Conrad Gessner
Historiae animalium liber III qui est de Avium natura - 1555
De Gallina
trascrizione di Fernando Civardi - traduzione di Elio Corti
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Cur vertigo
surgenti potius accidat quam sedenti? An quoniam quiescenti humor
universus unum in membrum se colligit: ex quo cruda etiam ova nequeunt
circunverti, sed protinus decidunt. Moventi autem humor se aeque
expandit, etc. Aristot. in problemat. 6. 4. Si ovum filo circumligatum
super igne aut candela accensa teneas, filum non comburetur, nisi forte
post multum temporis, exudat enim humor, qui lineum filum humectat. idem
linteo aridis vini fecibus circumvoluto accidit. Naturam vitellus ovi,
et albumen habent contrariam, non tantum colore, verumetiam virtute.
Vitellus enim spissatur frigore, (idem Niphus asserit:) albumen non, sed
amplius humet. contra albumen spissatur igne, vitellus non, sed mollis
persistit, nisi peruratur. magisque in aqua fervente, quam ad ignem
cogitur, atque induratur. Membrana haec inter se discernuntur, Aristot.[1]
Sic et Albertus, Vitellus ovi cum assatur, nisi comburatur, non durescit,
sed mollitur potius sicut cera. Et quoniam mollescit dum calescit,
corrumpitur facile collecto superfluo humore temporis vel loci, si
aliquandiu immoretur. Albumen vero non facile congelatur frigore: sed
humidius efficitur potius, et cum assatur durius: et in generatione
pulli densatur in substantiam membrorum. |
Perché
la vertigine insorge in chi si alza anziché in chi se ne sta seduto?
Forse perché a chi se ne sta fermo tutto quanto l'umore si raccoglie in
una sola parte del corpo: ecco perché anche le uova crude non possono
rigirarsi, ma di colpo cadono giù. Invece in chi si muove l'umore si
distribuisce uniformemente etc., Aristotele
in Problemata VI, 4. Se tu tenessi sopra al fuoco o a una candela
un uovo che è stato avvolto con del filo, il filo non brucerà, se non
magari dopo parecchio tempo, infatti l'umore traspira e va a umettare il
filo di lino. La stessa cosa accade per un telo di lino che è stato
avvolta intorno alle fecce asciutte. Il vitello dell'uovo e l'albume
hanno una composizione che è opposta, non solo per il colore ma anche
per le loro proprietà. Infatti il tuorlo diventa denso col freddo
(Agostino Nifo
riporta le stesse parole), l'albume no, ma diventa più umido. Invece
l'albume col fuoco di addensa, il tuorlo no, ma rimane molle, salvo
venga scottato. E si addensa e si indurisce maggiormente in acqua
bollente che direttamente sul fuoco. Queste due strutture sono tra loro
separate da una membrana, Aristotele. Così si esprime anche Alberto:
Il vitello dell'uovo quando viene arrostito, se non viene bruciato, non
si indurisce, anzi diventa molliccio come cera. E siccome mentre si
scalda diventa molle, facilmente si altera nel raccogliere la
sovrabbondanza di umidità del clima e del luogo se se ne sta fermo per
un certo tempo. Ma l'albume non viene facilmente congelato dal freddo:
anzi, diventa più umido, e quando viene fritto diventa più duro: e
durante lo sviluppo del pulcino si addensa nella sostanza che ne
costituisce le parti del corpo. |
Et rursus
eadem Aristoteles de generatione anim. 3. 2.[2]
his verbis: Naturam candidum et luteum contrariam habent. luteum nanque
gelu duratur et coit, calore contra humescit. quapropter cum vel in
terra, vel per incubitum concoquitur, humescit, atque ita pro cibo
animalibus nascentibus est. Nec vero cum ignitur assaturque quoniam
naturae terrenae est, ut cera. ideoque cum plus iusto calescunt, nisi ex
recremento humido sint, saniescunt
reddunturque urina. at candidum gelu non concrescit, sed magis
humescit. ignitum solidescit. quamobrem cum ad generationem animalium
concoquitur, crassescit. ex hoc enim consistit animal. ¶ Si quis rupto
putamine ova plura in patinam conijcit excreta, et coquit igne molli et
continente, vitelli omnes in medium coeunt: albumina autem circundant [circumdant],
et se in oras constituunt, Aristot.[3]
¶ Candidum ex ovis admixtum calci vivae glutinat vitri fragmenta, vis
vero tanta est (ovi candido, Hermol.) ut lignum perfusum ovo non ardeat,
ac ne vestis quidem contacta aduratur, Plin.[4]
Galenus in opere de simplicibus medic. ovorum albumen magis terrenum
oleo esse scribit, et similem ei esse secundum humorem oculi. Albumen
mixtum est e substantia aerea, terrea et aquea simul, sicut oleum: sed
magis terrestre est quam oleum dulce, quare aegre concoquitur, Ant.
