Siamo pronti a proiettare un documentario sul caso Imola, sistemeremo una croce in Veneto in ricordo delle vittime — spiega Pirina —, mentre a livello locale i gruppi di AN e FI chiederanno al Comune di apporre una targa in via Aldrovandi, luogo del linciaggio. Infine a metà giugno organizzeremo un dibattito pubblico, condotto dall’inviato di guerra del Quotidiano Nazionale -Carlino Lorenzo Bianchi, a cui inviteremo anche le associazioni imolesi dei partigiani.
Nostro scopo non è quello di riscrivere la storia, ma di scriverla. Dobbiamo rompere questo muro di silenzio che si è creato attorno ai fatti di Cologna Veneta e via Aldrovandi». I due episodi, collegati, sono al centro di un’inchiesta su cui indaga Sergio Dini, procuratore del Tribunale militare di Padova. Si tratta del tristemente noto linciaggio di fascisti avvenuto in centro a Imola e dell’uccisione di sei familiari di fascisti imolesi avvenuto a Cologna, all’ex asilo infantile di via XX Settembre, dove il gruppo si era ritrovato come ‘sfollato’. I sei erano stati fucilati sulle sponde del canale Guà, i corpi abbandonati alla corrente. Queste le vittime: Iride Baldini, 36 anni e il figlio Alessandro di 16, Luciana Minardi, coetanea di Alessandro, Giuliano Ferri di 19 anni, Speranza Ravaioli di 31 e Amleto Tarabusi di 26. A Imola invece morirono dodici persone. I due episodi, secondo le ricostruzioni fatte negli anni dai partigiani, fu la reazione alla strage del pozzo Becca. Nel pozzo, profondo trenta metri, di un magazzino per la frutta furono calati il 13 aprile i corpi seviziati (occhi e unghie strappati, testicoli bruciati) di sedici partigiani e civili che erano stati tenuti in ostaggio nella Rocca Sforzesca dai tedeschi e dal distaccamento della Brigata repubblichina ‘Mario Zecchini’ di Bologna. Ma per Pirina «l’eccidio di via Aldrovandi e quello di Cologna sono avvenuti in violazione delle convenzioni di Ginevra». E così sono scattate le denunce e adesso la decisione dei familiari di queste vittime (tanti non vivono più a Imola dopo quei terribili fatti) di costituirsi parte civile. Qualcuno dei partigiani che andarono a Cologna è ancora vivo: sarà ora Dini a decidere se iscriverli o meno nel registro degli indagati. va. ba.
Il Domani di Imola - mercoledì 30 maggio 2007
Polemica
replica dei DS sull’eccidio di via Aldrovandi
La destra fa un uso improprio della storia
Imola. Dopo il corteo di Forza Italia e AN tenutosi sabato scorso contro l’eccidio di 16 fascisti linciati dalla popolazione imolese nei giorni successivi alla fine della Seconda Guerra Mondiale sull’ormai famoso camion in via Aldrovandi, è arrivata la reazione della sinistra radicale (Rifondazione, Comunisti italiani, Verdi, ARCI, Legambiente) che ha subito condannato l’iniziativa colpevole «di revisionismo storico».
Ieri sull’argomento hanno preso la parola i DS. Secondo il segretario della Quercia di viale Zappi Massimiliano Stagni, «la destra imolese fa un uso improprio della storia che, a distanza di anni, consiglia una lettura più appropriata in relazione a un paese sconvolto dalla guerra e dall’occupazione straniera. Per comprendere la vicenda politica dell’Italia di quel tempo occorre calarsi in una riflessione che colga appieno quel momento storico. Parlare dell’eccidio di via Aldrovandi senza metterlo in relazione con il massacro del “pozzo Becca” significa occultare la verità».
Stagni puntualizza pure che «le brigate nere trasportate dal camion di via Aldrovandi erano i diretti responsabili delle torture e dei morti del “pozzo Becca” e delle numerose efferatezze di cui si macchiarono i fascisti, in particolare negli anni tra il ‘43 e il ‘45».
Il segretario DS ricorda poi che «la compassione umana per tutti i caduti non può fare venire meno le ragioni della democrazia e della libertà che animavano i partigiani, i quali condussero la Resistenza, e le forze alleate contro l’oppressione del regime fascista e nazista. Quei valori sono alla base delle celebrazioni ufficiali della festa della Repubblica del 2 giugno che ha fortissimamente voluto Carlo Azeglio Ciampi quando era presidente della Repubblica ».
