Conrad Gessner
Historiae animalium liber III qui est de Avium natura - 1555
De Gallina
trascrizione di Fernando Civardi - traduzione di Elio Corti
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Cutis
foeditatem mire aufert, (inquit Sylvius) ac cicatrices, praecipue in
ambustis relictas. fere autem graviter olet: minus tamen postremum
sublimando destillatum. Pilos auget Serapioni in Antidot.[1]
aurium, dentium, sedis doloribus, et aliis plerisque sedis affectibus
(utile) Rasi in Antidotario. Oleum ovorum Nicolai. Vitellos ovorum
elixorum frige igni lento prunarum in patella ferrea, semper movendo
rude ferrea, donec probe assentur, calidissimos linteo forti, oleo amygd.
dulc. madefacto exprime. Satius est vitellos crudos frigere, cochleari
assidue moveri, donec assati et cochleari pressi, vase inclinato reddant
oleum: quod phiala conditum etiam diu integrum servatur. Ex
viginti vitellis extrahes horis duabus unc. quatuor aut circiter, Haec
Sylvius. In codice quidem Nicolai Myrepsi quem Leonardus Fuchsius nobis
Latinum e Graeco reddidit, nullam olei de ovis descriptionem reperio.
Oleum ovorum salubre et experimentis cognitum est adversus impetiginem
aliosque morbos. admixto pauco sanguine gallinae curat scabiem
cholericam. iniectum tepidum sedat statim vehementiam doloris in
abscessibus aurium, et accelerat concoctionem eorum, aperitque ipsos: et
facit nasci capillos. confert etiam adversus fistulas et ulcera
melancholica. mitigat dolorem ambustorum et ardorem. cicatricem subtilem
reddit, et dentium dolores anique eliminat, si illinatur cum pinguedine
anseris. per diem curat aegrum vehementer affectum dolore hepatis
propter flatus contracto. colorem corruptum restituit, praesertim in
albedine oculorum, Arnoldus de Villano. |
L'olio
ottenuto dalle uova - toglie in modo meraviglioso le brutture della
pelle (dice Jacques Dubois)
e le cicatrici, soprattutto quelle che rimangono a livello delle
ustioni. Ha quasi un odore pesante: tuttavia è minore quando si fa
evaporare il distillato per l’ultima volta. Per Serapione, nell’Antidotarium,
fa crescere i peli. Per Razi, nell’Antidotarium, è utile nei
dolori in sede dentaria, auricolare, e nella maggior parte delle altre
affezioni in tale sede. Olio di uova di Nicolaus Myrepsus: Fa friggere
a fuoco basso di carboni ardenti in una tazza di ferro i tuorli di uova
sode continuando a mescolare con una spatola di ferro finché non sono
arrostite per bene, quando sono ancora molto caldi spremili usando un
panno di lino robusto inzuppato con olio di mandorle dolci. È più che
sufficiente far friggere i tuorli crudi, rimestarli spesso con un
cucchiaio, finché una volta arrostiti e spremuti con il cucchiaio non
liberano l’olio tenendo il recipiente inclinato: riposto in una
boccetta di vetro si conserva integro anche a lungo. Da venti tuorli nel
giro di due ore ne ricaverai più o meno quattro once [109,12 g], tutto
ciò lo scrive Jacques Dubois. Ma nel codice di Nicolaus Myrepsus, che
Leonhart Fuchs
mi ha tradotto dal greco in latino, non trovo alcuna
descrizione dell’olio ottenibile dalle uova. L’olio di uova, anche
attraverso sperimentazioni, è noto per essere efficace contro
l’impetigine e altre affezioni. Mischiandovi un pochino di sangue di
gallina fa regredire il prurito da ittero colestatico. Instillato
tiepido calma subito il dolore lancinante in caso di otite media
purulenta e accelera la sua maturazione, e la fa svuotare: e fa
rinascere i capelli. È efficace anche contro le fistole e
le ulcere causate da atrabile. Mitiga il dolore e il bruciore delle
ustioni. Rende sottile una cicatrice e fa scomparire i dolori dei denti
e dell’ano se viene spalmato con grasso d’oca. Nel giro di una
giornata fa star meglio un malato che soffre enormemente di dolori al
fegato insorti a causa di meteorismo intestinale. Fa ricomparire un
colore che si era alterato, soprattutto in caso di leucomi, Arnaldo da
Villanova. |
Hoc
oleum ipse hoc modo fieri observavi: Vitelli ovis ad duritiem elixis
exempti, in sartagine assentur, vertendo subinde volvendoque paulatim