Gazius. |
E
Aristotele in De generatione animalium III, 2 dice ancora le
stesse cose con queste parole: Il
giallo e il bianco posseggono nature opposte. Infatti il giallo si
rassoda al freddo e si rapprende, invece col calore si liquefa. Perciò
si liquefa quando subisce una cozione, sia nella terra sia per effetto
della cova, e in questo modo diventa alimento per gli animali in via di
formazione. Ma sottoposto al fuoco e alla cottura non si fa duro perché
è di natura terrosa, come la cera. Pertanto quando si riscaldano più
del dovuto, a meno che siano costituiti da materiale umido di scarto,
diventano viscosi e vengono resi non gallati. Il bianco invece sotto
l’effetto del freddo non si rassoda, ma si liquefa maggiormente.
Sottoposto al calore diventa solido. Perciò si ispessisce quando viene
sottoposto alla cozione della riproduzione degli animali. Infatti da
esso prende origine l’animale. ¶ Se dopo aver rotto il guscio
si cuociono a fuoco basso e continuo parecchie uova adagiate
separatamente in una padella, tutti i tuorli si radunano verso il
centro: infatti gli albumi si mettono all’intorno e si dispongono alla
periferia. ¶ Il bianco ottenuto dalle uova mescolato alla calce viva fa
aderire i frammenti di vetro, in verità tanta è la forza presente (nel
bianco d’uovo, Ermolao Barbaro)
che un pezzo di legno cosparso di uovo non brucia, e neppure un abito
che ne sia stato macchiato riesce a incendiarsi, Plinio.
Galeno
in De simplicium medicamentorum
temperamentis et facultatibus
scrive che l'albume dell'uovo è più terroso dell'olio, e che il
liquido oculare si trova al secondo posto per somiglianza. L'albume è
una mistura di aria, terra e acqua tutte insieme, come l'olio: ma è più
terroso dell'olio dolce, motivo per cui lo si digerisce a fatica,
Antonio Gazio. |
¶ Sexus
ovorum. Quae oblonga sunt ova, et fastigio cacuminata, foeminam {a}edunt.
quae autem rotundiora et parte sui acutiore obtusa, orbiculum habent,
marem gignunt, Aristoteles[5].
eandem sententiam Albertus approbat: reprehendit vero translationem sui
temporis tanquam contrariam iis verbis quae nunc recitavimus. Nostri
quidem codices Graeci et Gazae translatio eam sententiam habent, quam
nunc retuli, et Albertus comprobat. Avicenna scribit ex orbiculari ovo
brevique progigni marem: ex oblongis acutisve foeminam. ipsum hoc
comprobat experimentum et suffragatur ratio. siquidem virtutis perfectio
in masculinis ovis ambit aequaliter, et continet extrema. at in
foemininis, a centro longius abit materia in quo est vitalis calor. hoc
vero plane imperfectionis argumentum est, Albertus ut citat Caelius. In
ovis tam difficile saporum et sexus discrimen est, ut nihil gulae
proceribus aeque incertum sit, Marcellus {Vergilius}
<Virgilius>. qui cum Columellae
et Aristotelis de sexu ovorum discernendo sententias contrarias
recitasset: Est sane (inquit) in natura gravis author Aristoteles:
Columella tamen villaticam pastionem ex quotidiana observatione et
experientia docebat. nec nostrum est inter tam graves scriptores tantas
componere lites. Video Plinium quoque cum Columella et Flacco sensisse.