Per queste ragioni i Democratici di sinistra saranno presenti, come tutti gli anni, al tradizionale incontro tra partigiani e cittadini della Faggiola promosso dall’Anpi, il 10 giugno prossimo, nel 63esimo anniversario della gloriosa 36esima brigata “Garibaldi “Bianconcini” e nel sessantesimo anniversario della nascita della Costituzione italiana che risale al 27 dicembre del 1947 ed è entrata in vigore il primo gennaio 1948 quando il presidente della Repubblica era Enrico Di Nicola.”
La descrizione dell’eccidio del Pozzo Becca, dal Museo Virtuale della Certosa, è questa: “Eccidio del Pozzo Becca. Il 12 aprile 1945, due giorni prima della liberazione, le brigare nere di Imola e un reparto di SS prelevarono numerosi prigionieri dalle carceri della Rocca e ne uccisero 16, dopo averli a lungo torturati, li uccisero. I cadaveri finirono nel pozzo dello stabilimento ortofrutticolo Becca, in via Vittorio Veneto. I resti delle vittime furono recuperati qualche giorno dopo la liberazione di Imola. Il maggiore I.C. Ried, della polizia militare inglese, dopo avere diretto il ricupero delle salme disse: «Non ho mai visto in vita mia uno spettacolo così orrendo. È incredibile che tanta crudeltà possa esistere in esseri umani». Il 13 febbraio 1948 la corte d’assise speciale di Bologna condannò a 30 anni di reclusione Pietro De Vito e Delendo Vassura, riconosciuti colpevoli dell’eccidio. Le vittime sono: Bernardo Baldazzi, Dante Bernardi, Gaetano Bersani, Duilio Broccoli, Antonio Cassani, Guido Facchini, Mario Felicori, Paolo Filippini, Cesare Gabusi (in alcuni elenchi è citato come Cesare Galassi), Secondo Grassi, Ciliante Martelli (in alcuni elenchi è indicato come Augusto), Mario Martelli, Corrado Masina, Domenico Rivalta, Giovanni Roncarati, Augusto Ronzani. Il processo contro tutti i responsabili non fu celebrato. [Nazario Sauro Onofri]”
È stato anche con il viaggio a Mauthausen che ho visto la crudeltà del periodo della seconda guerra mondiale. Una crudeltà che si ritrova leggendo la storia imolese dell’eccidio del Pozzo Becca. Sono le pagine più brutte scritte dall’uomo. È terribile anche solo pensare a chi, estraendo i corpi dal Pozzo, si è trovato davanti ad amici, compagni, familiari così barbaramente e terribilmente torturati, uccisi. Non è riaprendo queste vecchie, profonde e dolorose ferite che si riuscirà a vivere più serenamente nei nostri giorni. E, davvero, la prima cosa della quale oggi avrebbe bisogno la nostra società sarebbe meno rabbia, astio, paura e un po’ più di serenità.
www.andreabondi.it
Orto
Botanico Ulisse Aldrovandi
San Giovanni in Persiceto - BO
Un giardino della flora spontanea
Osservatorio
astronomico
inserito nel cuneo verde dell’orto botanico
L'Orto Botanico Ulisse Aldrovandi è stato realizzato dal Comune di San Giovanni in Persiceto su proposta e in collaborazione con la locale Sezione del WWF Italia. A cominciare dal 1985 sono state raccolte in questo spazio più di 300 specie (arboree, arbustive, erbacee), tra le più significative del territorio emiliano e romagnolo, distribuendole per famiglie o per ambienti individuati sul posto o ricostruiti.
L'Orto Botanico si prefigge quindi di dare al pubblico un'idea della vegetazione della nostra zona nonché di individuare le specie, catalogarle, costituire un erbario, uno schedario fotografico, strumenti indispensabili per una corretta informazione scientifica. E altra finalità, certamente non secondaria di questo Orto Botanico, è l'aspetto didattico-educativo. Si vuole infatti portare il visitatore il più possibile a contatto con l'ambiente naturale mediante la conoscenza della flora, aiutandolo nell'individuazione con il nome scientifico e volgare della pianta e coinvolgendolo in semplici esperimenti e ricerche scientifiche. La conoscenza delle singole specie, del loro ruolo in natura, degli ambienti in cui vivono, della cultura e delle tradizioni a esse legate, delle comunità animali associate, aiuta a comprendere meglio la natura del proprio territorio e invita a un maggior rispetto della stessa.