cochleari, donec incipiant ita liquescere, ut iam chylum[2]
aequabilem et pulti similem convertantur. manet autem materia adhuc
flavi coloris. eam mox infundes in linteum, quod utrinque torquens ac
circumvolvens oleum subflavum exprimes. Alii cum vitelli sic in patella
assi ad chylum illum pervenerunt, amplius adhuc coquunt, donec materia
tota siccari ac denigrari incipiat: quae paulo post iterum liquescet, et
multum humorem nigrum et ex adustione graveolentem remittet. Tum
cochleari materiam in sartagine crassiusculam comprimunt, ut oleum et
humor omnis vase in alterum latus inclinato defluat et colligatur. Et
hoc tanquam maiore desiccandi vi praeditum superiori praeferunt. |
Io
stesso ho visto preparare quest’olio nel modo seguente: I tuorli
estratti da uova sode debbono essere arrostiti in una padella
rivoltandoli spesso e rigirandoli delicatamente con un cucchiaio
fintanto che così facendo non cominciano a liquefarsi, fino a
trasformarsi in una poltiglia omogenea e simile a una polenta. E il
materiale continua a rimanere di colore giallo. Quindi lo verserai in un
telo di lino e torcendolo e rigirandolo ad ambedue le estremità farai
uscire l’olio giallognolo. Altri, quando i tuorli arrostiti in padella
nel modo anzidetto sono giunti a quello stato di poltiglia, li fanno
cuocere ulteriormente fintanto che tutto il materiale comincia a
diventare secco e nerastro: poco dopo ridiventerà liquido e lascerà
fuoriuscire parecchio liquido nero e di odore pesante a causa della
bruciatura. Quindi con un cucchiaio comprimono nella padella il
materiale abbastanza denso affinché l’olio e tutto il liquido
defluisca e si raccolga nel recipiente inclinato verso il lato opposto.
E preferiscono questo a quello precedente in quanto sarebbe dotato di un
potere disidratante maggiore. |
¶
Praesentaneum colicis remedium sic: Ova putidissima in Sole ponito ut
persiccentur, cum aruerint conteres, et minutissime percribrabis, et ad
praesidium in doliolo vitreo condes. cumque in aliquo auspicabitur coli
dolor, in hemina aquae calidae dabis bibenda cochlearia tria, Marcellus.
¶ Si ovi albumen cum vitello ponatur in matula alicuius, quem veneno
infectum esse suspicio fuerit, intra aliquot horas locus veneni in {hepate}
<hepati> demonstrabitur. nam si id in venis fuerit ultra
gibba<m> hepatis, aut in viis urinalibus, ovum nigrescet ac
foetebit. Sin citra concava hepatis, ut in orobo[3]
(colo, vel alterius intestini nomen legendum apparet,) ovum rugas et
colorem citrinum contrahet, absque foetore. Hoc annotatum reperi in
margine codicis cuiusdam Serapionis iuxta caput de urina, Obscurus. Ad
exustionem: Ovorum assorum vitellos in sartagine combure, et in modum
emplastri impone, Galenus Euporist. 3. 198. |
¶
Un rimedio con effetto immediato per coloro che soffrono di coliche lo
si prepara così: Poni al sole delle uova straputride in modo che si
secchino completamente, quando si saranno seccate le romperai e le
passerai attraverso un setaccio a maglia molto fine e le metterai in un
vasetto di vetro per tenerle di scorta. E quando in una persona
compariranno i segni premonitori di un dolore del colon, ne darai da
bere tre cucchiai in un’emina [250 ml] di acqua calda, Marcello
Empirico. ¶ Se si pone
l’albume d’uovo con il tuorlo in un vaso da notte di qualcuno per il
quale esiste il sospetto che sia stato avvelenato, nel giro di alcune
ore si potrà dimostrare la localizzazione del veleno nel fegato. Infatti
se il veleno si sarà spinto nelle vene oltre la convessità epatica
oppure nelle vie urinarie, l’uovo si annerirà e puzzerà. Se invece
si fermerà al di qua della concavità del fegato, come nella fava (è
chiaro che bisogna leggere colon o il nome di un altro tratto
dell’intestino) l’uovo si raggrinzirà e assumerà un colore citrino
senza fetore. Ho trovato ciò annotato a margine del capitolo
sull’urina di un codice di Serapione, un autore ignoto. Contro
un’ustione: Fa bruciare in padella i tuorli di uova arrostite e
applicali a mo’ di empiastro, Galeno - Oribasio - Euporista
III,198. |
¶ Pars III.