Quae oblonga sint (inquit) ova, gratioris saporis putat Horatius Flaccus.
Foeminam {a}edunt quae rotundiora gignuntur, reliqua marem. Longa quibus
facies ovis erit, illa memento, |
Ut succi melioris, et ut magis alba rotundis |
Ponere nanque [namque] marem cohibent callosa vitellum, Horatius lib. 2.
Serm.[6]
Cum quis volet quam plurimos mares excludere, longissima quaeque et
acutissima ova subiiciet. et rursum cum foeminas, quam rotundissima,
Columella[7].
Ex ovis, praesertim in plenilunio natis, si plenilunii tempore
subijciantur incubanda, et ita observetur temporis ratio ut in
plenilunio etiam pulli excludantur, omnibus foeminas non mares nasci,
quidam apud nos arbitrantur. |
¶
Sesso delle uova. Le uova
oblunghe e appuntite
all'apice generano una femmina. Invece quelle che sono piuttosto
arrotondate e ottuse in corrispondenza del polo acuto, e che hanno un
aspetto circolare, generano un maschio, Aristotele. Alberto si trova
d'accordo con quest'affermazione: infatti critica la traduzione a lui
contemporanea come antitetica a queste parole che ho appena riferito. In
realtà i nostri codici greci e la traduzione di Teodoro Gaza
contengono quell'affermazione che ho appena riportato e con la quale
Alberto si trova d'accordo. Avicenna
scrive che da un uovo tondeggiante e corto si genera un maschio: da
quelle allungate e aguzze una femmina. L'esperienza comprova proprio
questo e lo suffraga il ragionamento. Infatti nelle uova maschili la
perfezione della forza avvolge in modo uniforme e
contiene le parti più profonde. Mentre in quelle femminili la materia
si allontana molto di più dal centro, in cui si trova il calore vitale.
Ciò infatti è chiaramente una riprova di imperfezione, Alberto, come
cita Lodovico
Ricchieri.
Nelle uova è così difficile discernere i sapori e il sesso che per i
maestri della gola nulla è parimenti incerto, Marcellus Virgilius alias
Marcello Virgilio Adriani.
Il quale, dopo aver esposto i pareri contrari di Columella
e di Aristotele nel distinguere il sesso delle uova, così aggiunge: A
dire il vero Aristotele è un'autorevole fonte per ciò che riguarda la
natura: tuttavia Columella insegnava l'allevamento in fattoria basandosi
sull'osservazione quotidiana e sull'esperienza. Ma non spetta a me
comporre le divergenze enormi che esistono tra così autorevoli
scrittori. Vedo che anche Plinio si è trovato d'accordo con Columella e
Orazio.
E continua dicendo: Orazio ritiene che le uova allungate sono di sapore
più gradevole. Quelle che vengono partorite più tondeggianti generano
una femmina, le altre un maschio. Ricordati di mettere in tavola quelle
uova che hanno l’aspetto allungato, in quanto hanno un sapore
migliore, e sono più ricche in albume di quelle rotonde, e infatti il
guscio contiene un tuorlo maschio, Orazio II libro dei Sermones.
Se qualcuno vorrà far nascere moltissimi maschi, dovrà mettere a cova
tutte quelle uova che sono molto allungate e appuntite. E invece se vorrà
delle femmine, le più arrotondate possibili, Columella. Alcuni dei
nostri ritengono che dalle uova, soprattutto da quelle deposte durante
il plenilunio, se messe a covare durante il plenilunio, e facendo
attenzione a calcolare il tempo in modo tale che anche i pulcini nascano
durante il plenilunio, da tutte quante nascono femmine e non maschi. |
de
ovis monstrosis, ut geminis et mollibus, etc. de irritis |
le
uova mostruose, come le gemellari |
Ova gemina
binis constant vitellis. qui ne invicem confundantur, facit in nonnullis
praetenue quoddam septum albuminis medium. aliis vitelli contactu mutuo
sine ullo discrimine iunguntur. Sunt in genere gallinarum, quae pariant
gemina omnia, in quibus animadversum est, quod de vitello exposui.