L'Orto Botanico non è una realtà statica e consolidata sull'impianto esistente, è sempre soggetto a crescita e ad ampliamento. Le piante dell'Orto Botanico sono spesso consociate in ricostruzioni di ambienti naturali. Altre volte sono riunite in gruppi conspecifici. Per avere l'elenco completo e aggiornato delle piante ospitate all'interno dell'Orto Botanico rivolgersi ai gestori dell'impianto. Sono inoltre disponibili per la consultazione testi scientifici, divulgativi e schede botaniche. All'interno della Baita si trovano: un'ampia collezione di vari tipi di legno, una raccolta di reperti naturalistici, un erbario, una serie di nidi e diversi sussidi didattico.
Perché un orto botanico
Perché allestire un Orto Botanico a San Giovanni in Persiceto? I nostri alberi stanno quotidianamente scomparendo e possiamo rendercene conto se osserviamo la nostra piatta e monotona campagna. La stessa sorte sta toccando anche ad arbusti, cespugli ed erbe, un tempo comuni nelle siepi e nel sottobosco. Nei nostri giardini, dove potremmo offrire un ultimo, estremo rifugio alle piante autoctone, poniamo invece a dimora essenze esotiche o comunque estranee alla nostra flora. Come opporci a questa situazione? Per fare qualcosa di concreto, che valga come consiglio ed esempio per tutti (pubblici e privati), si e perciò istituito un Orto Botanico che contenesse soprattutto quelle piante che sono spontanee nel nostro territorio e che nessuno più mette a dimora nel proprio terreno.
Informazioni generali
Superficie: 1,9 ha - Assolazione: 870 h (ore annue di sole) - Terreno. medio impasto tendente all'argilloso - Precipitazione media annua 530 mm, media stagionale 110 mm (inverno) 140 mm (primavera) 80 mm (estate) 150 mm (autunno) - Temperatura media annua: 13,0°C, massima assoluta: 42,5°C, minima assoluta -24,0°C (Fonte: L. Pasquali)
Aspetti botanici (dati aggiornati al Novembre 1993) - Specie legnose presenti: 215 -pecie erbacee presenti: 85 - Ambienti vegetazionali: biotopo umido (piante acquatiche e igrofile), siepe mista alberata, roccera (piante grasse e xerofile), area a libera evoluzione, area con piante officinali, area con piante mediterranee regionali.
L'Orto Botanico di San Giovanni in Persiceto è di proprietà comunale ed è gestito, con apposita convenzione, della locale Sezione del WWF Italia mediante attività di volontariato.
Come visitare l'Orto Botanico
L'Orto Botanico è aperto al pubblico gratuitamente. L'accesso è consentito nelle sole ore diurne. È vietato l'accesso con veicoli a motore e uscire con le biciclette dagli appositi percorsi ciclo-pedonali. È vietato raccogliere fiori, foglie, funghi, muschio o parti di piante. Per la visita autonoma è consigliabile utilizzare il presente opuscolo e i cartellini esplicativi.
L'osservatorio astronomico
L'osservatorio astronomico è stato inaugurato nell'autunno 1984. La realizzazione è avvenuta grazie all'attività del Gruppo astrofili persicetani sorretta e incoraggiata dal contributo di privati e dell'Amministrazione comunale di San Giovanni in Persiceto. L'osservatorio e i suoi strumenti sono opera in buona parte del volontariato e ciò ha permesso di mantenere i costi molto contenuti. Il progetto iniziale risale al 1980 con l'aiuto determinante dell'ufficio tecnico comunale di San Giovanni in Persiceto. Nel 1985 è stato costruito l'eliostato (uno strumento per l'osservazione del sole) e iniziata la realizzazione della stazione meteorologica, ultimata nel 1988. Sempre nel 1985 è iniziata la realizzazione dell'Orto Botanico nel terreno prospiciente l'osservatorio.