Remedia ex ovis sorbilibus. Ova sorbilia, in quibus liquidum (id est
albumen) coactum adhuc densatumque non est, ad leniendas (laevigandas)
gutturis (pharyngis) asperitates idonea sunt, Galenus in libro de
alimentis boni et m. s. et alibi. In inflammationum arteriae principiis
lenissima sunt (remedia), Idem in libro 7. de compos. sec. loc. Symeon
Sethi scribit ova anserum proprietate quadam εὐφυΐαν,
hoc est bonum ingenium facere, iis qui cum melle et butyro ea adsidue
esitarint, sed verisimilius est, ova cum anserina tum non minus
gallinacea sorbilia, sive per se, sive magis etiam cum melle ac butyro
sumpta, non εὐφυΐαν,
sed εὐφωνίαν,
id est vocis bonitatem, repurgata laevigataque arteria, praestare. Ova
sorbilia vocem clarificant, Elluchasem. Ovum sorbile miscetur iis quae
contentos in thorace et pulmone humores incidunt, et usurpantur in illis
quorum guttur exasperatum est clamore, vel acrimonia humoris. tenacitate
enim sua partibus affectis inhaeret et immoratur cataplasmatis instar:
et pariter substantiae suae lenitate omnis morsus experti easdem mitigat
curatque. qua ratione asperitates etiam circa stomachum, ventrem,
intestina et vesicam obortas curat, Galenus[4].
Prodest nimium
calidis oesophago, stomacho, vesicae, Elluchasem. |
¶
Sezione 3 – Rimedi ottenute
dalle uova à la coque. Le uova à la coque, nelle quali
il liquido (cioè l’albume) non è ancora rappreso e rassodato, sono
adatte a lenire (lisciare) le
irritazioni della gola (del faringe), Galeno nel libro De
probis pravisque alimentorum sucis
e in altri trattati. Sono (rimedi) ad azione molto lenitiva nelle fasi iniziali delle infiammazioni della
trachea, sempre Galeno nel libro VII del De compositione
medicamentorum secundum locos.
Simeon Sethi scrive che le uova di oca per una qualche proprietà
determinano euphyían, cioè una mente vivace, in coloro che
saranno assidui nel mangiarle con miele e burro, ma è più verosimile
che le uova à la coque sia di oca come pure di gallina, bevute
sia da sole, ma ancor meglio se associate a miele e burro, forniscono
non una euphyían, bensì una euphønían, cioè una bella
voce, una volta che la trachea è stata ripulita e resa liscia. Le uova
da sorbire rendono chiara la voce, Elluchasem Elimithar.
L’uovo da sorbire viene miscelato a quelle sostanze che fanno
scomparire i liquidi contenuti nel torace e nel polmone, e viene usato
in coloro la cui gola è irritata dalla rumorosità o dall’asprezza
del liquido infiammatorio. Infatti con la sua tenacità aderisce alle
zone interessate e vi rimane attaccato come se fosse un cataplasma: che
parimenti con la morbidezza del materiale da cui è composto, privo di
qualsiasi effetto irritante, le ammorbidisce e le fa guarire. Motivo per
cui fa guarire anche i bruciori che sono sorti a carico dello stomaco,
della pancia, degli intestini e della vescica, Galeno. Giova a un
esofago, uno stomaco e una vescica eccessivamente caldi, Elluchasem Elimithar. |
Acrochliaron[5],
id est leviter calefactum sorptumque prodest vesicae rosionibus, renum
exulcerationibus, gutturis {scabriciae} <scabritiae>,
reiectionibus sanguinis, destillationibus, et thoracis rheumatismis,
Dioscorides tanquam de albumine privatim: sed videntur de toto ovo
sorbili recte eadem praedicari posse[6].
Utile est tussi, pleuritidi, phthisi, raucedini vocis a causa calida[7],
dyspnoeae: et sputo sanguinis, idque in primis cum vitellus tepidus
sorbetur, Avicenna. Sanguinem spuentibus salutare est ovum sorbile,
Elluchasem. Ova semicocta commendantur ad tormina (dysenteriam) sine
febre, Galenus de victus in morbis acutis comment. quarto. Semicocta stomachum roborant, et vires restaurant, ut alibi inter Notha
Galeno adscripta legimus. Reperiuntur qui ex sorbili ovo ter quaterque
excernant, Brasavolus. Ovorum trium aut quatuor candidum in aquae congio
concussum bibat febriens. hoc valde frigefacit, et aegrum ad alvum
exonerandam conturbat, Hippocrates libro 3. de morbis. |
Un
uovo acrochlíaron, cioè intiepidito e sorbito, giova in
caso di bruciori vescicali e di dolori renali violenti, di irritazione di
gola, di emottisi - lo sputare sangue, di catarro nonché di espettorato di origine
polmonare, Dioscoride, come se si trattasse in modo specifico
dell’albume: tuttavia a ragion veduta sembra che si possa decantare la
stessa efficacia a proposito di tutto quanto l’uovo da bere. È utile
in caso di tosse, di pleurite, di
tisi, di voce roca dovuta a un agente caldo, di respiro difficoltoso: e
in caso di emottisi, e soprattutto quando il tuorlo è bevuto tiepido,
Avicenna. L’uovo da sorbire è salutare per coloro che sputano
sangue, Elluchasem. Le uova bazzotte vengono raccomandate contro i
dolori intestinali (dissenteria) senza febbre, Galeno In
Hippocratis de acutorum victu commentarii IV.