quaedam enim duodeviginti peperit gemina, exclusitque, praeterquam, si
qua essent (ut fit) irrita. Caeteris itaque foetus prodiit, sed ita
gemini excluduntur, ut alter sit maior, alter minor: et tandem in
monstrum degeneret, qui minor novissime provenit, Aristot.[8]
Quaedam gallinae omnia gemina ova pariunt, et geminos interdum excludunt,
ut Cor. Celsus au<c>tor est: alterum maiorem, alioquin negant
omnino geminos excludi, Plin.[9]
Vetus quoque Aristotelis interpres (inquit Vvottonus) ad eundem sensum
vertit ex Arabico ita: Et in quolibet inveniuntur gemelli, et unus
gemellorum parvus est, et alter magnus: et multoties est parvus
monstruosus. |
Le
uova gemellari sono costituite da due tuorli. I quali, per non fondersi
tra loro, in alcune uova creano come un sottilissimo diaframma di albume
interposto. In altre i tuorli sono uniti per mutuo contatto senza alcuna
separazione. Tra le galline ce ne sono di quelle che depongono tutte uova
gemellari, nelle quali si è riscontrato ciò che ho detto a proposito
del tuorlo. Una ne aveva deposte diciotto gemellari e le aveva fatte
schiudere, eccetto quelle che (come accade) erano sterili. Dalle altre
uscì un pulcino, ma i gemelli che ne nascono sono tali per cui uno è
più grande, l’altro più piccolo: e infine quello più piccolo, che
è nato per ultimo, degenera in un mostro, Aristotele. Alcune
galline depongono tutte uova gemellari, e talora ne fanno nascere dei
gemelli, come riferisce Cornelio Celso:
uno dei due pulcini è più grande, d'altro canto affermano che
assolutamente non si schiudono dei gemelli, Plinio. Edward Wotton
dice: Anche un antico traduttore di Aristotele traduce dall’arabo con
lo stesso significato in questo modo: E in qualunque uovo si incontrino
dei gemelli, uno dei gemelli è piccolo e l’altro è grande: e spesso
quello piccolo è mostruoso. |
[1] Historia animalium VI,2 560a: Il giallo e il bianco dell’uovo hanno natura opposta non solo per il colore ma anche per le loro proprietà. Il giallo infatti viene coagulato dal freddo, mentre il bianco non si coagula, anzi tende piuttosto a liquefarsi; sotto l’azione del fuoco il bianco coagula, il giallo no, anzi rimane molle a meno che non venga interamente bruciato, e viene condensato e disseccato più dalla bollitura che dal fuoco vivo. Il bianco e il giallo sono tenuti separati l’uno dall’altro da una membrana. (traduzione di Mario Vegetti)
[2] De generatione animalium III,2, 753a 35-753b 14: Il giallo e il bianco posseggono nature opposte. Il giallo si rassoda al freddo, ma riscaldato si liquefa, perciò si liquefa quando subisce una cozione, sia nella terra sia per effetto della cova, ed essendo siffatto diventa alimento per l’animale in formazione. Sottoposto al fuoco e alla cottura non si fa duro perché è di natura terrosa così come la cera. Per questo riscaldandosi maggiormente acquista sierosità dal residuo umido e diventa sieroso. Il bianco invece sotto l’effetto del freddo non si rassoda, ma si liquefa maggiormente (la causa è stata spiegata prima), mentre sottoposto al calore diventa solido, perciò soggetto alla cozione della riproduzione animale si ispessisce. Da esso prende consistenza l’animale, mentre il giallo diventa alimento e da esso provengono i mezzi per l’accrescimento delle parti che si continuano a formare. Per questo il bianco e il giallo sono tenuti distinti da membrane, in quanto hanno diversa natura. (traduzione di Diego Lanza)
[3] Historia animalium VI,2, 560a: A proposito del giallo e del bianco, avviene anche [560b] questo: toltine un certo numero dai gusci e versatili in un recipiente, se li si fa cuocere lentamente, a fiamma bassa, tutto il giallo si concentra in mezzo, e il bianco lo avvolge tutto intorno. (traduzione di Mario Vegetti)
[4] Naturalis historia XXIX,51: Et, ne quid desit ovorum gratiae, candidum ex iis admixtum calci vivae glutinat vitri fragmenta; vis vero tanta est, ut lignum perfusum ovo non ardeat ac ne vestis quidem contacta aduratur.