Attrezzature
L'osservatorio è costituito da un edificio di due vani a forma cilindrica del diametro di quattro metri. Nel vano inferiore, che è interrato in una collinetta di circa 50 metri di diametro, sono situate: la camera oscura, il fuoco dell'eliostato e la zona computer per registrare parametri solari, meteorologici e sismici. Nel vano superiore si trova il telescopio. Esternamente, esattamente a sud, vi sono gli edifici che alloggiano l'eliostato, il sismometro e il radiometro; inoltre nel prato prospiciente vi sono le capannine che alloggiano gli strumenti meteorologici. In particolare l'osservatorio dispone di: telescopio, eliostato, sensori di direzione e velocità del vento, barotermoigrografo, pluviografo, eliofanografo, geotermografo, pirografo, solarimetro, ricevitore satelliti meteorologici, rivelatore raggi cosmici, orologio solare (tracciato sul muro a est, sud e ovest) sfera armillare del diametro di 3 metri.
http://gapers.astrofili.org
The
Civico Orto Botanico
Ulisse Aldrovandi
The Civico Orto Botanico "Ulisse Aldrovandi", also known as Civico Giardino Botanico "Ulisse Aldrovandi", is a municipal botanical garden located at Vicolo Baciadonne 1 I-40017 San Giovanni in Persiceto, Emilia-Romagna, Italy.
The garden was established in 1985, and named in honor of celebrated natural historian Ulisse Aldrovandi. It now contains about 300 types of plants local to the Po Valley and Emilia-Romagna, as well as an astronomical observatory, planetarium, museum with collection of meteorites and other stones, all of which form part of the Museo del Cielo e della Terra.
Persiceto deriva dal latino persica (pesca, dal classico (mala) persica, neutro plurale, (mele) persiane) con l'aggiunta del suffisso collettivo -etum, quindi persicetum. È quindi da presumere che in quest'area prosperasse la coltivazione del pesco, Prunus persica = Amygdalus persica, della famiglia Rosacee, pianta originaria della Cina.
San Giovanni in Persiceto (in bolognese San Zvân) è un comune di 25.906 abitanti (2008) in provincia di Bologna, 20 km a nordovest del capoluogo, a 21 m slm, a ovest del fiume Reno e a est del fiume Panaro. Produzione di cereali, barbabietole da zucchero, ortaggi, frutta e foraggi; allevamento bovino; industrie metalmeccaniche, tessili e dei materiali da costruzione. Si chiamò anticlericalmente Persiceto dal 1912 al 1928.
A San Giovanni in Persiceto ha sede ufficialmente il Museo del Cielo e della Terra, il museo della scienza dell'area metropolitana bolognese, del quale è presidente Giorgio Celli. Si tratta di un museo diffuso che si sviluppa in più poli sui Comuni di Terre d'acqua (Persiceto, Sant'Agata Bolognese, Crevalcore, Anzola dell'Emilia e Sala Bolognese).
Nel comprensorio persicetano si trova l'Area astronomica del museo (Planetario e Osservatorio Astronomico), l'Orto Botanico "Ulisse Aldrovandi", l'Area di riequilibrio ecologico "La Bora" (all'interno della quale c'è il Laboratorio dell'Insetto) e il Laboratorio di Scienza e Tecnologia per ragazzi "Tecnoscienza" dell'Università di Bologna. Ogni anno a San Giovanni in Persiceto ha luogo il Carnevale Storico Persicetano, mentre a San Matteo della Decima il Carnevale di Decima.
Personalità legate a San Giovanni in Persiceto
Giulio Cesare Croce,
scrittore
Raffaele Pettazzoni, storico delle religioni
Marco Belinelli, cestista NBA nei Golden State Warriors
Cesare Barbieri, astrofisico
Clelia Barbieri, religiosa, santa
Gianni Cazzola, batterista jazz
Liana Orfei, star circense
Stefano Bicocchi, in arte Vito
Andrea Tarozzi, calciatore
Filippo Masolini, calciatore
Galeazzo Musolesi, personaggio di fantasia nelle Sturmtruppen di Bonvi
Mario Rizzi, arcivescovo titolare di Bagnoregio, nunzio apostolico emerito in
Bulgaria
Giuseppe Montanari, autore di fumetti.