Bazzotte rinforzano lo stomaco e ripristinano le energie, come ho letto
in un punto tra gli scritti spuri attribuiti a Galeno. Ci sono alcuni
che a causa di un uovo à
la coque hanno tre o
quattro evacuazioni, Antonio Brasavola. Chi ha la febbre deve bere
l’albume di tre o quattro uova sbattuto in un congio [3,27 l]
di acqua. Ciò rinfresca parecchio e stimola il malato a svuotare
l’intestino, Ippocrate nel III libro del De morbis. |
¶ De ovis
quae cum remediis efficacioribus miscentur, inferius etiam dicetur in
genere, et particulatim: in praesentia vero de sorbilibus tantum quae
aliis ammiscentur. In ovum sorbile mastiches [443] pulverem mittes, sed
opus est ut mox coagitatum statim sorbeas, ne dilatione fiat crusta: quo
exhausto facile {tussem} <tussim> sedabis, si id saepius feceris,
Marcellus. |
¶
Più avanti si parlerà sia in generale che in dettaglio anche delle
uova che vengono mischiate a rimedi più efficaci: ma in questa sezione
solo di quelle da sorbire che vengono mescolate ad altri ingredienti.
Metterai della polvere di resina
di lentisco in un uovo à la coque, ma è necessario berlo
subito non appena è stato agitato, affinché a causa di un ritardo non
si formi una crosta: dopo averlo bevuto calmerai la tosse facilmente, se
lo farai piuttosto frequentemente, Marcello Empirico. |
[1] 9 Novembre 2005 - Di Antidotarium nel web ne esistono a bizzeffe, ma nessuno attribuibile a Serapione, né Vecchio, né Giovane. Nell’opera curata da Gessner Nomenclator insignium scriptorum (1555) nel capitolo dedicato alla medicina a pagina 156 si riporta: Ioan. filii Serapionis Antidotarium. Practica & lib. de simplici medicina. § Attualmente il De simplici medicina viene attribuito a Serapione il Giovane e la Practica sive Breviarium medicinae a Serapione il Vecchio. Per cui non saprei proprio a chi attribuire l’Antidotarium citato da Gessner, vista la confusione che regnò in passato circa l’esatta identificazione degli autori di due distinti trattati: Practica sive Breviarium medicinae - De simplici medicina.
[2] I due sostantivi greci chylós e chymós sono sinonimi e significano succo, derivati ambedue dal verbo chéø, versare, spandere.
[3] La lezione corretta dovrebbe essere orbo, cioè l’intestino cieco. Questo giustifica l’annotazione fra parentesi.
[4] Citazione che ricorre in parte anche a pagina 441.
[5] L’aggettivo greco akrochlíaros significa caldo alla superficie, in Dioscoride significa tiepido.
[6] L’aggettivo greco akrochlíaros significa caldo alla superficie, in Dioscoride significa tiepido, come dimostra la traduzione di Jean Ruel del De materia medica (1549) II,55 Candidum ovi: summe tepidum prodest vesicae rosionibus [...]. § Stando alla suddivisione in capitoli dell’edizione di Jean Ruel si tratta in effetti dell’azione dell’albume. Invece Pierandrea Mattioli, pur adottando la traduzione di Ruel, congloba nel capitolo II,44 Ovum i capitoli di Ruel 54 Ovi natura e 55 Candidum ovi. Pertanto dal dipanarsi del testo di Dioscoride riferito da Mattioli potrebbe essere aleatorio riuscire a individuare quanto appartiene all’effetto dell’uovo nella sua totalità oppure al solo albume, ma solo se la lettura è assai frettolosa.
[7] Non riesco a immaginare una raucedine dovuta a qualcosa di caldo, salvo si tratti di una raucedine dovuta a una faringo-laringite provocata da una sorsata di liquido troppo caldo trangugiato inavvertitamente. § Altra ipotesi: una faringo-laringite scatenata da un cibo "caldo", ma non in senso termico: caldo in quanto metabolicamente scalda più degli altri, come le proteine, una quota delle quali viene trasformata in calore, e pertanto sconsigliate nella stagione estiva. Ma l'ipotesi della sorsata di liquido bollente mi sembra più verosimile, anche se alquanto rara come causa di raucedine.