[5] Historia animalium VI,2, 559a 28-30: τὰ δὲ στρογγύλα καὶ περιφέρειαν ἔχοντα κατὰ τὸ ὀξὺ ἄρρενα. (Roberto Ricciardi, 2005) Lo stesso testo viene riportato anche da Giulio Cesare Scaligero nella sua traduzione e commento alla Historia animalium (1619). - Anche Lanza e Vegetti hanno optato per la seguente versione del testo aristotelico, un testo che, stando ad Aldrovandi (pag. 224), denoterebbe un'errata trascrizione: "Le uova allungate e appuntite danno femmine, quelle arrotondate, cioè con l'estremità circolare, danno maschi.". I due studiosi affermano pure che secondo le vedute più recenti la Naturalis historia di Plinio dipende da una epitome ellenistica, cioè da un compendio della Historia animalium. In questo caso potrebbe sorgere il dubbio che l'equivoco dipenda da un errore dell'epitome e che Alberto vi abbia posto rimedio. Infatti Plinio la pensava in modo antitetico ad Aristotele: "Feminam edunt quae rotundiora gignuntur, reliqua marem." (Naturalis historia X,145). Columella concordava con Plinio: "Cum deinde quis volet quam plurimos mares excludi, longissima quaeque et acutissima ova subiicet: et rursus cum feminas, quam rotundissima." (De re rustica, VIII,5,11). Più tardi Avicenna dissentì sia da Plinio che da Columella, e lo stesso fece Alberto tanto da affermare: "Hoc concordat cum experientia, quam nos in ovis experti sumus, et cum ratione." Insomma, è questione di mettersi d'accordo su come la pensasse effettivamente Aristotele, anche se alla fin dei conti sembra un problema di lana caprina. Aldrovandi vuole seguire una certa versione del testo aristotelico, successivamente andata corrotta, e così Aristotele, Plinio e Columella, nonché Orazio, si trovano a dar ragione non solo ad Aldrovandi, ma anche alle donne di campagna che hanno pratica di chiocce e di uova da incubare.
[6] Sermones - o Satirae - II,4,12-14: Longa quibus facies ovis erit, illa memento,|ut suci melioris et ut magis alba rotundis,|ponere: namque marem cohibent callosa vitellum.
[7] De re rustica, VIII,5,11: Cum deinde quis volet quam plurimos mares excludi, longissima quaeque et acutissima ova subiicet: et rursus cum feminas, quam rotundissima.
[8] Historia animalium VI,3 562a: Le uova gemelle presentano due tuorli; in certi casi vi è un sottile diaframma di bianco per evitare che i gialli si saldino fra loro, mentre in altri questo diaframma manca e i gialli sono in contatto. Vi sono certe galline che fanno solo uova gemelle, ed è nel loro caso che sono state condotte le osservazioni su ciò che accade nel tuorlo. Una di esse depose diciotto uova e ne fece nascere dei gemelli, tranne che da quelle che risultarono sterili; le altre comunque erano feconde, a parte il fatto che uno dei gemelli [562b] era più grande e l’altro più piccolo, mentre l’ultimo uovo conteneva un mostro. (traduzione di Mario Vegetti)
[9] Naturalis historia X,150: Quaedam gallinae omnia gemina ova pariunt et geminos interdum excludunt, ut Cornelius Celsus auctor est, alterum maiorem; aliqui negant omnino geminos excludi. Qui Plinio probabilmente accenna a un passo di Celso che non ci è stato tramandato. - Cornelius Celsus, De Medicina, is referred to, but he says nothing of this sort. (Lind, 1963)