San Giovanni in Persiceto is a town and commune in the province of Bologna, northern Italy. The most ancestral records claim the town was first populated by Gauls, but later occupied by the Romans. The area appears to have been depopulated after the fall of the Roman Empire. The flooded plain remained uncultivated until under the rule of the Exarchate of Ravenna, when lands again were drained. The Byzantines also built a defensive line in the territory against the Lombards, but c. 727, under King Liutprand, the Lombards overran the Castrum Persiceta. It is likely that the village formed as the traditional Borgo Rotondo (Round Village) under this new rule. With the fall of the Lombard Kingdom in 774 the early-medieval district of Persiceto (later San Giovanni in Persiceto), that stretched up to stream Samoggia, fell under the rule of the County of Modena, then the Abbey of Nonantola exercised its power on the territory, and since the 9th century it was handed over to the County of Bologna.
Likely that around the half of that century the parish church of San Giovanni was built by the Bishops of Bologna. Also in the 9th century, the Abbots of Nonantola (western side) and Bishops of Bologna (eastern side) gave out the first "ad meliorandum" grants of swampy and untilled land to the inhabitants of Persiceto; these lands would form the future Partecipanza agraria (Agricultural Attendance). After a brief autonomy (11-12th century), San Giovanni in Persiceto again came under political control of Bologna, till at the beginning of the 16th century, it ultimately subjected to the Papal rule.
In the 13-14th centuries, the 'castle' or 'land' of S. Giovanni in Persiceto was enlarged by a second circle of walls outside the Borgo Rotondo and by expanded settlements, surrounded, like the castle, by ditches, gates and palisades. However, because of the rebellion of the inhabitants of the Persiceto, ever since the 1420s, the High Council of Bologna decreed that the external villages and its palisades had to be removed, the ditches filled up and all buildings that might be used as fortress had to be destroyed.
The ring villages were destroyed by 1481, under the rule of Giovanni II Bentivoglio; while over the years the castle expanded to its present shape with new bastions and embankments the shape. At the end of the 15th century, the Bentivoglio using designs of Gaspare Nadi, built the present city hall, acquired by the Community in 1612. In the final years of their rule, a canal to help drain the boggy lowlands of Sant'Agata Bolognese, Crevalcore and San Giovanni in Persiceto, was completed: this canal, the Cavamento, made large swaths of northern Persiceto tillable and habitable, so that by 1470s, the new parish of San Matteo della Decima and its church built. The inhabitants of the Persiceto thankfully donated to Giovanni Bentivoglio a vast piece of land, on which later the mansion and castle of "la Giovannina" was built.
Between the 15-16th century hemp culture and weaving expanded; and new cultivars, such as mulberry, rice, and maize, were introduced. Landownership became more concentrated and sharecropping system consolidated, though the latter has been limited by the existence of its participants. During the 16th century the Persiceto was overrun by foreign armies with easily imaginable consequences: the Agricultural Attendance Institute was founded and a sharing of the common goods that took place every nine years was enhanced; the city centre underwent a process of impoverishment, whereas the weekly market on Wednesday kept flourishing thanks to old privileges. The local oligarchy of new families' faithful to the Church and subject to the Reggimento of Bologna and the Papal Legacy was established.
In the following two centuries, the castle interior underwent reconstruction; many broletti (little kitchen-gardens) among the buildings disappeared in favor of new houses. Old medieval buildings were also destroyed, while some others were irreversibly modified. New churches and convents were built (among the other things, with the demolition of the old parish, a collegiate church was rebuilt there). The Ospedale del SS. Salvatore (now Town Library "G. G. Croce" and historical archive) was built on the grounds of the old fortress . The town theatre was built.
The incompetence of Papal governance impaired the local development of the agriculture, whereas in other zones of the Paduan plain, advances in cultivation during half of the Settecento enhanced an agricultural and economic progress. In the Persiceto we can pinpoint samples of early rural industry: for centuries the inhabitants of the Persiceto cultivated hemp, but then not only the local production (together with cloth machining) flowed to the weekly market, but also the hemp coming from other places (such as for instance Cento and Crevalcore), so that its trade was included in the announcements. The excess cloths were exported mostly to Venice.
Persiceto was occupied by Revolutionary French troops in 1796, and the parishes of Persiceto and of Sant'Agata Bolognese were divided among into four cantons and the town of San Giovanni in Persiceto was briefly part of the Department of the Alta Padusa, with Cento as chief town (1797). Later it became the seat of the District of the Samoggia. Between 1798 and 1799 the community life was upset by plunderings, turmoils and seizures. In 1799, after the retreat of the French and of their allies of the Cisalpine Republic, Persiceto was invaded by Russians and Austrians, who quickly restored the "ancien régime". However in 1800 the District of Samoggia was restored. With the establishment of the Italian Republic (1802) San Giovanni in Persiceto was again under the Deputy Prefecture established in Cento. In the first years of the Ottocento and the establishment of the Kingdom of Italy (March 1805) calm came back into the territory of the Persiceto, but this was again overturned in 1814 by the fall of Napoleon until the Papal government was restored in July 1815.
Between 1796 and 1815, although the structures of the boards of direction and their denominations were changed, in Persiceto mostly the same families did the same civil service, who were clearly particularly fit for adaptation. Within the same years the feudal privileges and the tithe were abolished, the pieces of land belonging to the Church were forfeited and the landed property was accumulated. The rice culture with its following crisis of the sharecropping system was expanded and so did even the agricultural day-labourers. With the restoration of the Papal rule remarkable works for the improvement of the "Castle" were started and in 1838 Pope Gregory XVI bestowed the title of city on San Giovanni. In 1857 Pius IX visited the town.
Persiceto provided some volunteers in the wars of Independence even before the region was annexed to the Kingdom of Sardinia in 1860; but when the hated grist-tax was reintroduced by the national government, San Giovanni in Persiceto, an insurrection of peasants developed on January 7, 1869. Meanwhile some handicraft shops had become larger and were turned into factories that employed hundreds of workers: for instance, nail blacksmiths became big managers and started producing iron beds and furniture that were sold even abroad, so that San Giovanni in Persiceto merited the name of little Manchester of the Emilia. Over the last decades of the Ottocento public education was expanded, the traditional classical education was substituted by a technical school, the Società di Mutuo Soccorso (Company for mutual aid) among handicraft and factory workers was founded; during Carnival in 1874 the first fancy dress convoys were held, in 1876 the Società Ginnastica Persicetana (Gymnastical Society of Persiceto); in 1877 the Cassa di Risparmio was opened to the public and ten years later the railway track between Bologna and the Persiceto of the railroad Bologna/Verona was opened.
The past 100 years of Persiceto have seen pitched fights for land; the working classes shifted then from rebellion into organization: after the Comune of Paris (1871) in 1872 a new section of the Fascio Operaio organized by the former Garibaldi's soldier Teobaldo Buggini was established, a close friend of Andrea Costa; in 1873 the first strike by local factory workers was recorded; in 1874 some internationalists of Persiceto tried to take part into the bakunian movement of Bologna; after the slump of the Anarchical International Movement the Società di Sostentamento tra gli Operai Society of subsidizes between workers (first local egalitarian socialist group) and in 1891 the Cooperativa Braccianti that worked until the 1970s of the Novecento. In 1892 the 1st of May was celebrated for the first time with a private meeting, in 1893 the socialist section was founded, in 1896 an electoral committee to back up the socialist candidate to the Camera dei Deputati (House of Representatives) was established; in 1898 the socialists regained the management of the Cooperativa Braccianti by now run by liberals. At the beginning of the 20th century the first resistance unions of blue collars and farmers were founded; the foundation of the Cooperativa Operai Metallurgici (Cooperative of metal workers) traces back to 1904 and it could escape the hostile interferences of the fascist regime. Now it has reached high productive and trading levels (the mark COM is now known all around the world), the modern political parties that developed their propaganda even with the help of many famous local papers turned out to be particularly lively and quarrelsome; in 1904 in the borough of San Giovanni in Persiceto for the first time a socialist representative was elected (Giacomo Ferri), in the same year the first Casa del Popolo was inaugurated; in 1907 even the ruling of the Comune was handed over to the Socialists (as an anticlerical inspiration it was named, form 1912 to 1928, Persiceto).
After World War I land disputes again recurred, during which the massacre of Decima by public forces (5th April 1920) was carried out; in the political and social challenges particularly the fascists resorted to force against the socialists and their institution: many people of the Persiceto had to leave the country because of their antifascist resentments or had to undergo the jail or confinement.
During World War II, especially during the twenty months of the German occupation, resistance against the Nazis and the fascists developed in Persico; and local partisans in the 63rd Garibaldi brigade sabotaged the railway line between Bologna and the Brennerpass. The partisan forces underwent heavy losses after the mopping-up operations in Amola (5 December 1944), in Borgata Città (Inner City - 7 December) and in many other opportunities. After the Germans fled, in the night of April 20, 1945, partisan brigades took control of warehouses and factories to prevent their destruction, whereas the Allied troops entered the town the following night. After liberation, the inhabitants of Persiceto took part with commitment and interest in the political and social fights. In the elections, the left-wing parties (the communist and the socialist), prevailed and ruled together the municipality until 1980; the land fight record again force acts; heavy ideologies have riven the town. After the 1950s San Giovanni in Persiceto, a centre of agricultural production known for its markets (when in the Foro Boario thousands of cattle were gathered), underwent deep transformations from a mainly agricultural economy to an industrial and trading economy. The land was depopulated and the city expanded, which became the place of many high school institutions, after some decades of oblivion, the city library was born again; an important inter-municipal centre of sport plants and an extremely modern observatory were founded thereafter.
Nowadays, just 10 kilometres (6.2 mi) away from the Northern suburbs of Bologna, San Giovanni in Persiceto is part of the economic hub of the capital city of Emilia-Romagna, and will soon be linked to Bologna by a light railway. Points of interest - Civico Orto Botanico "Ulisse Aldrovandi", a botanical garden.
Dorsa Aldrovandi è il nome di un sistema di creste lunari intitolato nel 1976 al naturalista, botanico ed entomologo italiano Ulisse Aldrovandi. Il sistema si trova nel Mare Serenitatis e ha un diametro di circa 136 km.
Dorsum (plurale: dorsa) è un termine latino originariamente impiegato per indicare il dorso degli animali, e quindi per indicare la cresta di un monte. Si utilizza comunemente in esogeologia per descrivere formazioni geologiche simili a creste, o comunque di forma allungata e sopraelevate rispetto alla superficie circostante, presenti su altri corpi celesti.
Il nome di dorsum è stato assegnato a simili strutture presenti sulla Luna, sui pianeti Mercurio, Venere e Marte, sugli asteroidi Ida e Eros, sul satellite marziano Phobos, sul satellite di Saturno Iperione, sul satellite di Nettuno Tritone.
Mare
Serenitatis
Il rosso 21 indica il luogo dell'allunaggio della missione Luna 21
i verdi 15 e 17 indicano dove avvenne l'allunaggio dell'Apollo 15 e
dell'Apollo 17.
Qui sotto una fotografia del Mare Serenitatis
Il Mare Serenitatis (Mare della serenità) è un mare lunare che si trova sul lato visibile della Luna, a est del Mare Imbrium (Mare delle piogge, uno tra i più grandi mari lunari riempito di materiale fuso in seguito a eventi non conosciuti). Il Mare Serenitatis si trova all'interno del bacino Serenitatis, la cui formazione risale al periodo Nettariano. Il materiale che circonda il mare risale all'Imbriano inferiore mentre il materiale all'interno del mare risale all'Imbriano superiore. Il mare di basalto ricopre la maggior parte del bacino e straripa a nord-est nel Lacus Somniorum (Lago dei sogni).
La caratteristica maggiormente degna di nota è il cratere Posidonius che si trova al bordo nord-est del mare, a sud del Lacus Somniorum. L'anello montuoso orientale è piuttosto indefinito, a eccezione del Montes Haemus. Serenitatis è connesso con il Mare Tranquillitatis a sud-est e confina con il Mare Vaporum a sud-ovest. Il Mare Serenitatis è un esempio di mascon (concentrazione di massa), una regione a gravità anomala sulla Luna. Sia la sonda Luna 21 che l'Apollo 17 hanno allunato vicino al bordo orientale del mare Serenitatis, nell'area del Montes Taurus.
Il mare nella cultura popolare - Il Mare Serenitatis è uno degli occhi del volto umano che alcuni credono di vedere sulla Luna, l'altro occhio è il Mare Imbrium. Nella serie Sailor Moon, il Mare Serenitatis è stato la sede del Silver Millennium.